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Autore: Theredcrest    26/07/2017    0 recensioni
Maven è una giovane arciera di nobile famiglia, costretta a sposarsi.
Dopo la fuga e dopo mille peripezie il cerchio si chiude, Maven torna a casa dal padre.
Ha una lunga storia da raccontare e amici, che non la sanno viva, dal quale tornare.
Suo padre vorrà aiutarla? Ma sopratutto, riuscirà a trovarli?
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Il tenue vapore che si alzava dalla tazza di thè fumante somigliava solo vagamente alla nebbia sollevatasi fuori, ben più densa di quanto la ragazza avesse creduto da dentro la cella. Nel percorrere tutto un intrico di vie dalla prigione della Guardia Cittadina alla piazza di Port Royal, e da lì alla Villa Rovonero ai margini della cinta muraria, Maven e Malcom si erano fatti strada attraverso una foschia fitta che non accennava a sollevarsi. In altri Regni, quello non sarebbe stato altro che un lieve incomodo alla vita di tutti i giorni, una prassi: non per Castelvecchio, a quanto pareva. La gente brancolava nel biancore della foschia, e mano a mano calava la sera i mercanti sulla strada, i cittadini e i viandanti si facevano tutti più frettolosi di trovare riparo all'ombra dei tetti e delle bettole. Perfino gli ubriachi, generosamente innaffiati di vino e solitamente indifferenti a umidità e freddo, si erano rintanati al caldo nelle taverne, probabilmente intimoriti da quella sensazione di bagnato tanto diversa dal lieve tocco del sole. Le veniva quasi da sorridere, ripensando a quello strano senso di inadeguatezza che non era più suo.
Sfregò le mani tra loro e prese la tazza bollente dal manico bilanciandola dall'altro lato con due dita, faticando nel tentativo di non versarsi addosso il contenuto che quasi strabordava. Il profumo intenso e piacevole della bevanda, speziata con arancia e garofano, e il camino che scoppiettava poco distante emanando aroma di pino le riportavano alla mente i ricordi di lunghe nottate insonni passate a leggere davanti a quella stessa tazza, nella stessa sala dalle pareti dipinte di rosso. Seduto a poca distanza, anche suo padre sorseggiava lentamente, racchiuso in un silenzio carico d'attesa: nonostante il suo profilo si fosse inasprito nel tempo in cui era stata via, non c'era alcunché di intimidatorio nei suoi gesti. Anzi, diversamente da quanto ricordasse, aleggiava quasi un senso di gratitudine per la familiarità che quei rituali casalinghi scatenavano. Osservando il bianco nei suoi capelli, Maven si chiese quanti dei suoi anni avesse perso quand'era scappata, e quanto l'avesse cercata. Quante cose non avevano visto assieme? Quante caccie negli acquitrini, quante nobili feste, quanti Natali non avevano condiviso tra loro?
Malcom si schiarì la voce con un rauco colpo di tosse.
«Allora...» iniziò esitante, guardando prima la tazza e poi lei. «Vuoi raccontarmi qualcosa del tuo viaggio?»
Maven lo fissò con occhi grandi, sorpresa. Per come l'aveva conosciuto, suo padre era un uomo diretto, che tendeva a prendere di petto qualsiasi questione e non si perdeva spesso in chissà quali muti pensieri. Questa sua esitazione era solo uno dei tanti inaspettati cambiamenti che stava iniziando ad osservare in lui.
«Dovrei parlare per ore e ore senza sosta e non riuscirei comunque a elencarti tutti i posti che ho visitato, le persone che ho conosciuto e i mostri che insieme abbiamo affrontato. Qualcosa di più specifico?»
«Quanto specifico?»
La risposta venne da sè: Maven roteò gli occhi davanti all'espressione improvvisamente malandrina di suo padre, che sorrideva solo a mezza bocca ma in realtà se la stava ridendo di gusto sotto il velo di barba ben curata.
«Papà!» esclamò lei, affogando un velo di indignazione e il proprio naso nella tazza.
«Oh, lo so, lo so. Scusami. Ma ormai sei una donna e avrai fatto le tue esperienze, giusto?» Maven sprofondò nell'imbarazzo, mentre Malcom si sporgeva in avanti puntando i gomiti sulle ginocchia, facendosi più serio. «Sono pur sempre tuo padre, voglio sapere cos'è successo a mia figlia in tutto questo tempo, anche se dovesse aver fatto delle stupidaggini.»
«Davvero? Senza giudizi?»
Malcom sorrise di comprensione.
«Ormai sei grande. Credo che nessuno si possa più permettere di giudicarti, io meno di tutti. Avrei solo dovuto capirlo prima...» si chiuse di nuovo nel silenzio, forse intenzionato a restarci di nuovo e a lungo. Maven malsopportava di vederlo così cupo, quindi si fece avanti per prima.
«Non hai suoceri, nè nipoti.»
Malcom sollevò le sopracciglia, quasi meravigliato.
«Davvero?»
«Davvero. E poi è difficile viaggiare con una varietà di soldati, sia uomini che donne, e pensare a far quello proprio in piena guerra.»
«Aspetta... di cosa stai parlando?» Malcom si sollevò da un ginocchio, già in allerta. «Come, "in piena guerra"?»
«Con calma ci arriviamo, ma prima fammi continuare.» lo avvertì la ragazza, sorbendo il thè. Il padre si risistemò momentaneamente nella poltrona, non molto convinto, ma proseguì nell'ascolto. «C'erano ragazzini poco più che implumi, alcune coppie sposate, alcuni veterani e perfino qualcuno dal Muro a nord. E poi un Barone, due aspiranti cavalieri, un mezzo gigante, un locandiere, tre nani e due elfi...»
«Sembra l'inizio di una barzelletta.» sogghignò Malcom, per poi riprendersi. «Elfi? Strano, non se ne vedono mai da queste parti. Come sono?»
«Non tanto diversi da noi a dire il vero. Alti, con le orecchie a punta. Molti di loro testardi, arroganti o del tutto insopportabili.»
«Questa non sarebbe la descrizione comune? Quella che si sente da tutti?»
«Giusto.» Maven ridacchiò. «La vera sorpresa è che ne sono altri che invece hanno voglia, pazienza ed empatia in abbondanza anche per quelli a cui manca. Nel nostro gruppo uno di loro mi faceva da tutore. Mi ha insegnato tante cose che non sapevo sull'erboristeria... si è occupato di me come se fossi tu a farlo.» Un velo di tristezza le calò sul volto. Malcom la guardava con la fronte corrugata, impossibile dire se per la disapprovazione o per il dispiacere, sicuramente sforzandosi di capire - o perlomeno provandoci. «Era una brava persona. A dire il vero, mi manca. Vorrei sapere se sta bene, se è sopravvissuto. Vorrei fargli sapere che sono... ancora viva.»
«E sicuramente vorrebbe saperlo anche lui.» commentò suo padre, facendola sorridere. «Vuoi che lo faccia cercare?»
Dopo un po' di esitazione e diversi secondi di silenzio, Maven annuì.
«Mi piacerebbe, sì.»
«Come si chiama?»
«Barahir.»
«E vuoi che faccia cercare anche qualcun'altro?» Suo padre rimescolò il thè e lo finì, posandolo lentamente sul tavolino ai loro piedi. La ragazza scosse la testa.
«Troppe persone.»
«Tutte quelle necessarie.» Malcom accennò ad un sorriso, lo sguardo puntato su di lei affilato come una freccia. Maven sapeva che sarebbe stato capace di andare a scovare personalmente qualsiasi persona di cui gli avesse fornito il nome. «Qualcun'altro?»
«Magari...» Esitò. «C'era un locandiere, un uomo gentile che veniva da Roccafonda. Si chiamava Ewan McLorren. E poi...» Esitò ancora, suscitando lo sguardo allarmato del padre. «Un ragazzo, più giovane di me. Alto, un mago. Rhebryn. Sono loro che hanno celebrato il mio funerale.»
«Funerale?» Malcom la guardò per lunghi attimi senza capire. «Ma che vai dicendo, figlia mia?»
«Sono...» Nemmeno Maven sapeva cosa dire. «Ero...» Si poggiò alle ginocchia, la tazza stretta in mano, lo sguardo basso: non per la vergogna, perchè non si trattava di aver fatto stupidaggini o combinato qualcosa, ma per la paura. Aveva ancora davanti lo sguardo fisso del demone, l'arco che il suo dito aveva tracciato nell'aria verso di lei e il dolore, l'infinito dolore che aveva sentito al petto e poi si era spento come il lume di una candela, assieme a tutto il resto. «Mi avevano data per morta.»
Il padre la guardò incredulo, poi si alzò, avvicinandosi a lei cautamente. Le si inginocchiò ai piedi e le posò una mano sulla sua, in un gesto ruvido, rassicurante e caloroso come lo scoppiettare del legno nel fuoco.
«Sei qui, e non sei un fantasma nè un'apparizione, sei reale quanto me. Se gli Dei ti hanno graziato, io non posso fare altro che ringraziarli mille volte, e altre mille volte ancora per averti riportata da me. Nessuno oserà avvicinarsi per farti ancora del male.» I suoi occhi azzurri brillavano nella penombra, e Maven se ne accorse solo quando alzò i propri su di lui. Aveva lo stesso sguardo che le aveva riservato quando era stata al riparo delle sue braccia, dopo gli incubi più oscuri. Solo che non pensava sarebbero stati ancora così terribili. «Non crucciarti. Piuttosto, affrontalo, qualsiasi cosa sia stato. Racconta. Raccontami tutto.»
Gli occhi le si riempirono di lacrime che rischiavano di cadere da un momento all'altro. Le ingoiò, assieme al groppo amaro che le era salito alla gola dopo tutti quei pensieri.
«Va bene, papà.»
  
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