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Autore: Darkwriterita    28/07/2017    1 recensioni
Tanto tempo fa, in una Romagna lontana lontana, dove ogni bel figaccione super sexy era gay e ogni gnocca sudamericana irremidiabilmente lesbica, io, Giovanna, giovane ed avvenente ragazza, con l'ego e la perversione molto maggiori dell'altezza, mi ritrovai a dovermi trasferire, insieme a mia sorella in una nuova casa.
La cosa che non mi aspettavo però era che mi sarei ritrovata circondata da due coinquilini non proprio sprizzanti di eterosessualità e una sorella lesbica repressa alla scoperta per la prima volta del mondo del sesso.
Insomma sono circondata da gay e lesbodrammi e questa cosa mi piace un casino!
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, Slash, FemSlash
Note: Lime, Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve, sono davvero molto sorpresa che mia sorella mi abbia permesso ancora una volta di scrivere qualcosa nella sua “straordinaria storia senza precedenti”, o almeno è così come la definisce lei.
Comunque, come saprete ero in procinto d'iniziare il mio primo giorno alla nuova scuola, state tranquilli, non è il classico clichè della studentessa trasferita che si deve presentare a tutta la classe e bla bla bla.
Sarebbe troppo imbarazzante!
Il giorno in cui iniziai la scuola fù lo stesso in cui lo iniziarono tutti i miei compagni, quindi, almeno in parte, speravo di poter riuscire ad evitare le presentazioni davanti a tutti, avrei fatto una figuraccia sicuramente.
Ma iniziamo dal principio.
Era una giornata come le altre, il sole era sorto come al solito, avevo dormito come al solito e mi ero svegliata per prima come al solito, se ci dovevamo svegliare alla stessa ora infatti, tra me e Giovi ero io la più mattiniera, era tutto normale.
Mi alzai, cercando di scuotere mia sorella per riuscire a farla almeno svegliare, poi poco a poco, in modalità orso in letargo, sarebbe venuta da sola a fare colazione, attirata dal dolce profumo dei toast e marmellata.
Andai in cucina con ancora il pigiama addosso e i capelli arruffati, ero troppo assonnata anche solo per pensare lontanamente a mettermi a posto, prima veniva il cibo, poi tutto il resto.
Misi il pane a tostarsi e mentre prendevo la marmellata dallo sportello in alto incominciai a sentire il profumo dei toast che si spargeva per la stanza, di solito trovavo la colazione già preparata, da mia sorella negli ultimi giorni, ma prima ci pensava la mamma, mentre papà beveva il caffè.
I miei genitori dicevano sempre che ero il mix perfetto di entrambi, con gli occhi verdi presi da lei e i capelli chiarissimi ereditati da lui, mentre Giovi non assomigliava per nulla a nessuno dei due.
Quel profumo era così nostalgico...
Dicevano che mi volevano bene, che avevano sempre desiderato una figlia come me, che erano orgogliosi.
Però non avevano esitato ad urlarmi contro una volta scoperto il mio orientamento.
Avrei voluto ribattere dicendo che non l'avevo deciso io, che l'amore è sempre amore e tutte queste classiche frasi.
Ma non ce la feci, gli volevo troppo bene per urlargli contro, anche se in quel momento mi avevano ripudiata io non avevo la forza per rispondergli. Si può proprio dire che in quel momento mia sorella mi abbia salvata, sia da loro che dalla mia autocommiserazione.
Il problema era che io volevo ancora bene ai miei genitori, anche dopo quello che mi avevano detto mi mancavano, anche se le cose non sarebbero mai potute tornare quelle di prima, forse loro avevano già smesso di amarmi come una figlia.
Era forse sbagliato continuare a desiderare l'amore di qualcuno che ti odia?
Senza che me ne accorgessi incominciai a vedere sbiadito ed in poco tempo sentì le lacrime rigarmi il viso.
No! Non potevo piangere ancora per quello! Avevo già pianto abbastanza prima che io e Giovi ci trasferissimo, se avessi pianto di nuovo lei se ne sarebbe accorta e pur di consolarmi avrebbe fatto tardi al lavoro, non volevo essere la causa di un richiamo.
Proprio mentre ero più concentrata a cercare di asciugarmi il viso, con le maniche del pigiama, irremidiabilmente ritornava bagnato ogni volta, sentì la porta di casa aprirsi, era Rose.
In quel preciso istante potei avvertire la mia inseparabile compagna di vita, la sfiga, ammiccarmi da un angolo buio della stanza.
Come se non fosse già abbastanza piangere come una bambina, ora bisognava aggiungere la costante “bellissima ragazza ben dotata” a tutta quella situazione, fantastico, davvero.
La vidi voltarsi verso di me e sgranare leggermente gli occhi, oppure era solo la mia cieca speranza che le importasse qualcosa di me.
Mi girai dalla parte opposta nella vana speranza che non mi avesse vista, dannazione a me e alla mia sensibilità, speravo solo non si mettesse a deridermi in quel momento, avrei formato un lago se no.
Invece di dire qualcosa si avvicinò lentamente, fino a sedersi al tavolo della cucina e sbadigliare sonoramente.
-Non è che per caso c'è un toast anche per me? P-p-p-pe-pe-perf... arg! Perchè due cazzo di parole devono essere così difficili?- Domandò Rose, sembrava si stesse sforzando come mai nella sua vita pur di riuscire ad essere un minimo gentile.
Gentile con me...
A quella constatazione mi dimenticai di qualsiasi ragione mi avesse fatta piangere, sostituendo le lacrime ad un intenso batticuore.
Si lo so, sembro una scolaretta alla prima cotta, ma sapete, oltre al suo gesto c'era quella dannatissima scollatura e quella minigonna che riuscivano a convincere ottimamente il mio cuore a battere a più non posso.
Quella ragazza non era solo la mia cotta, ma aveva anche un corpo da paura, era impossibile cercare anche solo di controllare un minimo il mio battito cardiaco.
-S-si!- Esclamai, mettendo subito ad arrostire un paio di fette in più, inutile dire che la prima pronta gliela passai a lei.
Ero proprio una piccola ed innocente lesbica ingenua a quei tempi.
-Uh, ottimo, mammamia però...- La vidi arresstare improvvisamente il suo discorso, facendo una faccia di una che si era appena ricordata qualcosa d'importante.
La guardai spalmare lentamente la confettura alle ciliegie sopra la sua fetta, per poi osservarla mangiare il toast, era abbastanza rozza in quel momento, probabilmente perchè dopo il turno notturno era stanca morta e senza nemmeno l'intenzione di sembrare un minimo fine.
Mi voltai e sbattei più volte la testa conto lo sportello.
“Che fai Roby?! Non comportarti da stalker, sembra almeno un po' meno palese Dio mio! Invece di osservarla cerca di trovare argomenti di dialogo, si potrebbe funzionare vai!” Rimproverai a me stessa mentalmente, ero completamente assorta dalla sua presenza in quella stanza.
-P-perchè t-ti s-sei i-interrotta?- Chiesi, essendo l'unica cosa che mi passasse per la mente a parte la sua scollatura.
-Perchè stavo per dire qualcosa qualcosa di stronzo come mio solito, ma poi mi sono ricordata che tua sorella mi farebbe il culo a strisce se ti facessi piangere, il che mi sembra facile da fare come cosa, comunque, come sai bene, il culo mi è fondamentale per il mio lavoro, quindi per una volta è meglio che chiudo la bocca- Mi rispose sbuffando.
Da una parte ero sollevata che non se la sarebbe più presa con me, ma il mio lato egoistico era dispiaciuto dal fatto che lo facesse solo perchè glielo aveva intimato Giovi, come al solito non ero abbastanza forte per affrontare da sola certe cose.
-S-solo per q-quello?- Odiavo non riuscire a smettere di balbettare ogni volta che le parlavo, sicuramente davo solo l'impressione di essere una sciocca ragazzina alle prime armi, cosa che ero effettivamente, ma non era questo il punto! Volevo fare una buona impressione, a lei particolarmente.
-Ti si stanno bruciando i toast- Mi disse con un tono che era tra la sufficenza ed il menefreghismo.
Mi girai di scatto, riuscendo a salvare le fette appena in tempo, presi un respiro di sollievo, odiavo sprecare il cibo e sarebbe stato tremendamente imbarezzante spiegare a mia sorella che i toast si erano bruciati a causa del mio innamoramento lampo.
Quando tornai a guardare Rose vidi qualcosa di completamente inaspettato, stava sorridendo, si sorridendo e non un sorriso sbeffardo, no, proprio un sorriso sincero, mentre mangiava quella che ormai era la seconda fetta di pane.
Ero diventata probabilmente bordeaux in quel momento, ma anche molto felice, con una faccia particolarmente ebete e sorpresa, ma felice, ero di nuovo rientrata nello stereotipo di ragazzina alla prima cotta.
-Perchè quella faccia sconvolta?- Mi domandò lei alzando il suo sopracciglio perfetto... niente commenti per questa affermazione per favore.
-N-non mi a-aspettavo di v-vederti s-sorridere- Risposi, cercando di reggere il confronto col suo sguardo, sudando freddo al contempo.
-Guarda che sono umana eh, faccio tutte le cose che fanno gli umani, pure sorridere se mi becchi nel momento giusto- Ribattè lei divertita.
-S-scusa, solo c-che, non s-sei s-stata m-molto gentile c-con noi- Pronunciai con voce tremante, ormai le figuraccie erano il mio pane quotidiano con quella ragazza.
-Beh sai, quando sei costretta a fare qualcosa che non ti piace per vivere non torni a casa proprio rilassata e sfoghi la tua frustrazione esistenziale sul primo che ti capita a tiro, e si lo so, questa è solo una giustificazione di minchia- Sospirò Rose.
Io non dissi nulla, sentivo che era ancora troppo presto per chiederle come avesse fatto a finire per lavorare in un posto simile, o la sua storia in generale.
I suoi occhi dicevano chiaramente che qualsiasi mia domanda su quegli argomenti sarebbe stata di troppo.
Così presi un'altra fetta di pane e gliela porsi.
-T-ti va?-
-No, ma se me la tieni da parte, questo pomeriggio avrò qualcosa da mangiare-
Dicendo quell'unica frase si alzò e se ne andò, lasciandomi da sola col mio batticuore e un piccolo sorriso speranzoso sul volto.
Sapevo che non potevo chiedere che da un momento all'altro s'innamorasse di me, ma per ora quello era più che sufficente.
Poco dopo venne oltre anche Giovi, ci mettemmo così a mangiare, per fortuna era ancora troppo assonnata per notare la mia allegria mattutina.
Dopo aver mangiato ci preparammo entrambe, io ripresi il mio caro vecchio zaino che mi ero cucita da sola alle medie, fù il mio primo progetto di cucito, in quanto non riuscivo proprio a trovare uno zaino che mi piacesse.
Ci misi dentro l'astuccio e un paio di quaderni bianchi, ottimista che, essendo il primo giorno, non ci sarebbe stato bisogno dei libri.
Appena fù pronta anche mia sorella uscimmo, per poi separarci in stazione e prendere due bus diversi.
Appena salì su quel trabiccolo capì come si dovesse sentire il prosciutto dentro un panino, avvolto nella carta stagnola, in piena estate, sotto il sole e con un'umidità del 100%.
Sentivo la mia adorata camicia aderirmi al corpo per via del calore dovuto sia alle persone che mi stavano letteralmente addosso e l'afa estiva che ancora era presente.
Mi sentivo soffocare, speravo solo che la mia morte non sarebbe stata tanto ridicola e disonorevole.
Dopo una quarantina di minuti finalmente il calvario finì, permettendomi di respirare aria fresca, anche se all'esterno c'erano ancora minimo venti gradi.
Di buon passo mi diressi verso la mia nuova scuola, si trovava in un centro studi, in cui vi erano anche uno scientifico ed un alberghiero, dovevo stare attenta, sarei morta dentro se avessi sbagliato scuola, svenendo sul posto dall'imbarazzo.
Fortunatamente la sfiga, almeno in quello, mi risparmiò, permettendomi di beccare la struttura giusta.
Appena entrai il classico subbuglio d'inizio anno per scovare la classe mi travolse, facendomi quasi rimpiangere l'autobus, quasi.
In qualche minuto riuscì a scoprire la sezione, 5C, perfetto, alla prima ora ero nell'aula sette, quindi l'unica cosa che dovevo fare era arrivare in aula prima che vi arrivassero anche i miei compagni in modo da evitare di essere l'ultima ad entrare e beccarmi così le domante imbarazzanti di tutti.
Per la grazia divina riuscì anche in questo, avevo fatto proprio bene a prendere lezioni di atletica, ero riuscita a scansare molti alunni ed arrivare a destinazione a tempo di record.
Appena entrata in classe notai che non c'era ancora nessuno, quindi mi sistemai nell'ultimo banco in fondo ed in penombra, sperando con tutto il cuore che nessuno mi notasse.
Lentamente tutti i miei nuovi compagni entrarono, alcuni mi guardarono, per poi bisbigliare qualcosa a quello affianco, incominciai a sentirmi nervosa.
Quando ormai la classe era piena vidi entrare una ragazza dai lunghi e swisshosi capelli neri, non era molto truccata, giusto un po' di mascara, fondotinta e un tocco di eyeliner, devo ammettere che pensai che fosse molto carina.
Purtroppo però non riuscivo a fare a meno di confrontarla con Rose e, devo dire, trovavo molto più bella la sudamericana, si, stavo precipitando sempre di più nel baratro.
La ragazza era seguita da un'altra ragazza, che sembrava obbedire a qualsiasi segnale o parola le rivolgesse la prima, quasi come se fosse una schiavetta.
Quando ella mi vide, si diresse verso di me, con gli occhi sbrilluccicanti, il suo sguardo era più che sospetto, avevo un'orribile sensazione.
-Oh ma tu sei una nuova arrivata! Quanto a lungo ho sognato codesto giorno, forse finalmente riuscirò a trovare un'altra schiav- amica! Ma lascia che mi presenti, io sono Hope, sono una ragazza bella, intelligente, sono la migliore della classe e negli sport batto sempre tutti, fin da quando son nata esiste una misteriosa leggenda che narra il mio glorioso e misterioso futuro, ma ho un grande, enorme difetto... Sono sbadata! E questo mi porta sempre a cadere sui petti palestrati di figaccioni random, il problema è che dopo incominciano a litigare per me e mi rendono la vita impossibile volendomi fare sempre da servitori! Ah e sono una ragazza completamente normale- Raccontò, forse non notando il disagio sul mio volto.
-Io sono Summer, la sua inseparabile amica d'infanzia, siamo sempre state molto unite e...- Cercò di spiegarmi la ragazza accanto a lei, sembrava molto simpatica, con le lentiggini che le ricoprivano il volto e quei riccioli castani.
-Non ti ho detto di parlare Summer, non vedi che sto eseguendo la mia normalissima presentazione?- La interruppe Hope.
In quel momento avvertì che vi era chiaramente qualcosa che non andava, Summer sembrava la classica ragazza zerbino, mentre Hope sembrava essere la protagonista di qualche fanfiction sgrammaticata.
Il disagio continuava a crescere dentro di me come un fiore che viene annaffiato sotto il sole, uno splendido fiore disagius maximus.
-Ma perdonami, non ti ho dato il tempo di presentarti, ora lascierò che la mia immensa carità ti permetta di parlare, prego- Mi guardò intensamente, il suo sguardo esigeva che io parlassi e subito anche.
-Mi chiamo Gianroberta, mi sono appena trasferita e sono nuova in città, non c'è nulla d'interessante da dire su di me direi- Le risposi, sperando che se ne andassero da lì in fretta.
-Tutto qui? Cavolo io sono una persona completamente normale è vero, ma te sei fin troppo normale!- Esclamò quella ragazza, era forse delusa dalla mia normalità? Che si aspettava, che fossi la sua sorella perduta trasferitasi apposta per informarla che doveva iniziare una missione da cui dipendeva il destino del mondo?
-Ed io che speravo di aver finalmente colei che mi avrebbe iniziata al mio glorioso destino!-
Confesso che in quel momento ero quasi convinta di essere effettivamente dentro una fanfiction.
-Wow... e dove vivevi prima? Come mai vi siete trasferiti?- Mi chiese Summer con i suoi occhioni azzurri sbrilluccicanti.
Stavo per risponderle, quando la sua “fantastica” migliore amica m'interruppe.
-Summer! Ne avevamo già parlato! Sono io a fare le domande, te pensi a fare la stupida per mettere in risalto la mia favolosità. Ricominciamo ok?-
-S-scusa...- Si scusò la ragazza, che era almeno di una ventina di centimetri più bassa dell'amica, arrossendo, sotto la spessa montatura dei propri occhiali.
Senza che ebbi il tempo di parlare Hope mi guardò con i suoi occhi dorati, cerchiati di viola e con qialche pagliuzza verde nell'iride, del colore più normale del mondo insomma.
-E dove vivevi prima? Come vi siete trasferiti qui?- Domandò questa volta Hope.
-Wow, non mi sarebbe mai venuto in mente, come sei intelligente Hope!- La seguì Summer.
Ero incredula, ero di fronte a uno stereotipo vivente, anzi a due stereotipi viventi, non sapevo che fare, decisi che se volevo mandarle via l'unica soluzione era assecondarle.
-Vivevo nella città in cui sono nata, Torino, poi io e mia sorella ci siamo trasferite a Rimini per cause familiari...- Speravo vivamente che capissero, dal tono seccato della mia voce che era meglio non continuare a fare domande sull'argomento.
-Che tipo di cause?- Speranze vane, visto che Hope mi fece quella domanda come se non avesse avvertito minimamente il mio disagio.
-Ehm... forse non dovremmo chiedere cose così private- Cercò di convincerla l'amica timidamente.
Almeno una delle due aveva buon senso, pregai che quella svalvolata ascoltasse la sua amica.
-Uh certo, ora è troppo presto per pretendere che tu mi riveli il tuo tragico passato, forse un giorno... in futuro... all'ombra di un fuoco estivo... mi rivelerai la tua incredibile storia ed io sarò lì pronta a donarti una spalla su cui piangere! Per poi mandarti tra le braccia di un figaccione ed essere così il tuo cupido-
A sentire la sua descrizione di me che andavo fra le braccia di un uomo mi venne quasi un conato di vomito, non per l'uomo in se, ma per il pensiero di cosa avrei dovuto fare con quell'uomo!
Solo pensare a quello che aveva nei pantaloni sentivo la colazione risalirmi su per la gola, lo ammetto, non avevo nemmeno un briciolo di eterosessualità e non ce l'avrò mai.
-Non c'è bisogno che mi faccia da cupido davvero!- Mi affrettai a dire con palese nervosismo.
-Ah capisco, quindi sei una di quelle verginelle che non ha ancora mai avuto nessuna esperienza con l'amore! Non preoccuparti, io ti salverò!- Disse convinta Hope.
La situazione stava degenerando sempre di più, dovevo trovare presto un modo per sfuggire a quella situazione, altrimenti la mia vita scolastica sarebbe stata condannata al disagio più completo e disperato.
-Non c'è bisogno che mi trovi un ragazzo perchè io sono lesbica!- Esclamai, quasi urlandolo.
Quando mi resi conto di quello che avevo effettivamente detto.
“Oh cazzo, oh cazzo, oh cazzo, perchè dovevi fare il peggior coming out di sempre, il primo giorno di scuola, praticamente urlandolo, che hai nella testa Roby!?” Mi rimproverai.
Vidi Hope completamente sconvolta, mi guardava come se fossi un alieno o una strana creatura mitologica.
-Non posso credere ai miei occhi!- Esclamò la ragazza di fronte a me, senza che io capissi perchè fosse tanto sconvolta.
-Infine il fatidico momento d'intraprendere il mio destino è giunto quindi!-
Ad ogni parola di quella tipa ero sempre più confusa, il professore non era ancora entrato in classe ed io vedevo già la mia vita scolastica cadere a pezzi e sgretolarsi.
-Tu! Sei la mia nemesi! Infine sei comparsa! Vuoi confondermi con le tue attrazioni perverse e farmi andare sulla via dell'oscurità! Ma io non cederò, ti sconfiggerò e verrò ricordata come un'eroina!-
Hope incominciò a correre verso l'altro capo della stanza, cadendo rovinosamente a metà strada.
-Maledizione! La mia sbadataggine come al solito si frappone fra me e la vittoria!- Gridò teatralmente, mentre ancora era a terra e Summer cercava di aiutarla a rialzarsi.
-Hai vinto questa battaglia ma non vincerai la guerra nemesi! Io salverò il mondo!- Esclamò rivolgendosi verso di me.
La campanella suonò e le due mie nuove compagne di classe si andarono a sedere, giusto prima che entrasse il professore.
L'insegnante era un ragazzo... o forse una ragazza, giovane, non era ben chiaro, i suoi tratti erano particolarmente androgini e pure la voce non era riconducibile ad uno in particolare dei due sessi, a mio parere.
Si presentò come Andrea Mircari, prof d'italiano e coordinatore di classe, credo che tutti rimasero sorpresi dal fatto che il coordinatore fosse qualcuno di così giovane, a colpo d'occhio non doveva avere nemmeno trent'anni.
La giornata passò incredibilmente tranquilla, nonostante sentissi gli sguardi di sfida di Hope su di me, mentre Summer mi guardava come a dire “Ti prego non farci caso”, mentre pendeva dalle labbra della sua cosìdetta “amica”. A quei tempi non comprendevo ancora il motivo per cui seguisse sempre come un cagnolino Hope.
Il prof d'italiano era quello che mi aveva dato l'impressione migliore fra tutti, mentre gli altri erano tutti più o meno pazzoidi, poi quello di religione era addirittura lo stereotipo del bigotto perfetto. Con quei suoi “Non sono razzista ma... non sono omofobo ma...” ecc...
Il bello era che molti alunni gli davano corda!
Sospirai accasciandomi sul banco, arrendendomi all'ennesimo anno scolastico senza amici, ormai ne avevo fatto la collezione tanto.
Sentire l'ultima campanella fù una liberazione, mi alzai dal banco e cercai di uscire dalla classe più veloce che potevo, ma non potevo essere più veloce di una marea di studenti imbizzarriti.
E fù proprio nel momento in cui tutte le uscite erano occupate che la mia nuova conoscenza venne a parlarmi di nuovo.
-Quindi sei qui nemesi...- Disse, con tanto di suspance a fine frase.
-Ecco Hope, vorrei tornare a casa ora, se non mi sbrigo perderò l'autobus quindi...-
-Puoi anche risparmiare il fiato Nemesi, il tuo palese tentativo di prendere tempo è stato ovviamente percepito dalla mia intelligenza superiore, non ti lascerò andare fin quando non debellerò la tua influenza negativa!-
Incominciai a diventare nervosa, non potevo certo tornare in ritardo per colpa di una fanatica di mmorpg, ma non volevo nemmeno aggravare la sua antipatia verso di me, era troppo chiedere una vita scolastica tranquilla?
-Che influenza negativa può avere una ragazza che vuole tornare a casa?- Domandai frustrata, guardandole entrambe, cercando di sfoggiare una perfetta espressione carina e coccolosa.
-Kawaii...- Pronunciò Summer sottovoce.
-Come scusa?- Chiese Hope scandalizzata alla sua amica d'infanzia.
-Ehm... volevo dire... Arg! Il suo malefico incantesimo sta prendendo possesso della mia mente! Non so per quanto riuscirò a rimanere lucida! Ti prego salvami Hope!- Esclamò iper drammatica Summer.
-Oh no! Che infima creatura che sei Nemesi! Prima attaccare i miei alleati per distrarmi, ma con me non funziona! Aaaaah!- Gridò, inciampando e cadendo a causa dei lacci delle sue scarpe.
-Maledetta sbadataggine!- Imprecò.
Approfittai del momento in cui era a terra per fuggire, correndo più veloce che potevo verso la fermata, non mi avrebbe mai trovata in mezzo a tutti gli studenti che aspettavano il bus.
Cercai di riprendere fiato, mentre ringraziavo il cielo per essere riuscita ad arrivare in tempo, sarei tornata a casa in orario, almeno per quel giorno.
Il viaggio di ritorno fù identico a quello di andata, con l'unica differenza che questa volta ero psicologicamente esausta per via della mia avventura scolastica.
Non potevo iniziare meglio proprio.
Aprii la porta con la mia copia delle chiavi, Giovi era al lavoro, quindi non rischiavo un abbraccio soffocante di congratulazioni per il primo giorno di sfiga scolastica.
Entrando notai Rose che dormiva placidamente sul divano, con un piattino sporco di briciole e confettura appoggiato sul tavolino davanti a lei.
Sentì il cuore salirmi in gola, capendo che il toast che avevo lasciato da parte l'aveva effettivamente mangiato.
Ero talmente emozionata che mi scordai di richiudere la porta, a quello pensò Rolando, devo confessare che ero troppo impegnata a fare la stalker ed ammirare Rose mentre dormiva per accorgermi di lui.
Chiuse la porta stando ben attento a non fare troppo rumore.
-Vedi, diventa una belva se qualcuno la sveglia- Mi sussurrò indicando la bella addormentata.
-Per conquistarla continua con la strategia del cibo, diventa molto più ragionevole con qualcosa tra i denti- Dopo avermi sussurrato quel piccolo consiglio si diresse in camera sua, lasciando me nel più completo imbarazzo.
Non solo la ragazza che era entrata a forza nei miei pensieri si era accorta dei miei sentimenti, ma anche il coinquilino gay con cui avevo parlato due volte da quando mi ero trasferita.
La situazione non poteva essere più imbarazzante di così.
Però dentro di me sapevo già che avrei seguito la strategia del cibo.




 
   
 
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