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Autore: nikita82roma    24/07/2017    6 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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Kate aspettò.

Aspettò che il respiro di Joy diventasse lento e regolare e la sua mano appoggiata sul petto scivolasse più in basso, come lei era piano piano scivolate nel sonno. La prese racchiudendola nella sua mentre osservava i lineamenti del suo volto che sembravano ancora più fanciulleschi con quella tenue luce di un lilla appena accennato che veniva dalla piccola lampada sulla cassettiera.

Aspettò che i suoi pensieri trovassero il filo logico di quanto accaduto nelle ultime ore. Era stata sopraffatta da tutto, da emozioni troppo forti per essere elaborate correttamente ed il solo ripensarci le faceva di nuovo aumentare il battito del cuore. Non avrebbe dimenticato mai per tutto il resto della sua vita il volto di Joy quando l’aveva vista entrare in camera e la prima volta che l’aveva chiamata mamma. Non se lo aspettava, non era pronta. Pensava di doverle parlare, di doverle spiegare, invece lei non aveva voluto nulla quella sera, solo la sua presenza. Aveva pianto, tanto, di gioia, come forse non aveva mai fatto. Aveva pianto per sua figlia e con sua figlia. Si era fatta asciugare le lacrime e lo aveva fatto a lei, le aveva potuto dimostrare il suo amore senza essere rifiutata, anzi Joy sembrava averne bisogno tanto da non lasciarla andare quella notte. Sapeva Kate che non sarebbe stato sempre così, che non era tutto in discesa, che l’emotività quella sera aveva rotto barriere e aperto argini emotivi in tutti, che passata l’onda, poi, ci sarebbe stato da lavorare, da sistemare le cose, da rimettere tutto a posto, anche tutto quello che quella sera aveva spazzato via, inondando le loro vite. Sapeva che ci sarebbe dovuto essere il momento delle parole che seguiva quello degli abbracci e che anche quella che con Castle era solo una tregua. Ci sarebbe stato tempo, poi, per tutto, ma quella notte voleva solo godere della presenza di sua figlia, voleva sentirsi per la prima volta madre a tutti gli effetti. Quella notte Joy dormì tra le sue braccia, consapevole di essere sua figlia, senza nessun inganno e Kate la potè tenere a se, per la prima volta, con più di dieci anni di ritardo, capendo che quel senso di colpa non le sarebbe passato mai.

Kate non dormì mai quella notte, sussultando ad ogni movimento di Joy, sorrise quando lei si voltò e le diede le spalle, ma si strinse al suo braccio, abbracciandolo e non lasciandola. Rimase immobile per non svegliarla, nonostante il dolore aumentasse minuto dopo minuto, man mano che l’effetto degli antidolorifici passava. Aspettò che Joy decidesse di staccarsi da lei per alzarsi. Si mosse lentamente, per non far sobbalzare troppo il letto ed anche perché ormai faticava a contenere il dolore al petto ed anche respirare era diventato difficile in quella posizione distesa. Trovò a tastoni i pantaloni e prese dalla tasca una delle altre pasticche che le aveva lasciato il medico dell’ospedale. Aveva bisogno di un bicchiere d’acqua per farle sciogliere e silenziosamente uscì dalla stanza scendendo le scale, un’altra tortura che si sarebbe evitata volentieri, perché ad ogni scalino sentiva il dolore propagarsi per tutto il corpo. Trovò la cucina senza troppa difficoltà, le vetrate del soggiorno lasciavano che le luci di New York illuminassero anche quel grande ambiente. Si appoggiò al bordo del lavello, lo strinse forte e fece qualcuno di quegli esercizi di respirazione che le avevano consigliato, buoni anche per scaricare la tensione.

- Perché non me lo hai detto che hai una costola rotta?

Kate sobbalzò nel sentire la voce di Rick. Non si era accorta che era seduto sul divano ed ora nel buio stava avanzando verso di lei con un bicchiere vuoto in mano.

- Cosa ne sai? - Rispose sussurrando.

- Fatichi a respirare, la tua postura, il busto rigido e… il tuo corpo è… diverso… - Non poteva non notare la fasciatura, conosceva il suo corpo bene, lo aveva osservato a lungo e lo aveva anche accarezzato e stretto a se, imprimendo ogni curva nella sua memoria.

- Sono due, in realtà, ma non totalmente rotte.

- Mi dispiace. - Sussurrò anche lui. Gli dispiaceva che stava male, sì. Ma gli dispiaceva anche per tutto il resto, ma non aveva il coraggio di dirglielo.

- Non è nulla di grave, guariranno in pochi giorni.

- Dici sempre così, anche se non è vero e lo sai. - Le disse mentre le prendeva un bicchiere riempiendolo con un po’ d’acqua dove Kate lasciò cadere la medicina da far sciogliere. Insieme guardarono le bollicine prodotte nell’acqua e il rumore della compressa effervescente che roteava nel liquido.

- Ci sono fratture che fanno molto più male. Soprattutto quando sono inaspettate, soprattutto quando pensi che è qualcosa di così forte che non può rompersi. - Disse lei senza staccare gli occhi dal bicchiere. Castle sospirò, sapeva che stava parlando di loro, di quel rapporto diventato così forte in così poco tempo e cresciuto in maniera importante in pochi giorni negli Hamptons, tanto da diventare qualcosa di più, senza che nessuno dei due lo ammettesse.

- Grazie per essere venuta stasera. Io non avevo il coraggio di chiamarti.

- Devi ringraziare tua figlia che lo ha fatto, allora, non a me. Io ho fatto solo quello che qualsiasi madre avrebbe fatto. Aspettavo questo momento da tanto, lo sai. - Non era un rimprovero, anche se era partita per farlo, era più un ricordargli i suoi sentimenti.

- Non tutte le madri, Beckett… non tutte… - Disse pensando a Meredith e a tutte le volte che Alexis aveva detto la stessa cosa di Joy e lei al massimo le aveva parlato al telefono, scusandosi che non poteva venire. - Comunque puoi venire quando vuoi se desideri passare del tempo con lei.

Rick provò ad essere più accondiscendente e vide Kate annuire semplicemente con la testa. L’antidolorifico ormai si era sciolto e bevve d’un fiato tutto il bicchiere. Con l’amaro della medicina che scivolava nella gola le tornarono in mette tutte le discussioni, tutte le volte che in quelle settimane Castle l’aveva ferita, tutte le volte che le aveva negato anche un semplice contatto con Joy, anche solo di starle vicino in silenzio.

- Cos’è Castle, hai paura di perdere Joy adesso che provi ad essere più conciliante? - Disse lei questa volta in tono sprezzante. Non si sentiva in posizione di superiorità, sapeva bene che Castle era ancora quello che aveva la tutela di Joy e che avrebbe potuto impedirle ancora di vederla, ma sapeva che se Joy avesse chiesto di lei non glielo avrebbe impedito.

- Io… no… cioè sì… Non nel senso che dici tu ma… Insomma, sì, ho paura di perdere Joy, ma non per causa tua, in generale. Io… mi sono molto affezionato a lei. Molto. Per me lei è già parte della mia famiglia, a prescindere da quello che deciderà il tribunale. Io credo che… abbiamo sbagliato tutti Beckett, però per il bene di Joy, ora forse dovremmo fare tutti un passo indietro e magari cercare un’atra soluzione, che dici?

- Se dovessi seguire l’emotività di adesso ti direi di sì. Ma non sarebbe giusto. Io voglio mia figlia, Castle. Voglio che Joy sia mia figlia e non solo perché io l’ho messa al mondo. Io ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per lei, per come l’hai accolta, per tutto quello che le hai dato, per come le vuoi bene, per tutto…

- Ha una famiglia qui Beckett. Con me, Alexis e Martha. Joy ha una famiglia. - Rick sembrò quasi supplicarla, ma Kate aveva ben chiaro cosa voleva.

- Anche io posso essere la sua famiglia. Non ho più paura adesso. Ho già fatto quest’errore una volta, non lo ripeterò ancora, non mi lascerò convincere che ha una famiglia e quindi devo rinunciare a lei, non questa volta.

- Che vuoi dire? - Le chiese Rick mentre Kate posò il bicchiere che aveva fatto roteare nervosamente tra le mani.

- Ci sono tante cose che non sai, Castle. Cose che non mi hai mai dato il tempo di spiegarti. Avevo due mesi di tempo, potevo ripensarci. Io rivolevo Joy, i due mesi non erano ancora scaduti, così sono andata in istituto dove l’avevano portata. Lei non c’era. Era con la sua nuova famiglia, una coppia che aveva richiesto l’affidamento e si stavano conoscendo, così mi avevano detto. Mi sono lasciata convincere dai loro discorsi, dal fatto che loro erano una bella famiglia, che si erano innamorati subito di lei, che avevano tutte le possibilità. Gli ho dato retta, non ho insistito, ho lasciato perdere. Sono stati quelli che dopo nemmeno due anni non l’hanno più adottata, perché malata. Rispedita indietro come una merce difettosa. Non mi farò convincere questa volta Castle, non cambierò idea.

- Io non farei mai una cosa del genere a Joy, lo sai, mi conosci. - Le disse cercando di convincerla.

- Credevo di conoscerti. Ma la persona che credevo di conoscere mi avrebbe almeno fatto parlare, mi avrebbe ascoltato. Il Castle che io conoscevo avrebbe voluto sapere la storia dietro ai fatti. Tu no, non me lo hai permesso. Non ho mai negato di aver sbagliato, speravo che almeno mi concedessi che l’ho fatto in buona fede e solo con l’intenzione di dare a Joy un futuro migliore, non che mettessi dentro a questa storia cose che non c’entrano nulla. Io non ti ho mai preso in giro, Castle. Non ho mai riso di te, anzi mi hai aiutato a capire molte cose. Ma tu senza nemmeno starmi a sentire hai messo in discussione tutto, hai distrutto tutto quello che credevo ci potesse essere. Sei arrivato alle tue conclusioni senza nemmeno ascoltarmi, senza capire quanto per me fosse tutto difficile. Tutto. Non solo Joy.

- Mi dispiace Kate…

- Anche a me dispiace Rick. Dispiace che non hai mai dato valore ai miei sentimenti, né verso Joy e nemmeno… nemmeno verso di te… - Si voltò a guardarlo erano così vicini che poteva sentire il suo respiro, sentire il suo profumo, vedere le sue labbra morbide, quelle labbra che avrebbe voluto così tanto baciare, che la baciassero, che l’avevano baciata fino a rubarle l’anima. - Pensavo che avessi un po’ più di considerazione di me e di quello che provavo. E purtroppo Rick, non era tutto finto come tu pensi, sarebbe stato meglio, perché sarei stata meno male.

Si allontanò da lui con un movimento troppo brusco. Una fitta la immobilizzò ma lei bloccò le mani di lui prima che la toccassero. Non doveva toccarla, non ora che era senza difese, in tutti i sensi. Riprese fiato e poi salì le scale lentamente mentre Castle la osservava. Quando non la vide più si versò un altro bicchiere di scotch e tornò nel divano a pensare alla sua vita di errori: aveva dato fin troppo credito a donne che non lo meritavano e per paura di soffrire ancora aveva annientato Beckett.

 

Kate rientrò in camera senza far troppo rumore e si rimise a letto, appoggiandosi un paio di cuscini dietro la schiena per non stare troppo sdraiata. Sentì Joy lamentarsi nel sonno ed agitarsi, la prese tra le sue braccia, cullandola dolcemente. Si calmò dopo poco stringendosi di nuovo a lei, mentre Kate sperava che l’antidolorifico facesse effetto velocemente, ma tutte le altre ferite le stava curando l’abbraccio innocente ed inconsapevole di sua figlia. Non l’avrebbe più lasciata, lo promise ancor prima che a Joy a se stessa.

   
 
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