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Autore: Echocide    24/07/2017    4 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes e Miraculous Heroes 2]
La minaccia di Maus è stata sventata, ma non c'è pace per i nostri eroi: il mistero dell'uccisione degli uomini del loro nemico non è stato risolto e un nuovo nemico trama nell'ombra...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 3.450 (Fidipù)
Note: Nuovo capitolo di Miraculous Heroes 3 e, finalmente, ecco a voi il tanto famigerato evento di Bridgette, per il quale la donna ha maledetto in ogni lingua conosciuta e non il suo assistente scomparso e che si diverte a fare le apparizioni random. Chissà perché. Chissà come mai.
Ovviamente, quando si tratta di eventi di moda, ecco che torna la cara Blanche, la modella di casa Agreste che...
Beh, almeno una volta deve comparire in ogni storia.
E detto questo non ho tanto altro da dire, se non passare alle solite informazioni di rito: come sempre vi ricordo la pagina facebook dove essere sempre aggiornati su capitoli, anteprime e coming soon, senza contare i miei disagi.
Vi ricordo che mercoledì verrà aggiornata La sirena, mentre giovedì sarà il turno di Laki Maika'i e venerdì quello di Miraculous Heroes 3, con il secondo capitolo capitolo; chiuderà la settimana Lemonish, aggiornata come sempre di sabato.
Detto ciò, come sempre, voglio ringraziarvi tantissimo per il fatto che mi leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste.
Grazie di tutto cuore!

 

Si voltò appena, osservando l'altro occupante dell'abitacolo posteriore dell'auto e facendo scivolare lo sguardo sulla sua figura: l'abito rosso accarezzava le forme della ragazza e la profonda scollatura lo fece sorridere leggermente, guardandola mentre s’irrigidiva appena e le dita serravano la presa sulla pochette che teneva in grembo, continuando ostinatamente a fissare la strada al di là del vetro.
Adrien scivolò sul sedile, poggiando la fronte contro la spalla lasciata scoperta dall’abito: «Hai in mente di tenermi il broncio per parecchio?» le domandò, alzando un dito e facendo scivolare la stola che la ragazza aveva usato per coprirsi, baciandole la pelle: «Sono già tre giorni, my lady.»
Marinette lasciò andare un sospiro, muovendosi appena e rifuggendo dal contatto con il ragazzo, osservandolo poi seria: «Non ti sto tenendo il muso» mormorò la ragazza, alzando una mano e facendosi aria con quella, mentre Adrien sorrideva appena e scivolava ancora più vicino a lei, imprigionandola fra lo sportello dell’auto e se stesso, usando come punto di appoggio la spalliera del sedile e, piegato il gomito, usò il pugno chiuso per sostenersi la testa: «Puoi tornare al tuo posto?» gli domandò Marinette, fissando imbronciata il sorriso sardonico che il giovane aveva in volto.
«La mia vicinanza non ti ha mai dato fastidio, my lady» dichiarò Adrien, piegandosi un poco e sussurrandole nell’orecchio: «Anzi, se non erro, l’apprezzi molto. A parte gli ultimi tre giorni…»
«Immagino che hai tenuto anche il conto delle ore.»
«Tre giorni, sette ore e una quarantina di minuti» le rispose immediatamente il marito, dopo aver dato un’occhiata all’orologio: «E tutto per una sciocchezza.»
«Hai tenuto il conto delle ore…» sospirò Marinette, scuotendo il capo e fissandolo in volto: «Rischiare la tua vita non è una sciocchezza, in ogni caso.»
«Non rischio la mia vita…» mormorò Adrien, avvicinando più il viso a quella della ragazza e indicandole con un lieve cenno del capo l’autista: per quanto il Gorilla fosse un uomo silenzioso, Adrien preferiva non rischiare e sorrise quando vide la ragazza annuire lievemente con il capo: «La mia vita è al sicuro, mia signora. Voglio solo proteggerti con tutto ciò che ho a disposizione. Anche me stesso, se devo.»
«Ti devo ricordare quante volte sei caduto sotto il controllo degli akumatizzati di tuo padre, pensando in questo modo?»
«No, grazie.»
Il volto di Marinette s’illuminò con un sorriso di vittoria, voltandosi poi verso il ragazzo e baciandolo veloce sulle labbra, poggiando poi la testa contro di lui e sentendo il petto tremare sotto la risata che le giunse alle orecchie: «Non sai proprio starmi lontana, eh?» le domandò Adrien, facendole alzare la testa e incontrando lo sguardo verde e pieno di ilarità: «Sono impossibile, lo so.»
Marinette inspirò profondamente, negando poi con la testa e sistemandosi meglio nel suo abbraccio, ignorando il fatto che non erano soli nell’auto ma che la figura silenziosa del Gorilla faceva loro compagnia: poteva sentire le dita di Adrien carezzarle la pelle lasciata scoperta dall’abito e dalla stola, cullandola nella sua presa senza lasciarla andare: «Nulla mi separerà da te» dichiarò deciso il ragazzo, stringendola leggermente più forte e baciandole la tempia: «Assolutamente nulla, figurarsi una testa di pomodoro inutile come è Kurtzberg.»
«Sai, non puoi saperlo» mormorò Marinette, sorridendo con dolcezza a quelle parole e posandogli una mano all’altezza del cuore, carezzando la stoffa candida della camicia: «Potrebbe succedere un incidente proprio ora, la macchina sterza all’improvviso e…»
«E rimaniamo coinvolti in un incidente pazzesco, io rimango ferito e vado in coma, intanto tu vieni salvata da una spia russa e te ne innamori subito» la interruppe Adrien, facendole l’occhiolino e sorridendo allo sguardo sgranato e alla bocca aperta di Marinette: «Ehi, ho imparato da te a fare film mentali.»
«Dovremmo rivedere questa cosa delle spie russe.»
«Concordo. Devo ancora capire da dove le hai tirate fuori» dichiarò Adrien, poggiando la testa contro quella della moglie e ridacchiando divertito, mentre l’ascoltava borbottare qualcosa contro le spie russe e il loro intromettersi costantemente.


Felix fece ondeggiare il liquore nel bicchiere, osservando le bollicine risalire il liquido dorato e poi portandoselo alla labbra, buttandolo giù tutto in un sorso, sentendo il sapore frizzante dello champagne nella gola, riportando poi l’attenzione sulla star della festa: Bridgette sorrideva cordiale a una donna, meravigliosa nell’abito nero che aveva indossato per l’evento dedicato al suo marchio, splendente come Venere nel firmamento.
«Se continui a fissarla così, la spoglierai con gli occhi» mormorò la voce di Fu, facendolo sorridere appena e spostare l’attenzione sul vecchio compagno d’armi: l’anziano cinese era al suo fianco e stava strattonando la giacca scura che aveva indossato sopra la consueta camicia hawaiana, ormai il simbolo dell’ex-Portatore del Miraculous della Tartaruga.
«L’intento è quello» dichiarò Felix, sorridendo appena e alzando il calice vuoto fra le sue dita, osservando un cameriere poco distante annuire al suo gesto: «Quando eravamo a Nanchino mi mettevo sempre in un angolo e la fissavo, finché lei non si voltava verso di me e mi sorrideva» si fermò, scuotendo la testa e sorridendo appena al ricordo: «Quanto tempo sprecato…»
«Vi siete ritrovati adesso.»
Felix annuì, inspirando l’aria e osservando il cameriere raggiungerlo con un nuovo calice di champagne per lui: accettò l’offerta, scambiandola con il bicchiere vuoto che teneva con l’indice e il pollice, buttando poi giù il contenuto del nuovo bicchiere: «Sarebbe andata diversamente se io non mi fossi comportato come uno che aveva un palo infilato su per il…»
«Felix!»
La voce scandalizzata di Bridgette lo fermò, facendolo voltare verso la donna e regalarle un sorriso divertito: «Non mi apprezzi forse per il mio linguaggio colorito, Bri?» domandò, mentre lo sguardo azzurro scivolava sulle forme generose che erano mal contenute nello stretto abito nero e quasi si pregustava il momento in cui sarebbero stati soli e avrebbe potuto gioire di tutte quelle delizie che poteva reclamare come sue.
«In verità lo odio» borbottò la donna, scuotendo il capo e incrociando le braccia al seno, guardandosi poi attorno e tirando le labbra fino a farle diventare una linea sottile, mentre il corpo sembrava abbandonarsi a un peso invisibile: «Secondo voi sta andando tutto bene?» domandò con la voce ridotta a un sussurro, sciogliendo l’intreccio delle braccia e portandosi una mano al volto, posandosi l’indice sulle labbra e lasciando andare un sospiro.
«C’è gente. C’è alcool. Per me è un successo» commentò Felix, alzando le spalle e scrollandole poi, mente le mostrava il calice nuovamente vuoto, guardandosi poi attorno e sorridendo al cameriere di poc’anzi, notando come questo avesse immediatamente compreso: «Quel tipo mi piace. Capisce al volo.»
«E’ il terzo bicchiere che ti porta» borbottò Fu, scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo, lasciando andare un sospiro: «Ormai ha capito che sei un ubriacone.»
«Mi piace bere, è differente. E questo champagne è veramente ottimo.»
«L’ha scelto Nathalie» dichiarò Bridgette, fermandosi quando il cameriere giunse veloce verso di loro, con un nuovo bicchiere per Felix: «Se vuoi le chiedo la marca, così puoi ordinarla.»
«Oh sì. Grazie mille.»
Bridgette annuì, sorridendo appena e poi facendo spaziare lo sguardo sulle persone raccolte nella sala e sorridendo alla vista dei coniugi Agreste: Gabriel austero e impeccabile con un completo chiaro della sua linea e Sophie meravigliosa in un abito blu pavone, che le fasciava la figura snella, mentre i capelli biondi erano abbandonati sulla spalla destra in una coda morbida, notando poi la figura minuta e aggraziata di Marinette, poco distante da loro: «Gabriel! Sophie! Marinette!» li chiamò, agitando per aria la mano e muovendola con grazia, richiamando così il trio.
Sorrise, vedendo i tre avvicinarsi a loro: «Grazie per essere venuti» esclamò, non appena si furono riuniti e sentendo un po’ della tensione lasciare il suo corpo: «Non sapete quanto sia felice di vedervi qua.»
«Non avrei mai potuto mancare» dichiarò Sophie, allargando le braccia e stringendola in un abbraccio pieno di affetto, posandole poi le mani sulle spalle e sorridendole cordiale: «Adrien è stato catturato da Nathalie non appena è arrivato.»
«Sì, grazie a tuo marito» Bridgette si fermò, indicando Gabriel con un cenno del capo: «Adrien e Rafael si sono gentilmente offerti di sfilare per me oggi.»
«Oh, ecco perché il gattino non è al fianco della signorina» dichiarò Felix, avvicinandosi a Marinette e spintonandola leggermente, mentre la risata cristallina gli usciva dalle labbra: «Come si sta in libera uscita, madame coccinelle?»
«Fino a che non ho incontrato te, Felix, meravigliosamente.»
«La ragazza sa rispondere a tono» dichiarò Felix, ghignando e passandole un braccio attorno alle spalle, stringendola a sé: «E con un gattino come il tuo, ti servirà tutto ciò. Fidati delle mie parole.»
«Dato che avete un carattere molto simile…» Bridgette sospirò, scuotendo la testa e fissando l’uomo, prima di lasciare andare un sospiro e riportando l’attenzione sui coniugi al suo fianco: «Devo ancora ringraziarti, Gabriel. Nathalie è stata preziosissima.»
«Sono felice di saperlo» dichiarò l’uomo, sorridendo appena e guardandosi attorno, annuendo e posando di tanto in tanto l’attenzione su ciò che lo catturava: «Ha fatto veramente un ottimo lavoro.»
«E’ stata miracolosa» decretò Bridgette, ridacchiando alla sua battuta e portandosi una mano alle labbra: «Ah, Marinette. Ho visto Lila, Sarah e Wei. Erano con Alex e Xiang.»
«Li raggiungo subito.»


Hawkmoth balzò sul davanzale, entrando con un movimento fluido nella camera di Manon e guardandosi attorno senza trovare alcun segno dell’amica: possibile che non fosse in casa? Eppure non gli aveva detto niente riguardo a uscite o quant’altro.
Scosse il capo, avvicinandosi alla libreria e sorridendo alla vista dei volumetti, facendo scorrere un dito guantato su di essi.
Se qualche mese prima, qualcuno gli avesse detto che avrebbe trovato divertente stare in compagnia di Manon, avrebbe sicuramente pensato che quel tipo aveva bisogno di un qualche ricovero.
Beh, qualche mese prima non pensava nemmeno che sarebbe diventato un supereroe.
Lo scalpiccio di passi nel corridoio su cui si affacciava la camera lo mise in allarme e subito si fiondò nell’angolo morto dietro la porta, sperando di non fare spiacevoli incontri: sarebbe stato veramente complicato spiegare il perché della sua presenza lì, senza rivelare anche la sua identità soprattutto se fosse entrata la madre di Manon.
Non era adatto a mantenere i segreti.
Se lo sentiva.
E sapeva che una donna come Nadja Chamack sarebbe stata capacissima di metterlo con le spalle al muro.
La porta si aprì di colpo e Hawkmoth sentì la maniglia conficcarsi nella pancia, provocandogli dolore e facendogli storcere la bocca; gli occhi gli si riempirono di lacrime, offuscandogli la vista di una figura minuta che si era lanciata sul letto e alle sue orecchie giunse il suono attutito di un pianto.
Rimase immobile, indeciso se palesare o meno la sua presenza, mentre osservava l’amica versare tutte le sue lacrime sul cuscino e non capendo cosa l’avesse resa così infelice. O chi.
Strinse le dita, richiudendole a pugno, mentre poteva sentire il suo corpo diventare preda di una rabbia immotivata e il bisogno di vendicare il torto subito da Manon farsi sempre più presente.
Manon si tirò su, guardandosi attorno quasi come se un rumore l’avesse attirata: rimase seduta nel letto, asciugandosi le lacrime e facendo vagare lo sguardo per la camera, finché non si puntò sulla porta ancora aperta: «Hawkmoth?» domandò, gettando le gambe fuori dal letto e andando velocemente a chiudere l’uscio della sua stanza, osservando il giovane eroe parigino: «Che fai qui?»
«Ah…ecco…io…» Hawkmoth si portò una mano alla nuca, massaggiandosela e sorridendo appena, incapace di guardare in volto l’amica e puntandolo sulla scrivania alle sue spalle: «Mi annoiavo a casa ed ero venuto…»
«Ah» Manon abbassò la testa, stringendo l’orlo della maglietta e sgualcendolo sotto la tortura che gli stava sottoponendo: «Io…»
«Perché piangevi?»
«Cosa?»
«Perché piangevi?»
«Niente.»
«Non era niente se piangevi.»
Manon lo fissò in volto, sorridendo e scuotendo poi il capo, passandosi nuovamente una mano sulle guance e sentendo la pelle leggermente umida: «Noemie mi ha fatto un agguato mentre rientravo a casa» commentò, avvicinandosi al letto e sedendosi su di questo con le mani intrecciate in grembo e gli occhi fissi su queste: «Non mi ha detto cose tanto carine. In verità dovrei esserci abituata ma…»
«Mh. Mi chiedo se gli altri mi darebbero l’autorizzazione ad akumatizzarla…»
«Thomas!»
«Hawkmoth, al momento» la riprese il ragazzo, alzando una mano e facendo segno di no con l’indice: «Inoltre non penso che potrei farlo. Anzi, dovrei trovare qualcuno che la odi per akumatizzarla e…» si fermò, un sorriso divertito in volto: «Come hai detto che ti chiami da akumatizzata?»
«Non lo farai.»
«Ma…»
«Posso sopportare tranquillamente. Sono abituata a Noemie.»
«Sei noiosa.»
«No, sei tu che vuoi usare facilmente i tuoi poteri» dichiarò Manon, incrociando le braccia e alzando il mento: «Alex mi ha spiegato perché c’è stato bisogno di un nuovo Portatore della Farfalla, sai?»
«Maledetto Alex.»
«Ma, in ogni caso, grazie. Grazie solo per averlo pensato.»
«Di niente, madamoiselle.»


La musica dai ritmi veloci rimbombando nei petti di tutto, mentre i modelli sfilavano sulla passerella sotto gli sguardi dei partecipanti all’evento: «Devo dar loro il merito di essere dannatamente bravi nel lavoro» dichiarò Lila, osservando Rafael giungere alla fine della passerella e girare su se stesso, mostrando così il completo che indossava e poi ritornando sui suoi passi, mentre Adrien aveva già cominciato la sua sfilata: «Idioti, insopportabili ma dannatamente bravi.»
«Vi rendete conto che guadagnano un casino solo per camminare su una passerella?» commentò Alex, scuotendo la testa e fissando l’amico mentre si fermava sul finire della pedana: «Potrei farlo anche io. O Wei.»
«Ne dubito, Alex.»
«Andiamo, amico! Un po’ di ottimismo!» esclamò l’americano, dando una manata sulla spalla di Wei e scuotendo poi la mano, con il sottofondo della risatina piena di allegria di Lila: «Wei, mai sei fatto di adamantio?»
«Cosa?»
«Roba da nerd, cucciolo.»
«Comunque io continuo a dire che dovremmo sentire la nostra cara babbiona» riprese Alex, voltandosi e cercando appoggio in Xiang, seduta al suo fianco: «Come mi vedreste a fare il modello?»
«Malissimo.»
«Sarah, non sei interpellata.»
«Non hai specificato, quindi sono stata interpellata anche io.»
Alex sospirò, scuotendo il capo e guardando la modella che stava iniziando, in quel momento, a sfilare davanti: «Uh. Blanche» esclamò con un sorrisetto sul volto, tenendo lo sguardo fisso sulla bella ragazza che aveva conosciuto tempo addietro, senza accorgersi degli occhi fissi su di lui e che erano molto vicini a smembrarlo con la semplice vista.
«Alex, ti conviene togliere lo sguardo di dosso da Blanche, se non vuoi che Xiang ti uccida» dichiarò Lila, chinandosi in avanti e sorridendo all’americano, che si era voltato verso di lei con un’espressione confusa in volto: «Ha appena reso verità la famosa frase: se uno sguardo potesse uccidere…»
«Non ho ucciso nessuno io.»
«Ma stavi per farlo, Xiang.»
«Non è vero, Lila.»
«Oh, mia dolce futura signora Simmons» cantilenò Alex, passando un braccio attorno alle spalle della giovane e tirandola verso di sé: «Sei gelosa di me.»
«Lila non vede bene.»
«Lila vede benissimo, invece.»
«Lila, non dare fastidio a Xiang.»
«Sì, cucciolo.»


«Dammelo» dichiarò Bridgette, togliendo di mano a Felix il calice di champagne e bevendolo in un solo sorso, abbassando poi la mano e lasciando andare un sospiro, voltandosi poi verso l’uomo al suo fianco, che la fissava con lo sguardo azzurro sgranato: «Che c’è?» domandò, inclinando la testa e portandosi indietro un ciuffo di capelli scuri: «Sono nervosa. E quando sono nervosa, bevo.»
«Buono a sapersi» commentò Felix, aggiustandosi la giacca candida e riportando l’attenzione sui modelli e modelle che sfilavano davanti a loro: «Non penso ci sia niente di cui preoccuparsi, in ogni caso.»
«E da cosa lo deduci?»
«Dal fatto che tutti mi sembrano interessati ai tuoi modelli?» buttò lì Felix, sorridendo appena e incrociando le braccia: «E’ un successo questo evento.»
Bridgette lo fissò, stirando poi le labbra in un sorriso e annuendo con la testa, riportando l’attenzione sulla sfilata mentre inspirava profondamente: «Grazie» mormorò, voltandosi appena verso l’uomo e vedendolo accettare quel semplice ringraziamento con un gesto del capo.
«Sono qui per questo, Bri.»


Qionqgi alzò una mano, posandola sopra la pozza d’acqua e socchiuse gli occhi, sentendo l’energia scivolare lungo le sue arterie, quasi fosse un serpente, e concentrarsi sulla punta delle dita; inspirò profondamente, continuando a concentrarsi finché non sentì il Quantum malleabile nella sua mano: alzò il palmo verso l’alto, chiudendo lentamente le dita una per una, stringendo poi la mano a pugno finché una piccola goccia di energia non traboccò e scivolò verso il basso, mischiandosi all’acqua della polla.
Le immagini vorticarono e Qionqgi sorrise, osservando ciò che voleva.
Avrebbe voluto attaccare, ma l’ennesimo fallimento non sarebbe stato perdonato se non con la sua dipartita.
Aveva provato nuovamente, mandando la sua creatura che tanto assomigliava a un quadro che adorava nell’altra sua forma, ma ancora una volta era fallito tutto.
Perché era così debole?
Perché non riusciva a ottenere ciò che voleva?
Perché doveva soccombere?
Strinse più forte le dite e nuove stille di Quantum caddero nell’acqua, creando nuovi vortici e mostrandogli il suo passato: la vita servizievole presso la donna che lo aveva portato a Parigi, trascinandolo via dalla sua città natale, il disagio provato quando quella donna era scomparsa e poi il potere che aveva ricevuto per mano del suo signore.
Una sola creatura rimaneva in suo possesso.
L’ultima.
L’ultimo tentativo prima della disfatta.
Doveva vincere.
Assolutamente.


Adrien sospirò, lasciandosi andare sul divano e ascoltando la risata divertita di Plagg: «Non pensavo che sfilare fosse così stancante» dichiarò il kwami, fluttuandogli intorno al viso e guardandolo con i penetranti occhioni verdi: «O forse sei tu che sei invecchiato. In effetti, inizio a notare qualche ruga qua e là…»
«Marinette, puoi dargli un po’ di camembert così sta zitto?» Adrien poggiò il peso sui gomiti, osservando la moglie nei pressi della porta, impegnata a togliersi le scarpe alte e vedendola annuire, mentre un sorrisetto di puro divertimento le compariva in volto: «E non ci provare nemmeno a dargli corda.»
«Non ho detto niente, Adrien.»
«Lo stavi pensando.»
«Oh, adesso sei diventato anche telepate?» domandò Marinette, scuotendo il capo e abbandonando i sandali vicino all’ingresso, dirigendosi a piedi scalzi in cucina e recuperando il formaggio tanto amato da Plagg nel frigo: posò la forma sul piano di lavoro della cucina, prendendo un coltello e tagliandola in spicchi, sentendo i movimenti fluidi alle sue spalle, fino a quando due labbra non si posarono sul suo collo e le mani la strinsero per la vita.
«Non te l’ho detto? Sono bravissimo a sapere quello che pensi.»
«Ah. Davvero?»
«Sì. Adesso stai pensando: perché non mi ha tolto ancora quest’abito?»
«Certo, certo» Plagg volò davanti ai due, assottigliando lo sguardo verde e incrociando le zampette, prima di scuotere la testa: «Prima datemi il mio formaggio, poi andate a fare i pervertiti.»
«Plagg, lasciali in pace.»
«Si tratta del mio formaggio, Tikki. Camembert! Il migliore.»
«Per i sette dei, puoi vivere anche senza camembert un giorno.»
«No, che non posso.»
Adrien sospirò, baciando nuovamente Marinette sul collo e allontanandosi di qualche passo: «Vado a farmi la doccia, mentre tu sfami questo ingrato» dichiarò, facendole l’occhiolino: «Sono ancora pieno di glitter.»
«Uh. Il signorino è pieno di glitter.»
«Marinette, per favore, dagli il suo formaggio.»
«Ai tuoi ordini, mio gatto padrone.»


Peacock balzò sul tetto del palazzo, osservando la distanza che lo separava dall’edificio dove abitava il padre e lasciando andare un sospiro, mentre si posava le mani sui fianchi e rimaneva fermo: l’idea di Sarah, di presentarsi all’uomo trasformato, l’aveva corteggiato nella sua testa perché, in questo modo, non avrebbe disobbedito all’ultimo volere del padre.
Solo che, adesso che mancava veramente poco, non ce la faceva.
Non riusciva a percorrere la poca distanza che gli mancava.
Sentì qualcuno alle sue spalle e si voltò, trovando Bee a fissarlo con un sorriso tranquillo in volto: «Ti avevo detto…» iniziò, fermandosi quando lei lo raggiunse e lo strinse a sé, passandogli le braccia attorno al collo, tenendolo nel suo abbraccio; Peacock storse la bocca, ricambiando la stretta e abbandonandosi a quella della compagna.
Si aggrappò a Bee, sentendola la sua ancora in quel turbinio di pensieri, e stringendola con più forza contro di sé: «Non potevo lasciarti andare da solo» dichiarò la ragazza contro il suo orecchio, carezzandogli la nuca e i capelli: «Non era una cosa che dovevi fare da solo.»
«Non ho il coraggio di andare a casa sua.»
«Peacock…»
«Sono un idiota debole e coglione, vero?»
«No, sei umano.»
Peacock sospirò, poggiando la fronte contro la spalla inguaiata di giallo e socchiudendo gli occhi, mentre lasciava che Bee lo cullasse con le sue carezze: «Possiamo rimanere così per un po’?» le domandò, sentendo il corpo di lei scuotersi per via della risatina che le era uscita dalle labbra.
«Tutto quello che vuoi, honey.»

 

   
 
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