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Autore: nikita82roma    26/07/2017    4 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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In tutta quella confusione Kate aveva anche dimenticato di avvisare suo padre. Fu svegliata dal suono del cellulare, probabilmente doveva aver avuto notizia del suo ferimento dalla tv.

- Katie! Dio mio cosa ti è successo? - La voce spaventata dell’uomo la fece ritornare rapidamente in sé.

- Sto bene papà, non ti preoccupare. - Cercò di rassicurarlo.

- Ma dove sei, sei ferita?

- Sono in ospedale, ma solo per un controllo. Io sto bene… Ieri sera ho visto Joy. È stata lei a cercarmi ed ho passato la notte da Castle, con lei. - Aveva bisogno di dirlo a qualcuno, anche se con suo padre difficilmente riusciva ad esternare i suoi sentimenti fino in fondo, ma in quel caso era diverso, anche se le parole non rendevano la sua emozione, Joy era qualcosa che andava oltre, che le faceva superare anche le barriere che aveva sempre avuto con Jim.

- Questo è… è bellissimo!

- Sì, io non so ancora papà… non ci riesco a credere…

Si commosse al telefono con suo padre, soprattutto quando gli disse che l’aveva chiamata mamma. Poi non riuscì a dirgli più niente, ma lui capì. Si sarebbero sentiti poi, con più calma, quando le emozioni avrebbero trovato la loro giusta collocazione. La tennero tutto il giorno in osservazione, le fecero una nuova radiografia al torace ed una nuova fasciatura, meno rigida, prima di dimetterla, raccomandandosi sempre di non fare troppi sforzi.

 

Alexis era uscita presto quella mattina, prima che Joy e Kate si svegliassero. Era andata con una sua amica all’inaugurazione di un nuovo mega store ed avevano fatto tantissimo shopping approfittando dei saldi promozionali per quel giorno. Era stato un inferno e lei non era solita partecipare a queste cose, ma quella sera era tornata a casa soddisfatta e piena di borse, ne era valsa decisamente la pena di fare quella levataccia, mentre suo padre era un po’ meno contento, sapendo che aveva pagato tutto lui. Le tenne un finto broncio indispettito, che si sciolse non appena Alexis gli fece vedere le due magliette che aveva comprato per lui, due di quelle molto nerd con i super eroi, ne era entusiasta. La ragazza salì poi al piano superiore, lasciò i suoi pacchi in camera e con una busta in mano bussò alla camera di Joy entrò senza aspettare che rispondesse e la trovò in sul letto ad ascoltare la musica dal suo ipod.

- Come è andata con Kate? - Le chiese Alexis mettendosi vicino a lei.

- Ciao Al… Uhm… credo bene…

- Credi?

- Sì, non lo so… Come dovrei sentirmi adesso? - Le chiese mentre spegneva l’ipod. Alexis si sedette sul materasso a gambe incrociate e pensò un po’ su a quale risposta darle.

- Tu come ti senti?

- Confusa.

- Allora è così che ti devi sentire.

- Confusa? - Chiese Joy che non capiva.

- Sì, non c’è una risposta giusta da darti. Ti devi sentire come ti senti, non posso dirtelo io né nessun altro. Ogni modo in cui ti senti è quello giusto.

- Secondo te si può voler bene ad una persona ed essere arrabbiati con lei?

- Io mi arrabbio spesso con papà, però gli voglio bene. - Le spiegò Alexis.

- Sì, ma io intendo proprio arrabbiata arrabbiata. - Disse Joy seria cercando di mimare la sua rabbia.

- Ti senti così con Kate?

- Sì, però… vorrei capire Alexis. Avrei tante cose da chiederle ma… non so come fare… è difficile… è complicato. - Joy scosse la testa e guardò in basso. Per lei era tutto veramente confuso.

- Io sono sicura che Kate risponderà a tutte le domande che vorrai farle, anzi che non vede l’ora di rispondere a tutte le tue domande. - Provò a rassicurarla Alexis sulla bontà delle intenzioni di sua madre.

- Io ho paura di non crederle. Come posso fare?

- Non ti fidi più di lei?

- Non lo so. - Sospirò Joy

- Io sono sicura che tu saprai se Kate è sincera quando ti parlerà. Guardale gli occhi, gli occhi non mentono mai. Nemmeno i tuoi. - Le disse toccandole la punta del naso facendola sorridere.

- E cosa dicono i miei?

- Dicono che sei stanca e poi che avresti voglia che Kate fosse qui. - Joy rimase a bocca aperta mentre Alexis sorrise. - Tieni oggi ti ho preso queste, spero che ti piacciano. Le ho prese uguali anche per me.

Alexis mostrò a Joy due magliette di una delle sue marche preferite, di quelle che anche a Joy piacevano tanto, più da grandi, e ne fu entusiasta, manifestando la sua felicità abbracciandola.

- Al, pensi che Rick si arrabbierà? - Chiese Joy tenendo in mano le magliette.

- Di queste? No, perché dovrebbe arrabbiarsi?

- Dicevo di Kate. Pensi che Rick si arrabbierà se la chiamo? Lui dice di no, però oggi quel suo amico ha detto delle cose brutte su di lei. - Ad Alexis sembrò che Joy si rattristasse così rimase ancora lì a parlare con lei.

- Chi è che diceva cose brutte su Kate? - Si informò

- Matt. Rick lo ha chiamato così. Ha detto che Kate se continua così ci lascia le penne e poi rideva. - Alexis capì che si trattava dell’avvocato di suo padre. Si appuntò mentalmente di riprenderlo perché non doveva permettere a suo padre di far parlare qualcuno in quel modo se Joy poteva sentire.

- Non dare peso a queste cose Joy. Papà sicuramente non la pensa così e poi Kate è una tosta! Vuoi chiamarla ora ?

- No, domani. Ora magari è stanca e si riposa. - Disse sdraiandosi nel letto e Alexis le tolse l’ipod e le magliette poggiandole su una sedia.

- Ok, allora chiamala domani, ma sono sicura che la tua mamma non è mai troppo stanca per te. - Le diede un bacio e poi uscì. Joy si addormentò poco dopo.

 

 

Kate non si aspettava che fosse Joy a chiamarla di nuovo. Ma la mattina dopo l’aveva fatto, subito dopo colazione. Era la prima volta che usava il suo nuovo cellulare, si era fatta dare il numero da Rick ed aveva preso coraggio, chiamandola. Nel sentire la sua voce al telefono Kate pensò di aver sognato, invece era proprio lei e le chiedeva se poteva andare da lei. Per sicurezza prima di uscire chiamò lei Castle per essere sicura che potesse andare e che non creasse problemi.

Il cuore le batteva veloce così come la prima volta. Credeva che non avrebbe superato mai quella fase di agitazione che precedeva il momento di vederla.

- Ciao Beckett, sei venuta presto - Le disse Castle appena aperta la porta.

- Sì, ehm… troppo presto? - Chiese varcando la soglia.

- No, figurati. Vuoi qualcosa?

- No, sto bene così, grazie.

- Bene… - Le sorrise nervoso. - Senti ehm… io devo uscire… puoi rimanere tu con Joy adesso, vero?

- Devi o vuoi? - Chiese Kate.

- Diciamo che forse è giusto che tu e lei passiate un po’ di tempo da sole.

- Come mai questo cambio così repentino? Non volevi nemmeno che la vedessi. - Non ci stava Kate a far passare tutto in cavalleria ed aveva paura che anche quella fosse una sua qualche strategia, anche se non sapeva bene per quale fine.

- Perché per Joy è meglio così, perché ho esagerato e mi dispiace. - Gli occhi di Castle le sembravano sinceri, lei annuì e le disse che se voleva poteva raggiungere Joy. Lui sarebbe tornato per pranzo, avevano qualche ora per stare insieme da sole.

 

- Ciao Joy. - Aveva rotto di nuovo il ghiaccio entrando nella sua stanza e tenuto a freno l’impulso di correre ad abbracciarla. “Non fare nulla di troppo”, si era ripetuta più volte, doveva lasciare che fosse Joy a gestire il come, il quando ed il quanto.

- Ciao Kate. Mi ha detto Rick che stava uscendo e di rimanere con te.

- Sì, l’ho salutato adesso, andrà via tra poco. È un problema per te, rimanere sola con me? - Glielo chiese subito, prima che Castle uscisse, in caso contrario l’avrebbe fermato, non voleva metterla a disagio.

- No… Per me va bene.

La televisione accesa su un canale che trasmetteva solo cartoni animati faceva da sottofondo ai loro silenzi.

- Rick mi ha detto che se c’è qualcosa che voglio te lo devo chiedere. - Le disse Joy dopo aver riflettuto attentamente.

- Certo, puoi chiedermi tutto quello che vuoi. - Kate notò che indossava di nuovo la sua collana e lo prese come un segnale positivo.

- Da quanto sai che sei la mia mamma?

- Qualche giorno dopo che ti abbiamo trovato. Ti ricordi quanto ti ho chiesto se potevo prendere un po’ del tuo DNA? Io volevo trovare i tuoi genitori, magari poteva essere una pista per sapere chi aveva ucciso Ethan e Lauren, pensavo che loro avevano scoperto di te, in qualche modo. Quando mi hanno portato i risultati, mi hanno detto che eri compatibile con me, che eri mia figlia.

- Però non me lo hai detto. Perché? Non eri felice?

- Io… Ero sconvolta. Mi ero immaginata un’altra vita per te e no, non ero felice di sapere che tu eri mia figlia. - Joy si bloccò, stupita dalle sue parole che non si aspettava. - Non ero felice perché io avevo sempre creduto che tu vivessi in una bella famiglia, da quando ti avevano adottata dopo pochi mesi, che eri contenta con loro, che stavi in una bella casa, felice, con delle persone che ti amavano. Per questo io non ero felice, perché in quel momento ho capito che tutte le mie idee, tutto quello che avevo creduto in questi anni non era vero. Se lo avessi saputo prima Joy… avrei fatto di tutto per riprenderti con me. Io volevo solo il meglio per te, mi credi?

- Non lo so. È strano. È complicato. Tu perché sapevi che quando ero piccola avevo una famiglia? - Kate capì in quel momento che quella mattina sarebbe stata lei l’interrogata, sarebbe stata dall’altra parte di un tavolo immaginario e sua figlia avrebbe condotto l’interrogatorio, con il suo stesso piglio, senza farla rifiatare. Avrebbe confessato tutto, qualsiasi cosa le avesse chiesto.

- Perché un paio di mesi dopo che sei nata io ero andata nell’istituto dove ti avevano portato e volevo riprenderti. Ma mi hanno detto che ti avevano già dato ad un’altra famiglia e che da loro avresti avuto tutto. Io ci ho creduto e da allora ti ho immaginato così, felice con la tua nuova famiglia.

- Volevi tenermi con te? - Le chiese ancora.

- Sì. Ho capito che avrei potuto farcela anche da sola e dovevo dar retta al mio istinto e riprenderti ad ogni costo. Perdonami se non l’ho fatto.

- Il mio papà non mi voleva, vero? Non lo hai mai nominato ed hai detto che eri sola.

- Non ho più visto né sentito il tuo papà da molto prima che tu nascessi. Lui non voleva né me né te.

- Perché?

- Non lo so, eravamo giovani, non eravamo innamorati, per lui contava altro. Però per me non è stato un problema quello. Io avevo già deciso di tenerti quando lui mi ha detto che non gli interessava di noi.

- Perché hai cambiato idea e non mi hai voluto più? - Joy era arrivata al punto più difficile per Kate, parlare di sua madre era sempre complicato, parlarne a sua figlia ancora di più, soprattutto rispondere a quella domanda. Le si avvicinò e le prese le mani, il suo contatto servì a calmarla, almeno un po’. Prese tutto il coraggio di cui pensava di aver bisogno e poi le raccontò senza inventarsi nulla cosa era accaduto.

- Ti ricordi il ristorante dove siamo andate a mangiare le polpette con il purè?

- Quello dove non andavi da tanti anni?

- Esatto, proprio quello. Io avevo deciso che quella sera avrei detto di te ai miei genitori, non gli avevo detto nulla ancora, vedi non era così facile farlo, però quella sera dovevamo andare tutti a cena fuori ed avrei approfittato per dirglielo. Però la mia mamma non è mai venuta, quella sera l’hanno uccisa.

- Oh…

- Da quella volta non sono più andata a mangiare lì, fino a quando non sei arrivata tu.

- Perché mi hai portato lì allora se era un ricordo brutto quel posto?

- Perché quel posto fa parte della mia famiglia, ci andavo sempre con la mia famiglia ed ora tu sei la mia famiglia, capisci cosa voglio dire? Io ci andavo con la mia mamma, ed ho voluto andarci con te.

- Sì, penso di capire. Hai voluto fare tu la mamma lì.

- Sì, esatto.

- Ed il tuo papà? Lui non ti ha aiutato con me? Non mi ha voluto nemmeno lui?

- No… il mio papà non sapeva, non ho più detto niente. Lui è stato male per tanto tanto, per tanti anni, è stato ricoverato anche per molti mesi in un posto per curarsi. Io dopo che è morta la mia mamma sono rimasta sola e pensavo di non poterti dare niente di bello ed io volevo che invece tu avessi tutto il meglio. È stato tanto difficile Joy, tanto difficile lasciarti.

- Credo che a me sarebbe bastato avere te. - Le disse semplicemente sua figlia e Kate annuì tra le lacrime.

- L’ho capito tardi amore mio. Non sai quanto mi dispiace…

- Ti ricordi quel giorno al parco? Quando quei bambini mi hanno fatto cadere e tu mi hai difeso? - Joy aspettò che Kate si asciugasse le lacrime prima di parlare. Le faceva uno strano effetto, lei non aveva mai visto gli adulti piangere, non per lei almeno. Beckett annuì e allora Joy potè proseguire - Io in quel momento ho pensato che mi sarebbe piaciuto avere una mamma come te. Però ora pensare che tu sei proprio la mia mamma è complicato. Cioè, io sono contenta che una come te è la mia mamma, però tu eri mia amica, non la mia mamma. È tutto difficile. Penso che se me lo dicevi subito era più facile. Io non lo so Kate… vorrei averti come mamma, ma sono arrabbiata con te.

- Lo so che sei arrabbiata con me. Sono anche io arrabbiata con me. Abbiamo qualcosa in comune. - Kate sorrise facendo sorridere anche Joy.

- Anche le polpette con il purè - sottolineò la bambina.

- Vero, anche quelle. È già un buon punto di partenza. Siamo arrabbiate con la stessa persona e ci piacciono le stesse cose. Potremmo uscire quando starai bene, parlare malissimo di quella persona e mangiare polpette e purè, che ne dici?

- Quando starò bene mi porterai di nuovo lì? - Le chiese Joy senza nemmeno rendersi conto di stare già progettando un futuro che includeva anche Kate.

- Tutte le volte che vorrai. Ma la prossima volta visto che starai bene ci prenderemo una fetta di torta a testa!

Joy sorrise felice e Kate fece lo stesso di rimando. Po l’accarezzò e la sua mano scivolò fino alla collana, sfiorando le ali della farfalla.

- L’ho rimessa questa mattina. Mi ha aiutato Rick.

- Ne sono felice. Quella collana è stata molto importante per me. - Le spiegò Kate

- Perchè?

- Me l’aveva regalata la mia mamma. Avevo più o meno la tua età e la portavo sempre.

- Era tua? - Chiese stupita.

- Sì, era mia. Io… volevo regalarti qualcosa di importante, un pezzettino di me e quella collana ora unisce me, te e la mia mamma.

- Oh… - Joy prese in mano la collana e la guardò. Era molto orgogliosa adesso di averla. - Come si chiamava la tua mamma?

- Johanna. Si chiamava Johanna.

- Per questo io mi chiamo Joy? - Chiese ancora curiosa

- In realtà non ci avevo mai pensato ma… no, non per quello.

- Non l’hai scelto tu il mio nome, immagino. - Disse la bambina triste non avendo pensato.

- In realtà sì, ma è stata una cosa strana, vuoi sapere come è andata?

Joy annuì e Beckett cominciò a raccontarle di quella mattina.

- Tu eri nata il giorno prima e non mi avevano permesso di vederti, perché dicevano che poi sarebbe stato difficile lasciarti, ma loro non sapevano che era già difficile così. Però io sono scappata e sono andata dove c’erano tutti i bambini e c’eri anche tu, ti ho vista subito, eri la più bella di tutte.

- Dici sul serio?

- Certo, sono serissima. Però un’infermiera mi ha trovato e mi voleva riportare in camera. Mi ha detto che sarebbe stata lei a darti il nome ed io le ho detto che ti avrei voluto chiamare Joy. Non sapevo che poi ti avevano chiamato veramente così.

- Quindi l’hai scelto tu il mio nome! - Sembrava felice della cosa e Beckett lo era più di lei.

- Sì, alla fine l’ho scelto io.

- E perché?

- Mi ero detta che appena ti avrei visto avrei saputo che nome avrei voluto darti, e vedendoti ho pensato a Joy, perché volevo per te una vita piena di gioia e di cose belle.

- A me piace il nome Joy, grazie, è un bel nome.

- Ti devo confessare anche un’altra cosa, hanno sbagliato a scrivere la data del tuo compleanno. Non sei nata il 23, ma il 22 giugno, mattina presto.

- Oh… e adesso? - Chiese preoccupata

- Beh, adesso potremmo fare una cosa, dal prossimo anno festeggiamo due giorni di seguito, che ne pensi? - Le propose Kate sorridendo.

- Non pensi che sia troppo? - La guardò seria e perplessa.

- No, io potrei festeggiarti anche tutto l’anno se lo vuoi.

- Kate, non fare come Rick che esagera sempre però! - La riprese sua figlia e Beckett scoppiò a ridere. Si sentì molto sollevata anche se Joy continuava a guardarla seria.

- Mamma…

- Dimmi amore mio

- Sono un po’ meno arrabbiata adesso.

Si sporse verso di lei, lasciandosi abbracciare. In fondo Joy doveva ammettere che tra le braccia di Kate stava bene.

   
 
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