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Autore: Chainblack    26/07/2017    0 recensioni
In fuga dalla disperazione dilagante della Hope's Peak Academy, sedici talentuosi studenti vengono rapiti e rinchiusi in una località sconosciuta, costretti a partecipare ad un nuova edizione del Gioco al Massacro senza conoscerne il motivo.
Ciò che sanno è che, per scappare da lì, dovranno uccidere un compagno senza farsi scoprire.
Guardandosi le spalle e facendo di tutto per sopravvivere, i sedici ragazzi tenteranno di scoprire la verità sul loro imprigionamento sapendo che non tutti potrebbero giungere illesi fino alla fine.
Ambientata nell'universo narrativo di Danganronpa, questa storia si svolge tra i primi due capitoli della saga.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Kevin Claythorne aprì la porticina dell'orto botanico e, una volta accertatosi che non vi fosse niente fuori posto a prima vista, vi entrò; Hayley e Rickard lo seguirono a ruota.
Le piante disposte sugli scaffali erano ancora nel preciso e metodico ordine con cui Kevin le aveva lasciate; lo stesso si poteva dire dei fiori e degli strumenti che era solito usare. 
Si fece largo tra le schiere di vasi rigirando lo sguardo a più riprese.
- Vediamo... dove dovevo cercare? - sforzò la memoria - Ah, certo! -
Dirigendosi verso l'armadio metallico nell'angolino ne aprì rapidamente le ante. Il suo sguardo cercò rapidamente qualcosa che non era lì.
- Ok, ripetimi come mai siamo venuti qui? - gli chiese Rickard - Siamo piuttosto distanti dalla scena del crimine... -
- Cerchi qualcosa in particolare? - ipotizzò Hayley.
Il biondino annuì.
- Judith mi ha chiesto di confermare un suo sospetto, e aveva ragione - rispose - L'arma del delitto viene da qui -
- Intendi... dall'armadio? -
Kevin fece notare loro uno spazio vuoto al suo interno.
- E' stato usato un falcetto per uccidere Elise... - disse, la voce gli tremò leggermente al pronunciare la parola "uccidere" - Era uno degli strumenti conservati nella serra -
Rickard si massaggiò il mento.
- Questo non ci aiuta di certo a restringere la cerchia dei sospettati - osservò lui.
- Kevin, tu passi molto tempo qui, giusto? - intervenne Hayley - Hai notato se la falce manca già da qualche giorno? Oppure se è sparita oggi stesso? -
- Ammetto di non aver aperto l'armadio molto spesso... - si grattò il capo - Non c'è niente che utilizzi quotidianamente lì, quindi non ci ho fatto caso... -
I tre si misero a riflettere.
- Notato la presenza di qualcuno da queste parti? Magari un comportamento sospetto? -
Il botanico ci pensò su per qualche istante. La sua espressione cambiò nel momento in cui realizzò qualcosa.
- Hillary è venuta a farmi visita inaspettatamente, pochissimi giorni fa... -
- Hillary? - Hayley era sbalordita - E' venuta qui? Era con Vivian? -
- No, da sola -
- Un po' strano, ma non ci crea davvero una pista concreta... - sospirò Rickard - Oh, già! Sbaglio o avevano detto di aver trovato tracce di terreno sulla scena del crimine? -
I tre guardarono il pavimento, scrutandolo da parte a parte. Le mattonelle della pavimentazione erano ricoperte da un sottile velo di terriccio, foglie secche e sporcizia varia.
Le loro scarpe avevano lasciato impronte evidenti.
Hayley si guardò la suola degli stivaletti: era completamente scura, e allo stesso modo erano le scarpe dei compagni.
- Avrei dovuto fare qualche pulizia in più, lo so... - si scusò Kevin, imbarazzato.
- Beh, almeno adesso siamo certi che l'assassino è passato di qui -
Hayley Silver deglutì.
- Già... di qui -
Rickard notò il suo cambio d'umore.
- Tutto bene? -
- Vorrei poterti dire di sì... - sospirò lei.
- Ok, immagino fosse una domanda idiota... - ammise Rickard - Ma stai tranquilla. Vedrai che andrà tutto bene -
Lei scosse il capo.
- "Tutto bene"...? Se andasse tutto bene ci ritroveremmo con una morte in più... - disse - Voi... siete preparati a mandare a morte un altro del gruppo...? -
- Abbiamo davvero scelta? - Kevin apparve altrettanto sconsolato - Io non so cosa abbia spinto il responsabile ad uccidere Elise, esattamente come non ho idea di cosa abbia portato Alvin a compiere ciò che fatto. So solo che non voglio morire... per nessun motivo -
Lei annuì debolmente.
- Sì, è perfettamente comprensibile -
- Su col morale, ragazzi! Io sono ancora convinto che ci sia una via d'uscita, da qualche parte - si intromise dinamicamente Rickard - Sopravviviamo e troviamola! -
Gli altri due compirono un flebile cenno di assenso, e continuarono a controllare in giro per la serra, ognuno per conto proprio, ognuno immerso nei propri pensieri. Così vicini, eppure così distanti.
Mancava poco allo scadere dell'ora.


Il gruppo di Pierce, Karol e Pearl decise di svolgere una rapida indagine del deposito rifiuti.
Si erano recati lì dietro suggerimento dell'Ultimate Sewer nel tentativo di battere sentieri non ancora esplorati dal resto della comitiva.
La sala di imballaggio rifiuti era situata in prossimità della caldaia, appena sulla destra del corridoio di quest'ultima.
Il grosso ammasso di rifiuti accumulatosi rese le ricerche più ardue, ma Pierce Lesdar iniziò a scavare di buona lena.
Pearl decise di ispezionare il perimetro della sala per essere certa di non lasciarsi sfuggire qualche dettaglio poco in vista.
In fondo alla stanza, Karol Clouds osservava i compagni all'opera con uno sguardo vacuo e sconfortato.
Dopo il ritrovamento di Elise, l'insegnante aveva passato gran parte del tempo a rimuginare e a porsi quesiti insolvibili, costringendo la propria mente ad una punizione ed un supplizio auto inflitti.
Appoggiò la schiena alla parete e guardò verso il soffitto: in mezzo alla luce soffusa delle due uniche lampadine della stanza, gli sembrò quasi di vedere il volto smarrito di Elise sorridergli attraverso l'obiettivo della sua videocamera.
Tornato alla realtà, si accorse che a fissarlo era in realtà Pearl Crowngale.
Lo sguardo di ghiaccio della ragazza penetrò il suo animo come una lama affilata.
- Hai intenzione di startene lì ancora per molto? - gli chiese. Il suo tono era palesemente infastidito dall'apatia di Karol.
- Hai ragione, vi sto rallentando... - sospirò lui - Ho bisogno ancora di un po' di tempo per assimilare tutto quanto -
Pearl fece spallucce.
- Non voglio forzarti ad accettare la morte di Elise come se fosse una cosa da nulla - continuò lei - Ma al processo avrai bisogno di concentrarti, se vuoi avere più possibilità di sopravvivere -
A Karol scappò una debole e triste risata.
- I miei studenti sono tutti all'opera per scoprire la verità e io sono qui a piangermi addosso - mormorò - Che frana -
La bionda scosse il capo.
- Non starai esagerando? -
- Come, scusa? - la fisso Karol.
- Con tutta questa storia del voler essere un buon insegnante - spiegò lei - Ti stai addossando delle responsabilità enormi, ma non puoi reggerle da solo -
Karol si alzò in piedi. Il suo sguardo era vagamente indignato, ma rimase composto.
- E' mio dovere proteggere l'incolumità dei miei compagni! - disse - So benissimo che nessuno me lo ha chiesto, ma io intendo farlo comunque. Non è solo la mia professione, me lo impongono l'orgoglio di insegnante e i miei princìpi! -
- Karol, non puoi impedirci di ucciderci a vicenda... - sospirò lei - Nemmeno l'Ultimate Teacher è in grado di controllare quindici persone contemporaneamente. Era un progetto fuori dalla tua portata -
- Non ha importanza... - sbottò lui.
- Tre persone sono morte, e dopo il processo quel numero è destinato ad aumentare. Se di uno, o dodici, quello non lo so - incrociò le braccia - Hai intenzione di sobbarcarti il peso di ogni vita che si spegnerà tra queste mura? -
Karol si strofinò i capelli con forza, tentando in tutti i modi di contenersi.
- Lo so! Lo so che non posso impedirlo, anche volendo! - gridò - Ma devo comunque provarci! Se le mie parole riuscissero a toccare i loro cuori, se i miei insegnamenti riuscissero a far breccia nei loro animi, allora forse potrei davvero salvarli! Ogni morte è un mio fallimento come tutore; capisci, Pearl!? E' una vita che non sono riuscito a preservare, una minuscola scintilla che non sono stato in grado di alimentare! -
Si abbatté nuovamente control la parete. Strofinò le mani lungo la propria faccia, come per lavare via tutta la disperazione con un semplice gesto.
- Se riuscissi a far uscire da questo posto anche solo uno di voi, sarebbe per me un'enorme conquista... - sussurrò, asciugandosi una lacrima - Un incompetente come me non può aspirare ad altro... se la mia maestra fosse stata qui, Refia, Alvin ed Elise sarebbero ancora con noi -
- La tua maestra? - chiese Pearl.
Lo sguardo di Karol si perse in una reminiscenza lontana. Una parvenza di sollievo apparve sul suo volto contratto dal dolore, come se una brezza fresca lo investisse in una giornata torrida e priva di ombra.
- Le sue parole sono come magnetiche, è impossibile non pendere dalle sue labbra - disse - Se sono arrivato fin qui, lo devo alla spinta che mi ha dato lei... -
- Tutti hanno ricevuto degli insegnamenti e dei precetti che li hanno formati - annuì Pearl - Il solo fatto che tu sia divenuto "Ultimate Teacher" dimostra che li hai assimilati per bene, no? -
- Non è abbastanza - asserì Karol - Non fino a quando i miei compagni continueranno a morire. Vorrà dire che non ho fatto abbastanza -
Pearl Crowngale dovette accettare il fatto di star combattendo una causa persa.
- Come preferisci, Prof, continua pure la tua crociata - disse - Ma credimi, tutto quel peso ti farà collassare, prima o poi -
- Se mai dovessi cadere... - pronunciò Karol Clouds in maniera solenne - ...ciò non avverrà prima di aver trovato una via di fuga -
Fu la voce di Pierce ad interrompere definitivamente la conversazione.
- Ragazzi! - gridò loro - Credo di aver trovato qualcosa! -
Karol e Pearl si scambiarono un'ultima occhiata, poi si diressero verso ciò che il compagno stava indicando.
Questi tirò fuori da uno scatolone quella che sembrava essere una fune, ma un po' più sottile. La corda era saldamente intrecciata e robusta al tatto.
Pearl la prese tra le mani e la esaminò. Si rese subito conto ciò che aveva attirato l'attenzione di Pierce.
Lungo la fune vi erano delle piccole ma evidenti tracce di sangue.
Pearl le tastò: erano secche, ma si scrostavano con facilità semplicemente passandoci il dito sopra.
- E' vecchio di poche ore - asserì la ninja.
- Che sia di Elise? -
- Estremamente probabile -
La ragazza si rivolse poi a Pierce.
- Dove la hai trovata? -
- In mezzo alla spazzatura, in questo scatolone - indicò lui - Sembra essere stata ficcata sbrigativamente... -
- Il colpevole aveva fretta... - osservò Pearl - Questa la portiamo con noi -
- Un ottimo lavoro, Pierce. Hai un occhio fino - sorrise Karol. L'Ultimate Sewer girò lo sguardo, tentando in tutti i modi di nascondere l'imbarazzo.
- E anche un ottimo tempismo - aggiunse Pearl - Guardate che ore sono -
Un rintocco di orologio fece capire loro che il tempo dedicato alle indagini era scaduto.
Un velo di tensione avvolse la sala.
- Allora... andiamo -
- Sei certo di avere la mente sgombra? - chiese.
Karol ci pensò su per un momento.
- No, ho ancora tanti pensieri - ammise - Ma il mio obiettivo è chiaro. Che voi lo vogliate o no, io sono il vostro insegnante. E vi proteggerò a qualsiasi costo -



Tredici persone erano riunite al piazzale dei dormitori. 
Nessuna aveva proferito parola dal loro arrivo.
Vivian Left si guardò attorno, notando come quel luogo desse un'impressione talmente diversa a causa della mancanza di soli tre individui.
Gli studenti attesero pazientemente che l'ascensore si mettesse in moto, anche se non era desiderio di nessuno recarsi nell'infausto tribunale eretto proprio sotto i loro piedi.
E, infine, tutti emisero un lieve sussulto nel momento in cui il pavimento cominciò ad abbassarsi.
Il movimento meccanico dell'ascensore era regolare e cadenzato, identico a come si era presentato la prima volta.
Immergendosi in un abisso buio, sempre più giù, i tredici sopravvissuti osservarono il soffitto divenire sempre più distante.
Xavier era in piedi al centro. Il suo unico occhio osservava un punto fisso davanti a lui.
June strinse i pugni con forza, preparandosi psicologicamente alla battaglia.
Hayley e Pierce contemplavano tristemente il loro trovarsi in quel luogo.
Pearl e Michael, distanziati come loro solito, non si lasciavano sfuggire nemmeno un singolo passo o movenza sospetta degli altri.
Lawrence tamburellò nervosamente la mano sul braccio, sperando con tutto se stesso di arrivare a destinazione il prima possibile, sentendosi soffocato dal buio e dalla pesante assenza di rumore.
Vivian e Karol tenevano sott'occhio la situazione generale. L'artista aveva provato ad imbastire una conversazione amichevole con il resto del gruppo, ma le parole non le vennero fuori. La tensione era palpabile; Vivian Left si chiese se la disperazione non avesse avuto la meglio anche su di lei.
Dall'altro lato, Hillary e Kevin fecero di tutte per concentrare i propri pensieri altrove, verso un idillio mentale falso ma più accogliente della realtà.
Rickard Falls fu l'unico incapace di restare fermo. Percorse instancabilmente una circonferenza coi propri passi, scandendo mentalmente il tempo che l'ascensore stava impiegando e pregando con tutto se stesso che quell'incubo finisse.
Infine, Judith si era messa in un angolino dal quale riusciva a scrutare ogni singolo membro della classe.
Li osservò tutti, dal primo all'ultimo. Poi osservò le proprie mani; mani che sapeva avrebbe dovuto usare per incriminare qualcuno.
Mani che aveva già usato in passato, i cui indici erano stati usati innumerevoli volte per additare la verità, ma che ora erano un mezzo di morte e salvezza.
Judith sapeva che, in quel luogo, la verità aveva un prezzo molto alto; sapeva che avrebbe additato qualcuno non tanto per incriminarlo quanto per mandarlo a morte.
Il solo pensiero le fece nascere un terrore inenarrabile che, dall'interno, le raschiava l'animo con crudeltà.
L'ascensore si arrestò dolcemente pochi attimi dopo.
Davanti a loro si erse l'imponente tribunale, assolutamente identico a come lo avevano lasciato se non per appena un dettaglio.
Due nuove fotografie erano state aggiunte a quella di Refia.
I volti di Alvin ed Elise erano marchiati da una croce di un rosso talmente acceso che il solo guardarla arrecava fastidio alla vista.
Judith osservò disgustata quel palese monito allestito da chiunque fosse il folle che stava facendo loro tutto ciò.
La maggior parte di loro tentò di ignorare le due nuove paia di sguardi aggiunti ai seggi del tribunale; sguardi che sembravano fissarli dall'aldilà, custodi di un dolore sconosciuto ai mortali.
June passò di fianco al banco di Refia e ne accarezzò la foto. Sussurrò qualche parola a se stessa così a bassa voce che fu impossibile udirla.
Vivian rimase per qualche attimo paralizzata davanti all'immagine imbrattata di Elise. Tentò di scacciare con forza l'immagine del suo volto contratto dal dolore a cui aveva assistito poco tempo prima.
Karol lanciò uno sguardo rapido in direzione degli occhi inespressivi di Alvin. Il banco distrutto dall'Ultimate Guardian era stato sostituito. Karol ricordò il fragore disumano udito in quell'occasione, ed ebbe i brividi al solo rimembrarlo.
Girò il volto, e raggiunse il suo posto.
Ognuno dei tredici era sistemato al proprio banco.
- Sembra che ci siamo tutti! - fece improvvisamente l'annuncio di Monokuma - Siamo qui riuniti per indagare sul caso dell'omicidio di Elise Mirondo! Che il processo cominci! -
"Caso", "Omicidio", "Processo". Parole che erano diventate tristemente abituali nell'arco di appena poche settimane, il cui contesto era in grado di gettare ombra sugli animi di tutti.
I tredici studenti erano pronti; una scarica di adrenalina percorse tutti loro.
Dodici contro uno, nessuna possibilità di errore, nessuna rivincita. Nessuna speranza di un lieto fine.

   
 
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