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Autore: Adlenime    28/07/2017    1 recensioni
"Quegli occhi color ghiaccio... gli occhi di chi ha ucciso migliaia di persone... senza provare nulla... occhi freddi come il ghiaccio... gli occhi di un assassino..."
Questa storia è la versione "libro" del manga Detective Conan, io non posseggo nulla: tutto, dai personaggi alla trama appartiene ad Aoyama-sensei.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo caso è ormai risolto, ma lo devo far capire a quella testa di rapa.

Pensò Conan, recuperando il pallone. Come poteva agire affinché quell'idiota di Kogoro capisse chi era il vero colpevole? Il suo sguardo si posò sull'oggetto che stringeva tra le piccole mani. Un sorrisetto malizioso incrinò lo sguardo innocente da bambino che aveva dipinto sul volto. Sollevò il pallone in aria e lo calciò nella direzione dell'albero sulla quale si presupponeva si fosse arrampicato il colpevole. Subito il rumore assordante di un branco di feroci cani abbaianti ruppe il filo di deduzioni che stava elaborando il padre di Ran, che colto alla sprovvista dall'inaspettato rumore gridò costernato:

- Che diamine succede?! -

Voltandosi vide il moccioso con le lacrime agli occhi caduto a terra dallo spavento, mentre gridava aiuto indicando le bestie che gli si erano avventate contro.

- Ancora tu?! -

Esclamò a dir poco infastidito l'uomo, che aveva oramai perso la pazienza, mentre il signor Tani cercava di calmare i cani. Conan decise che doveva agire prima che Kogoro lo uccidesse. Si allontanò in fretta dai cani, poi indicando l'albero proseguì con la sua voce da bambino spaventato:

- Mi.. mi sono avvicinato all'albero per prendere la palla e quei cani mi hanno aggredito! -

Conan vide un lampo di realizzazione attraversare lo sguardo di Kogoro.

- Vicino all'albero...? -

Sentì il detective ripetersi tra sé e sé. Conan guardò attentamente l'uomo.

Forse ci siamo...

Pensò ottimisticamente.

- Ma certo: è normale che in una villa così grande ci siano dei cani da guardia! -

Disse infine il detective. Conan per poco non pianse dalla disperazione: ohi ohi... seriamente?

Decise che era meglio tirare le fila da dietro le quinte ancora per un po':

- Questi cani abbaiano a tutti gli sconosciuti? -

Chiese il bambino al signor Tani. Quello guardando Conan annuì.

Fu allora che Kogoro capì.

Un attimo... il colpevole è salito su quest'albero, ma le domestiche hanno detto di non aver sentito niente a parte le grida di... di...

Con la coda dell'occhio vide il maggiordomo che stava tentando di allontanarsi dal giardino.

- Dove sta andando, Aso-san? -

Chiese Kogoro al maggiordomo. Quello, non appena sentì il detective chiamarlo, capì che era nei guai.

- La sua versione dei fatti è un po' strana... -

Continuò il detective avanzando verso Aso, il quale impallidiva a vista d'occhio.

- … Se il rapitore fosse salito sull'albero, i cani avrebbero fatto un pandemonio. Anche dopo la sua fuga! -

Conan guardò con approvazione il detective mentre metteva all'angolo il maggiordomo. Bravo, vai così!

- Però le domestiche non hanno sentito altro se non le sue grida. E vogliamo parlare della sua descrizione del rapitore? Nonostante dica di averlo visto, è un po' troppo vaga. -

Kogoro si fermò a meno di mezzo metro di distanza da Aso, che ora tremava incontrollabilmente.

- Non è per caso che questo uomo in nero se lo è inventato? Eh, Aso-san? O forse dovrei dire... -

Incalzò il detective, afferrando il maggiordomo per la camicia.

- … Signor rapitore! -

Lo sguardo di trionfo di Kogoro si trovava a meno di un centimetro di distanza da quello pallido e tremante del colpevole, che era appena stato incastrato.

- Aso-san... tu... -

Balbettava incredulo il signor Tani, furioso, contro il suo impiegato. Quest'ultimo cadde in ginocchio di fronte al suo padrone e gridò supplicando:

- SIGNORE MI PERDONI! LA PREGO! -

Il signor Tani guardò furibondo l'uomo in ginocchio di fronte a lui.

- Come hai osato... PERCHÉ LO HAI FATTO?! -

Aso trasalì terrorizzato sotto lo sguardo dell'uomo.

- Io... ecco... -

Non ebbe il tempo di dire di più che si ritrovò la faccia del signor Tani a un soffio di distanza dal suo mentre gridava:

- CHI TI HA CHIESTO DI FARLO?! -

Aso impallidì, se ciò era possibile, più di quando già non fosse e si affrettò a dire nervosamente:

- N-nessuno, signore! È stata t-tutta una mia i-idea. -

Kogoro si frappose tra i due e chiese in tono professionale:

- Dove hai portato la bambina? -

Aso abbassò lo sguardo e rispose miseramente:

- In un albergo, qui vicino... -

Subito fu costretto ad alzarsi in piedi dal signor Tani, il quale gli ordinò di condurlo nell'albergo citato.

Kogoro guardò compiaciuto la scena, poi scoppiò in una sonora risata replicando:

- Bene! Il caso è risolto! Andiamo a salvare la bambina! -

A quelle parole Conan sentì il sangue fluirgli dal viso. Qualcosa non tornava. C'erano alcuni dettagli che non tornavano, e Kogoro non l'aveva capito.

No! Non ancora, no! Questo caso non è...

Non fece in tempo a terminare il suo pensiero che si sentì la voce concitata di una domestica mentre si dirigeva verso il signor Tani:

- Signore! La vogliono al telefono. -

L'uomo si voltò infastidito borbottando:

- E adesso chi è? -

La domestica porse il ricevitore esitando mentre balbettava:

- Ecco... lui è... -

Non attese la risposta della donna: prese il telefono e se lo portò all'orecchio. Non fece neanche in tempo a chiedere chi fosse che sentì una voce camuffata dire minacciosamente:

- Allora, sono pronti i trecento milioni? -

Il signor Tani non rispose subito. Ci volle un secondo intero perché la sua mente riconoscesse la voce e metabolizzasse il contenuto del messaggio. Poi impallidendo gridò:

- Ma... MA CHI DIAMINE SEI TU?! -

Aso per poco non svenne, Kogoro e Ran, che era rimasta in disparte a guardare per tutto il tempo, fissavano scioccati il telefono come se provenisse da un altro pianeta.

Conan osservava apprensivo la scena, mentre il peggiore dei scenari che aveva immaginato si era appena realizzato senza che lui potesse fare niente per impedirlo. 

   
 
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