Capitolo
1
Strani incontri
S |
pesso le
leggende non sono altro che fatti veri che, man mano che vengono raccontati,
vengono poi ingigantiti.
Le leggende sulla Foresta costituiscono
un’eccezione. La Shadowshiny sembra davvero più cupa di qualsiasi altra, e
sicuramente è la più pericolosa. La notte, se ti avvicini abbastanza, puoi
sentire strani rumori, rumori che non hanno nulla di silvestre: ticchettii, lo
scrosciare di fiumi inesistenti (o almeno, nessun fiume entra o esce dalla Foresta),
ululati, sibili, crepitii, sussurri, urla. A volte strane e sinistre luci
brillano tra le fronde o nel sottobosco. Anche gli uccelli e il bestiame,
perfino i topi, si tengono a distanza. Chi è costretto a passarvi vicino, come
spesso facevo io, cerca di non pensarci. In fondo, a nessuno che non sia mai
entrato nella Foresta è mai capitato niente di male che possa essere correlato
ad essa…
Adesso però mi torna in mente
tutto, e di nuovo non sono più così sicura della mia scelta.
Ormai è deciso, non puoi più farci niente, mi dico. Deglutisco a
fatica, osservando la foresta.
«Nikole Liberty Wallis» esordisce
il Governatore.
Il silenzio cala come un velo
invisibile ma fortemente presente. Tutta l’attenzione si concentra su di me.
«Tu hai scelto la via più pericolosa per ottenere la tua libertà: attraversare
la Foresta Shadowshiny».
Tutti, guardie e spettatori, si
sporgono istintivamente in avanti. Sento i loro occhi puntati dappertutto. «Avrai
a disposizione una bussola e un indizio per cominciare. Il cibo e tutto il
resto dell’occorrente ti verrà fornito dalla Foresta stessa, come stabilito dal
Contratto».
Ora adesso tutti guardano verso
la Shadowshiny. Nessuno sa bene come possa esistere un contratto con una
Foresta, eppure è così. E i due sopravvissuti al suo attraversamento erano ben
nutriti a impresa compiuta. O almeno, così ho sentito dire. «Buona fortuna,
Nikole Liberty Wallis».
Faccio un respiro profondo. So
che tra gli spettatori ci sono anche i miei fratelli, ma sento che se li guardassi
probabilmente scoppierei a piangere. Mi volto verso la foresta. Faccio un altro
respiro. Impugno la bussola in una mano e il foglietto nell’altra. È ancora
sigillato, potrò aprirlo solo quando sarò dentro. Così dice il Contratto.
Respiro per la terza volta e mi
inoltro tra le fronde.
Gli alberi mi inghiottono. Mi
volto a guardare indietro ma vedo solo foglie. Eppure, meno di un metro fa ero
fuori dai confini della Foresta…
Do una sbirciata intorno a me.
Sento alcuni fruscii e alcuni rami che si spezzano, ma stranamente mi sembrano
suoni armoniosi, perfettamente normali per un bosco.
Mi tremano le mani. Apro il
foglietto. Dentro è completamente nero, e le scritte risaltano per il loro
colore bianco-giallo fosforescente.
Le mani mi tremano troppo, non
riesco a leggere.
Calmati, mi impongo, Se perdi
la testa sei morta. È questo che ti ha detto McKinsley, quindi segui il suo
consiglio.
Chiudo gli occhi e quando li
riapro le mani non mi tremano più così forte. Comincio a leggere:
Esploratrice Nikole
Liberty Wallis,
Hai scelto di
combattere. E per uscire dalla Foresta Shadowshiny dovrai combattere con tutte
le tue forze. Le regole stabilite dal Contratto, l’accordo tra il mondo degli
Umani e la Foresta, sono semplici:
1.
Al suo ingresso nella Foresta Shadowshiny,
l’Esploratore dovrà essere munito solo di una bussola e del suddetto Manuale
che la Foresta si premurerà di consegnare.
2.
L’Esploratore dovrà seguire gli indizi
scritti con questi caratteri e con questo inchiostro per poter trovare la
strada per uscire. Se decide di seguirne altri, la responsabilità di questa
scelta ricadrà solo ed esclusivamente sull’Esploratore.
3.
Lo scopo dell’Esplorazione non è di
uccidere gli Esploratori, ma di testarne il coraggio, l’astuzia, la forza, la
capacità di mantenere la calma in momenti di grande tensione e l’ingegno. Non
saranno dunque sottoposti a prove non necessarie.
4.
La Foresta provvederà al sostentamento e a
tutto ciò di cui l’Esploratore avrà bisogno. Non gli saranno forniti oggetti o
viveri che non siano strettamente necessari. Se l’Esploratore deciderà di
cibarsi di ciò che non proviene dai fagotti a lui consegnati, la responsabilità
di questa scelta ricadrà solo ed esclusivamente sull’Esploratore.
5.
Se l’Esploratore riuscirà nella prova,
potrà entrare a suo piacimento nella Foresta Shadowshiny ogni qualvolta lo
desideri, tutti i crimini che ha commesso verranno cancellati dalla sua fedina
penale e otterrà un premio di diecimila denari.
Buona fortuna, giovane
Esploratrice.
La
Foresta Shadowshiny
PS: Si consiglia di
conservare il suddetto Manuale.
PPS: Albero cavo.
Rileggo la lettera due volte per
stamparmela bene in testa. Il PPS mi lascia leggermente perplessa.
Albero cavo? A prima vista direi
che il consiglio è di cercare un albero caso. Ma se invece avesse voluto dire
proprio il contrario, e cioè che dovevo starvi alla larga?
E poi non c’è nessun un alb…
In quell’istante lo vedo. Là, a
qualche decina di metri, illuminato da un sottile cono di luce.
O la va o la spacca.
Con circospezione, mi avvicino. Individuo
un bastone piuttosto robusto a terra. Lo impugno, decisa a usarlo come arma in
caso di necessità. Avanzo fino a trovarmi a un metro dall’albero. Sul legno è
disegnata una freccia che indica la cavità con quello che sembra proprio lo
stesso inchiostro della lettera.
E se non fosse lo stesso?
Deglutisco a fatica e caccio il
bastone nella buca. Uno zaino militare rotola fuori. Sopra è appuntato un
foglietto.
210 NW
Apro lo zaino. Dentro trovo
carne essiccata, radici, funghi, frutta e bacche che avrei potuto mangiare, una
torcia elettrica, un kit di pronto soccorso, un sacco a pelo e un set da
arrampicata.
Quello che mi occorre, immagino, penso. Quello che mi preoccupa di
più è il set da arrampicata: soffro di vertigini, ho il terrore del vuoto sotto
di me. Spero che non sia obbligatorio usarlo.
Sto ancora riflettendo quando sento
un suono dietro di me. Un suono che non avevo mai udito prima. Sembra il verso
di qualche animale, ma non potrei mai identificare quale. Chiudo lo zaino.
Il verso si ripete. Lo localizzo
alle mi spalle. Mi volto di scatto, lo zaino premuto contro la schiena. Impugno
saldamente il bastone.
Con un fragore assordante, la
creature piove dalle fronde sopra di me. Urlo, perché nemmeno nei miei incubi
più cupi sarebbe mai potuto spuntare un ragno alto dodici metri.
Ho una naturale avversione per
tutte le creature con più di quattro zampe, e quando lo vedo vengo
immediatamente pietrificata dal terrore.
Gli otto occhietti del ragno
lampeggiano. Mi vedo riflessa in ognuno di loro. Poi la creatura spalanca le
tenaglie ed esibisce quella specie di ruggito. Altri ragni piovono dietro il
primo.
Urlo e perdo la testa. Comincio
a correre alla cieca, la mente invasa dalle immagini di ragni che mi divorano.
I ragni non si muovono agilmente nell’intrico di fronde. Forse… forse ho
una speranza di seminarli!
Accelero e noto, disegnate sui
tronchi, altre frecce. Comincio a riacquistare la ragione e a seguirle.
In quel momento sento un forte
bruciore al braccio sinistro. Lo guardo: sulla manica della felpa ci sono
tracce di una sostanza bianca e appiccicosa.
Ragnatele!
I ragni ne sparano altre intorno
a me, cercando di catturarmi. Corro a zigzag nel tentativo di evitarle, ma le
scie bianche sono troppe. Lacrime calde cominciano a rigarmi le guance.
Non voglio diventare cibo per ragni giganti!
Una freccia mi indica di
svoltare decisamente a destra. La vedo in ritardo e continuo dritta. È un
grosso errore.
Mi trovo impantanata in una
pozza di sabbie mobili. Mi dibatto cercando di non andare a fondo, ma comunque
mi blocco non appena vengo immersa fino alla vita. Continuo a dimenarmi. Poi i
ragni spuntano dietro di me.
La paura mi immobilizza. Il ragno,
potrei giurarlo, sta ghignando. Evito la prima ragnatela, e anche la seconda,
ma la terza mi colpisce dritta in faccia. Mi manca l’aria. Cerco di strapparla
ma altre ragnatele mi bloccano le braccia. Il ragno mi solleva dalle sabbie
mobili. Scalcio, invano. Attraverso il sottile strato di tela bianca vedo che
il ragno mi trascina verso di sé. Dalle tenaglie cola una sostanza verde acido.
Urlo mentre il ragno mi imbozzola. Poi mi inietta la strana sostanza verde. Sento
il liquido bruciarmi nelle vene, le tempie prendono a pulsarmi. Poi non ricordo
più niente.
Quando mi sveglio la testa mi pulsa.
Qualcosa, premuto contro la faccia, mi rende difficile respirare.
Comprendo di trovarmi a testa in
giù. Fatico a ricordare quello che è successo, ma alla fine realizzo di essere
appesa a una ragnatela gigante, in attesa di essere mangiata.
Sento raschiare.
È finita, penso. Mi dimeno, ma una voce – una voce umana – mi parla: «Stai ferma e zitta».
Mi irrigidisco immediatamente. Che
ci fa qualcun altro nella Foresta?
Il raschiare continua. Capisco
che un coltello sta tagliando le ragnatele. La lama trova la strada vicino alla
mia testa, e ben presto mi libera la faccia. Respiro profondamente. Con gli
occhi cerco il mio salvatore. Si tratta di uno strano ragazzo. Deve avere
qualche anno in più di me, i suoi capelli neri hanno sfumature di blu e per un
attimo mi fissa con occhi d’argento. Si muove silenzioso come un fantasma, e
leggero. Sa dove mettere mani e piedi per non rimanere incollato alla
ragnatela.
Quando mi libera completamente
mi aiuta ad aggrapparmi, ma ce la faccio a malapena. La testa mi gira, mi sembra
di precipitare appena la muovo.
Il ragazzo mi fa segno di
salirgli in groppa. Obbedisco. Appena mi sono assicurata sulle sue spalle, lo
sconosciuto salta giù e comincia a correre.
«Nikole!»
July è davanti a me. Mi offre un vassoio.
«Nikole, guarda, ho fatto i biscotti!». Il suo sorriso va da un orecchio
all’altro.
«Sono bellissimi». Ne mangiao uno, ma il biscotto comincia a bruciarmi
in gola e a soffocarmi.
«Non ti piacciono, Nikole?»
«Devi andare in quella casa, Liberty».
Guardo Mitch come se mi avesse detto che gli era cresciuta la coda. «Ma
sei matto?!»
«Sono talmente ricchi che non si accorgeranno nemmeno se manca qualche
gioiello».
Mi hanno trovato. Le guardie mi hanno trovato. Tre mi tengono
inchiodata a terra e altre due mi legano. Le corde bruciano come se fossero
state imbevute di acido.
Mi portano in prigione. La gente mi addita e pronuncia quella parola: ladra…
Quando mi sveglio mi ritrovo a
fissare il fogliame sopra di me. La testa mi pulsa ancora e mi sento pesante e
intorpidita.
«Sei sveglia».
Cerco di voltarmi per vedere chi
ha parlato, ma il proprietario della voce mi blocca la testa.
«Sta’ ferma. Non sei ancora del
tutto guarita».
Sento un fruscio di foglie, poi
un volto compare nel mio campo visivo. Si tratta del ragazzo che mi ha salvato.
Osservo incuriosita i capelli nero-blu, gli occhi argentei e la pelle pallida. È
abbastanza robusto, anche se non sembra in grado di affrontare da solo un
branco di ragni giganti.
«Chi sei?» gli domando.
«Chi sono non ha importanza»
replica lui, «Tu sei l’Esploratrice?»
Annuii. «Mi chiamo Nikole
Liberty Wallis».
«Nikole, stai attenta la
prossima volta» ribatte lui, «Perché non potrò essere sempre pronto a salvarti».
Avvampo. Ma chi si crede di essere, quello?
«Lo so benissimo. E, per la
cronaca, un modo per uscire da quel guaio l’avrei trovato».
«Ne sono certo». Non c’è traccia
di ironia nella voce del ragazzo, cosa che mi fa imbestialire ancora di più.
Non ho tempo di ribattere perché
il ragazzo scompare tra gli alberi.