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Autore: Recchan8    24/07/2017    0 recensioni
Questa è la storia di un primo amore adolescenziale, di un'estate trascorsa tra amicizie e incomprensioni.
Questa è la storia di Fabiola, Silvia, Flavia, Tiberio e Virgilio: cinque ragazzi, un unico filo conduttore.
Questa è la storia dell'Estate dell'Imperatore.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Il mattino seguente mi svegliai intorno alle nove e mezza, feci colazione con molta calma e mi vestii con altrettanta calma. Purtroppo per me, un'ora dopo si presentò a casa Silvia tutta pimpante.
-"Buongiorno!"- esclamò entrando dalla veranda.
-"Silvietta, buongiorno!"- la salutò mia nonna.
-"Fabiola?"- domandò.
-"E' in camera, te la chiamo subito"-.
-"No, no, fermi tutti, ci sono"- dissi aprendo la porta.
Silvia, saltellando, si avvicinò a me e mi prese a braccetto.
-"Oggi"- esordì indicando un punto a caso di fronte a lei. -"Ti farò conoscere l'unico gruppo di ragazzi di Serò!"-.
-"Eccellente!"- risposi.
-"Allora noi andiamo"- disse a mia nonna. -"Saremo di ritorno per..."-.
Piantai i piedi per terra e la guardai, sconvolta.
-"Secondo te esco in questo stato?!"- dissi scandalizzata.
Silvia mi squadrò e ignorò i miei pantaloncini azzurri e la maglietta bianca oversize.
-"Che stai dicendo, stai benissimo! Su, andiamo"- ribatté trascinandomi fino alla veranda.
-"No, no, no! Io non esco di casa così! Fammi mettere qualcosa di decente addosso e vengo. Adesso ti siedi qui e mi aspetti"- le dissi facendola sedere su una sedia di paglia. -"Le cose vanno fatte come si deve, altrimenti non si fanno!"-.
Quella pazza scatenata non dovette aspettare molto; tempo cinque minuti e mi ero messa gli shorts bianchi del giorno prima, una canottiera viola e un paio di scarpe bianche. E mi ero anche truccata. Sì, perché io senza trucco non vado da nessuna parte.
-"Potevi anche evitare di truccarti, non ha senso"- mi rimproverò Silvia, seduta in veranda con le gambe accavallate.
-"Sì che ha senso, e poi che vuoi che siano un filo di matita e il mascara? Sono cose basilari"- ribattei.
-"Basilari, ma non in estate. Ti si scioglierà tutto con questo caldo"-.
-"Mai sciolto. Su, vogliamo andare?"-.
Mentre ci avviavamo a braccetto verso la piazza della chiesa, Silvia iniziò a parlare senza sosta dei suoi amici. Da quello che mi raccontò dedussi che si conoscevano fin da bambini, che erano un gruppetto abbastanza compatto e che io non li avevo mai conosciuti perché, ironia della sorte, tutte le volte che io ero in visita dai miei nonni, loro non c'erano. Strana roba il fato.
-"Come passate il tempo qui?"- le domandai.
-"Chiedilo a loro, no? Sarà un buon pretesto per attaccare bottone!"- disse. -"Oh, siamo arrivate. Ehi! Vi ho portato il tassello mancante!"- alzò la voce.
Sbracciandosi per farsi notare, mi portò al tavolo di legno posto in una zona d'ombra della piccola piazza. Senza tanti complimenti mi fece sedere davanti a una ragazza e a un ragazzo. La ragazza aveva i capelli lunghi biondi e lisci, occhi azzurri e una faccia priva d'espressione; il ragazzo, dai capelli biondo cenere, aveva gli occhi marroni e un helix all'orecchio sinistro.
-"Signora e signore, lei è Fabiola"- mi presentò Silvia.
Il viso della ragazza si illuminò di colpo e mi sorrise.
-"Finalmente qualcun altro con cui passare l'estate!”- esclamò. -”Piacere, mi chiamo Flavia"-.
Il ragazzo invece si alzò in piedi e mi venne a stringere la mano.
-"Virgilio"- disse sorridendo.
Rimasi letteralmente incantata da Virgilio: alto e ben messo, pensai che come sport praticasse l'atletica leggera. Forse Silvia si accorse del mio sguardo imbambolato perché tossicchiò e mi fece risedere. Prese poi posto accanto a me, lanciandomi un'occhiata di sottecchi e ridacchiando sotto i baffi.
-"Tiberio dov'è?"- chiese Flavia guardandosi intorno.
-"Chissà... Sarà a scrivere le sue memorie"- rispose sarcastico il bel ragazzo.
-"Impossibile, il suo biografo è qui"- ribatté subito Silvia.
Ma che diamine stavano dicendo? Il mio sguardo passava da un ragazzo all'altro, nella vana speranza di capire qualcosa. Flavia notò la mia faccia sdubbiata e mi diede le spiegazioni tanto desiderate.
-"Sai, è una faccenda che va avanti da quando eravamo bambini. Se ci fai caso abbiamo tutti nomi di origine latina, ovvero Flavia, Silvia, Virgilio e Tiberio, così ci abbiamo montato su una specie di gioco: Tiberio è l'imperatore, Virgilio il poeta, io e Silvia le due nobili amiche dell'imperatore"-.
-"Avevamo pure dato un nome a questa specie di famiglia"- si intromise Virgilio. -"Qualcosa tipo... Aah, non me lo ricordo"- borbottò incrociando le braccia al petto.
-"Insomma, non è niente di che, solo un gioco infantile"- concluse Silvia.
-"Il fatto che Virgilio sia stato designato come poeta si deve solo al suo nome?"- chiesi incuriosita.
-"No, assolutamente! All'epoca non sapevamo chi fosse il poeta Virgilio; conoscevamo a malapena la storia di Roma. Questo simpaticone è diventato il biografo dell'imperatore perché nella vita "reale" è il migliore amico di Tiberio"- mi spiegò Flavia indicando il biondo.
-"E sono orgoglioso di esserlo! Un tipo problematico come lui non fa altro che divertirmi!"- esclamò il diretto interessato, Virgilio.
Scoppiarono tutti a ridere, me compresa.
-"Sentite, sono le dieci. Avevate qualche programma voi due?"- chiese Silvia dopo un po'.
Virgilio si alzò e si stiracchiò.
-"Pensavamo di andare a fare un giro nel boschetto. Magari è la volta buona che Flavia si perde!"-.
-"Ah, simpatico poeta"- rispose Flavia scuotendo la testa.
Silvia mi guardò e con un cenno della testa mi fece intendere che bisognava andare con loro. La implorai con lo sguardo di non farlo, ma lei mi ignorò: mi prese per un braccio e mi trascinò dietro ai due ragazzi biondi.
"Va bene" mi dissi. "Andiamo a fare questo giro per il bosco, andiamo a ridurci in uno stato pietoso, a riempirci di fango e a sporcarci le scarpe!".
-"Scarpe bianche? Mi dispiace!"-. Sembrava che Flavia mi avesse letto nel pensiero.
-"Fanno parte dei piccoli imprevisti della vita"-. Le sorrisi e lei fece lo stesso.
La combriccola, capitanata dal poeta belloccio, si avventurò a passo spedito nel famigerato boschetto.
Entrarono alle dieci e non riuscirono più a ritrovare la strada di casa.
Scherzi a parte, la gita durò un sacco di tempo perché Virgilio ci fece perdere due o tre volte; spesso io e Flavia ci fermavamo per controllare le condizioni delle nostre scarpe e per lamentarci del caldo. Nonostante tutto mi divertii; ero contenta di aver trovato qualcuno con cui passare quelle due settimane a Serò.
"Alla facciaccia tua, papà!", pensai.
-"Torniamo alla civiltà?"-.
Era più o meno mezzogiorno e mezzo. Flavia non ne poteva più, né del caldo né della passeggiata infinita, e si era legata i capelli in una coda alta. Non potei fare a meno di constatare quanto fosse candida e immacolata la sua pelle. Non aveva neppure un piccolissimo neo.
-"Prima però..."- iniziò Virgilio.
-"Virgo, seriamente, ti lascio qui!"- lo interruppe Flavia esausta.
-"Mi associo!"- esclamò Silvia.
Il volto di Virgilio si rabbuiò.
-"Questa è una congiura. Tu quoque..."-.
Oddio, latino!”, pensai in un misto di sorpresa e ribrezzo.
-"Spiacente, ma io e il latino non andiamo d'accordo"- lo interruppi alzando una mano.
-"Davvero? Chiedo venia, puella"- disse sorridendomi amabilmente.
Per poco non mi sciolsi. Mi voltai immediatamente dall'altra parte per evitare che notasse il rossore appena comparso sulle mie guance.
-"Bene, direi che possiamo tornare a casa"- concluse Silvia lanciandomi un'occhiata divertita.
Durante il viaggio di ritorno venni seppellita da una montagna di domande sparate a raffica da Flavia. Voleva sapere come mai fosse la prima volta che mi vedeva lì in paese, per quale motivo fossi stata spedita a Serò, quale fosse il nome dei miei nonni, da dove venissi, se avessi il ragazzo, che scuola frequentassi... Un'infinita serie di domande a cui io, per motivi logistici, non fui in grado di dare risposte esaustive e soddisfacenti.
Finalmente raggiungemmo l'ormai nota pista da ballo; era da lì che iniziava il boschetto. Improvvisamente vidi con la coda dell'occhio Flavia fare uno scatto e raggiungere una delle panchine a bordo pista dove un ragazzo stava seduto leggendo un libro. Lui alzò lo sguardo dalle pagine e lo posò sul viso di Flavia, la quale gli stava mostrando uno dei suoi sorrisi migliori.
-"Guarda chi si vede!"- esclamò Virgilio raggiungendo i due. -"Tiberio, finalmente ti sei fatto vivo!"-.
Silvia, vedendomi un po' titubante, mi prese a braccetto, e insieme raggiungemmo il gruppetto. Mi sentivo alquanto a disagio in mezzo a loro, ma pensai che fosse normale: quei quattro ragazzi si conoscevano da anni, e io ero solamente “la nuova ragazza”; in più lo sguardo fisso e penetrante del moro dagli occhi dorati, Tiberio, non mi facilitava di certo le cose. Decisi così che per quel giorno poteva bastare: dissi loro che dovevo assolutamente tornare a casa ma che speravo di rivederli presto.
-"Ovvio che ci rivediamo! Oggi pomeriggio, che ne dici?"- mi domandò Flavia.
-"Ecco, oggi pomeriggio no, magari stasera..."- bofonchiai.
-"Perché no?"-.
-"Il latino mi chiama"- risposi sbuffando.
-"Ah, capisco"-.
Salutai tutti in fretta e furia, evitando le occhiate dei due ragazzi (che mi imbarazzavano non poco), e tornai a casa quasi di corsa.

 

 

Arrivai alla conclusione che il tè caldo d'estate fosse completamente fuori luogo. Non per il gusto, ma per la temperatura. Avrei potuto benissimo berlo freddo, magari uno di quelli in bottiglia o nel brick, ma non mi piacevano: li trovavo troppo zuccherati.
Quindi, abbandonare il tè o non abbandonarlo?
A questo pensavo mentre Silvia, seduta di fronte a me al tavolo in veranda, stava radunando le idee per parlarmi di un argomento a suo avviso scottante. Era arrivata intorno alle cinque, ora in cui da mesi mi godevo una tazza di tè, e da dieci minuti non spiccicava parola. Possibile che l'argomento fosse tanto... ingarbugliato?
"Dai, ma il tè caldo fa sempre bene!".
-"Allora, le cose stanno così"- proruppe improvvisamente interrompendo il mio flusso di pensieri. -"No, non so se sia giusto parlarne o meno, non sono fatti che mi riguardano"- ci ripensò subito. -"Insomma, un po' sì..."-.
-"Allora dai, spiegami tutto"- la incalzai.
Abbassò lo sguardo e cominciò a toccarsi con nervosismo le punte dei capelli. Sospirai. Era evidente che in fondo non se la sentiva di parlare. Mi strinsi nelle spalle un po' delusa.
-"Facciamo così: io ora finisco il tè e mi metto a fare latino, del resto sono qui per questo; tu invece vai a divertirti con gli altri. Alle sette e mezza, se te la senti, torni e provi a dirmi quello che volevi dire. Ti va?"-.
-"Ma io te lo potrei anche raccontare, è solo che non mi sembra giustissimo sputtanare qualcuno!"-.
Immediatamente mi si drizzarono le orecchie. Era quindi un pettegolezzo ciò di cui voleva parlarmi? Seguendo gli insegnamenti della psicologia inversa feci finta di essere del tutto disinteressata alla questione.
-"Allora non me lo dire"- dissi con un'alzata di spalle.
-"Ma te lo devo dire! Devi conoscere la situazione per evitare... altre situazioni imbarazzanti!"- ribatté.
-"E allora dimmelo!"- sbottai esasperata. Al diavolo la psicologia inversa!
-"Ma...!"-.
-"Silvia, vai a fare una passeggiata"- le consigliai, alzando gli occhi al cielo.
Tenendo lo sguardo fisso sul tavolo iniziò a mordicchiarsi il labbro.
Era fatta così: troppo buona per impicciarsi negli affari degli altri e per spettegolare. Strano a dirsi, visto che i pettegolezzi fanno parte dell'essere donna. Smise improvvisamente di torturarsi il labbro e batté con decisione una mano sul tavolo di legno; io alzai un sopracciglio a mo' di incoraggiamento.
Forse ci siamo”.
-"Vedi..."- iniziò. -"Devi sapere... Per comprendere meglio le situazioni... Sai, non si sa mai..."-.
Alzai entrambe le sopracciglia e feci una smorfia con la bocca per sottolineare la mia impazienza.
-"Ma insomma, Fabiola!"- sbottò.
-"No, continua, ti prego"- le dissi agitando una mano, sconsolata e ormai senza speranza.
-"Vuoi che te lo dica? Te lo dico! Tanto prima o poi l'avresti intuito da sola! La faccenda è: a Virgilio piace Flavia, a Flavia piace Tiberio, e Tiberio sappiamo com'è"-.
Disse ciò tutto d'un fiato, il che le fece diventare le guance rosse.
-"Ma dai!"- esclamai sorpresa. -"Seriamente?"-.
-"Sì"- rispose visibilmente sollevata.
-"E tu in questo circolo dove sei?"- le domandai con un'espressione divertita sulla faccia.
-"Aah, io non ne faccio parte. Sono già impegnata"- disse arrossendo ancora.
Spalancai gli occhi e mi portai la mano davanti alla bocca in una posa teatrale.
-"Non ci credo! Da quanto? E di dov'è lui?"-.
-"Be', ormai saranno sei mesi... E' di La Spezia. Sai, ci vediamo sempre a scuola"- rispose abbassando lo sguardo, imbarazzata.
-"Complimenti, mia cara! E' carino?"- la punzecchiai.
-"Certo che è carino!"- scoppiò a ridere.
Le lanciai un'occhiata divertita e affondai il viso nella tazza di tè, cercando di nascondere quella punta di invidia che era affiorata nei miei occhi.
-"Tornando al discorso di prima"- dissi poi poggiando la tazza sul tavolo. -" Quello che mi hai confessato non mi sembra niente di che. Certo, peccato per Virgilio, è un ragazzo niente male!"-.
Silvia sorrise e si alzò in piedi, spolverandosi i jeans chiari.
-"Vero, peccato per Virgilio, ma c'è sempre Tiberio"- disse facendomi l'occhiolino.
Mi alzai in piedi a mia volta e scoppiai a ridere.
-"Certo! Non vedo l'ora di subire l'ira di Flavia e la furia di Tiberio! Non ti innamorare di me!"- dissi facendo l'imitazione del ragazzo moro.
Silvia e io sghignazzammo insieme finché non mi venne in mente una cosa.
-"Un attimo: Tiberio non sa di piacere a Flavia, giusto?"-.
-"Giusto"- confermò Silvia. -"E Flavia non sa di piacere a Virgilio"-.
Corrugai la fronte.
-"Oh. Brutta faccenda. Anzi, forse è meglio così. La consapevolezza di questi sentimenti potrebbe compromettere la loro amicizia"- constatai.
Silvia mi prese a braccetto e insieme scendemmo le scale per andare a fare un giro in paese.
-"Certo, ma non si può vivere per sempre nell'ignoranza, non credi?"-.

 

 

 

   
 
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