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Autore: Noeru    24/07/2017    0 recensioni
"I BladeBreakers hanno un'amicizia in grado di fronteggiare le peggiori avversità, i cinesi sono una famiglia, gli americani si fanno reciprocamente il tifo alle partite e noi? Tentiamo di capire se una ragazza è fidanzata oppure no! è ridicolo!"
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andrew McGregor, Gianni, Nuovo personaggio, Oliver, Ralph Jurges
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Henriette" Sebbene avesse sentito quel richiamo l'ultima volta oramai anni fa, la norvegese si ricordava eccome quella voce profonda, ma gentile.
Finalmente lo vide: biondo, occhi più profondi degli abissi marini ed un naso importante.
Chissà quale aspetto gli avrebbe conferito la vecchiaia?
Era rimasto tale e quale al corpo esanime da lei abbracciato più volte quella maledetta notte, compreso il vestito nero dei Concerti Speciali che però appariva appena stirato e profumato di pungente resina.
Chi mai avrebbe potuto ucciderlo?
Era alto un metro e novanta, quasi un gigante.
La Norvegia è terra di giganti, eppure non avrebbe mai potuto far del male ad una mosca.
Era stato un talentuoso musicista e uomo gentile benvoluto da colleghi, pubblico e critica la cui scomparsa aveva lasciato un vuoto incolmabile nella scena, affliggendo al contempo migliaia di persone; aveva molte conoscenze e spesso si fermavano a casa loro per intrattenerci le più disparate conversazioni: dal miglior legno alla stagione concertistica senxa escludere i più vaghi andamenti delle vite personali.
Ogni anno un festival celebrava la sua eredità artistica, ma nemmeno una cerimonia con star internazionali e scenografie imponenti sarebbe stata sufficiente a ricordarne la grandezza.
Soprattutto nel ruolo di coniuge della cantante lirica Lenore Dahl e genitore di Henriette.
I primi giorni senza lui erano stati un supplizio per madre e figlia; la piccola immaginava spesso fosse morto qualcun altro e Leif si trovasse a teatro a provare e riprovare Paganini, le composizioni di Bull e Svendsen e Vivaldi, ma non tornava mai sebbene sfidasse i troll e la notte per saltargli tra le braccia.
Neanche a Natale si era rifatto vivo a dispetto della condotta ineccepibile della piccola.
Allora aveva chiesto quanti dèi ci fossero al mondo e aveva rivolto le preghiere a tutti non venendo ricambiata da nessuno nonostante le sue brame non materialistiche.
Insomma, è più facile dare ad un bambino la possibilità di stare col proprio papà rispetto ad un'astronave!
Non era il suo primo sogno sulla figura paterna; spesso compariva a darle indicazioni sul cammino da percorrere e risvegliarsi era ancora più faticoso.
"Henriette, lasciatelo dire...So quanto sei impaziente...Da bambina non vedevi l'ora di calcare le scene, indossare le punte e saper eseguire il volo del calabrone
senza partiture, ma l'amore è un'altra cosa...Non è un talento che può essere affinato o uno strumento o genere di musica o danza in cui scegli di specializzarti..."
La figlia rimase in ascolto; aveva imparato se lo diceva suo padre era l'ipotesi migliore.
"Viene da sé...Non puoi controllarlo...Pure io mi reputavo in grado di dominare le mie emozioni, ma tua madre seppe dimostrarmi il contrario, insegnandomi
pure il legno era dotato di vita e voce...Quindi non insistere...Dai tempo al tempo e avrai piacevoli sorprese"
"Quanto dovrò aspettare?" Henriette drizzò le orecchie, dando il via ad irrealistiche congetture: forse Jens aveva cambiato idea, oppure...
Tuomas!
Quel nome la fece sussultare; ci si era ritrovata più volte a tu per tu sopra al palco e dietro le quinte, ricevendo un trattamento diverso dalla freddezza che si poteva permettere di usare, accrescendo la propria notorietà.
"Meno di quel che credevo..."
Stava per chiedergli di più, ma un raggio solare le si piantò in piena faccia.
Cosa intendeva Leif col fatto di non poter controllare il proprio cuore?
Lei sapeva di voler bene a tutti e quattro i suoi amici e di essere in egual misura attratta dal grande talento musicale, compostezza e portamento di Tuomas e dalla danza libera di Jens, ma Ralf?
Già due volte le era stato d'aiuto in situazioni ostiche.
Aveva affrontato un blader che voleva provarci e, oltre ad aver trovato il coraggio di ammettere i propri sbagli, aveva rischiato le penne nel riparare quasi da solo un danno enorme che irrisolto avrebbe sconvolto gli equilibri della Terra.
Decise di non pensarci, si vestì, prese il suo violino ed uscì diretta allo studio di registrazione.
"Incredibile!" L'apostrofò Lars: "Prima manifestazione di femminilità in Henrik!"
"è perché non fai abbastanza caso alle coreografie!" Replicò Henriette senza prendersela: "Se ti lasciassi acconciare in maniera appropriata dalla sottoscritta noteresti parecchi particolari nascosti dai tuoi capelli!"
"Si stava riferendo al fatto che ti stiamo aspettando da mezz'ora!" Si intromise Jens, beffardo ed apparentemente dimentico del suo maldestro tentativo.
"Ragazzi, vi prego non qui..." Tuomas ruppe troppo tardi il suo silenzio; Il danese, La norvegese e lo svedese formavano già un groviglio di braccia, capelli e solletico.
Per giunta nemmeno a tempo col battere dei colpi di Seyfrid sul pad nero gommoso.
A ricomporli pensò il Signor Veland, proprietario della modesta saletta insonorizzata: "è arrivata questa" Aprì la porta, consegnando loro una pergamena sigillata da un bollo di ceralacca color mora.

"La squadra campione d'Europa degli European Dreams Formata da Ralf Jurgens, Andrew McGregor, Giancarlo Tornatore ed Olivier Boulanger ci terrebbe ad invitare il team nordico ad un incontro dimostrativo di Beyblade presso lo stadio Jurgens in data da definirsi a seconda del compromesso delle due delegazioni"

Sotto vi erano le firme dei quattro campioni
"Ed ecco la mia risposta!" Jens era sul punto di lacerare la fine carta pressata.
"Io direi di non andare" Disse Lars: "Noi non siamo nati per combattere!"
"In verità vogliono farci del male!" Seyfrid cercò riparo dietro al Ride: "Tuomas, cosa pensi tu?" Lui non aveva dimenticato l'ira delle bestie sacre dei rampolli.
"Vi seguirò a prescindere dalla decisione" Rispose il pianista al fine di testare la maturità dei suoi compagni.
"Diciamo no! Ancora sono arrabbiati perchè non ce l'avevano fatta" Implorò il batterista: "Ce l'hanno con noi quattro perché stiamo intorno ad Henriette! E quel Ralf vuole appropriarsene con la forza!"
"Ancora non ha capito di essere in corsa contro un muro? Niente talento, zero personalità e pure testa dura! Più facile un giorno soleggiato in inverno che la presenza di pregi in lui!" Jens arricciò il naso all'insù: "Non è così, Henriette?"
"Io accetto la sfida!" Dichiarò la biondina, puntando verso l'alto l'archetto del violino: "Ammettilo, Jens! batterti ti era piaciuto! E lo avevamo fatto a fin di bene!"
"Ferma! Non ricordi come mi aveva ridotto il suo bit-power?!" La convinzione della compagna non incoraggiò affatto l'islandese.
"Mi hai convinto" Il ballerino le si avvicinò: "Sia mai capiti qualche guaio."
Sospirando, Tuomas si aggiunse determinando così la scelta della squadra nordeuropea.

Gli allenamenti non si fecero attendere.
Lars si lasciò scivolare a peso morto fuori dal letto, avviandosi in bagno.
A svegliarlo totalmente non fu l'acqua fredda sulle sue lentiggini, più piacevole perfino della colazione, ma le fastidiose lampadine accese sullo specchio tanto volute da sua madre, la quale senza contouring non usciva di casa.
Si stropicciò gli occhi ambrati e scelse dalla mensola il suo pettine.
Ingrid temeva di contaminare la messa in piega con chissà quale creatura annidiata fra i capelli di suo figlio.
Il giovane si portò in mansarda l'oggettino e, dopo essersi risistemato sotto le lenzuola, cominciò a sciogliere la cipolla e far scorrere i denti ravvicinati nella lunga distesa color caramello, raccogliendo i capelli caduti in un pugno chiuso e gettandoli nel cestino dell'immondizia.
Quei metri quadrati abbandonati a sé stessi erano divenuti il suo regno di musica silenziosa, dormite e ascolto della pioggia.
Ancora in pigiama tirò fuori da sotto il letto un pesante parallelepipedo nero e ruvido dal quale estrasse la sua preziosa Gibson Flying V blu metallizzato, connesse le sue cuffie e la mente gli suggerì gli accordi di Pyramid Song nonostante le palpebre cadenti.
Seguì Just, insieme ad una morsa allo stomaco, ma non cedette e passò ai Led Zeppelin; Ten years Gone era la sua canzone preferita, a dispetto della popolarità di Stairway to Heaven.
L'orologio segnava le 5:53.
La testa atterrò sul morbido e sparì sotto al piumone, ignorando ripetuti colpetti sul vetro che l'udito sensibilissimo avvertì solo dopo un abbondante quarto d'ora.
Avanzò verso la finestra, quasi cadendo all'indietro: "Lars" Lo chiamò gentilmente una voce.
Jens non condivideva il suo stesso sangue: "Sveglia! Oggi è giorno di allenamenti!"
"Ma lo sai che ore sono?"
"Sì! è ora di colazione! Hai bisogno di energie!"
"Non ti andrebbe di dormire un po'?" Sicuramente il danese aveva passato la notte ad allenarsi, essendo un figlio della luna, e necessitava riposo, ma la stanchezza sembrava evitarlo.
Gli allungò un sacchetto che emanava un buon profumo simile a quello del forno se Ingrid Eriksson preparava una torta.
"Tu almeno hai lo stomaco pieno?" Al musicista parve di commettere uno sgarbo a rifiutare; sapeva il ballerino aveva coperto una lunga distanza in bicicletta e cercato casa sua fra un mucchio di copie della Perfetta abitazione della famiglia svedese modello.
Mangiare insieme al migliore amico fu stranamente piacevole; Lars non si sentiva messo in soggezione come a tavola, dove detestava sedersi per ricevere pesci morti atrocemente senza alternative.
"Allora, possiamo andare?" Jens non mascherava la sua riluttanza a quell'ambiente costellato di bizzarre creature l'una più spaventosa dell'altra, ma era stata una sua decisione confrontarcisi.
Gli sarebbe toccato prima o poi e sarebbe stato umiliante se fosse capitato di fronte all'intero stadio Jurgens.
La fama dei loro avversari era nota in tutto il mondo e si figurava già le tribune ricolme di appassionati e celebrità provenienti dai quattro angoli del globo.
Era già abituato a platee piene, ma il beyblade era tutta un'altra storia: l'obbligo di un vincitore ed un perdente implicava due sole possibilità: vincere o perdere da eroi, a testa alta, continuare nonostante il fallimento ed il confronto con qualcun altro mentre nella danza l'unico avversario era il limite da infrangere.
"Sei silenzioso" Mormorò il biondo, spingendo la bicicletta secondo le indicazioni che Lars si limitava a fornire in direzione del lago dove solitamente si rifugiava ad allenarsi, nuotare e suonare fin dalla tenera età.
Nascosto in una fitta foresta al riparo dagli occhi indiscreti, rappresentava una vera e propria oasi nordica di pace.
Fu lo svedese il primo a scendere in campo, generando dalla liscia e piatta superficie una mastodontica torre d'acqua che celava lunghi tentacoli in movimento armonioso come anemoni marini, ma letali qualora ci si avvicinasse troppo.
Nella mitologia norrena il Kraken riusciva ad inabissare intere navi senza risparmiare i malcapitati a bordo.
Il gorgo si tinse dell'argento lunare mentre uno sfolgorante cigno dal piumaggio corvino scatenò aprendo le ali una pioggia di diamanti idrici, il collo teso al cielo e le zampe nell'acqua; non la temeva, a differenza del suo proprietario la cui idiosincrasia verso il mare era dovuta ad una misteriosa puntura nel bel mezzo di una nuotata che ancora lo perseguitava nei sogni.
Il castano aveva invece preso contatto con le acque fin da bambino e resisteva alle loro temperature più basse.
Colpa o merito del padre, ambizioso di fare del figlio un vero uomo il prima possibile e rammaricato dalle scarse abitudini di quest'ultimo verso le numerose prove a carattere fisico imposte dall'esercito.
Non che Lars fosse poco atletico; nuotando costantemente era più veloce di molti ragazzi del corso, ma gli mancavano i muscoli sviluppati tanto osannati dal sesso maschile, desiderati da quello femminile.
"Dai, entra in acqua!"
Rimasto in aderenti calzonicini neri, Jens tuffò un piede nell'acqua per ritrarlo immediatamente: "Più tardi! è troppo fredda!"
L'amico gli afferrò un braccio, rivelando una presa tanto salda e bagnata quanto quella del suo mostro marino, i capelli fluttuavano simili ad alghe: "Siamo uomini del Nord! Non temiamo l'assenza di calore!"
Detto ciò si immerse e attraversò agile l'arco formato dalle gambe toniche del danzatore, il quale colto alla sprovvista precipitò nel regno dei pesci.
Avrebbe dovuto arrabbiarsi con Lars, provare il desiderio di strappargli la chioma ciocca dopo ciocca, ma vederlo ridere cancellava ogni traccia di seccatura.
Erano rare le volte in cui si lasciava andare come un bambino senza il timore gli venisse detto di controllare o reprimere le emozioni e, casualmente, Jens se le ricordava tutte.
Come dimenticare le loro cadute dall'hoverboard di Seyfrid o Henriette alla continua ricerca di equilibrio sui tacchi di dieci centimetri? Oppure le risate alle spalle dei loro vicini europei con annessa imitazione di Ralf Jurgens? Era proprio buffa la sua incapacità di nascondere una cotta per Henriette. Tuttavia la storia delle segrete con le armi nel Castello era vera e temevano tutti per l'incolumità della norvegesina, cui avrebbero pensato una volta in Germania; in quel momento volevano unicamente godersi natura, gioia e tempo assieme.

Ascoltare la romanza per piano e violino di Dvorak non sarebbe più stata la stessa cosa senza un sogno d'amore dal quale lasciarsi trasportare.
Era accaduto di nuovo: si era lanciata nel vuoto, atterrando sulle spine.
Doleva più di ogni caduta e stavolta non c'era Jens a spronarla affinché si rialzasse.
Non riusciva a credere pure con Tuomas ogni premessa per una storia fosse evaporata; lui era sempre stato un tipo freddo, ma in sua presenza erano emerse piccole scintille di calore attraverso un invito a condividere un palco da sempre solo per sé ed un raffinato baciamano di fronte ad un teatro pieno: il sogno di ogni musicista o amante di musica classica vissuto in prima persona!
Mantenere la concentrazione quella sera si era rivelato un'impresa ardua.
Colpa del cervello annebbiato da quell'allora creduto un amore implicito, una pista cifrata al cuore del finlandese in costante cerca del momento più opportuno per schiudersi a lei a guisa di bozzolo giunto alla fine della convivenza con la farfalla.
Eppure era riuscita a trattenersi.
Merito della presenza del celebre Ivo Kovalainen, padre dell'amico e a sua volta conoscente di Leif Johansen, speranzoso Henriette riuscisse a tenere alto il nome del suo defunto genitore.
Ancor più difficile era strappargli una parola buona; persino dopo un concerto andato esaurito e capace di silenziare la critica, Ivo si annotava sugli spartiti eventuali sbavature da evitare nelle esibizioni a venire e lo stesso faceva con suo figlio, ma lei ce l'aveva fatta!
"Hyvin tehty" Avrebbe voluto cristallizzare quelle parole di ghiaccio e conservarle fra i suoi tesori.
Sua madre sarebbe stata contentissima di un eccelso giovane compositore in famiglia, ma il cristallo nero costituente la fragile illusione era scoppiato all'udire il racconto di Tuomas ai giornalisti su un amore fraterno
senza probabilità di sboccio verso la piccola violinista.
E si era ritrovata a danzare sulle schegge vetrose.
Il sole non aveva sciolto i gelidi ghiacci e giaceva pallido sotto una fitta coltre nuvolosa.
Non era in missione per sistemarsi, ma un motivo per cui le si erano presentati tre ragazzi ognuno affascinante in diversa maniera c'era.
Dove aveva sbagliato? Forse ad essere più seria e provocante sarebbe piaciuta a loro maggiormente.
Invece erano prevalse gaiezza, desiderio di strappare sorrisi e i suoi tentativi di sensualità la mettevano continuamente a disagio.
L'ultima volta aveva ondeggiato il bacino di fronte allo specchio in camera sua si era accasciata sul letto a ridere di quella Shakira senza forme coi capelli indomabili coincidente con sé stessa, ma non la divertiva più.
Comprendeva benissimo la perenne malinconia di Lars e Seyfrid.
La tristezza la sorprendeva molto raramente e quando accadeva niente le risollevava il morale.
Peggio si era sentita solamente quando Leif Johansen era stato barbaramente ucciso per un motivo stupido.

Aveva poi punito l'assassino con l'aiuto di Ralf Jurgens e Jens, ma la figura paterna non sarebbe risuscitata.
Interruppe il triste vaneggiamento alzandosi dal letto: quel tempo lo avrebbe investito in allenamento.
Nel boschetto dietro casa Kvitsvanen guizzava rapido di albero in albero, assorbendo la luce emanata dal sole.
Meglio approfittarne, di quella piacevole pace.
Non era Henriette la povera orfanella piagnucolosa, ma un tuttuno con la più luminosa delle stelle il cui sangue scorreva nelle vene mentre aghi di pino vorticavano insieme al pulviscolo in una danza celebrativa per il corpo celeste.
Avrebbe scintillato allo stadio Jurgens, dimostrando ai ragazzi non era inferiore a loro e agli europei la grande forza, a lungo rimasta segreta, del Nord.


 
   
 
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