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Autore: Emmastory    22/07/2017    3 recensioni
La vita di Rain e del suo gruppo continua, ma purtroppo senza uno dei compagni di viaggio. Sono passati ben quattro anni da quando la povera Samira è morta da eroina sul campo di battaglia, tentando assieme agli amici di eliminare una minaccia ormai conosciuta, ovvero i Ladri. Ora come ora, con la calma che regna sovrana ad Ascantha, nessuno sa cosa sia successo davvero, se la guerra sia finita, o sei ai nostri eroi sia stata concessa una tregua. Sempre uniti e fiduciosi, sono decisi a combattere le loro battaglie, e sperare, con tutte le loro forze, in un nuovo e sereno domani. Come andrà a finire? Scopritelo unendovi di nuovo a loro, nell'ultimo capitolo della saga di Aveiron.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VII-mod
 
 
Capitolo XXIII

Sangue che scorre e che resta

Era lentamente passata un’altra notte, e con il giorno appena spuntato, avevo la fortuna di rivedere Isaac. Lui e suo padre Soren ci avevano gentilmente fatto visita, e sorprendentemente, con loro c’era anche Basil. Non lo vedevo da molto, ma ne ero felice, e a quanto sembrava, anche Isaac appariva contento di riavere accanto suo zio. “Rain, ti… ti posso parlare?” mi chiese, esitando leggermente dopo essere entrato in casa. “Certo!” risposi prontamente, sorridendogli e aspettando di scoprire cosa volesse. Guidandolo con sapienza, lo invitai a sedersi nel salotto di casa, e una volta lì mi sedetti al suo fianco. “Sono tutta orecchie, Basil, parla pure.” Dissi, per poi scivolare nel silenzio e attendere con pazienza che iniziasse a parlare. “Vedi, oggi è un giorno speciale, e vorrei che… che Isaac sapesse delle cose su di me e su sua madre, e pensavo che il bosco sarebbe stato il posto migliore.” Disse, con la voce corrotta da un turbinio di emozioni che non riuscii a decifrare. Non avevo modo di esserne sicura, ma ero certa che un alone di tensione fosse in qualche modo calato sulla sua anima. Per quanto ne sapevo, era un ragazzo fragile, e voleva davvero bene alla sorella, ragion per cui parlarne ora che era morta, anche se da circa cinque anni, gli veniva molto difficile. Era strano a dirsi, ma era come se ogni volta la gola gli si seccasse, la lingua gli si impastasse e perfino il cervello si rifiutasse di collaborare. Stando ai miei ricordi, erano sempre stati insieme, perfino nei momenti più duri e bui della sua vita. C’era quando il regno aveva iniziato a crollare, quando aveva scoperto di essersi ammalata di cuore, nel giorno del suo matrimonio con Soren, in quello della nascita di Isaac. Erano fratelli, e lui c’era sempre stato per lei. Lo stesso discorso valeva per il marito nei confronti della moglie, e ben sapendolo, li lodavo entrambi, sicura che la mia amica potesse in qualche modo vedermi e sentirmi dall’alto. Per alcuni questo suonava impossibile, ma non per noi. Le volevamo bene, e non avremmo mai smesso di ripeterlo. Proprio per questo conservavo ancora una copia personale della pagina commemorativa ancora presente nel mio diario,che nel giorno della sua morte, e poi del suo funerale, avevo copiato e donato sia a Basil che a Soren. In quanto fratello e marito, sentivo che dovevano averla, così da non possedere altro che ricordi felici di lei. Come Basil stesso mi aveva appena detto, proprio oggi era l’anniversario della sua morte, e a quanto sembrava, lui voleva far visita alla sua tomba, ma non prima di essere passato per il bosco, luogo in cui, stando ai suoi stessi ricordi, avevano passato bei tempi da bambini. Nessuno dei due me l’aveva mai detto, ma a giudicare dalla felicità di Samira nel giorno in cui lasciò il regno di Aveiron per le terre della pacifica Ascantha, ipotizzai che entrambi avessero vissuto lì la loro infanzia. Tempo dopo, le mie supposizioni si rivelarono corrette, e oggi, pensandoci, e concentrandomi anche sul desiderio che Basil ha appena espresso, non riesco a sorridere. Samira è morta, e sono passati cinque anni, ma mi manca ancora molto, e ad essere sincera, vorrei davvero un’occasione per rivederla. So bene che questo non può succedere, e per questa precisa ragione, credo che una visita al bosco e poi al cimitero oggi sia davvero d’obbligo. Sempre in silenzio, guardo Basil, e annuendo, sorrido leggermente. “D’accordo.” Rispondo poi, avvicinandomi al solo scopo di stringerlo in un abbraccio. Pazientemente, lui mi lascia fare , crogiolandosi nel mio affetto nel tentativo di dimenticare il dolore. “Grazie, Rain. Grazie davvero. Sei sempre una buona amica.” Mi dice, regalandomi un sorriso non appena ci stacchiamo. “E tu una brava persona.” Replico, non riuscendo ad evitare di farlo e sorridendo ancora. “Allora che ne dici?” andiamo?” mi chiede poi, attendendo in silenzio una mia risposta. “Andiamo gli faccio eco io, uscendo dalla cucina per dirigermi verso la porta di casa ora chiusa. Come ogni volta, Stefan si rifiuta di lasciarmi da sola, e seguendoci, sia Soren che Isaac sembrano aver già capito. Per fortuna, il bosco non è molto distante da casa nostra, ma evoca in Basil ricordi ed emozioni misti, tanto che appena arriva, inizia a singhiozzare e piangere. “Fatti forza.” Lo esorto, cercando di aiutarlo e risollevare il suo spirito. “Hai ragione, lei non vorrebbe vedermi così.” Risponde, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano e sforzandosi di sorridere. Seppur fallendo, non si scoraggia, e guardando Isaac, non dice una parola. Il silenzio cala su di noi, e mostrando rispetto, nessuno emette un fiato. “È di nuovo il giorno della mamma.” Disse Isaac, rompendo il silenzio dopo un minuto passato a mantenerlo. “Sì, e ci sono delle cose che devi sapere. Forse non lo ricordi perché eri troppo piccolo, ma io c’ero. Proprio come tuo padre io c’ero sempre, sia per tua madre che per te. L’ho aiutata a fuggire da questa guerra, a mantenere la speranza e la vita quando stava male, a combattere assieme a Rain e al suo gruppo, e perfino a prendersi cura di te quando serviva.” Gli confesso Basil, parlando in tono serio ma con la voce spezzata dai sentimenti. A quelle parole, Isaac non rispose, ma guardandolo, potei letteralmente vedere delle piccole lacrime tentare di sfuggire dai suoi occhi. Tenendoli chiusi, faceva del suo meglio per ricacciarle indietro, ma senza successo. Di lì a poco, prese a piangere come un bambino, e assalito dai ricordi riportati a galla da quella confessione, abbracciò lo zio, lasciando che questo lo stringesse forte a sé. Quell’abbraccio fu forte quanto loro, e li tenne uniti per un tempo indefinibile. Non appena si staccarono, Basil si avvicinò all’acqua del lago, e dopo aver ammirato il suo riflesso fra i flutti, colse uno dei fiori vicino alla riva, e soltanto dopo averne accarezzato i petali, lo affidò all’acqua. Erin l’aveva già fatto una volta non conoscendola neppure, e lo ricordavo bene, ma per qualche strana ragione, lo stesso gesto compiuto da suo fratello aveva tutto un altro significato.“Ti voglio bene, Samira. Te ne ho voluto, te ne voglio e te ne vorrò per sempre. Disse, alzando lo sguardo al cielo e sperando, proprio come me, che lei potesse in qualche modo sentirlo. Proprio in quel momento, un soffio di vento mosse i suoi capelli, e un brivido gli percorse la schiena. Era incredibile, eppure tutto era successo nel momento esatto in cui lui aveva pronunciato quelle parole. Era davvero lì a guardarci? Aveva sentito? O era stata solo una triste coincidenza? Andando alla ricerca di risposte, me lo chiedevo, e pur non trovandone mai, mi accontentavo di quella sorta di prova. Arrivati al cimitero, raggiungemmo tutti la sua tomba, e anche lì accadde la stessa cosa, anche se fu Isaac ad avvertire quel brivido che invece della schiena, parve sfiorargli la spalla. Voltandosi di scatto, si guardò indietro, quasi aspettandosi di vedere la defunta madre, ma com’era ovvio, questo non accadde. In quel momento, un vero fiume di lacrime minacciò di rompere gli argini presenti nei suoi occhi, e spingendolo leggermente in avanti, Basil gli fece una semplice domanda. “Vuoi dirle qualcosa prima che andiamo?” chiese, per poi scivolare nel mutismo più completo e limitarsi a guardare il nipote, che con occhi lucidi e dolenti, si avvicinò alla tomba della madre. In piedi di fronte a quella fredda pietra con inciso il nome di chi gli aveva donato la vita, lui si tolse lo zaino dalle spalle, e frugandovi dentro per un attimo, ne estrasse una piccola spada. Da Rose aveva imparato ad usare arco e frecce, ma proprio come Aaron, la preferiva. In silenzio, continuammo a guardarlo, e improvvisamente, lui prese una decisione. Saggiandone l’affilatura con le dita, si provocò volutamente un piccolo taglio, guardando il sangue scivolar via e lasciando che la nuda ma generosa terra lo accogliesse. “Sarò il tuo piccolo eroe, mamma.” Disse poi, con la voce spezzata da un pianto che non riuscii ad evitare. Vedendolo piangere, mi avvicinai per offrirgli conforto, e lasciandolo sfogare fra le mie braccia, lo portai subito a casa. Quella ormai prossima alla fine era stata una giornata dura per lui, ma come sempre, io lo reputavo coraggioso, proprio come il padre e lo zio. Volevo bene a Samira almeno tanto quanto loro, ma nel loro caso, tutto era diverso, poiché il rosso liquido intento a muoversi nelle loro vene senza sosta apparente era sangue che scorre e che resta.
   
 
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