Maria
correva e
correva in preda ad uno strano impulso. Una voce interiore, ultimo
baluardo di
una ragionevolezza che cercava di parlarle attraverso i nervi scossi,
le diceva
che quella corsa a perdifiato, nelle sue condizioni e nella notte buia
e fredda,
non poteva condurla da nessuna parte. Eppure correva, con il cuore che
le
batteva forte nel petto e le tempie che le pulsavano per
l’agitazione. Non
riusciva a ragionare ed un pensiero doloroso la sconvolgeva: forse le
due
megere avevano ragione e qualcosa della follia che aveva colto sua
madre era passato
per ereditarietà anche a lei. Non si spiegava altrimenti il
misterioso motivo che
la portava a fuggire da Norhal Castle come se solo lontano da quel
luogo
potesse oramai trovare la salvezza.
La
notte era molto
buia ed il terreno ancora gelato. Finché era stata nel
parco, sui vialetti di
ghiaia ben curati dai giardinieri che provvedevano sempre a spalare la
neve, la
sua fuga era stata agevole ma varcato il cancello, sulla stradina
stretta e
sterrata che portava al paese, oramai la stanchezza si faceva sentire e
solo la
forza dei nervi la spingeva a proseguire. A un tratto una radice
sporgente la
fece inciampare. Cercando istintivamente di non cadere sul ventre per
non
danneggiare il bambino, si buttò sulle ginocchia e sulle
mani. Il dolore
provato nell’urto la fece gridare forte ma la stradina era
completamente
deserta e non c’era nessuno a poterla soccorrere.
Provò a rialzarsi ma le gambe
e le mani le
facevano molto male ed
inoltre il suo peso era ormai tale da non consentirle nessuna
agilità. Allora
si accasciò e, posato il capo sulle braccia, se ne stette a
singhiozzare
sommessamente. Tutte le sofferenze e le angosce patite le parvero
crollarle
addosso all’improvviso. L’unica cosa che avrebbe
desiderato in quel momento
sarebbe stata sciogliersi nel suo stesso pianto per farsi inghiottire
dalla
terra umida sotto di sé così come fa la pioggia.
Avrebbe voluto sparire,
non esserci più, non soffrire più.
Nel
suo abbattimento
aveva perso la cognizione del tempo e non sapeva quanti minuti fossero
passati
quando sentì la voce di Christopher che la chiamava. Non gli
rispose, non
voleva farsi trovare, ma lui la scorse lo stesso, un grosso fagotto
gettato
sulla strada. Con un grido di paura le fu presto vicino.
L’afferrò per le
braccia cercando di risollevarla ed intanto la chiamava per nome. Ma la
crisi
nervosa che aveva scosso la ragazza non si era ancora esaurita e,
tempestandolo
di pugni, lei cercò di allontanarlo.
-
Lasciami, lasciami –
gli urlava disperata – è tutta colpa tua! Sei
stato tu a ridurmi così. Ti odio!
Il
giovane cercava di
afferrarla.
-
Ti prego Maria,
calmati – le diceva fermandole le mani che continuavano a
riempirlo di colpi
sul petto e sulle spalle.
-
No, non voglio
calmarmi. Voglio tornare a casa, voglio andare via! Io
impazzirò come mia madre
o mi toglierò la vita come ha fatto papà se non
mi allontano da tutto questo!
-
Basta, basta! Faremo
tutto ciò che vorrai ma ora calmati, te ne prego, fallo
almeno per tuo figlio! Fammi
vedere che ti sei fatta.
Chino
accanto a lei
che si era un po’ calmata ricordandosi del bambino che aveva
in grembo, le
prese le mani tra le sue.
-
Le gambe – gli
mormorò lei ancora singhiozzando e Christopher le
alzò la gonna per controllare.
Aveva delle brutte escoriazioni e la biancheria strappata era macchiata
di
sangue.
-
Ce la fai ad
alzarti? – le chiese.
-
No, non ce la
faccio, le gambe non mi reggono.
Provò
ad aiutarla, ma
si rese conto che era troppo pesante per prenderla in braccio. Allora
si
sedette per terra e se la tirò contro.
-
Non temere - le
mormorò - George è andato a prendere il calesse e
ci raggiungerà presto. Ora ci
mettiamo qui e lo aspettiamo, non possiamo fare altro.
Circondandole
con un
braccio le spalle, la strinse forte contro il petto. Allargò
il mantello e
riparò anche lei sotto di esso poi, con l’altra
mano, cominciò a carezzarle il
viso bagnato di pianto.
-
Buona, piccola,
buona! – le sussurrava quasi cullandola come si fa con i
bambini ed a poco a
poco Maria si calmò.
La
spalla di
Christopher a cui era appoggiata era salda e forte ed al riparo del
mantello,
avvertiva il calore
del suo corpo che le
dava un enorme conforto. Anche le carezze sul volto le davano una
sensazione di
dolcezza ed all’improvviso si rese conto che nonostante il
freddo ed il dolore,
la stava invadendo un benessere inaspettato. Avrebbe voluto restare per
sempre
così, stretta a lui, protetta tra le sue braccia e
dimenticarsi di tutto. Intanto
la mano di Christopher le toccava delicatamente il ventre gonfio dove
il
bambino scalciava. Avvertì una carezza, ma comprese che non
era per lei: era la
carezza di un padre al figlio non
ancora nato.
Senza
più piangere, se
ne stette zitta e ferma a lasciarsi avvolgere da uno struggimento senza
fine,
avvertendo l’odore di tabacco e colonia del suo uomo e la
morbidezza della sua
barba sulla propria fronte.
Intanto
lui le
parlava, ma pareva quasi che lo stesse facendo con se stesso:
-
Non è giusto farti
soffrire ancora a causa mia. Devo ridarti la tua libertà, se
è questo che può
renderti felice …
All’improvviso
si zittì
perché aveva udito il calesse
avvicinarsi.
-
George, George -
chiamò – siamo qui!
Pochi
minuti dopo
Festing era accanto a loro. Inginocchiatosi anche lui,
spostò il mantello con
il quale il nipote copriva la ragazza e la guardò assai
preoccupato.
-
Sta bene – lo
tranquillizzò Christopher – si è solo
escoriata le gambe.
-
E il bambino?
-
Sta bene anche lui,
credo. L’ho sentito muoversi poco fa. Però devi
aiutarmi a rialzarla, per
favore.
Con
l’aiuto dei due
uomini, Maria si alzò e riuscì salire
anche
sul calessino dove il marito la prese di nuovo tra le braccia.
Era
ancora stretta a
lui quando, avviandosi verso casa, incrociarono la carrozza degli Aydon
che
lasciava di gran carriera il castello. Allora le sfuggì un
gemito e come cercando
protezione, gli affondò il viso sulla spalla. Christopher le
carezzò i capelli e
le mormorò piano:
-
Va tutto bene, cara,
va tutto bene, non temere.
Quando
arrivarono
furono accolti da zia Margaret, dal nonno e da buona parte della
servitù. La
ragazza nemmeno osò guardarli in faccia per la vergogna, ma
lady Margaret,
diretta come sempre, la rimproverò:
-
Bene, sarai contenta
della tua stupida fuga, ora. Guardati, sembri uno straccio!
-
Sto bene – mormorò
lei che invece sarebbe caduta se il marito ed una cameriera non
l’avessero
sorretta.
-
Sciocchezze! –
sentenziò la vecchia signora, poi cominciò a dare
ordini – Donald, andate a
chiamare il dottor Fisher e voi Julie, preparate dell’acqua
calda e dei vestiti
asciutti! Intanto, mentre George le va a prendere un bicchiere di
cordiale, tu
Christopher dai una mano a Marta a mettere a letto questa sconsiderata
di tua moglie!
Su, avanti, non rimanete qui come tanti deficienti! –
aggiunse con irritazione
battendo le mani per esortare tutti quanti a darsi una mossa
perché erano
rimasti a guardarla un po’ imbambolati.
La
prima cosa che notò
aprendo gli occhi la mattina dopo fu la pioggia intensa che batteva sui
vetri.
La giornata era molto scura ma non doveva essere mattina presto e Maria
ci mise
qualche istante a realizzare che giorno fosse. All’improvviso
il ricordo di
quanto era avvenuto la sera prima l’ afferrò come
una mano cattiva che le
serrava la gola togliendole il respiro. Intanto un rumore di ferri per
la lana
le fecero capire che lady Margaret era seduta accanto a lei a lavorare
a maglia
come di consueto. Non ce la faceva ad affrontarla ma nemmeno poteva
restare in
quella posizione: la schiena le doleva assai ed il bambino scalciava
più del
solito. Allora si girò sul fianco dal lato dove era seduta
la zia continuando però
a tenere gli occhi chiusi per fingere di stare ancora dormendo.
L’anziana
signora smise per un momento di sferruzzare e le posò una
mano sulla fronte per
sentirle la febbre, ma lo fece pianissimo, per non disturbarla. La
ragazza
avvertì la frescura di quella mano sulla fronte ardente ed
anche la delicatezza
affettuosa con cui era stato compiuto il gesto e, quasi senza volere,
aprì gli
occhi.
-
Come va? – le chiese
Margaret con una inconsueta premura nella voce.
Lei
annuì, abbozzando
un sorriso rassicurante.
-
Che ore sono?-
chiese.
-
È quasi mezzogiorno.
-
Mio Dio! Devo
alzarmi allora!
-
Non se ne parla
nemmeno! – le disse l’altra costringendola a
sdraiarsi di nuovo – Il dottor
Fisher ha detto che devi restare a letto, non lo hai sentito? Potresti
partorire prima del previsto. E poi hai la febbre.
Nel
vedere che la
ragazza non rispondeva, la rimproverò, ma con una certa
dolcezza.
-
Era proprio
necessario scappare fuori in quel modo? Me lo dici che ti ha preso?
La
bocca di Maria
tremò come quella di un bambino che sta per mettersi a
piangere. Mormorò con un
filo di voce:
-
Non avrei dovuto
trascendere in quel modo con le Aydon! Mi dispiace, credetemi, me ne
sono
subito vergognata così tanto che … non so
… pensavo di andare dalla signora
Brown o forse no, volevo solo fuggire da me stessa e da quello che
avevo
combinato.
La
vecchia signora
scosse la testa.
-
Che stupida! Nelle
tue condizioni! E poi, se lo vuoi sapere, hai fatto proprio bene a
mettere a
posto quelle due vipere. Io non capisco come si possa insultare la
gente in quel
modo e pretendere pure di non suscitarne il risentimento!
Maria
spalancò gli
occhi dalla meraviglia.
-
Quindi non siete in
collera con me? – le chiese stupita.
-
Con te? E perché
mai? Nel caso dovrei essere in collera con quella maligna di Josephine e con quella
perfida di Lorelay.
Cose da pazzi! È tanto cattiva quanto brutta e pretendeva
pure di sposare mio nipote!
Secondo me quel povero marito avrà preferito affrontare i
ribelli indù e morire
piuttosto che sopportarla ancora.
-
Però io ho sbagliato
e non mi sono comportata bene.
-
Beh, non hai agito
secondo le regole, questo sì! Se tu fossi stata un uomo, ad
esempio, avresti
avuto tutto il diritto di sfidare a duello quella stupida insolente. Ma siccome sei una donna e
i duelli sono solo
una stupidaggine inventata dagli uomini, hai fatto benissimo a mandarla
con il
sedere per terra. Così impara!
Rincuorata,
Maria le
fece un mezzo sorriso però cercò ancora di
scusarsi.
-
Non è per la vostra
figlioccia e per sua figlia che sono pentita di ciò che ho
fatto, è per voi e
per lord Riddell. Sono stata scortese ad agire in quel modo ineducato
in casa
vostra. Anche Christopher sarà dispiaciuto con me. Lui mi
aveva così
raccomandato di non lasciarmi andare ed
io invece mi sono comportata come una primitiva.
-
Chris ti ha vegliato
tutta la notte, lo sai?
A
quelle parole lei
sentì come una vampata di calore salirle nel petto.
Ricordava ancora la sua stretta
rassicurante, le carezze, la premura con cui l’aveva aiutata
a spogliarsi e a
mettersi a letto. Era ancora lì accanto a lei quando il
calmante che il dottor
Fisher le aveva dato aveva cominciato a fare effetto e
l’ultima cosa che
rammentava era l’azzurro dei suoi occhi e la
dolcezza del suo viso.
-
Dov’è? – chiese
d’impulso – Potete dirgli di venire qui, per
favore: ho bisogno di parlargli.
-
Christopher è
partito stamattina presto. Ha detto che aveva degli affari urgenti da
sbrigare a
Londra.
-
Oh! – mormorò la
giovane mentre la delusione le invadeva il visino rosso di febbre.
Margaret
se ne accorse
e si affrettò a consolarla.
-
Andiamo! Oggi è
giovedì e ha detto che tornerà sabato. Cosa
c’è, hai paura che non vedrà nascere
la bambina? Stai tranquilla, tuo marito tornerà in tempo e
poi si tratterrà a lungo
qui, con te e con lei.
-
Lei? – chiese la
giovane che però era stata molto rincuorata dal tono
cordiale ed affettuoso dell’arcigna
dama.
-
Lei, certo. Spero
tanto che tu metta al mondo una bella bambina. Le femmine sono
un’altra cosa, è
risaputo.
-
Non è vero, noi
donne siamo tanto più sfortunate degli uomini.
-
Ma anche tanto più
in gamba. E la piccola Sophie, la mia tris nipotina a cui spero vorrai
mettere
il nome della figlia che avrei sempre voluto e a cui lascerò
tutti i miei beni
personali, sarà anche bella, intelligente e molto ricca. Il
che non guasta.
-
Siete molto buona,
zia Margaret – le disse con un sorriso di gratitudine e
chiamandola per la
prima volta in un modo tanto confidenziale – Spero proprio di
potervi
accontentare.
L’altra
sospirò.
-
Speriamo! Certo se
sarà un maschio non sarà certo colpa tua. Vuol
dire che si dovrà accontentare
di diventare il decimo marchese di Norhal e di indossare lo stesso
queste
scarpette che ho appena finito – le disse mostrandole un paio
di scarpette da
neonato molto carine ma di un irrimediabile colore rosa.
Maria
rise e si sentì
più leggera anche se solo nell’animo e
non certo nel corpo.
Il
dottor Fisher tornò
a visitarla anche quel giorno e le prescrisse il riposo assoluto non
per le
ferite alle gambe che erano solo superficiali o per la febbre che stava
già
calando, ma perché era sicuro che la gravidanza non
giungesse a termine. Fu
molto rassicurante a tale proposito ma nell’andar via si
raccomandò con lady
Margaret di chiamarlo non appena fossero arrivate le prime doglie,
giorno o
notte che fosse, perché era opportuna la
sua presenza al parto. L’anziana zitella non si riteneva in
grado di affrontare
una situazione del genere e così mandò a chiamare
la moglie del reverendo Brown.
Quest’ultima, per il rispetto dovuto ai marchesi e
soprattutto perché
la giovane italiana le stava assai
simpatica, non esitò a lasciare il marito alle cure di una
nipote e a
trasferirsi a Norhal Castle.
Maria
si accorse di
una certa preoccupazione per la sua salute però non se ne
diede un gran
pensiero. Le faceva piacere avere tutte quelle brave persone intorno
che la
coccolavano e si prendevano cura di lei. Inoltre erano giorni molto
freddi e
piovosi in cui era gradevole restarsene al calduccio sotto le coperte a
pensare
ed a guardare fuori della finestra le
foglie della grande quercia sbattute dal vento.
Ne aveva molto bisogno perché l’episodio accaduto con le Aydon l’aveva indotta a riflettere su tanti particolari del suo passato. Le malignità e le inesattezze proferite dalle due donne le avevano comunque ricordato una cosa che non avrebbe mai potuto negare: Christopher le aveva dato un aiuto enorme senza chiedere nulla in cambio. Era stata lei a voler trasformare quel rapporto in qualcosa di più, gli aveva chiesto lei di essere amata e non aveva voluto sentire ragioni nemmeno quando le aveva fatto capire che ciò era impossibile.
La delusione provata quando era venuta a conoscenza di quel precedente matrimonio insieme al risentimento per gli infami sospetti di cui era stata vittima, non giustificavano il suo atteggiamento astioso nei confronti dell’uomo. Queste cose non avrebbero dovuto cancellare tutta la gratitudine e il bene che aveva provato per lui, anzi, più che mai avrebbe dovuto stargli vicina in un momento difficile e dimostrargli dedizione e fedeltà.
Forse Christopher non poteva amarla perché aveva già speso tutto il suo amore per una donna che gli aveva fatto troppo male, ma ugualmente aveva dato a lei affetto, protezione, appoggio. Cose preziose che tante donne non avevano mai potuto avere. Era stata ingiusta e cattiva a respingerlo in quel modo, arrivando addirittura ad accusarlo di essere stata la causa della sua infelicità.
Non lo avrebbe fatto più .
Ora sentiva nel profondo di se stessa che la Maria frivola e capricciosa non c’era più, il dolore e la maternità l’avevano cambiata. Ora era pronta a diventare la tranquilla compagna di un uomo che aveva sofferto almeno quanto lei e che come lei aveva tanto da farsi perdonare.
Aspettava
con ansia di
rivederlo per poterglielo dire anche se non sapeva ancora come lo
avrebbe
fatto. Per questo se ne stava rannicchiata sotto le coperte a figurarsi
il
momento in cui lo avrebbe incontrato di nuovo e a prepararsi le parole
giuste da
dirgli per aprirgli finalmente il proprio cuore ed entrare nel suo.
Dovette
attendere fino
alla domenica pomeriggio per rivederlo. Quando lui entrò
nella stanza, era in
compagnia della signora Brown la quale però, nello scorgere
il giovane, si
affrettò a congedarsi per lasciarli da soli. Durante i brevi
convenevoli di
cortesia che Kate scambiò con lui prima di andarsene, Maria
ebbe modo di
osservarlo con attenzione. Indossava una giacca sportiva di velluto
marrone e
sotto portava una camicia dal colletto aperto che gli lasciavano
scoperto il
collo e la gola. La ragazza soffermò proprio lì
lo sguardo rammentando che
durante la loro intimità era proprio quel collo e quella
gola che amava baciare
con tenerezza e sensualità. Un brivido la scosse al pensiero
che la scelta che
aveva deciso di fare non le avrebbe comportato nessun sacrificio
perché era
proprio Christopher l’uomo che voleva e desiderava sopra ogni
altro e mai e poi
mai avrebbe potuto appartenere ad uno diverso anche se
l’avesse amata mille
volte di più. In barba a tutti i discorsi e le frasi ad
effetto che si era
preparata in quei giorni, decise che appena la moglie del reverendo se
ne fosse
andata, gli avrebbe solo teso le braccia per attirarlo in un abbraccio
silenzioso che avrebbe parlato più di mille parole.
Però, quando restarono
soli, Christopher non solo non si avvicinò ma rimase
distante ed in piedi, con
la testa china ed un atteggiamento visibilmente preoccupato.
-
Che c’è? – gli
chiese allora – Qualcosa che non va? Il dottor Fisher ti ha
detto qualcosa?
All’improvviso
si era
rammentata della tangibile inquietudine che c’era stata
intorno a lei negli
ultimi giorni e temette che il marito dovesse darle qualche brutta
notizia.
Invece lui le rispose, molto serio:
-
Stai tranquilla, mi ha
detto solo che sicuramente il parto sarà prematuro.
È per questo motivo che
sono assai incerto: non so se comunicarti adesso le decisioni che ho
preso o
aspettare che tu abbia partorito.
-
Dimmele adesso – lo
esortò, assai preoccupata.
-
Sì, forse è meglio,
così magari sarai più serena
nell’affrontare quello che ti aspetta perché dopo
sarà tutto finito.
Maria
notò il suo
aspetto grave e la ruga di preoccupazione che aveva in mezzo alla
fronte.
-
Niente! – proseguì –
Mi sono messo in contatto con Anthony il quale, benché
lavorasse già presso
un’altra famiglia, si è detto disposto a ritornare
a Napoli. Lo farà appena
possibile e riaprirà Villa Helena così appena tu
ed il neonato sarete in grado
di viaggiare, vi verrà a prendere e vi condurrà
lì. Si prenderà lui cura di
voi. Io ti passerò un congruo assegno mensile per le vostre
necessità e verrò a
vedere il piccolo ogni volta che potrò e che tu me lo
consentirai.
Maria
non disse nulla.
Si sentiva smarrita e persa a quella ipotesi. Villa Helena e Napoli
erano la
sua casa, ma anche Christopher e Norhal Castle oramai lo erano.
-
Non diremo nulla ai
miei né a tuo zio. Non devono interferire nei nostri piani e
non lo faranno se
riusciremo a convincerli che hai bisogno dell’aria del tuo
paese per motivi di
salute. Con il tempo si faranno una ragione del fatto che vuoi restare
lì e
forse lo troveranno persino naturale, così come tutti gli
altri. Va bene così?
Vedendo
che lei non
rispondeva e continuava a tenere lo sguardo fisso fuori dalla finestra,
pensò
che c’era il particolare più importante ancora da
chiarire. Lo fece cercando di
mantenere la voce calma e mascherare ogni emozione.
-
Naturalmente mi
rendo conto che sei una donna giovane e bella e che di certo troverai
un nuovo
compagno. È giusto che sia così, solo ti chiedo
di farlo con discrezione,
perlomeno i primi tempi. Zia Margaret ed il nonno si sono molto
affezionati a te
e poi sono vecchi, non so se riuscirebbero a resistere al dolore per un
nostro divorzio.
Sono certo che anche tu non desideri farli soffrire ancora
né tantomeno vuoi attirare
l’attenzione su di noi. Ti do la mia parola d’onore
che quando le acque si
saranno calmate e nessuno penserà più a noi, ti
lascerò libera di
amare chi ti pare e piace. Maria?- la
chiamò ad un tratto perché lei sembrava assente.
Infatti
continuava a
guardare fuori dalla finestra mentre un pensiero strambo le
attraversava la
mente che non voleva accettare la nuova delusione.
-
“Che strana
primavera, sta
nevicando di nuovo.
Eppure siamo ad aprile!”
– si stava dicendo
tra sé.
Non
gli rispose e l’uomo
continuò.
-
Credo che questa sia
la migliore soluzione. In realtà il nostro rapporto non
poteva andare avanti,
forse perché è nato male. Venivamo
tutt’e due da un periodo terribile e ci
siamo attaccati l’uno all’altra senza renderci
conto del male che potevamo
farci a vicenda. Mi dispiace solo per il bambino, ma
non l’abbiamo fatto di proposito a metterlo
al mondo e sono certo che un giorno capirà una scelta che
faremo soprattutto
per non costringerlo a crescere con due genitori che stanno insieme per
forza.
Per
qualche momento
tra loro calò il silenzio. Christopher avrebbe desiderato
leggerle nel pensiero.
-
Era questo che
volevi, non è così? – le chiese alla
fine non resistendo più al suo mutismo.
Maria
fu colta da un
sussulto d’orgoglio e gli rispose con un filo di voce:
-
Certo! Ora però
vattene per favore, sono stanca e voglio riposare. Anzi, dillo anche
agli altri
che desidero dormire un po’ e non ho bisogno di nessuna
compagnia.
-
Va bene. Lo farò.
Si
allontanò chiudendo
pian piano la porta dietro di sé.
Allora
Maria si rannicchiò
il più possibile sotto le coperte. Osservò ancora
fuori dalla finestra
la neve che cadeva e
si mise ad ascoltarne il
rumore. Intorno c’era solo un desolato silenzio
perché la neve non fa nessun rumore.