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Autore: PawsOfFire    25/07/2017    4 recensioni
Russia, Gennaio 1943
Non è facile essere i migliori.
il Capitano Bastian Faust lo sa bene: diventare un asso del Tiger richiede un enorme sforzo fisico (e morale) soprattutto a centinaia di chilometri da casa, in inverno e circondato da nemici che vogliono la sua testa.
Una sciocchezza, per un capocarro immaginifico (e narcisista) come lui! ad aggravare la situazione già difficoltosa, però, saranno i suoi quattro sottoposti folli e lamentosi che metteranno sempre in discussione gli ordini, rendendo ogni sua fantastica tattica fallimentare...
Riuscirà il nostro eroe ad entrare nella storia?
[ In revisione ]
Genere: Commedia, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Furia nera, stella rossa, orso bianco'
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Settembre ci salutò così, gelido e confuso, con le sue foglie verdi che lentamente seccavano fino a diventare gialle, ricoprendo così il terreno con uno manto bruno scricchiolante.
E’ un mese aspro e crudele. L’aria calda di Agosto scivolava tra le nostre dita e ci rendeva consapevoli dell’inverno che stava per arrivare.
Il pensiero mi faceva impazzire. No, non lo voglio un altro inverno.
Potevo sopportare la fame. La sete, la stanchezza e le ferite.
Ma no, non la neve. Il ghiaccio avvolge i vivi ed i morti con il suo bel manto bianco ed improvvisamente sembra tutto più...intimo. Poi arriva la primavera puttana che scioglie tutto, riportando ai nostri nasi l’odore dolciastro della morte. Ed è incredibile come riesca ad estendersi per interi valloni, come se la terra ne trasudasse.

~

Il nuovo arrivato sembrava stupidamente terrorizzato dal rumore delle foglie secche.
Bastava spezzarne una vicino al suo orecchio per provocare un’assurda reazione di terrore. Scattava in aria con un salto, estraendo una pesantissima rivoltella trovata chissà dove a cui spesso dimenticava di mettere la sicura.
“I-io sparo!” esclamava, tenendo le braccia rigide come pali mentre faceva ondeggiare instabile quel macigno di arma.
“Ci sono nemici qua fuori, signor Capitano! Li ho sentiti!” tremava il ragazzo mentre faceva scattare gli occhi in ogni direzione, paralizzato dal terrore.
“E’ solo una foglia!” Tom rideva amaramente, sbriciolandone una tra le dita.
“Solo, fottutissime, foglie! Senti qua-”
Per fortuna Daniel era troppo fifone per sparare. Con quella bestia di arma avrebbe potuto ferirsi per il contraccolpo, con la posizione rigida che manteneva.
“L-la prego signor Sergente! La smetta di...ah!”
A questo punto, spesso, gli cadeva l’arma dalle mani e partiva un proiettile vagante, seguito da una mia violenta ramanzina e dal suo volto inondato di lacrime.
Era tanto giovane, il ragazzo. Se fisicamente dimostrava a malapena gli anni che aveva, mentalmente non superava i sei.

~

Genericamente mi sono sempre occupato io dei segnali via radio ma, quando ero impegnato. avevo bisogno di qualcuno che se ne occupasse al mio posto.
Qui entrava in gioco Daniel, con i suoi enormi cuffioni dentro i quali praticamente scompariva.
Aveva un’infarinatura piuttosto rozza di come funzionava la vastità di chiavi e manopole che aveva davanti.
Così, nei momenti di quiete, perdevo un po’ di tempo per insegnargli le basi di sopravvivenza.
“Quello di cui ti devi davvero preoccupare, ragazzo mio” dissi, portando una mano alla mitraglietta equipaggiata all’interno del Panther “E’ questa. Non sarebbe nemmeno male se tu imparassi a riparare questo bestione. Più cose riesci ad imparare, meglio è per noi. Guarda, adesso ti faccio vedere come funziona la Furia. I tuoi superiori al campo di addestramento dovevano essere scimmie battipiatti per non averti mostrato queste cose.”
“Ma Signor Capitano...”
“Ascoltami attentamente. Adesso il Signor Weisz prenderà posizione in prima fila accanto ai carri di Schulz e Fischer. Lo vedi?”

“Capitano...”
“Zitto Achen. Ora guarda, vedi laggiù? Quello è un carro russo che sta cercando invano di nascondersi. Guarda che buffo, sporge con tutta la placca frontale. Sono sicuro sia un T-34, guarda come gli sfondiamo il culo ora.”

“Capitano!”
“Taci che devo istruire il ragazzo. Dicevo. Ora prendo il microfono, questo qua, lo accendo e dico: Jager, carica il cannone!”
“Capitano, quello è un cacciacarri!”
Un profilo basso ed affilato ed una torretta imponente e quadrata rendeva la figura del SU-76 inquietante ed aggressivo. Si muoveva piano oltre le sterpaglie secche della vasta campagna ucraina, sollevando goffamente il cannone nei suoi limitati movimenti.
“...Merda” mi sfuggì genuinamente dalle labbra mentre abbandonavo il ragazzetto che, con fare vago, mi chiedeva “Cosa devo fare?”
“Spara a tutto ciò che si muove e che non indossa una divisa come la tua”
Daniel annuì appena. Diede un’occhiata al suo vestiario (sia mai che una divisa nera sia difficile da riconoscere) ed imbracciò la mitraglietta.
Diedi ordini a Tom di fermarsi e di prestare attenzione che i fianchi non entrassero sotto il tiro nemico.
Come un coccodrillo nella melma aprii la botolina e mi sporsi appena, giusto per controllare la situazione. Portai con me i miei fidi binocoli, oramai estensione naturale dei miei occhi, accertandomi della nostra posizione.
Solo a quel punto diedi ordine di sparare, mirando più in basso possibile, all’altezza dei cingoli. Il colpo fu decisamente violento e, con sfacciata fortuna, riuscimmo a far saltare parte del carrello sinistro.
Il bestione oscillò appena, confuso. Dalla torre fece capolino un capocarro che, dopo essersi reso conto di avere un Panther che tirava dritto sulla sua testa, ordinò a voce la ritirata. La piana secca ed i cespugli bassi non erano particolarmente utili alla fuga, così diedi ordine a Daniel di far cantare la mitragliatrice.
Era sicuramente un grandissimo successo, questo. Un’esecuzione pulita e senza spreco di proiettili. Anzi, avremmo potuto rubare un bel po’ di benzina…
Se quei dannatissimi non avessero motori diesel. Va comunque forte al mercato nero, quindi una tanica si poteva tranquillamente caricare. La gente adora spararsene qualche bicchiere per andare in ospedale e spesso morirci.
Stavo contemplando la mia vittoria, crogiolandomi nella mia più assoluta bravura, quando Daniel chiamò a gran voce la mia attenzione, incrinandosi in un tono che rasentava il pianto.
“Capitano!” boccheggiò. Non gli diedi davvero peso fin quando non fu Tom a chiamarmi.
La recluta non solo non aveva colpito i quattro russi che oramai camminavano tranquillamente, reputandosi fuori pericolo, ma continuava a far ballare quella maledetta mitragliatrice tra terra e cielo come se fosse una fottuta saponetta.
“Sguscia da tutte le parti!”
“Tienila ferma!”
“Non ci riesco, Capitano!”
Tom aveva le lacrime dal ridere. Contorto sulla sua postazione, il pilota si mordeva il pollice guantato per imporsi di smetterla, producendo un fischio aquilino,
Ad un certo punto le cariche finirono e Daniel credette di aver rotto l’arma.
Furono nuovamente pianti. I miei, i suoi, quelli di Tom e quelli di Klaus, intervenuto prontamente in soccorso poiché “ci sa fare con i bambini”
Per quanto l’era dei pannoloni fosse passata già da un pezzo per lui, il giovane rimaneva estremamente infantile.
Con la coda dell’occhio notai che i quattro carristi russi stavano facendo una specie di autoscatto col nostro Panther. Incuranti dell’eventuale pericolo, i sovietici deposero i fucili ed iniziarono a scaricare il gasolio dal carro fuori uso.
Chiamarono i rinforzi e pranzarono sull’erba come se fossero in un pic-nic.
In risposta mi chiusi in un silenzio esplicativo.
Klaus asciugò le lacrime al giovane e gli raccontò una sorta di storiella su un piccolo soldatino coraggioso. Era più o meno la stessa storia che raccontavo sempre io dopo due bottiglie abbondanti, solo che culminava con la cattura del giovane da parte di un gruppo di aviatrici russe e con una punizione orgiastica, non con una croce di ferro per il valore militare.
La storia andò avanti a lungo e non riuscivo a capire se fosse una presa per il culo oppure se i due fossero seri.
“Capitano” Tom mi chiamò con voce strozzata dal gran ridere.
“Ha intenzione di far durare questo teatrino a lungo? Credo sia opportuno spostarci prima che...insomma, possa arrivare qualche rinforzo da quelli là.”
“Faccia quel che vuole, Weisz, io me ne lavo le mani di questa pagliacciata.”

Il pilota rimase interdetto. Poi, per illuminazione divina, si ricordò di essere il secondo grado più alto all’interno della Furia. Un ghigno preoccupante si spiegò sul suo volto.
Fregandosi i guanti ruvidi e consumati, il giovane pilota cacciò il paffuto Klaus, prendendo il suo posto alla mitragliatrice.
“Via, via con queste storie. Vorrei prendere la croce di ferro anche io, se permettete.”
Tom sputò sui guanti, imbracciando l’arma.
“Vedi, Daniel? Questa è la posizione giusta. Adesso...ricarichiamo la mitragliatrice e finiamo questa storia una volta per tutte”
Diede un calcio ai bossoli a terra prima di far fischiare l’arma sui russi che, nel frattempo, erano riusciti a chiamare i rinforzi. La recluta lanciò un gridolino spaventato e si coprì gli occhi con entrambe le mani. In risposta Tom gli tirò un leggero calcio negli stinchi.
“Benvenuto nel fottuto mondo delle favole, Kemple!” sbrigativo il pilota portò le mani del giovane alla mitragliatrice, sgusciando alla sua postazione per riaccendere la Furia sotto mio ordine.
“Fianchi coperti ed ingaggiare!” Mi sporsi dal carro, facendo fuoriuscire i binocoli.
Da lontano potevo scorgere le figure di due T-34 russi che avanzavano.
“Ricevuto!”
Ruotammo la torretta per fare la prima mossa. Ero abbastanza convinto che ci fossero altri carri con noi… ma quei farabutti devono essere spariti come ai vecchi tempi, lasciandoci soli con la merda fino al collo.
Un colpo rimbalzò sulla placca frontale della Furia, producendo più rumore che danni.
Daniel, dal canto suo, era paralizzato e tremante. Era la prima volta che lo portavamo con noi. Spero non se la sia fatta addosso dalla paura.
Ingaggiammo con successo uno scontro con il primo carro, rompendogli il carrello.
Provò ancora una volta a colpire ma noi rispondemmo più forte, bombardando il fianco fino a metterlo fuori uso. I suoi uomini uscirono velocemente e scomparvero dietro al rottame.
La recluta non riuscì a colpirne nemmeno uno.
Il secondo carro, più furbo, caricò i superstiti e fece marcia indietro.
In nostro ricordo gli lasciammo un foro grosso come un pallone nella placca posteriore.

~

Riprendemmo la marcia senza ulteriori danni.
Dopo una lunga ora di cammino decidemmo di fermarci all’ombra di alcuni sempreverdi, seminascosti dalla tinta mimetica del carro e dalla fortuna sfacciata che avevamo.
Mentre riempivamo il serbatoio a Martin venne la geniale idea di sfruttare il metallo bollente e fumante della Furia per scaldare un rancio dall’aspetto orribile.
Daniel, nel frattempo, si era nascosto per evitare che lo deridessimo per essersela fatta addosso per davvero. Se ne stava raggomitolato sotto un albero a gambe strette e viso rosso, vergognandosi di sè stesso.
Klaus, ancora una volta, volle provare ad intervenire perché “ha due figli piccoli e sa come ci si comporta” ma glielo proibii.
“Ehi, piccoletto! Vieni a mangiare!” intervenne Tom a bocca piena, mescolando la gavetta con fare ingordo.
“Non ho fame” mugolò Daniel, stringendosi il capino tra i gomiti.
“Guarda che lo sappiamo che ti sei pisciato nei pantaloni” ridacchiò il pilota, buttando giù ingordamente un altro po’ di zuppa.
“Ci siamo passati tutti, dai! Tranne sua eccellenza del Capitano, ovviamente.”
Mi stavo crogiolando in questa sottile verità quando alle mie orecchie giunse un: “Lui si è fatto ben peggio delle brache. Vero, Signor Capitano?”
“Negativo, Weisz. Lo ripeta ancora una volta e la sbatto davanti ad una corte Marziale senza darle nemmeno il tempo per una pisciata.”
Tom la prese sul ridere. Io, invece, ero serio.
Per fortuna, però, riuscimmo a strappare un sorriso a Daniel il quale, un po’ meno intimorito, si avvicinò diffidente per mangiare la sua porzione.
O così credevamo. Riservò alla sua scodella una smorfia disgustata.
“Che schifo”
“Non dirci che sei schizzinoso”
“In realtà...”
il ragazzetto fece scivolare il cucchiaio nella massa indistinta di pollame e cavolo, girando la massa grumosa più volte, indeciso.
“Io in realtà sono vegetariano. Come il Fuhrer, no? l’ho letto in una rivista. È un un bell’esempio da seguire, non credete?
A questo punto Tom, che stava bevendo, sputò praticamente addosso al buon Martin, piegandosi in due in una risata sganasciata.
“Porca troia ragazzo mio, sei fottutamente diverte. Sei in guerra e ti fai scrupoli per un cazzo di pollo. Dammi qua che ti mangio la carne e ti lascio...quello che vuoi.”
Il giovane, forse per questione d’orgoglio, divorò quieto la sua porzione, strabuzzando gli occhi dal disgusto ad ogni boccone.
Gli serviva del tempo.
Decisamente.

 

 

   
 
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