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Autore: Thalassa_    25/07/2017    5 recensioni
Albus lo stava guardando, in attesa, occhi verdi in occhi verdi. Guardare suo figlio era come guardare uno specchio che lo riportava a quando aveva lui quindici anni, riportando alla luce ogni sorta di ricordi, piacevoli e spaventosi, divertenti e tristi. Albus aveva i suoi capelli neri, forse solo appena più lisci e ordinati, la sua statura, il suo naso e i suoi occhi; ma quasi nient’altro.
Era circondato di amore quanto Harry era stato bisognoso di affetto, eppure lo rifuggiva; era sfuggente, chiuso, non alzava mai la voce – i muri della Tana se la ricordavano, la voce di Harry, quando aveva quindici anni e sbraitava contro le ingiustizie del mondo; aveva un umorismo ironico e tagliente, e Harry lo adorava, suo figlio, tanto diverso, tanto complicato e incomprensibile, suo figlio. Ma di tutte le cose che avresti potuto prendere da me, Al, pensò Harry, amareggiato, proprio le manie di persecuzione?

***
Harry iniziava sinceramente ad allarmarsi. “Cosa sta succedendo a Hogwarts, Neville?” chiese.
Neville sospirò.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo V
 
Virginia si portò distrattamente una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio, spostandola dalla pagina del libro che stava leggendo. La concentrazione si stava facendo attendere, quella sera.
Chiuse il libro di scatto e lo posò di fianco al letto. Estrasse la scatola in cui riponeva i suoi oggetti più personali dal suo nascondiglio segreto, una tasca ricavata nelle tende verde smeraldo del letto a baldacchino. Solo un elfo domestico molto meticoloso nelle pulizie avrebbe potuto trovarla, ma Virginia non se ne preoccupava; è raro che un elfo domestico sappia leggere. I suoi piani erano al sicuro in quella tasca.
Aprì il taccuino finemente intarsiato che le aveva regalato sua madre per Natale molti anni prima e ne sfogliò distrattamente le pagine, fittamente ricoperte d’inchiostro nella sua grafia elegante.
C’erano nomi, luoghi, date, tantissime date, tutti i suoi pensieri e i suoi progetti, in quel quaderno; tutto ciò che aveva rilevanza per il suo sogno. Sfogliò fino a trovare la pagina che cercava; c’erano tanti, troppi punti di domanda, ancora. Sospirò e mise da parte il quaderno.
Prese dalla scatola uno dei numerosi articoli di giornale. Era una vecchia pagina del Profeta, risalente a tanti anni prima, quando Virginia era appena nata.
“Harry Potter: nuovo Capo del Dipartimento Auror” titolava il Profeta. Nel centro della pagina troneggiava una foto in bianco e nero del signor Potter, più giovane di come lo aveva visto il primo giorno di scuola.
La mano affusolata di Virginia sfiorò delicatamente che una versione più paffuta e infantile di quella stessa mano aveva sottolineato tanti anni prima con un pastello azzurro.
“I principi del mio lavoro? Beh, innanzitutto direi questo” dichiara Harry Potter, neo-eletto Capo del Dipartimento Auror, “tutti hanno il diritto di essere ascoltati e di dare la propria versione dei fatti. Chiunque verrà a rivolgersi a me e ai miei colleghi verrà ascoltato con la massima attenzione e considerazione”.
“Ancora quella roba, Vì?”
Virginia si voltò di scatto, nascondendo automaticamente l’articolo sotto il cuscino. Quando vide chi aveva davanti, il suo viso si rilassò.
“Ah, sei tu Eliza” commentò con voce annoiata. “Sì, ancora questa roba. Io non mi arrendo, lo sai”.
“No” constatò Eliza, stancamente. “Tu non ti arrendi proprio mai”.
Ci fu un attimo di silenzio, quel silenzio pesante e imbarazzato che può piombare solo tra due persone che sono state molto amiche e ora non lo sono più.
“Puoi ancora cambiare idea, Eliza” disse infine Virginia, guardando la sua compagna di stanza dritto negli occhi. “Puoi ancora decidere di aiutarmi”. Eliza si spostò nervosamente un ricciolo da davanti agli occhi.
“Vì, io…”
In quel momento, la porta si spalancò e Sabina Greengrass fece il suo ingresso nella stanza, spostando lo sguardo da Virginia a Eliza con la sua caratteristica espressione diffidente. Eliza cambiò repentinamente espressione e distolse lo sguardo da Virginia per accogliere l’amica con un gran sorriso.
Virginia sospirò cupamente e chiuse le tende del baldacchino con un colpo di bacchetta. Prese in mano delicatamente il quaderno e il giornale e li ripose nella loro tasca; poi affondò la testa sotto il cuscino, cercando di ignorare le risatine e i commenti malevoli che arrivavano distintamente dal letto di fianco, in particolare quelli rivolti a lei da una voce che una volta le era amica. Non pensarci, si ripeteva. Pensa a qualcosa di bello, qualcosa che ti impegni il cervello. Pensa a Serpeverde-Grifondoro, mancano pochi giorni alla partita.
 
*
 
Secondo Livello, Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, declamò una fredda voce femminile.
Harry salutò con un cenno del capo e un sorriso l’unica occupante dell’ascensore, una strega di mezza età che lavorava all’Ufficio del Trasporto Magico e che arrossì violentemente nel ricambiare il saluto.
Chiamarsi Harry Potter portava innumerevoli vantaggi, e altrettanto innumerevoli fastidiosi inconvenienti. Dalla fine della Seconda Guerra Magica, i fastidiosi inconvenienti erano passati dal rischiare continuamente la vita e essere additato come strambo nel migliore dei casi, al non poter fare un giro a Diagon Alley con i bambini senza essere fermato per un autografo ogni due passi e al rinunciare per sempre a qualsiasi tipo di sorpresa.
Una volta, aveva comprato un anello di fattura goblin a Ginny per il loro anniversario, e dopo mesi di trattative per ottenerlo, lei era venuta a saperlo dalla Gazzetta del Profeta. Per quanto fosse un passo avanti rispetto a quanto pubblicavano ai tempi in cui volevano insabbiare il ritorno di Voldemort, a Harry pareva proprio un argomento inadatto a stare sulle pagine del Profeta; anzi, sarebbe stato fuori posto persino su Oggi Strega, ma almeno avrebbe avuto la certezza che Ginny di certo non l’avrebbe mai letto. In ogni caso, George gli aveva procurato un tale assortimento di fuochi d’artificio dei Tiri Vispi Weasley che l’anniversario era stato salvo.
Chiamarsi Harry Potter portava innumerevoli vantaggi e innumerevoli fastidi; tuttavia, a disturbare di più Harry erano senza ombra di dubbio i vantaggi. Chi per sincera riconoscenza e ammirazione, chi nella speranza di ottenere a sua volta qualche favore, chiunque incontrasse Harry sulla sua strada si sentiva in dovere di procurargli una scorciatoia per qualsiasi cosa. Vuoi partire per vedere gli allevamenti di draghi in Romania ma non hai i permessi necessari? Nessun problema, Harry Potter li può ottenere entro un giorno per tutta la famiglia.
Quinto livello, Ufficio per la Cooperazione Internazionale Magica…
La strega scese, augurandogli buona giornata. Era rimasto l’unico occupante dell’ascensore. Ripiombò nei suoi pensieri.
Harry spesso acconsentiva a tutte le gentilezze, anche le più strane, solo per evitare lo sguardo di delusione di chi aveva sinceramente offerto il proprio aiuto. Sulle questioni di sicurezza, però, era sempre irrevocabilmente fermo; lo considerava un suo preciso dovere come Capo del Dipartimento Auror.
Ogni volta che qualcuno si offriva di condividere informazioni riservate, aprirgli porte a cui non aveva accesso o dargli in alcun modo poteri che non gli spettavano, Harry diceva no, no e ancora no.
Non sarebbe mai riuscito a spiegare che non ci si può mai fidare completamente di nessuno e che un giorno dal nulla lui sarebbe potuto impazzire e diventare pericoloso, né che non è mai saggio mettere troppo potere nelle mani di una persona, perché l’illusione del comando corrompe anche gli uomini più onesti; Harry però tentava almeno di convincere le persone che avrebbe potuto trovarsi sotto la Maledizione Imperius. Quasi nessuno era disposto a credere che un uomo sopravvissuto due volte all’Anatema che Uccide potesse essere messo sotto Imperius (e Harry non aveva intenzione di darne una dimostrazione pratica), ma vedendo la fermezza di Harry su questo punto ne lodavano l’integrità morale e rinunciavano.
Proprio per questo motivo, Harry odiava in questo momento andare contro a tutti i propri principi e sfruttare il proprio nome per ottenere qualcosa a cui non aveva diritto, nello specifico l’accesso al…
Nono livello, Ufficio Misteri.
Harry lavorava per il Ministero da oltre vent’anni, eppure non aveva mai avuto motivo di tornare all’Ufficio Misteri dopo il suo quinto anno a Hogwarts. Buffo come si possa non pensare a un luogo per anni e poi essere improvvisamente inondati dai ricordi quando ci si torna, come se si fosse stati lì appena il giorno prima.
Il lungo corridoio tetro e spoglio, debolmente illuminato da una sequenza di fiaccole azzurrine, era esattamente come lo ricordava, quando l’aveva attraversato per la prima volta insieme ad Arthur per presentarsi all’udienza di fronte al Wizengamot e quando l’aveva fatto di nuovo pensando di salvare Sirius. Soprattutto, la sensazione più forte di tutte sulla pelle era quella di percorrerlo all’infinito come aveva fatto per mesi nei suoi sogni. Arrivato davanti alla porta in fondo, temette quasi di svegliarsi; sfiorandola, la porta si aprì.
Anche se il corridoio era apparentemente deserto, Harry non aveva alcun dubbio che gli Indicibili avessero i loro particolari sistemi di sorveglianza, perché appena ebbe varcato la soglia ebbe la certezza che quei pochi secondi trascorsi da quando aveva lasciato l’ascensore fossero bastati all’intero piano a mobilitarsi per il suo arrivo.
La sala circolare era affollata di maghi che si affannavano ad avvicinarsi per stringergli la mano, porte chiuse all’improvviso e incantesimi borbottati a mezza voce. Harry ebbe contemporaneamente l’impressione di un alveare ronzante e di un gruppo di studenti che tentano di nascondere Caccabombe e Pasticche Vomitose all’arrivo dell’insegnante.
Un mago corpulento dalla folta barba scura si fece avanti per accoglierlo con un sorriso incerto, come se avesse scordato come sorridere. Harry lo riconobbe come Herbert Pinklewood, capo dell’Ufficio Misteri.
“Signor Potter, quale onore!” disse con voce rauca, stringendogli la mano. Harry rabbrividì; era fredda come quella di un cadavere.
“Ah, naturalmente” aggiunse Herbert, con un sorriso ancora più incerto, “chiedo scusa. Stavo supervisionando il lavoro di Terrence, si occupa del Velo… il suo arrivo ci ha colti di sorpresa, signor Potter”.
“Era esattamente il mio intento, signor Pinklewood” rispose Harry, con quanta più autorità poté. “Non si avverte prima di un’ispezione a sorpresa”.
Ogni tentativo di sorriso scomparve dal volto di Pinklewood. Le folte sopracciglia si aggrottarono mentre replicava, con voce bassa e lenta:
“Non riceviamo mai ispezioni all’Ufficio Misteri. Fa parte delle norme di sicurezza”.
“Abbiamo ricevuto una segnalazione e mi è stato ordinato di venire a dare un’occhiata. Si tratta senz’altro di uno scherzo, ma sempre meglio controllare. Di sicuro lei non avrà niente in contrario. O preferisce se ne parliamo direttamente con il Ministro?”.
Pinklewood lo scrutò per un istante, accigliato. Harry sudava freddo. Era sceso al nono livello di propria iniziativa; temeva che il Ministro non l’avrebbe preso sul serio e l’ultima cosa che desiderava era che si diffondessero voci sulla sua sanità mentale. Ginny aveva ragione, quella lettera era ridicola, così vaga che poteva anche averla fraintesa del tutto. Indicava solo un posto e un orario, ma da quando l’aveva letta Harry non riusciva a togliersela dalla testa, era come un tarlo sul fondo dei suoi pensieri.
Stanza 403, Ufficio Misteri. Ore 20 di un giorno qualunque. Qualcosa di strano.  
Pinklewood infine annuì, sfoderando quello che nelle intenzioni doveva essere il suo sorriso più convincente.
“Ma certo, signor Potter. È un onore averla qui. Vuole fare il giro completo o è interessato a qualcosa in particolare?”
Harry resistette all’impulso di chiedere il giro completo. Aveva la netta impressione che quello che avrebbe visto lo avrebbe inquietato già abbastanza.
“La segnalazione riguarda la stanza 403” rispose con aria decisa.
“Certamente. Prego, da questa parte” disse Pinklewood, guidandolo verso una delle porte apparentemente identiche della stanza circolare. “Sono certo che non troverà nulla di strano…beh, nulla di più strano del solito”.
Harry si sentì gelare il sangue nelle vene.
“Non è la sua prima visita qui, vero, signor Potter? Teniamo tutto scritto nei nostri registri. Giornata orrenda nella storia dell’Ufficio Misteri, quella. Decine di profezie perdute, per non parlare delle Giratempo… Non passeremo davanti alla Sala delle Profezie questa volta… ah, ecco la stanza del Pensiero, questa l’ha già vista, vero?”
Harry rabbrividì nel riconoscere la stanza in cui un cervello si era avvinghiato attorno a Ron.
“Un mistero davvero affascinante, il cervello umano” commentò Pinklewood. “Li stiamo studiando da decenni, ma ancora ne sappiamo ben poco…teniamo sia cervelli di mago che di Babbano, sa?” proclamò con una certa soddisfazione.
Harry decise che evitare il giro completo era stata un’ottima idea e iniziò a camminare con lo sguardo fisso davanti a sé, girandosi quel tanto che bastava a non apparire scortese quando Pinklewood gli indicava qualcosa. Meno sapeva cosa avveniva lì sotto, meglio avrebbe vissuto. In ogni caso, non era niente che avesse a che vedere con il Dipartimento Auror. Magari, quando Hermione fosse diventata Ministro le avrebbe suggerito di scendere a dare un’occhiata. Chissà che faccia avrebbe fatto quando Pinklewood le avesse annunciato tutto soddisfatto di avere dei cervelli Babbani da analizzare!
“Questa è una stanza nuova, ci teniamo i prototipi…”
A Harry ricordò una via di mezzo tra la Stanza delle Necessità quando si predisponeva a nascondere gli oggetti e il garage in cui Arthur si dilettava a smontare e ricostruire oggetti Babbani.
“Ah, ecco Terrence, come le dicevo prima, lavora al Velo da più di trent’anni…” disse, indicando un uomo così esile da volare via a un soffio di vento. Aveva i capelli completamente candidi e la pelle traslucida; quando strinse la mano a Harry, era gelata. Harry pensò che lavorare a contatto con la Morte dovesse avere delle conseguenze a lungo termine. Voltò la testa per non vedere il velo. Sentiva ancora i bisbigli, più forti e più numerosi. Accelerò il passo. Non voleva rivedere Sirius, non così.
"Quella stanza cos'è?" chiese Harry, indicando una porta bianca. 
"Nessuna stanza, signor Potter" rispose Pinklewood con uno sguardo obliquo. "Certe volte una porta è solo una porta". Harry rinunciò all'idea di fare domande, e non aprì più bocca mentre passavano velocemente in rassegna la nuova Stanza del Tempo, una stanza che Pinklewood fece sparire rapidamente con un colpo di bacchetta e un'aria allarmata, ma non prima che Harry potesse leggere STANZA 101, la Galleria dei Sogni e la Sala del Non-Essere.
Con grande sollievo di Harry, Pinklewood annunciò che erano arrivati. Sulla porta nera era inciso a lettere fiammeggianti STANZA 403, anche se Harry non era riuscito a dare un senso alla numerazione.
“L’apertura di questa stanza richiede incantesimi piuttosto complessi, signor Potter, quindi se mi vuole scusare un momento…”. Pinklewood si avvicinò alla porta e iniziò a agitare la bacchetta senza dire una parola.
“S-s-signor P-P-Potter!”
Harry si sentì strattonare un braccio e si girò di scatto, sfoderando la bacchetta. La rimise subito in tasca, costernato. Il mago di fronte a lui indossava la veste degli Indicibili. Un tempo doveva essere stato molto alto, ma ora la sua schiena curva lo portava alla stessa altezza di Harry. Aveva l’espressione di un Babbano che ha appena visto un fantasma.
“Mi scusi per la reazione eccessiva, non l’avevo sentita arrivare”. L’uomo continuò a fissarlo con i grandi occhi verde pallido fuori dalle orbite.
“S-signor Potter, è molto importante…le devo dire una cosa, m-m-molto importante…” farneticò.
“Ehm…certo, mi dica pure. Scusi, chi è lei?”
“Una cosa molto importante… io…non ricordo! N-n-non ricordo, signor P-Potter!” aggiunse, sempre più nel panico.
“Si calmi, si calmi” disse Harry, allarmato. “Riesce a ricordare almeno qualcosa?”
“No! Nessuno…nessuno può!” urlò l’uomo, per niente rassicurato dalle parole di Harry. “Non r-r-ricordo…è molto importante!”
L’Indicibile prese Harry per il colletto, rivelando una forza inaspettata.
“L’uovo…è un uovo, signor Potter!” disse a pochi centimetri dal viso di Harry, la voce poco più che un sussurro. “L’uovo è un uovo!”.
“Va bene, però ora mi lasci” esclamò Harry, spazientito. Non sembrava pericoloso, ma in tanti anni di carriera aveva imparato che l’imprevedibilità è un’arma pericolosissima.
L’uomo lo guardò, profondamente rattristato. “È tutto sbagliato” sospirò. “L’uovo è un uovo. T-t-tutto sbagliato”.
“Croaker! Smetti di importunare il signor Potter e vai a casa, il tuo turno è finito”. Pinklewood aveva finito di sbloccare i meccanismi di difesa della porta e li aveva raggiunti.
“Ehm…signor Croaker!” chiamò Harry, nel tentativo di rimediare. “Se le viene in mente quella cosa molto importante, può venire nel mio ufficio, d’accordo?”
Croaker lanciò a Harry un’ultima occhiata afflitta e se ne andò senza dire una parola. Harry si sentì vagamente in colpa per essere stato così brusco.
“Quello era Saul Croaker” spiegò Pinklewood, rispondendo alla domanda inespressa di Harry. “Pover’uomo, è del tutto innocuo, ma non dia peso alle sue parole. I suoi momenti di lucidità sono sempre più rari, per la maggior parte del tempo blatera cose incomprensibili… Una volta lavorava qui, sa? Era uno dei migliori. Per questo gli permettiamo di venire, secondo i dottori gli fa bene, ma ultimamente sembra aver avuto una ricaduta…Comunque, non è certo venuto qui per parlare di Croaker. Prego, entri pure”.
Harry controllò l’orologio. Mancava esattamente un minuto alle 20; se avveniva qualche strano fenomeno legato all’orario vi avrebbe assistito.
La stanza era stranamente sgombra e molto buia; al centro si trovava un piedistallo che emanava un flebile bagliore verde. Sosteneva un oggetto scuro che Harry non riuscì a identificare. La temperatura era nettamente più bassa rispetto a quella delle altre stanze.
“Naturalmente, lei sa già di cosa si tratta?” domandò Pinklewood.
“Naturalmente” rispose Harry. In dieci anni a capo del Dipartimento Auror aveva imparato che mostrarsi informato era il modo migliore per ottenere spontaneamente informazioni. “Ma non nei dettagli. Non sono un esperto, dopotutto”.
“Avrà sentito parlare del Progetto Ibernazione, immagino”.
Qualcosa si smosse nella memoria di Harry. Un progetto di cui aveva solo sentito parlare sottovoce, negli anni immediatamente successivi alla guerra, quando era appena diventato Auror…
La luce verde definiva i contorni in maniera più netta mentre i suoi occhi si abituavano all’oscurità. Sembrava che il piedistallo sostenesse una specie di teca, fatta non di cristallo ma di protezioni magiche. Diresse la bacchetta verso la teca senza eseguire nessun incantesimo, e notò la lievissima risposta che si era aspettato, inconfutabile segno di magia.
“Per quanto le sue abilità siano eccezionali, dubito che perfino un mago come lei riuscirebbe a prenderlo, signor Potter… Gli incantesimi di protezione sono di una complessità tale che nemmeno io potrei riuscirci senza aiuto, sono stati realizzati da un esperto di fama mondiale…è impossibile rubare qui dentro…”
Harry non poté fare a meno di pensare di aver rubato un Horcrux nel caveau personale dei Lestrange alla Gringott. Per non parlare di quando lui, Ron e Hermione avevano superato tutte le difese della Pietra Filosofale senza conoscere incantesimi più complicati di Alohomora. Da allora, era sempre stato profondamente scettico nei confronti della frase “è impossibile rubare qua dentro”.
Harry mosse un passo in avanti. Ora che si era abituato al buio riusciva a vedere chiaramente.
Un uovo delle dimensioni di un cocomero troneggiava nel centro della stanza, liscio come se fosse fatto di marmo nero. Era di un nero intenso e scintillante, che emanava strani bagliori, come un lucente grumo di oscurità. Harry sussultò, mentre i ricordi legati al Progetto Ibernazione gli riaffioravano alla memoria. Non è possibile, pensò boccheggiando. Questo è…
“Proprio così, signor Potter” annunciò Pinklewood. “Ecco a lei l’ultimo uovo di Dissennatore”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
N.d.A.
 
Eccomi tornata! Chiedo scusa per il ritardo negli aggiornamenti, ho appena finito la sessione esami e non avevo capitoli già pronti da pubblicare. Ora finalmente ho trovato il tempo necessario e ho anche avuto l’ispirazione giusta per risolvere un problema di trama.
Personalmente, adoro l’Ufficio Misteri. Temo di non avergli reso giustizia, ma ho scoperto che è difficilissimo scriverne mantenendo intatto il fascino originale. La stanza 101 è un omaggio a 1984 e non ha nulla a che vedere con questa storia xD Saul Croaker non è un personaggio originale, ma un Indicibile citato in HP4 (di cui poi non si è più saputo nulla. Giustamente, per una volta che la Rowling non ha distrutto l’esistenza di un personaggio, ci ho pensato io).
Primo tentativo di capitolo con finale a cliffhanger. Spero che abbiate sentito la sigla di Lost partire nella vostra testa xD
Mi rendo conto che le scene possano risultare un po’ frammentarie ma vi assicuro che in realtà più o meno tutte sono funzionali alla trama. Penso sia evidente che sto strutturando la storia in modo da seguire l’anno scolastico con le tappe immancabili dei libri della saga (in sette romanzi, è mai successo che Halloween fosse una notte come tutte le altre?). Perciò siamo ancora nella prima parte dell’anno e sto ponendo le basi per quello che verrà dopo.
Sono molto curiosa di sentire le vostre opinioni su questo capitolo, perciò come sempre vi invito a scrivermi cosa ne pensate.
Thalassa_
 
   
 
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