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Autore: Luxanne A Blackheart    23/07/2017    1 recensioni
Nella Londra vittoriana un affascinante uomo proveniente dall'India, un benestante e facoltoso Lord imparentato con la regina, si trasferisce in uno dei quartieri più ricchi e alla moda dell'epoca.
Lui e la sua famiglia si adatteranno alla vita sociale inglese, partecipando a balli reali e alla vita mondana dell'epoca.
Da lontano sembrano perfetti con i loro vestiti costosi, i bei sorrisi affascinanti e i modi di fare garbati. Ammalianti come un serpente prima di attaccare.
Ma sotto quella apparenza di perfezione c'è di più...
Il loro aspetto cela qualcosa di raccapricciante e orribile.
Grida e strani versi si odono nella buia e fredda notte; sangue, sospiri, affari di malcostume e morte incombono sulla loro bella casa e su chiunque osi avvicinarli.
In una Londra sporca, popolata dalla volgarità, dal malaffare, dal sangue e dalla morte la famiglia Nottern saprà trovarvi la dimora ideale.
E voi, saprete farvi conquistare dalla Famiglia del Diavolo?
Genere: Dark, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO DIECI.
Sfortuna maldetta.
 



“E' ora di ubriacarsi! Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare.”

Charles Baudelaire.








Udiva le rumorose campane dell'abbazia di Westminster suonare, attirando l'attenzione della gente. Non si era badato a spese per realizzare il matrimonio della piccola di famiglia, l'unica donna, tra i figli, e la più coccolata. Non si faceva altro che vociferare chi sarebbe stato invitato, come sarebbe stato il suo abito da sposa e il perché di un matrimonio così improvviso; si pensava addirittura ad una imprevista gravidanza della piccola Nottern ed ecco spiegato il motivo di quel matrimonio, ma quelle erano solo malelingue invidiose e gelose del rampollo che Lucille era riuscita ad accalappiare. Dorian Grey, fra gli uomini più belli e ricchi dell'Inghilterra. Questo era il matrimonio del secolo al quale, ovviamente nel ruolo di parente stretta dei Nottern, anche la regina Vittoria in persona avrebbe partecipato.

L'abbazia era stata adeguatamente decorata con tappeti rossi che accompagnavano gli ospiti fino alle carrozze, fiori, colombe bianche e nastrini decorativi. Tutti gli invitati erano arrivati in gran anticipo e tra di loro erano presenti anche giornalisti che avrebbero dovuto documentare il tutto nei minimi dettagli per chi non era stato invitato; tutti quanti erano sistemati nei posti assegnati e la regina, ovviamente, in prima fila accanto a Vladimir e Camille, la quale sembrava molto affiatata con sua maestà e non faceva altro che farla ridere e gran voce.

Lo sposo, invece, era sistemato davanti l'altare e continuava a guardare l'orologio da taschino nascosto nel panciotto celeste chiaro, che lo faceva risultare un angelo sceso dal cielo, mentre i fratelli, vestiti tutti di bianco, erano uno più mozzafiato dell'altro e parlottavano tra di loro. C'era persino una ragazzina che avevano accolto in casa loro, vestita di tutto punto, e seduta vicino a Roman. Jean conversava con un amico gentiluomo americano, anche se ad occhi più esperti si trattava di qualcosa di più, dal modo in cui si osservavano, si sfioravano e si sorridevano. James guardava fisso davanti a sé, sembrava stesse pregando per quanto era serio e concentrato; del suo gemello non c'era traccia, ma a nessuno importava di lui ora, considerato che tutti aspettavano l'arrivo della bellissima Lucille.

Per quanto riguarda l'abito era di ottima sartoria francese color panna, stretto in vita e con una gonna grande e in pizzo, decorata con fiorellini.




William bussò alla porta dietro la quale avevano nascosto la sposa, prima della sua entrata trionfale. Udì un flebile segno d'assenso ed entrò nella stanza, trovandovi suo padre Vladimir che guardava la figlia con un mezzo sorriso d'orgoglio. Era sempre meraviglioso vederla sposare in qualsiasi epoca, sapeva essere bellissima con qualsiasi pezzo di stoffa addosso.

Lucille si stava specchiando quando lui entrò. I loro sguardi si incontrarono per un momento brevissimo ma intenso, poiché Vladimir grugnì sonoramente, facendo distogliere loro l'attenzione l'una dall'altro. Lucille fece finta di sistemarsi le pieghe invisibili dell'enorme gonna bianca in pizzo, mentre William si rivolse al padre.

“La regina ti cercava. Voleva parlare con te prima della cerimonia, mi ha detto di venire a chiamarti, poiché è importante. Riguarda questioni di vita o di morte.”

Vladimir sbuffò, guardando prima lui e poi la figlia, non volendo lasciarli da soli. “Torno subito. Non farla piangere William, altrimenti assaggerai un mio pugno sonoro che ti deturperà quel bel faccino per qualche secolo.”

Uscì senza aggiungere altro e il silenzio calò nella stanza. Lucille aveva smesso di muoversi e guardava Will attraverso lo specchio, sembrava avesse gli occhi lucidi.

“Sei bellissima. Togli il fiato.”

“Grazie, Will.”

La studiò per un po', non riuscendosi a dissetare della sua presenza. Era come dargli del sangue quando era arrabbiato o depresso, non ne aveva mai abbastanza a costo di prosciugare tutta l'umanità.

“Come ti senti?”, continuava a restare dietro di lei, a pochi millimetri di distanza. Sentiva i suoi capelli solleticargli il volto, il suo profumo lo drogava... Tutto la mandava fuori di testa, voleva solo cedere a quell'istinto animalesco, afferrarla per le spalle, girarla e tenerla stretta fra le braccia, abbracciarla e bearsi di lei fino alla fine del mondo, dell'universo, fino a scomparire, fino alla morte.

“Come dovrei sentirmi?”

“Stai per sposarti.”

“L'ho già fatto altre volte. E' un giorno importante per lui, non per me. Si tratta di uno dei tanti per me.”

“Lo ami?”

“Ha importanza?”

“Ne dipende il mondo dalla tua risposta.”

“Come dovrei rispondere allora?”

“Con la verità.”

“La verità fa male.”

“Le bugie fanno male, la verità ti squarcia il cuore teneramente. Ma io voglio saperla.”, Will la guardò e i suoi occhi non erano mai stati più azzurri di quel momento. Una lacrima cadde sulla guancia di Lucille, la lasciò scivolare lentamente sulla pelle pallida. “Perché piangi?”

“Le spose piangono, è normale.”

“Quindi sei felice?”

“Lo sarò, prima o poi.”

Will abbassò lo sguardo, ma non azzardò a dire ciò che stava pensando. Lucille si voltò, quando un'altra lacrima le cadde sulla guancia. Lo guardava, ma lui non voleva farlo.

“Non lo sposare, Lucille. Sei ancora in tempo.”

“E' un buon partito.”

“Ne troveremo un altro. Un altro che amerai e che ti amerà.”

“Non esiste un altro che amerò, William. Tu sei stato l'ultimo.”

“Tu sei stata l'unica e lo sarai sempre.”, Will le accarezzò una guancia con la punta delle dita e lei chiuse gli occhi, versando altre lacrime. Sentiva il cuore esplodergli di tristezza e d'amore. Due sentimenti che lo accompagnavano da troppo tempo e che lo avrebbero gettato direttamente fra le braccia della morte.

“Arrivi sempre troppo tardi.”

“Sono uno stronzo ritardatario, dovresti saperlo.”, Will sorrise, liberandosi di quel peso e affermando apertamente ciò che gli frullava per la testa dal primo giorno in cui l'aveva vista tanti secoli prima. “Sono uno stronzo che ti ama e che ti amerà sempre, qualsiasi cosa accada e qualsiasi cosa ti dirò io o farò, ti amerò sempre di più. Ma tu, mia bellissima e dolce Lucille, non puoi stare con me, perché ti distruggerei come hai già detto.”

Lei piangeva e si lasciava accarezzare dalle sue mani gentili e fredde e dalle sue parole dolci e sincere.

“Non ti dirò di lasciarlo per me. Non lo farai, perché hai scelto lui per fuggire dai tuoi sentimenti e hai fatto la cosa migliore. L'amore non è mai abbastanza per un Nottern, non risolve le cose, non ci sono finali felici.”

“No, direi proprio che non ci siano.”, Lucille sorrise, asciugandosi le lacrime e guardandolo con gli occhi rossi per il pianto. “Baciami per l'ultima volta e dimmi addio William Nottern.”

“Non sarò mai pronto per dirti addio. Non quando sei così bella davanti ai miei occhi e mi dici di baciarti così apertamente.”

“Non sono mai stata timida con te, Will.”, lei si alzò sulle punta dei piedi, gli mise le mani intorno al collo, mentre lui la strinse per il bacino; si guardarono, ma le loro labbra si sfiorarono prima che qualcuno bussasse alla porta e gli interrompesse. Era uno dei chierichetti, dovevano dare inizio. Infatti si udiva l'organo suonare e inondare tutta la chiesa.

Si guardarono e sospirarono, lasciandosi andare quando Vladimir li raggiunse. Will afferrò il velo e glielo poggiò sul capo, delicatamente, ma prima di abbassarlo la baciò velocemente sulla guancia. Bastò quel gesto per incendiargli le labbra e mandarlo fuori di testa. La sua tristezza venne sparpagliata per tutto il suo essere e all'improvviso non vi rimase più nulla. Un inutile ammasso di carne, ossa, maledizione e pazzia.

“Ci vediamo di là, Lucille.”, le disse gentilmente. Lei annuì, afferrò il braccio di Vlad e uscì dalla stanza a testa alta e leggermente emozionata. Non si girò e lui sperò che non lo facesse.

William la guardò arrivare fino all'altare, venire baciata sia dal padre che dal futuro marito e inginocchiarsi davanti al Signore.

Decise di andarsene, non restava mai alla cerimonia. Preferiva una bella bugia, ad una verità che ora gli stava squarciando il cuore lentamente.







Camminò a lungo, non concentrandosi sui suoi passi e lasciando che la sua mente pensasse liberamente. Alla bocca aveva una pipa con del tabacco scadente al suo interno che gli bruciava la gola in modo delizioso. Prima di essersene reso conto si era ritrovato nella vecchia tenuta dei Nottern, immensa e spaventosa al tempo stesso, che sembrava raschiare il cielo con le sue enormi e tetre torrette. Entrò, non avevano bisogno della chiave, e vi trovò cinque corpi in stato di decomposizione, tutti dissanguati. Riconobbe il suo profumo anche in mezzo a quella puzza pestilenziale e provò invidia per quei corpi senz'anima, priva di vita, con gli occhi che venivano mangiati da scarafaggi e vermi, pallidi come solo un corpo morto sapeva essere, un cadavere che una volta era stato qualcuno ma che ora era solo nessuno.

Li guardò e si guardò e provò invidia per loro, perché lui non poteva morire, poteva solo vivere e soffrire per l'eternità. Sì, era stato bello per due secoli, ma ormai era diventata una inutile routine. Gli uomini erano stupidi con le loro guerre, i loro soldi, la loro malvagità e la loro avarizia, uccidevano i loro simili per sport, per terre che non appartenevano a nessuno, terre che erano di tutti... Gli uomini erano monotoni, tutti uguali e più andavano avanti più si uniformavano. La storia continuava a ripetersi, in circostanze diverse, ma si ripeteva e si sarebbe sempre ripetuta perché l'uomo è stupido e non imparerà mai dai suoi errori.

Si stese sopra quei cadaveri, guardando il soffitto e continuando a pensare. Si alzò solo per andare a prendere un foglio ed una penna. Non si sentiva così da tempo e non vedeva l'ora di poter scrivere qualcosa di nuovo.

La morte era sempre stata un'ispirazione e aspirazione per William Nottern.

Si voltò verso quella che doveva essere stata una domestica e le sorrise sinceramente. La tenuta era in completo silenzio, persino gli infissi non cigolavano più; si udiva solo la penna scribacchiare contro il foglio bianco.

Ripensava a ciò che era stato in tutti quei secoli, ripensava a ciò che era diventato, ripensava a ciò che avrebbe voluto essere, un cadavere putrefatto, ripensò a Lucille, e scriveva, scriveva, scriveva. Non si rese conto di quanto tempo trascorse, doveva tornare per i festeggiamenti, ma non aveva voglia. Così, con il cuore in gola e le mani sporche di inchiostro nero, lesse ciò che aveva scritto.

“Maledetta o semplicemente sfortunata? Qual è la differenza in fin dei conti? Cosa è meglio essere? E se veramente esiste una differenza, si può essere entrambe le cose?

Maledetta. Ti hanno definita in molti così, non è vero? La Sorte è stata la prima e a lei si sono aggiunti tutti gli altri. Ti ha guardata quella sera quando gli zombie ti hanno abbandonata per andare a caccia di cervelli. Nella gelida oscurità tu danzavi con i capelli scuri e disordinati davanti al viso, in mano una bottiglia di liquido bianco e nell'altra una sigaretta fumante. Eri splendida nella tua innocenza con la bocca che profumava ancora di latte materno e gli occhi colmi di possibilità e di sogni.

Oh povera te, che cosa potevi saperne? La Sorte, bellezza glaciale e meravigliosa, ha guardato il suo compagno Destino e ti ha indicata. Eri la preda perfetta. Tu con le tue idee rivoluzionarie, i tuoi pensieri tormentati, le tue risate silenziose e i silenzi chiassosi. Tu con la tua colazione costituita da cereali, sogni, parole ed inchiostro nero.

Tu che credi di poter fare grandi cose, solo perché nelle tue vene scorre il potere della parola scritta. Ma non lo sai ancora, come potresti?

La Sorte si avvicinerà a te e da abile puttana ti accarezzerà con gesti melliflui e gentili, spogliandoti di tutte le tue difese. Rimarrai nuda sotto il suo sguardo e quello del Destino, mentre le loro lunghe mani dagli artigli mortali ti faranno godere per pochi istanti, istanti che ti sembreranno interminabili, meravigliosi, appaganti, ma non faranno altro che strapparti via il cuore.

Diventerai la loro puttana, pronta a concederti perché dipendente da ciò che possono darti, desiderosa di un bacio dalla Fortuna che ti guarda impaurita dal buco della serratura.

L'unica a desiderarti veramente sarà la Sfortuna, che ti inneggerà come sua unica dea, non lasciandoti mai sola. E tu comincerai a sentirti maledetta, ma non lo saprai del tutto. La puttana maledetta della Sorte, del Destino e della Sfortuna.

Ma non sarai mai bella e maledetta come una poesia di Baudelaire, sei solo maledetta e profondamente triste, persa nel sesso dell'oscurità nel quale la Sfortuna ogni notte ti conduce.

E mentre Lei è persa fra le tue gambe e tu ansimi contro la sua schiena, diventati ormai un'unica cosa, le tiri i capelli biondi alla ricerca di qualcosa in più, di ugualmente potente come essere la sua puttana, perché tu la ami ormai, hai imparato a farlo, hai imparato ad essere come Lei vuole e ti piace maledettamente.

Ormai l'oscurità ti piace, la adori, sei diventata maledetta.

E mentre tu e la Sfortuna siete perse, la Fortuna ti guarda e si ritrae spaventata dal mostro che sei diventata.

Urli, gridi, graffi, chiedendo sempre di più, sempre di più, non sei mai sazia finché non esplodi in mille pezzi invisibili nello spazio; ti disintegri e l'unica disposta a raccoglierti è la Morte.

Meravigliosa Morte che ti accoglierà sempre fra le sue braccia di rose.

Con Lei non sei maledetta, con lei sei finalmente libera.”







Quando ebbe finito e fu abbastanza soddisfatto di ciò che aveva prodotto decise di andare via, per vedere i festeggiamenti, o meglio bere, ubriacarsi fino a dimenticare il suo nome.

Notò con piacere che ormai si era fatta sera e sentiva la brezza serale sfiorargli la pelle delicatamente, anche se puzzava di morto in maniera molto fastidiosa. Teneva ancora stretto nella mano destra il foglio su cui aveva appena finito di scrivere.

Sorrise, ma quel sorriso si spense immediatamente perché una figura incappucciata lo prese alla sprovvista, pugnalandolo con forza al cuore. Il suo petto di riempì di sangue, il foglio volò via e William cadde rumorosamente per terra.










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