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Autore: LaVampy    22/07/2017    3 recensioni
storia di Yuri, la piccola tigre russa, dei suoi ideali, dei suoi obiettivi, della suo modo di vivere solitario. Ma si può vivere per sempre da soli??
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otabek Altin, Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Era il grande giorno. Il suo esordio tra pattinatori di un certo calibro. Nervoso si osservava allo specchio, la sua figura slanciata, quasi femminile. Forgiata da mesi e mesi di esercizi massacranti. Quella strega non lo lasciava respirare. Gli controllava ogni giorno il corpo, come se fosse uno stupido pezzo di carne. L'aveva obbligato ad usare una shampoo per rendere i capelli ancora più biondi e lucenti, alla camomilla. Aveva cambiato il barattolo quando aveva scoperto che era quello che usavano i bambini. Ora avvolto dal suo vestito, il vestito di Viktor, si sentì invincibile. Bello. L'avevano sottovalutato, quel maiale e il suo allenatore. Allenatore, certo. Che schifò si trovò a pensare. Due uomini che dichiarano così il loro amore. E se al posto del giapponese ci fosse stato lui? Come si sarebbe comportato? Un fremito attraversò il suo corpo a quel pensiero, si schiacciò il fianco, dove il giorno prima aveva urato la barra degli esercizi, e il dolore lo fece tornare padrone di se. Stava per uscire quando vide la sua allenatrice entrare. -Siediti-gli ordinò senza nemmeno salutarlo. 

-Ho detto siediti -ripetè quando vide che il ragazzo non si era mosso. Si sedette, voleva evitare qualche bacchettata, o peggio. La donna aprì la borsa e tirò fuori l'occorrente per pettinarlo, passando, senza molta delicatezza il pettine tra i capelli, facendogli venire le lacrime agli occhi. 

-Ahia- ringhiò sottovoce, ma quella vipera la sentì lo stesso, e in risposta prese il ciuffo del biondo tirandolo con rabbia.  

-Dopo tutto quello che hai sacrificato, piangi per due nodi? Sei una prima ballerina. Io alleno solo le migliori, ti senti la migliore?-chiedeva mentre trafficava con i capelli, per poi mollargli la testa. -Guardati- disse solo indicando lo specchio, posando poi un piccolo oggetto, sul tavolo. -Mettitelo- disse uscendo e sbattendo la porta. Quella strega maledetta. Lo trattava peggio di un ragazzino, mai un complimento, solo esercizi e punizioni, ma anche lei si sarebbe inchinata davanti alla sua bravura. 

-Ma che cazz...- disse guardando quel tubetto rosa. -Col cazzo che mi metto quello- disse sbattendolo a terra. Poi ripensò alla fatica fatta, si osservò allo specchio, i capelli acconciati, quasi in modo femminile. Il suo sguardo sembrava più grande. Cercò quel piccolo tubicini, lo prese tra le mani e se ne mise una piccola quantità sull'indice, avvicinandolo al naso. Sapeva di cicca. Allungò la lingua e anche il sapore era simile, guardandosi allo specchio se lo passò sulle labbra, stupito. Era bellissimo. Le labbra piene, gli occhi brillanti. -Tocca a te- disse Yakov entrando nella stanza. Afferrò la felpa del ragazzo e gliela lanciò. 

-Sta per scendere in pista, katsuki- disse l'uomo guardandolo. -Vuoi vederlo?-. 

-No-rispose mettendosi le cuffie, tirò su il cappotto, camminando lentamente verso la pista. Non voleva distrazioni, doveva concentrarsi. Era il suo momento, c'era in palio tutto quello per cui aveva lottato. Per un attimo, quando scostò la tenda rimase senza fiato, c'era tantissima gente. Era nervoso. Lui era Yuri, era a casa sua. E forse era proprio quello che lo terrorizzava. Era a casa sua, ma si sentiva solo. Ripensò al nonno, alla fatica che aveva fatto per comprargli i pattini, a tutto quello che aveva passato, e per un attimo ripensò a Viktor. Non ci aveva più parlato, non dopo quella volta. Era stato troppo duro, ma non era quello il momento in cui pensarci. Stava per scendere in pista. Si tolse lentamente il cappuccio, facendo scivolare la felpa sulle spalle. -Spostati- ringhiò a Yuuri che si era fermato a guardarlo, con quegl' occhioni lucidi. Non erano amici, non erano amici, quanto ci voleva per capirlo. Yuuri gli faceva schifo, doveva stargli lontano, eppure lo invidiava. Aveva fatto degli enormi progressi, era diventato un avversario temibile, certo non era al pari con quel pallone gonfiato di JJ, ma era pericoloso. I suoi coach parlavano ma lui non li ascoltava, lo faceva spesso, spegneva il cervello, e annuiva, e loro parlavano, parlavano. Ma quando sentì Yuuri chiamarlo ed urlare Davai, e poi lo fece anche Viktor, fu assalito dalla rabbia. Loro non erano amici, loro non dovevano pensarlo, erano degli avversari, e glielo avrebbe dimostrato. Quel ghiaccio all'improvviso sembrava acqua, le gambe che tremavano, un unico obiettivo: vincere. Il suo programma era difficile, voleva che gli annali ne parlassero. Voleva che il nonno fosse orgoglioso di dire : quello è mio nipote. Sentì i muscoli bruciare, mentre milioni di pensieri gli passavano per la mente. Pensieri che urlavano talmente tanto, che quasi non sentiva a base musicale. Si ritrovò ansante e sudato ascoltando quel pubblico che lo lodava,  ogni peluche che cadeva in pista era per lui un abbraccio. Sorrise felice salutando il pubblico. Cedendo a quella gioia abbassò la sua corazza, e raccolte un paio di orecchie da gatto si voltò dirigendosi al Kiss and Cry, si guardava in giro stupito, Lilia e Yakov, parlavano di miglioramenti ed errori, ma lui era felice. Il nome urlato dal pubblico era il suo, il suo sogno era lì ad un passo, poteva toccarlo con mano. Poi un'ombra si frappose l'ombra di JJ. Doveva solo sperare che sbagliasse, ma quel pallone gonfiato aveva dalla sua il pubblico e quelle galline urlanti delle sue fans. Uscì fumante di rabbia, si diresse negli spogliatoi, si fece una doccia calda, appoggiando la fronte alle fredde piastrelle, piangendo in silenzio come era solito fare. Quanto avrebbe voluto che fuori ad attenderlo ci fosse Viktor come sempre ed invece non c'era nessuno.  

 

Stava uscendo per andare in albergo quando vide correre verso di se Viktor, trafelato. Parlava talmente veloce che quasi non lo capì. Aveva realmente chiesto a Yakov di occuparsi di Yuuri il giorno successivo? Arrivato in albergo, lanciò lontano la sua borsa. Yakov, quel vecchio dal cuore d'oro aveva detto si, e anche se per un solo giorno, Yuuri sarebbe stato suo compagno di squadra? Quella cosa lo mandò fuori di testa. Si infilò una felpa nera, un paio di pantaloni e si diresse fuori, doveva camminare, doveva pensare. Fu in quel momento che un taxi si fermò a pocjo metri da lui, da cui scese Viktor. Era sconvolto. -Non voglio parlare con te-disse sorpassandolo, ma quando sentì Viktor pregarlo si fermò, senza voltarsi. 

 

-Lo so che odi, e ne hai tutte le ragioni, ma non prendertela con Yuuri per un mio errore,ti prego. Non è colpa sua. Makkachin sta male, devo rientrare in Giappone altrimenti non lo lascerei qui-continuò. 

-Cosa vuoi Viktor, cosa cazzo mi stai chiedendo?- chiese l'altro. 

-Ti sto chiedendo di controllare Yuuri, sarà stressato, non è abituato a tutto questo, come noi. E' fragile...- iniziò Viktor. 

-Mi stai chiedendo di fare da babysitter al porcello?- chiese stupito, voltandosi. 

-Ti sto chiedendo di mettere via questo rancore e di comportanti come un amico, non è colpa di Yuuri, se sei arrabbiato con me-. 

-Si che è colpa sua, smettila di difenderlo. Te ne sei andato e ora torni con questa richiesta assurda. Mi hai abbandonato-. 

-No Yuri, questo non è vero, anche dal Giappone ho sempre seguito i tuoi miglioramenti, se non mi credi chiedi a Mila a Yakov. Avrei voluto chiederli a te, ma non mi rispondevi, mi hai ignorato e ho smesso di cercarti-. E Yuri sapeva che era vero, aveva riletto ogni messaggio di Viktor, quando era solo, non ne aveva mai cancellato uno, anche se non aveva mai risposto. 

-Perché lo chiedi a me?-. 

-Perché sei l'unico di cui mi fido, l'unico a cui affiderei la mia vita e la vita di chi amo, Yuri. Solo a te- rispose Viktor sincero. 

-Io lo odio- disse l'altro piano. 

-Non sei capace ad odiare, Yuri. Io ti conosco, sei burbero, maleducato ma non odi le persone, le eviti- ma venne interrotto dal suono del clackson del taxi. -Ti prego Yura- disse solo. -Devo andare l'aereo non aspetta-disse avvicinandosi e abbracciandolo ancora più forte quando sentì il si mormorato sul suo petto. -Grazie-disse solo voltandosi e salendo sul taxi. 

Osservò il taxi allontanarsi svoltando l'angolo e si diresse verso l'albergo, doveva dormire, il giorno dopo aveva il libero e un pallone gonfiato da schiacciare. Con quella consapevolezza, si mise a letto e contrariamente a quanto pensava, si addormentò subito. 
   
 
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