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Autore: Lady I H V E Byron    28/07/2017    0 recensioni
Una conferenza sul cambiamento climatico.
Una possibilità di salvezza per il mondo dall'effetto serra.
Un'improvvisa esplosione.
Un caso da risolvere.
Un inganno da sventare.
Il mondo sembra essere nelle mani di un investigatore privato un po' scemo e quattro musicisti un po' imbranati.
P.S.: sia chiaro, i musicisti lo fanno solo per il loro spettacolo, non per un insensato senso di giustizia...
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell'autrice: nel film c'era un altro libro, ma non volevo copiarlo più del dovuto e ho scelto una cosa più... "vicina" al nostro tempo, non so se mi spiego...

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Francesco ed Ettore erano riusciti a raggiungere il tetto, salendo le scale. Era un tetto piatto, con molte cappe.
Il loro fiatone non aveva eguali sulla Terra.
Non c’era nessuno. Questo fece temere all’investigatore di essere arrivato troppo tardi.
Ma notò un elicottero, con la scritta “Esagono”. Quindi c’era ancora una speranza che Lisa fosse ancora lì. E se lei era lì, lo erano anche i suoi rapitori.
-FRA!- sentì.
Era lei. Alfredo e Matteo la stavano portando verso una stanza. Si era messa le ballerine, quindi riusciva a tenere il passo.
I due cugini si accinsero ad inseguirli, ma quasi dal nulla spuntarono altri scagnozzi di Nereo, che spararono contro di loro.
-Presto, al riparo!- suggerì l’investigatore.
-FRA! AIUTO!- urlò Lisa, spaventata dagli spari.
-Uomini, sparate contro di loro!- ordinò il tenente, mentre dei poliziotti uscirono dallo stesso punto in cui era uscito lui, e si sistemarono in punti sicuri per rispondere agli spari.
Ettore non sparò, non subito; si era nascosto da una parte e aveva preso la pistola. Ma aveva spostato la canna e ci montò sopra una canna più lunga. A seguire un mirino, così rendendola un fucile da cecchino. Uscì allo scoperto, ma senza sparare.
Anche Francesco aveva preso parte alla sparatoria: si era nascosto dietro un bidone e stava sparando al primo che era capitato davanti agli occhi.
Anche l’altro stava sparando contro di lui. Ma nessun colpo li prese. E così presi dalla sparatoria, non si erano nemmeno accorti di essere distanti almeno mezzo metro l’un dall’altro. E intanto sprecavano pallottole.
Ettore non aveva ancora sparato un colpo: si era messo da una parte, montando un piedistallo, su cui aveva sistemato la sua arma, mettendo altri pezzi, come un prolungamento del mirino.
Francesco aveva finito i proiettili, lo stesso fu per l’uomo che gli stava sparando. Quest’ultimo, con aria delusa, la lanciò contro il giovane, ma finì dentro il bidone della spazzatura. Con sguardo perplesso, anche l’altro seguì il suo esempio; la revolver colpì lo scagnozzo in fronte, provocandogli la perdita dei sensi.
Via libera. Poteva andare in soccorso di Lisa.
Prese un’altra pistola da terra (e da dove era spuntata?!) e si diresse verso lo stanzino dove i Nereo avevano portato la ragazza.
-Ettore!- urlò, tra gli spari –Coprimi! Io entro dentro!-
Degli spari partirono anche dalle piccole finestre all’interno di quello stanzino. Ma cessarono, dopo un colpo, a cui seguì una pioggia di calcinacci, da cui si protesse. Un colpo troppo potente per essere di una normale pistola. Doveva essere di un carro armato.
Infatti, così era: Ettore aveva assemblato un carro armato partendo dalla sua pistola.
Si era messo l’elmetto sulla testa e alzò con fierezza la canna del carro armato, girando una leva.
Francesco rimase come allibito di fronte a quella scena, ma il cugino, alzando un pollice, gli comunicò che era tutto a posto.
Il colpo aveva creato un buco nel muro, oltre ad aver sfondato la porta; insieme, formavano la sagoma di una pistola o di una forma fallica.
L’investigatore entrò dentro la stanza: al suo interno c’erano i chiari segni di un bombardamento. Scesi degli scalini, sembrava di essere entrati in un laboratorio. C’erano due uomini privi di coscienza sul pavimento.
Pregò affinché fossero ancora vivi, per far loro qualche domanda. Non scese gli scalini, scavalcò la ringhiera, facendo un salto di tre metri, finendo dietro due computer. Una volta atterrato, scivolò, ma si rialzò subito, con la pistola in mano.
Si avvicinò al primo uomo, sorridendo determinato.
-Molto bene…- mormorò, prendendolo per la tuta –Dove sono i Nereo?!-
L’uomo aveva uno sguardo sofferente sul volto e fece un piccolo lamento. Già era sporco di calcinaccio per il colpo sparato dal tenente.
-Ehi, sei ferito?-
-No… è che mi stai sulle palle…-
Francesco non comprese il senso della frase; poi, guardò in basso e capì.
-Oh, scusa…- disse, indietreggiando di un passo –Bene, adesso dimmi dov’è!-
-E’ troppo tardi…- spiegò l’uomo, con voce soffocata –Nereo ha il piano B. Il… il… il…-
-Dove? DOVE?!-
L’uomo spirò, senza dare alcuna risposta.
L’investigatore non se ne curò, e alzò subito la testa.
-C’è qualcun altro che sta per morire, qui?!- esclamò. Il secondo uomo alzò un braccio.
Il giovane corse subito verso di lui, prendendo anche lui per la tuta.
-Ora parla!-
-E’ troppo tardi, Milanelli…-
-Questo lo ha già detto lui!-
-Dove si è fermato…?-
-A… “Nereo ha il piano B. Il…”-
-Oh, sì… Nereo ha il piano B. Il…-
Era tornato al punto di partenza: Francesco stava per perdere la pazienza. Il tempo stringeva e non sapeva dove fosse Lisa o che ne fosse stato di lei. O peggio, se anche lei fosse stata colpita dalla cannonata di Ettore.
-Dove?! DOVE?! DILLO, GRAN PEZZO DI MERDA!-
L’uomo assunse uno sguardo offeso.
-Se la metti su questo tono… attaccati…- spirò anche lui, lasciando il giovane senza parole.
Non sapeva ancora niente del piano B.
Per fortuna, c’era chi poteva ancora rivelarlo.
-Siamo qui, investigatore Milanelli…-
Alfredo Nereo comparve alle sue spalle, con la pistola puntata verso Lisa, imbavagliata e bloccata da Matteo.
-Getta la pistola.- minacciò.
L’avevano presa come ostaggio per costringerlo a obbedire a loro.
Infatti, fece ciò che gli era stato richiesto.
Alfredo assunse uno sguardo compiaciuto.
-Molto bene…- si separò dal figlio, girando per la stanza, puntando la pistola verso l’investigatore –Immagino tu voglia sapere del piano B. Si tratta di far scoppiare un piccolo ordigno nucleare. Il caro professor Auditore potrà parlare quanto vuole e quegli schizzati della Quarta Orchestra può suonare i suoi strazi fino a scoppiare, nessuno rimarrà vivo per ascoltarli.-
Si era avvicinato ad un oggetto di forma rettangolare, simile ad una vasca da bagno, ma piena di fili, circuiti e transistor. Batté le mani sulla tastiera e l’oggetto si accese. Una ruota girò.
-10 minuti all’esplosione.-
Era l’ordigno.
-E io sono l’unico a sapere il codice per interrompere il circuito.- proseguì l’uomo.
-Infatti, non lo so nemmeno io…- aggiunse Matteo, ridacchiando, prima di ricevere un’occhiata minatoria da parte del padre, come per intimargli di stare zitto.
-Tra dieci minuti esatti…- proseguì il magnate -Il teatro esploderà, e tutti quelli che ci sono dentro saranno ridotti in un ammasso di macerie. Io, mio figlio e la bella Lisa saremo al sicuro nel mio elicottero. Domani a quest’ora, i ragazzi se la spasseranno a Las Vegas e io andrò a cacciare rinoceronti nel Ghana. Come mi vedi nel Ghana, investigatore Milanelli?-
Francesco non aveva la minima idea di cosa rispondere: disse la prima cosa che gli era venuta in mente, un po’ in imbarazzo.
-Beh… direi… un po’ incazzato, nel Ghana…-
Matteo e Lisa si guardarono l’un l’altra, allibiti.
Anche Alfredo si sentì nello stesso modo.
-Non mi importa sapere cosa pensi di me, Milanelli!- esclamò, riprendendo in mano la situazione –Tanto non parlerai ancora a lungo!-
Anche l’investigatore si fece più tosto.
-Sì… continua a minacciarmi come hai fatto con gli italiani per tutti questi anni, Nereo! Ma stavolta non funzionerà! Fai parte di una specie in via di estinzione, come quelli che ancora credono che il Molise esiste!-
I presenti si mostrarono confusi di fronte a quelle parole. Era di nuovo caduto nel delirio.
-Oh… la verità fa male, vero, Nereo? Non come saltare su una bicicletta dove manca il sellino, ma fa male ugualmente!-
Il ragazzo ci fece un pensiero sopra e strinse i denti dal dolore.
-E con questo hai concluso, investigatore Milanelli…- minacciò Alfredo, puntando la pistola in avanti –Hai un ultimo desiderio?-
-Sì, posso riavere la mia pistola?-
Se la stava facendo sotto, ma non poteva mica mostrarlo.
-Non ci casco, ragazzino…- la pistola fece il click! della sicura –La tua vita è appesa ad un filo…-
-NO! A UNA CORDA!-
Due voci sospette attirarono l’attenzione dei presenti: i fratelli Guardiola.
Erano apparsi dall’apertura, con una corda penzolante di fronte ai loro occhi, sulla quale si aggrapparono e si spinsero in avanti, urlando, magari in un tentativo di salvataggio.
Ma, invece di colpire Nereo, passarono in mezzo a loro, schiantandosi contro il muro.
Scivolarono su di esso, prima di cadere.
-Ma perché non ci riesce mai…?- biascicò Saverio, parlando contro il muro.
-Te l’ho sempre detto che devi perdere peso.- rispose Giorgio -La corda aumenta di velocità e noi ci schiantiamo subito al muro…-
Approfittando della sua distrazione, Francesco disarmò Alfredo dando uno schiaffo alla pistola, che cadde lontana, poi lo prese per la giacca e gli diede un pugno.
Matteo, allentando la presa su Lisa, si allarmò e fece un passo avanti, dicendo: -Arrivo, papà!-
Ma Lisa non poteva permettere che colui che amava si mettesse contro due persone: infatti, fece lo sgambetto al ragazzo che cadde per terra, perdendo i sensi.
I ricchi non sono abituati a prendere pugni; sono più fragili di una statua di cristallo, basta poco per farli crollare.
Infatti, Alfredo non aveva la minima idea di come difendersi. Francesco, senza mollarlo, lo trascinò verso la finestra, inclinando il suo busto all’indietro, verso l’esterno.
Erano molto in alto.
L’uomo non si mostrava più tanto fiero: tremò, appena guardò dietro. C’era la strada sotto di lui.
-Adesso mi dirai il codice?- minacciò l’investigatore.
-Sì, d’accordo, hai vinto! E’ composto da sei numeri e sono 2-1-4…-
I due musicisti si erano appena ripresi dalla caduta: notarono subito la scena e corsero in suo aiuto, ignari della situazione.
-Non mollare, ragazzo! Arriviamo!- esclamò Giorgio, mentre, insieme a Saverio spinse le gambe dell’uomo in avanti, per poi farlo cadere nel vuoto.
Alfredo Nereo fece un volo di una decina di metri.
-Grazie, ragazzi, mi avete salvato la vita.- ringraziò Francesco, in realtà furioso nei loro confronti: stava per scoprire il codice e loro avevano rovinato tutto.
In quel momento, arrivò anche Ettore. Prese posto accanto al cugino.
-Cesco! Tutto a posto? Ho sentito un urlo e…- sgranò gli occhi, appena guardò in basso.
Nereo non cadde sul marciapiede: prese il tettuccio di fronte l’entrata del teatro. Un atterraggio morbido, insomma.
Atterrò sul marciapiede, completamente illeso, escludendo lo spavento.
-Ragazzi, che volo… Meglio non ripetere un episodio simile…- mormorò, sistemandosi la giacca.
Aveva parlato troppo presto: un leone, uno degli animali fuggiti dallo zoo, probabilmente anche digiuno da giorni, lo aggredì, come fosse la sua preda.
Uno spettacolo orribile per i cugini Milanelli e i fratelli Guardiola, che impallidirono.
Dei mugolii, per fortuna, catturarono l’attenzione dell’investigatore.
Liberò Lisa senza pensarci due volte.
-Stai bene, piccola?- domandò, abbracciandola, premurosamente.
Lei sorrise a quell’abbraccio, così caldo, confortante…
Dimenticò lo spavento di prima.
-Con te io sto sempre bene. Tu?-
-Anche io.- si avvicinarono tutti all’ordigno –Ma se non spengiamo questo affare in meno di cinque minuti il teatro esploderà.- poi ebbe come un flash e osservò i due musicisti –A proposito, perché voi due siete qui? Non dovreste essere alla conferenza?-
Giorgio fece spallucce.
-Oh, che vuoi che sia? Abbiamo finito il nostro primo pezzo e Auditore ne avrà per un bel po’ prima che tocchi a noi. Alberto e Luciano saranno sufficienti per lui, per ora.-
-Quindi, visto che ci stavamo annoiando, abbiamo deciso di aiutarti contro Nereo.- aggiunse Saverio.
Qualcosa di sospetto fece incupire l’investigatore: sentiva che stavano mentendo.
Alzò un sopracciglio e loro capirono. Sospirarono.
-E va bene, lo ammettiamo…- spiegò il canuto –E’ vero. Abbiamo accettato di aiutarti nell’indagine per il nostro spettacolo. Ma non ci sentivamo tranquilli al solo pensiero che la vera mente dietro il sabotaggio fosse ancora in circolazione. Volevamo assicurarci che tu lo togliessi di mezzo per far continuare la conferenza senza alcun rischio.-
Tipico dei musicisti. Pensare solo ai propri spettacoli.
-Voi ragazzi siete davvero incredibili…- fu il commento degli altri tre.
Ettore osservò la bomba: segnava cinque minuti esatti. Quattro minuti e cinquantanove secondi, quattro minuti e cinquantotto secondi, quattro minuti e cinquantasette secondi…
-MA ALLORA! QUI ESPLODE TUTTO SE CONTINUI!-
Scusate tutti.
-Mio Dio… dobbiamo avvertire tutti…- fece Saverio, preoccupato.
-O forse no…- mormorò il tenente, notando Matteo ancora per terra; lo agguantò per la camicia –Forse lui sa il codice.-
-No, lo sapeva solo il padre.- corresse Lisa.
Il ragazzo riprese lentamente i sensi.
-Eh? Dove sono…? Chi sono…? Che è successo…?- biascicò, ancora stordito dalla caduta.
-Dovrà comunque rispondere dei crimini del padre.- aggiunse Ettore –Dopotutto era suo complice. Dovrà rispondere a parecchie domande. Io lo porto via.-
-Bene. Noi cercheremo un modo per far uscire tutti dal teatro.- disse Giorgio, alludendo anche ai colleghi musicisti, dirigendosi verso l’uscita, seguito dal fratello maggiore.
-Perfetto. Io resterò qui.- si rivolse a Lisa –Lisa, mio amore, è meglio se scappi.-
Ma lei non si mosse.
-No, Francesco! Ti ho perso una volta, non lo farò di nuovo! Se sarai ridotto in mille pezzi, voglio esserci anch’io in quel momento, e far parte di quei pezzi.-
Parole non proprio confortanti, ma il giovane comprese il significato.
Assunse un atteggiamento fiero, da eroe.
-E io ti prometto… che non lascerò che il mio lavoro di investigatore interferisca ancora con il nostro amore!-
I loro sguardi si incrociarono, e un forte sentimento d’amore li invase.
Sarebbero rimasti così a lungo.
Ma la voce di Ettore li riportò alla realtà.
-Cesco… la bomba.-
L’investigatore scosse la testa.
-Sì, giusto!-
Anche il tenente, con Matteo in manette, uscì dalla stanza.
Francesco e Lisa erano rimasti soli.
-4 minuti all’esplosione.-
-E adesso che facciamo?- domandò lei, un po’ nervosa.
Francesco prese qualcosa vicino all’ordigno.
-Questo è il libretto delle istruzioni.- dalla dimensione sembrava “Guerra e Pace”; lo porse alla ragazza, prima di pigiare dei tasti a caso sulla tastiera –Vediamo se troviamo qualcosa…-
-D’accordo! Fammi vedere…- lo sfogliò, ansimando; il fatto di essere vicina ad una bomba non la rendeva tranquilla; anzi, non rendeva tranquillo nessuno dei due, sebbene avessero l’un l’altra vicino –Ah! Ecco! “Per azzerare il codice di detonazione, premere il pulsante con il simbolo dell’asterisco.”-
Se Francesco avesse prestato più ascolto, si sarebbe reso conto che aveva detto “azzerare”, non “disattivare”. Infatti, appena premuto il pulsante, i numeri scalarono più velocemente.
-Per vostro ordine la velocità della sequenza è stata accelerata.- disse la voce metallica –Mancano due minuti all’esplosione.-
Lisa si morse le labbra, come per dire: “Scusa…”
Francesco la guardò in cagnesco.

La conferenza, come previsto, stava procedendo senza intoppi. Marco Auditore stava continuando a parlare.
-… e si scrive che fa più freddo. Oggi noi lo sappiamo, aveva ragione, perché era nel bel mezzo di una piccola età glaciale…-
Per quanto quello che stava dicendo fosse interessante, nessuno sembrava ascoltarlo. Anzi, gli spettatori, compresi Luciano e Alberto, si erano addormentati. E non solo la gente comune, ma anche i politici e gli scienziati. Alcuni si erano persino portati dei cuscini da casa.
Giorgio e Saverio rientrarono in scena. Furono quasi sorpresi di vedere i presenti addormentati.
Ma la priorità era svegliarli per poi portarli fuori dal teatro.
Iniziarono dai colleghi.
-Ehi! Svegliatevi! Svegliatevi!- esclamarono, dando degli schiaffi, uno (Saverio) a Luciano e l’altro (Giorgio) ad Alberto.
Loro si svegliarono normalmente, senza sentire il dolore dello schiaffo ricevuto.
Auditore continuava a parlare senza accorgersi di nulla.
-Cosa c’è?- domandò il più anziano.
Vennero entrambi messi al corrente della situazione.
-UNA BOMBA?!- esclamò Luciano, prima che Giorgio gli tappasse la bocca.
-Sshhh!!! Vuoi farti sentire?!- lo rimproverò.
-Allora dovremo trovare un modo per farli svegliare e portarli fuori senza metterli nel panico…- osservò il più anziano, riflettendo –Ma come?-
I musicisti si misero in posa riflessiva.
-Potremo suonare i nostri strumenti.- propose il riccio.
-Ma sei impazzito? Così rischieranno l’infarto! Ci vuole qualcosa di più tranquillo.-
-Alberto ha ragione…- approvò il pelato, serio –Dobbiamo farci venire un’idea.-
-Forse ho io qualcosa di utile.-
Anche Ettore era entrato nel palcoscenico. Aveva chiuso Matteo dentro uno sgabuzzino, dopo avergli dato una botta in testa per farlo nuovamente svenire. Teneva un librino in mano, che diede ad Auditore.
-Professore…- mormorò, un po’ imbarazzato –Legga qui, è un’emergenza.-
Il climatologo venne colto di sorpresa. Diede un’occhiata alla copertina del libro: “Cinquanta Sfumature di Grigio”
Quanto lesse è meglio censurarlo, grazie. Non tanto per il copyright, ma per l’imbarazzo da parte dell’autrice.
Fatto stava che le parole oscene che lesse fecero risvegliare i presenti.
La Quarta Orchestra si stupì di tale piano.
-Ingegnoso…- commentò Luciano, annuendo –Hai capito il tenente…-
-E io che mi ero fermato alla macchina succhiatrice svedese a presa rapida…- aggiunse Giorgio, con aria da furbo.
Per evitare altri momenti imbarazzanti, Ettore intimò Auditore di smettere di leggere a voce alta. Ma lui continuò ugualmente a leggere, seppur a mente, quanto seguì. Anche i quattro musicisti si avvicinarono per dare un’occhiata.
-Polizia!- disse il giovane, mostrando il distintivo, mantenendo la calma –Non è un’esercitazione, quindi ascoltatemi attentamente. Voglio che vi incolonniate verso l’uscita. Perfetto, così, nessuno corra. Camminate tutti in fila, così.-
Gli spettatori fecero quanto ordinato, confusi, ma non certo spaventati.
Saverio si separò dal gruppo e diede delle pacche sulla schiena del tenente.
-Complimenti, Ettore.- disse –Ti devo fare i miei complimenti. Tono fermo e autoritario, ma mantenendo comunque la calma. Così nessuno entrerà nel panico, sapendo della bomba che sta per esplodere.-
Alla parola “bomba”, quelli che erano sul palcoscenico sgranarono gli occhi, come se stessero dicendo “Non dirlo!”, di sotto si scatenò il panico.
Gli spettatori corsero di qua e di là per tutti gli spalti, saltando i posti addirittura eseguendo dei salti acrobatici. Uno dei magnati aveva in mano un libro intitolato “Come servire l’uomo”, prese una ragazza per un braccio e le urlò: -MI STO CACANDO SOTTO!-, ma lei lo allontanò da sé, urlando: -MI LASCI!-
Giorgio, infuriato, diede diversi scapaccioni a Saverio.
-Ma quando imparerai a tenere la bocca chiusa, idiota!?-
-Ahi! Ahi! Non l’ho fatto apposta!-
 
-Mancano venti secondi all’esplosione.-
Francesco e Lisa avevano i secondi contati. Anche strappare i fili non servì a niente.
Non avevano ancora trovato il modo di disattivare la bomba.
-Lisa, salvati almeno tu!-
-Dieci… nove… otto…-
Cercando di staccare l’ennesimo filo, la giacca verde si incastrò tra le ruote dell’ordigno.
-Non mi muovo di qui!- gli aveva risposto la ragazza, paralizzata dalla paura.
Non c’era verso di staccare la giacca da lì, le ruote la stavano tirando verso di loro. Francesco si trovò costretto a togliersela, vedendola scomparire nei meandri della bomba. Rimase con una camicia di jeans leggera.
-No! Era la mia preferita!-
-Sette… sei… cinque… quattro… tre…-
Lisa e Francesco erano con le spalle al muro. Non sapevano cos’altro fare. Non avevano trovato un modo per disinnescare l’ordigno. E rischiavano di morire. Ma almeno sarebbero rimasti insieme.
-SALVIAMOCI INSIEME!- esclamò lui, correndo verso di lei.
-Due…-
Facendo il giro, inciampò su qualcosa che lo fece cadere per terra. Un qualcosa che si mosse al suo passaggio.
Le ruote dell’ordigno smisero improvvisamente di girare.
-Ma vaff…-
La ragazza, scoperto il motivo di quella disattivazione improvvisa, si illuminò.
-Francesco, guarda!- il giovane si rialzò, un po’ stordito, senza accorgersi di essere rimasto senza cappellino; Lisa aveva in mano una spina. Era collegata all’ordigno, e capì che era quella a fornirgli energia. –Ce l’hai fatta, amore mio!-
Un po’ confuso, Francesco sorrise.
Aveva salvato la serata.
   
 
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