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Autore: queenjane    22/07/2017    0 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“Cambiando argomento, che sennò avresti troppa soddisfazione, perché ti sei tagliata i capelli?Si vede da una versta di distanza che lo chignon è posticcio” mi toccò la nuca, un abituale gesto possessivo che non avevamo obliato. Eravamo state amiche una vita intera per lasciare che i mesi e gli anni trascorsi inghiottissero tutto.
“Diciamo che li ho tagliati per praticità, dove sono stata le comodità sono ridotte al minimo, per non dire assenti.” Ma  avevo Andres e quindi andava più che bene.
“Immagino, forse” Non credo proprio, Olga, tacqui in ogni caso, mi veniva da ridere e piangere insieme.
“Andiamo insieme a Carskoe? Se ti fa piacere, vorrei visitare l’ospedale al Palazzo di Caterina e vedere l’organizzazione, anche se .. Lascia perdere il caos.”
“Alessio non vede l’ora di rivederti, è stato male, si sta riprendendo ora. Male parecchio, intendo, mia madre è convinta che stia bene grazie a ..”il suo  sorriso frantumato dalle parole.
“Ho sentito le voci. Con rispetto, è un affare che non viene compreso, la sua predilezione per quel siberiano.”  E l’incomprensione genera pettegolezzi e maldicenze, un campo in cui Alix eccelleva, spesso suo malgrado, a quel giro se la cercava. Una volta aveva definito Rasputin un incompreso, puro come un giglio di campo, mio zio aveva chiosato, lontano da indiscrete orecchie, che quei poveri fiori si erano seccati nel paragone.
“Appunto”Stese un braccio e mi prese la mano, con naturalezza.
“Andiamo. E Catherine, mettiti un turbante, con quello chignon sei ridicola”
Oui, ma chere”. Baciai le sue nocche sottili, sussurrando ti voglio bene Olga, quanto mi sei mancata. Fece la finta tonta, si limitò a stringere i palmi, al polso sinistro portava un braccialetto dorato che le avevano regalato i suoi per il dodicesimo compleanno, per buona sorte.

Una stretta calda e delicata, mano contro mano, polso su polso e cuore su cuore,  le domande sospese e rinviate, ricordo che non la mollavo o viceversa, le serrai il gomito e quindi entrai nel palazzo di Alessandro, osservando, stupita,  come gli addobbi festosi non contemplassero gli abeti di Natale. “Un ukase di mio padre li ha aboliti, troppo teutonici, altri suoi ordini hanno vietato di suonare Mozart o Bach ai concerti per il principio di cui sopra” La figlia della zarina, nata in Germania, parlò in tedesco, io risposi che ero giunta come regalo inopinato, avessi voluto potevo evitare di farmi vedere, ma ero lì e si sapeva, era venuto fuori, glissare sarebbe stato da vigliacchi. Tacendo che avevo promesso a Alessio che non lo avrei lasciato.
Sei sempre la solita, un sussurro divertito, lasciò la mano e mi fece strada, tranne che mi fregai bellamente della imperiale etichetta, la toccai, possessiva, ancorandomi al suo gomito. E il mondo mi apparteneva di nuovo, i sogni in tasca, i pugni allentati.
E non la volevo lasciare, come Alessio si affidava a me, io mi affidavo a lei, alla fine dei passi era Olenka il vero riparo, il mio rifugio dalle violenze.  
Quando il principe Raulov, prima della definitiva rottura, picchiava me o mia madre, era sapere che Olga mi voleva bene, che ci sarebbe sempre stata, a impedirmi di affondare nel buio e farmi sommergere, tralasciando come mi fossi poi comportata. E chi sopravvive, forgiandosi tra distanze ed oblii, è per lo più egoista, io ne ero la prova.



Tatiana sorrise, un lampo negli occhi a mandorla allungati, da orientale,  ormai eravamo quasi alte uguali, lei mi superava di tre o quattro centimetri, una gioia trionfante, tranne che era perfetta, snella  e ben proporzionata, non si badava alla sua statura. Ormai abituata a mio zio e Andres, che svettavano come pini, mancando di ben poco il metro e 90,  poco altro annottavo, mi ero abituata alle loro dimensioni.  
Marie e Anastasia mi abbracciarono, osservando ( e dai!!), che ero troppo magra, Tanik  solo che non avevo bisogno del busto, tanto era snella. E radiosa. Come quando avevo 14, 15 anni e i capelli sciolti,  lunghi fino alla vita, ero in Spagna, di nuovo e da capo, era stata un’epidemia di proposte di matrimonio, più o meno serie, per il coraggio dimostrato alla grande caccia, l’avvenenza e via così. Osserviamo che mi ero leggermente fissata con gli iberici, uno in particolare, e la Spagna mi attraeva, come un magnete.


“Decoro, ragazze, fate troppa confusione” la voce di Alessandra, come una staffilata interruppe la gioia del ritrovo, sospendendo un momento di eterna dolcezza.
Mi inchinai, piegando il dorso, come esigeva l’etichetta, percependo che le ragazze avevano tenuto il contatto fisico, Anastasia la mano, Marie un braccio sulla mia vita sottile, eravamo un baluardo. 
“No è che.. “Annaspò Alix, ero la sua nemesi come mia madre, sempre in contrasto e guerra. ”Baby, lo zarevic, aspetta Madame De Saint-Evit e..
“Si stava riposando e Catherine è venuta a salutarci,Mama” La quieta voce di Tatiana, era la sua figlia prediletta e mi voleva bene, senza raggiungere il trasporto di Olga o Anastasia, o no, era riservata, impenetrabile salvò da uno scontro, un cortese dato di fatto.

Sono lieta di rivedervi, Maestà Imperiale”

“Io Voi, la vostra è una breve visita” Mi inchinai, da capo, capendo che se non sparivo in pochi giorni, il mio era un pensiero malevolo ma certo azzeccato, mi avrebbe fatto andare via lei, io che istigavo alla ribellione le sue figlie, ero arrogante, troppo sicura di me e la mia sicurezza si trasmetteva come una marea inesorabile, ineludibile, sicurezza che, uscita dalla porta, era rientrata dalla finestra, moltiplicata fino all’eccesso. Eravamo alle solite, no..

Magra, tirata, mi tese la mano da baciare, all’uso dei russi, optai per una nuova riverenza e strinsi le nocche, alla maniera inglese.  
Vestiva di scuro,  una sobria acconciatura, le rughe più marcate, rispetto all’anno avanti, era preoccupata per lo zarevic, il lungo conflitto e tanto altro. Annotai il crocifisso di zaffiri, l’anello con una grande perla e che non portava smalto, allo zar non piaceva e lei, fosse vicino o lontano, badava a quei suoi piccoli desideri.
“Siete diventata molto diretta, Madame” madame De Saint-Evit, il mio defunto marito, che riposava nei campi elisi degli eroi, morto troppo giovane e troppo presto per un colpo sparato alla schiena. E non era la guerra, quella era una morte assurda, senza giustificazioni o altro.
Ecco, il mio sorriso, come una eco, per non rispondere o cogliere provocazioni. Ero sopravissuta a due aborti, alla vedovanza, a una coltellata, spari e sibili,agli ingaggi di mio zio, sopportavo quel rompiscatole di Andres, che quando voleva era meraviglioso, quindi  la potevo fronteggiare, come se nell’infanzia o l’adolescenza mi fosse mancato qualcosa.
 Ero la figlia di Ella Rostov-Raulov, qualcosa significava, che a mia madre la faccia tosta mai è difettata.
Ed ci volevamo bene, in fondo, nonostante tutto.
Mamma .. Aiutami.. non avere paura bambina mia, vicina o lontana io sono sempre con te..le tue parole, il tuo sorriso fragile, intimo.

“Molto bene, lo zarevic avrebbe piacere di incontrarvi, per di qua”

 
 

   
 
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