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Autore: _ter87_    27/07/2017    0 recensioni
Cosa accade quando, per una strana combinazione o forse per un segno del destino, ti ritrovi di punto in bianco catapultata nell'Egitto dei Faraoni? E se fossi capitata lì per un motivo preciso? E' questo ciò che accade a Lucille, semplice studentessa che, a cavallo degli esami, si ritrova a combattere con uno strano imprevisto; il passato. più precisamente il 1327 a.C., anno della morte del grande faraone Tutankhamon.
Ma c'è qualcosa in tutto quello che non quadra, e questo lei lo capisce fin dal primo momento.
Tra intrighi, tradimenti e scandali di palazzo, una storia fantastica su un grande personaggio del passato. Cosa sarebbe accaduto al mondo antico se Tutankhamon avesse aiuto un aiuto 'esterno'? La morte, si sa, non si può sconfiggere. Il destino prima o dopo ci prende tutti, ma se ci fosse anche solo un modo per far cambiare le cose così come le conosciamo, cosa succederebbe al mondo?
Genere: Avventura, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità
Capitoli:
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 Quella notte, come c'era da aspettarsi dopo tutti i discorsi fatti durante la giornata, fece uno strano sogno. Si trovava in un lungo corridoio illuminato solo da piccole fiammelle di luce disposte lungo i lati. Stava scappando, inseguita da un'ombra oscura che incombeva sempre più su di lei. In sottofondo poteva sentire urla strazianti di bambini e adulti che, seppur lontane da lei, le fecero accapponare la pelle costringendola a correre sempre più. Quando poi stava per raggiungere finalmente l'uscita un buco davanti a lei la inghiottì improvvisamente. Grazie alla sensazione del cadere si svegliò di soprassalto, madida di sudore e spaventata a morte.

<< Mio Dio che sogno orrendo >> disse in un sussurro mentre si alzava per andarsi a prendere un bicchiere di latte fresco. Berlo durante il giorno, o la notte, la rimetteva in sento. Adorava il sapore fresco della bevanda, non troppo deciso ma nemmeno nullo. Ne approfittò anche per andare al bagno e guardandosi allo specchio capì di aver bisogno di due cose in quel momento; dormire e qualche giorno di ferie, non necessariamente in quest'ordine. Sospirò mentre si passava una mano sul viso spostandosi i capelli all'indietro, gli esami la stavano portando davvero sull'orlo dell'esaurimento ma fino alla loro fine non c'era nulla che lei potesse fare per far fronte alla situazione. D'altra parte, come lei, c'erano dentro altri duemila ragazzi almeno e non poteva certo pretendere di essere quella speciale, quella che "mi riposo perché sono stanca".

Si risciacquò il viso sperando così di scacciare un po' della stanchezza che si andava accumulando sempre più con il passare del tempo e dei giorni ma non ottenne esattamente l'effetto sperato se non quello di sembrare adesso un panda malmenato. Sbuffò, tutta quell'ansia e quell'agitazione dovuta agli esami la stava facendo impazzire. Sia chiaro, lei amava imparare, amava buttarsi a capofitto in strane avventure che le avrebbero fatto accrescere il suo bagaglio culturale già notevolmente avanzato -come quella volta, l'anno precedente, in cui era partita da sola alla volta della Germania per una visita lampo al Museo Egizio di Berlino-, ma quelle notti insonni, gli strani sogni e tutto ciò che ne conseguiva, non facevano per lei e non vedeva l'ora che tutto quello finisse.

Come ormai di routine iniziò a prepararsi per la nuova giornata, che l'avrebbe portata in uno dei musei principali della sua città. Amava quelle giornate libere perché poteva andarsene in giro dove voleva e soprattutto per quanto tempo voleva senza incarichi, libri e quaderni che la richiamassero all'attenzione. E poi l'idea di passare due ore in un museo la elettrizzava, osservare l'arte, capirne la storia e cosa ha portato a quello l'artista. Era un mondo a parte per lei, dove di tanto in tanto si intrufolava per poi tornare alla sua monotona e noiosa vita fatta di studio e libri per un pezzo di carta.

 

Quello stesso pomeriggio avrebbe avuto un nuovo incontro con i ragazzi, stavolta la lezione verteva sull'economia, d'altra parte l'esame non sarebbe stato solo sull'antico Egitto anche se tra i molti era quello che incuteva più timore nei giovani, per quale motivo non ci è dato saperlo.

<< Ehi Lucille, vai di nuovo in biblioteca oggi? >>

<< Si mamma, manca meno di una settimana agli esami ormai >> la madre della ragazza si girò a guardarla lasciando da parte spugna e piatti per un attimo. Sfilò i guanti e si diresse verso di lei velocemente prima che fosse troppo tardi, e cogliendola di sorpresa, la abbracciò senza dire una parola. Quando si staccò, dopo molto tempo secondo il modesto pensiero della ragazza, la guardò con un sorriso sornione sulle labbra. E quello cosa avrebbe dovuto essere?

<< Ehm... >> Lucille apprezzava il gesto, apprezzava che per lo meno ci avesse provato, ma non faceva per loro tutto quello così staccò con delicatezza la madre e si allontanò di qualche millimetro.

<< Grazie, si... >> disse con imbarazzo. Le effusioni familiari non erano per lei.

Passò qualche secondo di assoluto ed imbarazzante silenzio prima che una delle due si decidesse a parlare. Per prima lo fece la più giovane che, non ancora del tutto a suo agio in presenza del genitore, mormorò qualche parola senza senso prima di sgattaiolare via dalla stanza e dalla casa, lasciando la madre sola e senza parole. Rimasta lì la donna sospirò affranta, avrebbe dovuto saperlo che non avrebbe ricevuto un riscontro diverso di quello dalla figlia, non con 'l'educazione' che le aveva impartito se di educazione si poteva parlare.

Da parte sua la ragazza si sentiva scossa, con che faccia sarebbe tornata a casa ed avrebbe affrontato la madre? Non era abituata a tutto quello, non era stata cresciuta esattamente a suon di coccole e baci. Nemmeno sotto martiri e torture, intendiamoci, solo...in modo diverso dal 'normale'. Ma in fin dei conti cosa poteva essere definito normale in quell'epoca? Si guardò intorno, la città si estendeva intorno a lei sotto i caldi raggi del sole pomeridiano tra clacson e urla di bambini. Come al solito camminò in lungo e in largo fino a raggiungere il bar dove era solita andare,

<< Lucille, iniziavo quasi a preoccuparmi >> interruppe la sua sfilza di pensieri il barista, Daniel, divenuto suo amico grazie ad una mal' interpretazione di uno dei suoi primi ordini.

A volte, quando sono in vena di ricordare il passato ancora ne parlano.

 

Quella mattina era partita come tutte le altre per la nostra giovane protagonista, non poteva sapere però che di lì a poco avrebbe conosciuto lui; l'unico con la quale sarebbe stata in grado di confidarsi nei giorni a venire, l'unico che l'avrebbe protetta da tutto e tutti qualunque cosa fosse successa. Si era diretta, per la prima volta, verso la sua nuova scuola. Per gli ultimi due anni le avevano cambiato sede quindi si sentiva anche un po' nervosa; e se si fosse persa? E se i ragazzi che già frequentavano quell'istituto non l'avessero accettata? Insomma, classici dubbi da adolescenti, nulla di nuovo. E poi, continuava a ripetersi lungo la strada, la classe ed i ragazzi non sarebbero cambiati, gli stessi con i quali aveva trascorso gli ultimi tre anni della sua vita e per fortuna, si ripeté ancora, Lucy e Nicoletta sarebbero state ancora con lei.

La prima cosa che notò arrivando in zona, fu un piccolo bar. Dall'esterno aveva l'aria del classico bar di borgo: piccolo, semplice, ma decisamente carino. Nello stile più ricercato nei tempi moderni, lo shabby chic, e fu proprio quel piccolo particolare a far si che prendesse coraggio per entrare. Fu la miglior decisione della sua vita!

<< Buongiorno >> la salutò con un sorriso il ragazzo al bancone,

<< Salve >> rispose lei poi prese a guardarsi intorno. Quel posto le piaceva già. Di un tenue color 'verde tiffany' come lo chiamava lei, le pareti non erano troppo alte come in altri locali. Diviso su due piccole sale unite tra loro, il locale portava una capienza di almeno trenta persone, l'ideale anche per organizzare rinfreschi o cenette veloci. Lasciò vagare lo sguardo tutt'intorno,i tavolini -piccoli e tondi- erano in ferro anticato così come anche le sedie, ridipinte per eguagliare il resto dell'ambiente. Mensole di legno, probabilmente ricavate da vecchie casse di frutta ridipinte per il luogo, facevano da contorno al ben di Dio che, senza preavviso, le si stagliò davanti agli occhi quando finalmente le vide; le vetrine con i dolci.

Al loro interno si stendeva una lunga fila di squisitezze partendo dalle classiche brioche, ai croissant francesi al burro. C'era il 'pan au chocolat', i donuts di ogni gusto e dimensione. Sul bancone tre grossi recipienti tondi e coperti la facevano da padrone, in uno una distesa di spiedini di palline di cioccolato al latte, bianco e fondente a forma di cuore. Erano messi a forma di piramide ed erano una delizia per gli occhi. Nel secondo, muffin. Di ogni gusto disponibile. Avevano un'aria così soffice e fragrante che la ragazza sentì l'acquolina salirle alla bocca! Si guardò ancora intorno, c'era il pan brioche, i panini al latte con o senza gocce di cioccolato. I classici macarons riempivano una sezione tutta loro mentre subito di fianco, una sfilza di girelle cioccolato e vaniglia e torte, tante torte tra cui la sua preferita; quella ai frutti di bosco. Notò anche quella al tè matcha, prerogativa giapponese, e prese nota di assaggiarla prima o dopo. Camminò ancora e, non l'avesse mai fatto, nell'angolo più remoto, nascosta, c'era lei. La cascata di cioccolato. Si girò verso il ragazzo,

<< Scusami, è al latte? >> osò chiese, lui annuì e quella, oh si, quella fu la sua rovina. Non guardò altro, scelse un posto sul lungo divanetto e attese l'arrivo del ragazzo che le avrebbe preso l'ordinazione. Chiese un caffè macchiato, una cosa molto semplice da fare, no? Eppure il ragazzo fu in grado di sbagliare, portandole al tavolo un caffè shackerato che finì con il bere lui stesso dopo cinque minuti di scuse e mortificazioni in compagnia della nuova arrivata che, dal lato opposto del tavolo, si gustava infine la sua ordinazione, quella giusta stavolta!

 

<< Ehi >> tornata al presente, Lucille rispose al saluto avvicinandosi al bancone per il bacio di rito sotto lo sguardo geloso di alcune ragazzine che, poteva metterci la mano sul fuoco, aveva visto almeno altre cinque volte a quello stesso tavolo. Sapeva l'effetto che Daniel faceva alle ragazze e all'inizio lo aveva fatto a lei stessa, fino a quando aveva conosciuto lui, Marco, il nuovo arrivato dall'Italia, moro ed occhi verdi, una bellezza quasi eterea diventato popolare tra le ragazze -ed alcuni ragazzi- dopo soli quattro giorni. Ora studiavano insieme, ma i loro rapporti non erano sempre stati buoni. Anzi, all'inizio si odiavano si potrebbe dire, la scintilla venne loro data...beh, dalla professoressa quando assegnò loro il gruppo B di studio per gli esami non più tardi di sette giorni prima. Si poteva dire stessero facendo una tregua anche se non era esattamente il termine adatto. Ad ogni modo aveva in quel modo la possibilità di osservarlo ogni giorno, le sue abitudini e le sue piccole imperfezioni che, come tutti, aveva, erano diventate il suo pane quotidiano e non passava giorno senza mandare un messaggio al povero ragazzo ora di fronte a lei per informarlo del più minimo movimento del 'dio'.

<< Cosa succede? >> le chiese lui notando la sua espressione, << il 'dio' ha respirato male? >> era il loro modo tutto personale di chiamarlo, la ragazza lo guardò in tralice e si mise le mani sui fianchi sbuffando mentre l'altro, ridendo di gusto, iniziò a prepararle il caffè.  

   
 
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