Storie originali > Azione
Segui la storia  |       
Autore: MrsShepherd    27/07/2017    1 recensioni
Koral Hataway, è una ragazza saccente e impulsiva, forse troppo. Crede di sapere già tutto del mondo e che la vita si possa controllare con la disciplina e attraverso una conoscenza attenta della psicologia. Wellington Camp cambierà le sue convinzioni e rimetterà tutto in gioco. In un luogo dove l'etica umana viene messa quotidianamente in discussione Koral riuscirà a trovare se stessa e a capire che aspettative e pregiudizi spesso si allontanano dalla realtà.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
2. Ritorno alle origini
 
È tutta una questione di razza. Si parla tanto dell’America “Politically Correct”, che tutela e accetta le minoranze, etniche, culturali, le libertà religiose, sessuali, ma se la si vede a livello pragmatico è tutta una farsa. L’America vera, quella di tutti i giorni, della quotidianità, non ci accetterà mai: ci osserva con l’occhio del grande Fratello, per poter prevedere le nostre mosse e tenerci buone. Ogni bianco che mi guarda mi affibbia un’etichetta senza saperlo, pensa che io viva in case popolari, che mi abbuffi quotidianamente ai fast food e che possa pagarmi gli studi solo con una borsa di studio di basket o di atletica. Mi chiamano sorella e mi trattano come se fossi una rapper sballata o peggio, la ragazza senza cervello di un rapper sballato. Non ci sono fratelli o sorelle, solo tante persone che camminano, pensano e agiscono come automi e giudicano, sulla base di stereotipi dettati dalla stessa società che si definisce “Politically Correct”. Ed è proprio per sfiatare questa erronea concezione che, dopo anni di scuole private, mi sono iscritta a psicologia: “conosci come funziona la mente, controllala, cambiala” mi sono detta. La mia famiglia mi ha sempre appoggiato, apparteniamo ad una facoltosa casata che ha discendenze lontane, dinastia di schiavi liberi che in passato si sono battuti per i diritti di cui godiamo oggi. Non ho dovuto lavorare, mai. Mio padre pensava a rimpinguarmi  il mio conto in banca, mensilmente, nonostante la mia scelta l’abbia turbato non poco. La prima Dallaway a non investire la carica di chirurgo. Già, ho rotto la dinastia, ma non l’ho mai deluso. Mia madre appartiene a qual genere di donne, che hanno bisogno di un uomo che sia più un padre, che un marito. E mio padre è quel genere di uomo: sopporta le sue chiacchierate inutili sulla moda, i pettegolezzi mondani, le leccate di culo quando le servono dei soldi e rattoppa le sue spese folli. E anche lei è un’etichettatrice nata. Insomma, se lei è così, un certo tipo di donna, allora anche tutte lo sono, figlia compresa. Credevo fosse un pensiero estremamete egocentrico, crescendo ho capito che è solo stupida. A quattordici anni ha cominciato a spiare tra i miei quaderni, a diciassette è diventata più spudorata. Ogni maledetto sabato sera la domanda era la solita: “Koral, ma il fidanzatino?” e la risposta era puntualmente la stessa. A diciotto, un altro insulso sabato sera, si presento in camera e dopo la solita richiesta inopportuna aggiunse: - Non sarai mica lesbica?!-
Alzai il mio naso dai libri, con totale calma (per quanto mi fu possibile), la guardai e le dissi:
- Magari sì.-
Non so perché le risposi così, non ero nemmeno sicura di esserlo. Forse per farla stare zitta. E quando lei mi chiese di presentargliela io le risposi solamente: - è molto timida.-
Crescendo comunque ho imparato ad ignorarla ed a focalizzarmi sulle cose che contano davvero: il lavoro, la conoscenza e il successo. Non fraintendiamoci, non sono asessuata…è che ho commesso l’errore di aspettare quello giusto, la persona che possedesse tutte le caratteristiche ideali che potrebbero rendermi felice; scartavo spietata qualsiasi ragazzo, sol per la paura che un giorno mi sarebbe venuto a noia e l’avrei mollato. E lui avrebbe continuato la sua vita tranquillamente, mentre io rabbrividivo al solo pensiero che potesse aver conosciuto la più intima parte di me. Così è passato troppo tempo e ora, mi sento eccessivamente fuori corso per rivelare al mondo che sì, purtroppo sono ancora vergine. A ventiquattro anni suonati. Così sì, odio servirmi della comunità omosessuale per i miei interessi (della quale non ho assolutamente alcun risentimento particolare), ma finora è stata una buona copertura.
Nonostante i miei modelli genitoriali non siano perfetti, sono convinta di aver preso da loro solo le cose buone: ho la tenacia di mio padre e lo spirito di osservazione di mia madre, ma è il mio orgoglio che mi ha condotto fino a qui. Odio la gente che mi sottovaluta e crede di sapere tutto di me e la disprezzo talmente tanto che certe volte cedo all’impulsività. Perciò quando a poche lezioni prima della cerimonia di laurea ci illustrarono le estreme prospettive di intervento sul campo, alzai di scatto la mano, quasi d’istinto, quando il rettore ci propose di lavorare per l’esercito e le organizzazioni militari. Se me ne pentii? Si e no. Sì, perché ora sono qui nel letto a fissare il muro senza avere la minima idea di che diavolo fare e no, perché quello che mi solleva è che la paga è molto buona e questa esperienza è manna dal cielo per la mia carriera. La sveglia suona, allungo un braccio e la spengo quasi subito. Fisso un ultima volta il soffitto e poi mi vesto, indossando la divisa di dotazione. Mi attacco la spilla con il mio nome al petto: KORAL DALLAWAY: PSICOLOGA. Mi sistemo i capelli ed esco dalla mia camera, pronta per andare in mensa.
- Hey ciao. Dallaway giusto?- la ragazza rossa riccia e bassa mi guardò sorridendo. Io annui e ricambiai la sua espressione.
- Piacere sono Miriam Bloch, quella rossa brutta…per distinguermi dalla stangona della Jessep!- si presentò stringendomi la mano. - Oddio, questi letti mi stanno uccidendo.- continuò massaggiandosi la schiena: - E pensare che gli studenti vivono in appartamenti, mentre a noi ci tocca questo schifo.-
Scrollai le spalle ed entrai nell’ascensore, senza curarmi più di tanto di lei.
- Ma allora è vero che sei muta!- mi urlò la ragazza. Poi le porte si chiusero.
Affronterò questo mondo a porte chiuse.
Poi l’ascensore scese al piano inferiore.
E la porta si aprì.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Azione / Vai alla pagina dell'autore: MrsShepherd