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Autore: Duncneyforever    30/07/2017    3 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Appena sento quel numero, quel due sospirato stancamente alla luce soffusa di una lampada, mi prende un colpo. So benissimo chi siano. Gli stessi ragazzi che mi avevano salvata e che mi avevano ospitata a casa loro la notte scorsa potrebbero essere in grave pericolo se non addirittura... No, non ci voglio pensare, dei bravi ragazzi come loro messi sulla forca per aver tentato di salvarsi, per la speranza ancora riposta in quei documenti, una speranza svanita come la possibilità di sfuggire alla crudeltà nazista. Mi avevano raccontato dei sacrifici cui si erano dovuti sottoporre per avere quelle carte falsificate e sono desolata che tutti quegli sforzi siano stati vanificati da un singolo errore. La mia più grande preoccupazione, tuttavia, sono proprio quei ragazzi, finiti inesorabilmente nel mirino dell'ambasciata e di Rüdiger che, guarda caso, ne esercita l'autorità. Sono sicura che li sottoporrà allo stesso trattamento cui è solito assicurare ai prigionieri del lager la dose giornaliera di dolore, condita di lacrime e disperarazione. Federico è un uomo giovane e gracile e non sosterrà quel dolore lancinante. Il rosso aggredisce le sue vittime con l'affinata tecnica di un pugile e con la ferocia primitiva di un guerriero barbaro, degno erede dei suoi antenati. Samuele è più forte, ha affrontato quei due mostri per difendermi, ma ho il terrore che nemmeno lui possa reggere il peso della tortura. 

- Sam, Fede - appoggio il palmo sulla bocca per singhiozzare in silenzio, dondolandomi freneticamente sul materasso. Potrei sembrare una pazza agli occhi di Andrea, ma non mi importa più. 

- Cosa? Tu conosci quegli ebrei? - Dimentica di allacciarsi l'ultimo bottone della camicia, troppo preso dall'improvvisa rivelazione. Si risiede sul letto, prendendomi i polsi e obbligandomi a guardarlo. Io accenno ad un flebile " sì " e spiego il movente di quell'incontro. 

- Ti hanno salvata, forse noi possiamo salvare loro. - Aggrotta le sopracciglia, pensieroso, poi, sempre tenendomi per i polsi, mi fa alzare dal letto e mi chiede di mettermi qualcosa indosso, per uscire. Strano che un uomo così fermo nelle sue idee si sia fatto persuadere da una ragazzina. Mi ha sempre detto di non nutrire alcun risentimento nei confronti degli ebrei, praticamente non gli fanno n'è caldo n'è freddo, però spingersi addirittura a proteggerli... 

- Perché stai facendo questo? Non sei costretto, non è affar tuo, potresti rischiare la calunnia, forse il tuo posto di lavoro - come faccio sempre in una situazione di forte stress, prendo a torturarmi le mani, stringendole a pugno, rigirandole, facendo scrocchiare le nocche, sgraffignando le pellicine; insomma, tra tutti i tic questo è quello che ricorre più frequentemente e questa è senz'altro l'occasione giusta per esibirlo. - Perché? - 

- Sei una ragazza per bene, dolce e gentile, Sara. Io mi fido della tua moralità, tieni molto a loro, tieni molto anche a quel tuo tedesco biondo e al suo amico con gli occhi d'aracia, lo so, lo sento e lo vedo dal modo in cui i tuoi occhi caramellati si riempiono di luce quando ne parli. Loro hanno il tuo affetto ed ho la sensazione che quel dono non gli sia stato regalato; so che sono brave persone. Sei ancora innocente, nonostante questa guerra, sai distinguere il bene dal male, a contrario mio. - Finisce di rassettarsi la camicia, senza degnarmi di uno sguardo. Dà una veloce occhiata allo specchio e si affretta a recuperare la valigia, dopo di che, senza tante cerimonie, estrae un completo a caso e me lo getta sulle gambe, chiedendomi di vestirmi e di raggiungerlo fuori dalla porta una volta finito. Davanti a me ho una camicia a quadri neri e rossi ed un paio di leggins che, francamente, non avrei mai messo insieme. Sfilo il pigiama in fretta e furia e indosso quel completo, affrettandomi appresso all'italiano che mi aspetta, nervoso, a lato della sua preziosa automobile. Non ho fatto neppure in tempo a chiudere lo sportello che lui aveva già schiacciato l'accelleratore ed era partito a tutta velocità, sprezzante del pericolo.  

- Stai attento! - Dopo una curva particolarmente insidiosa, vengo scaraventata con forza contro il finestrino, battendo uno zigomo contro il vetro e spiaccicandomi su di esso come una mosca. Lui si era aggrappato al volante, aveva persino conficcato le unghie nel cuoio e, facilitato dal suo peso, ne era uscito illeso. Io, invece, sento la testa girare vorticosamente e percepisco un dolore piuttosto fitto alla tempia, seppur al tatto non riesca a sentire nulla di anomalo. 

- Che brutta botta, cucciola... Vedrai che tra poco passerà tutto, non è il caso di allarmarsi, non è niente. - Mi arruffa i capelli con una mano, mentre l'altra, fortunatamente, regge il volante. Nonostante le stelline luminose che mi appannano la vista, cerco lo stesso di guardarlo male, offesa dalla sua quasi ironia. Tutto intorno tace, la città dorme tranquilla insieme ai suoi abitanti, al sicuro nelle loro case, e solo qualche localetto notturno sopravvive alla calma piatta che avvolge la capitale. Andrea è silenzioso e tranquillo, un po' come Roma in questo momento, guida con prudenza ( dopo esser stato quasi sbalzato via dalla macchina ) e mantiene gli occhi ben saldi sulla strada. Ogni tanto, rifletto sul fatto che un uomo come lui, probabilmente, non lo avrei mai notato all'infuori di un contesto mentre, invece, avrei subito adocchiato Schneider: il colonnello, infatti, è un ragazzo affascinante, con quel ciuffo rosso e quegli occhi cobalto, mi avrebbe attratta e se mi fosse stato vicino avrei sicuramente  tentato di attaccare discorso con lui. Tutto ciò sarebbe stato dettato dall'attrazione fisica e questo mi fa capire quanta importanza si tende sempre a dare all'apparenza, piuttosto che alla sostanza una volta accantonata la maschera. Andrea avrebbe catturato la mia attenzione in un secondo momento, quando nel suo essere e nel suo sguardo avrei visto tutta la sicurezza e il caldo tepore che quelle due perle scure avrebbero potuto sprigionare se solo ne avessero avuto l'occasione. Poco prima che partissi per l'Italia, però, un paio di occhi altrettanto scuri mi rapirono completamente. Una ed una sola volta sola vidi quel ragazzo, appena sopraggiunto ad Auschwitz con il nuovo carico di ebrei polacchi. Polacchi, benchè lui fosse ungherese, stranamente. Non seppi mai il suo vero nome, poiché ne aveva tanti. I nazisti hanno sempre ritenuto che gli ebrei non possedessero nazionalità, che fossero degli apolidi ma, per pura comodità, quel ragazzo veniva chiamato " Ungarn " da quei soldati, soggetti alquanto originali, che preferivano chiamarlo in questo modo piuttosto che ripetersi ed abusare ancora della parola " Jude " che erano soliti sputare con tanto odio e disprezzo, come fosse veleno. Quel ragazzo avrà avuto qualche anno più di me, aveva una pelle delicata e pallida come la neve, un viso dolce dai tratti europei ed una cascata di riccetti spettinati a coprirgli la fronte sudata e le sopracciglia aggrottate. Ero con Zeno, entrambi cercavamo di ricavare il maggior numero di informazioni possibili per trovare Maxim, il fratello minore di Ariel, quando mi imbatterei in quel giovane dagli occhi ebano: era il suo primo giorno al campo, portava già il pigiama a righe ma i suoi capelli non erano stati tagliati. Insieme ad altri uomini smunti spostava delle assi d'acciaio da una piattaforma all'altra, senza mai mostrar segno d'affaticamento; quando la schiena curva del novellino si raddrizzò di nuovo, alzò lo sguardo e ci guardammo, timorosi. Aveva il viso sporco di fuliggine ma potei comunque scorgere delle piccole lentiggini scure sulle sue guance, un po' come quelle del rosso, e i suoi occhi neri, intensi, come pozze di mezzanotte. In quel momento, ero poco distante e potei anche guardarlo meglio, sicché notai il suo corpo magro nascosto dalla casacca, probabilmente temprato da anni di duro lavoro e fatiche. Guardai le sue mani e le vidi ben tenute, seppur ricoperte di calli e cicatrici. Mi fu lampante che quel ragazzino non avrebbe lasciato questo mondo tanto facilmente. C'era così tanta forza in quella creatura che mi fu impossibile dimenticarla... Spero con tutto il cuore che i miei ragazzi abbiano resistenza in egual misura. 

- Ciò che stai facendo, lo stai facendo principalmente per me, non è vero? - 

- Non sopporterei l'idea di vederti soffrire ancora e poi, in fondo, non ho mai disprezzato gli ebrei. Non ne ho motivo e non sono così condizionabile come credi. - Sospira, forse disturbato dal fatto che non riesca a togliermi dalla testa l'idea che debba considerarlo alla stregua di un nemico. Dopotutto, ha sostenuto il regime che trascinerà l'Italia in guerra e che ci condurrà alla distruzione e, come se non bastasse, lo sostiene ancora. Validi motivi per cui diffidare, persino di lui. Perché dev'essere tutto così dannatamente difficile? C'è sempre una sottile linea grigia nel mezzo, tra il bene e il male, ma se questa non esistesse proprio? Non sarebbe più semplice distinguere le due parti? Andrea sostiene la mia purezza, crede che io sia in grado di separare il buono dal marcio, ma io non ne sono tanto convinta. 

- Ne sei proprio sicura? Non si torna più indietro. - Posteggia davanti ad un caseggiato in centro, simile ad un palazzone popolare, attende ch'io scenda dall'auto per poi afferrarmi il braccio, non senza una certa energia. L'edificio, anche a questa tarda ora della notte, pullula di soldati, i quali Andrea tiene ben d'occhio. Dopo avergli raccontato della notte scorsa, infatti, è diventato molto più protettivo nei miei confronti, possessivo e geloso, quasi asfissiante. Il viale non è particolarmente illuminato, ma le luci provenienti dall'interno sono quasi accecanti ed è difficile riuscire a vedere qualcosa attraverso le finestre sbarrate. Le urla provenienti dai locali adibiti ad interrogatorio fanno da sfondo alle pareti esterne, tinte di un acceso stucco giallo, un colore così forte e rassicurante. 

- Li senti, li senti quei poveretti? Se fosse troppo, troppo... - 

- Non lo è. Non farti divorare dalla paura, ci sono io qui con te - cerca di rassicurarmi, gettando un'occhiataccia ad una guardia intenta a parlottare con una seconda. Mi prende sotto la sua " ala protettiva " ( quasi nascondendomi all'interno del giaccone beige ) e mi accompagna all'interno della struttura, spingendo il petto in fuori e tirando le spalle indietro, come a volersi innalzare ancor più. 

- Tenente Martini, siete stato un fulmine! - Un ometto piuttosto basso e chiatto marcia verso di noi; i folti capelli bruni ondeggiano di qua e di là ad ogni suo passo e, sebbene sia notte inoltrata, la fronte e le tempie sono pregne di sudore, quasi certamente a causa del peso considerevole dell'uomo. Ci viene incontro con un sorrisetto tiratissimo che invecchia il suo viso di almeno una decina d'anni e tende il braccio grassoccio, come da prassi fascista. Riesce a guardarmi negli occhi data la bassa statura e con una smorfia seccata mi fa capire di non esser contento della mia presenza. Andrea non si lascia di certo intimidire e senza troppa fatica riesce a farsi comunicare il numero della cella in cui si trovano i due ragazzi. L'uomo rimane lì, impietrito, troncato dalla fermezza glaciale del suo comandante, mentre noi procediamo tra i corridoi spogli della gendarmeria. 

- Hai visto? Sembrava aver paura di te - gli faccio presente, affrettando l'andatura per stargli al passo. Lui scrolla le spalle con indifferenza e si arresta davanti ad una stanzetta buia, sigillata da una porta di ferro o di un qualche metallo simile. Non sono tanto alta da riuscire a veder dentro attraverso spioncino ma lui, che invece può, si fa scuro in volto, sospirando dopo aver constatato la non presenza di Sam e Fede all'interno della cella. 

- Nazisti! Egocentrici e testardi come nessun altro a questo mondo! Chi cazzo li ha autorizzati ad intervenire?! - Calcia violentemente la porta e un clangore si diffonde nell'atmosfera buia e tetra della stanza. Sento dei rumori provenire dagli altri locali e sono abbastanza sicura che quei disgraziati si siano svegliati anche se, ovviamente, non hanno ribattuto per manifestare il loro malcontento. Poverini, già debbono star rinchiusi in questi ripostigli minuscoli... Andrea non ha pensato a loro, ma non l'ho mai visto così furente, sembra che i suoi occhi stiano per schizzare fuori dalle orbite, non ho il coraggio di riprenderlo. Chi rimproverebbe un uomo fuori di sé dalla rabbia che ha quasi abbattuto una porta di ferro a calci? Io no di certo, non sono affari miei. 

- Fottuti bastardi! - Afferro il suo pugno in rotta di collisione e lo prego di fermarsi, prima che si faccia male sul serio o che faccia del male a me. - Shh, Andre, sono fatti così, lo sai, non è il caso di prenderla sul personale. Non è a te che hanno mancato di rispetto e poi non essere così egoista! Pensa a quei ragazzi, piuttosto che al tuo orgoglio. Buon Dio, li avranno massacrati! - Libero la sua mano per asciugarmi le lacrime ancora rapprese nelle palpebre e mi guardo intorno, cercando di capire da che parte possano essere. Lui mi guarda interdetto e mi vede piangere, per lui e per loro; il suo cuore prende a battere di nuovo regolarmente e il cuore gli si riempie di dispiacere e tenerezza. 

- Scusami, questa guerra mi sta logorando. Non so cosa mi sia preso, davvero, mi dispiace. - Un urlo straziante irrompe nell'aria, lontano ma vicino abbastanza da essere sentito. Riconosco la sua voce, anche se storpiata dal dolore, è quella di Samuele. Non è rimasto nulla del suono soave e scherzoso del ragazzo, un ruggito animalesco è tutto ciò che ne rimane. Le lacrime non hanno mai smesso di cadere, corro alla disperata ricerca dei miei amici, tamponando le pareti e chiunque mi si pari davanti, finché non mi sento stringere la vita, le braccia e i fianchi in una stretta possente ma, allo stesso tempo, consolatrice. Scalcio finché posso, urlando i loro nomi con orrore, poi crollo disperata sulle ginocchia, catturando l'attenzione di tutti. Non vedo più nulla, tra i capelli che mi coprono il viso e le lacrime stesse; mi è impossibile vedere coloro che mi circondano, che ridono di me e della mia fragilità. Andrea provvede a zittirli tutti quanti e, una volta spariti dalla circolazione, provvede anche a rimettermi in piedi, dolcemente, come se stesse maneggiando, per l'appunto, qualcosa di molto fragile. 

- Salvali Signore, ti prego, salvali! - Muovo un passetto in avanti, frenata dal peso sulle mie spalle. 

- Lo faremo, te lo giuro, te lo giuro. - Sussurra, lasciandomi andare a poco a poco. - Ora respira, non è detto che i tuoi amici siano spacciati, ci siamo noi qui per loro adesso. - Annuisco lentamente, poi inseguo ancora quei rumori, quei lamenti, sempre più intensi, fino ad arrivare davanti ad un un'altra porta, questa volta, aperta: " oddio. " La scena che mi si para davanti è a dir poco raccapricciante, se potessi, non guardarei nemmeno, distoglierei lo sguardo pur di non guardare lo scempio che, invece, mi ritrovo sotto gli occhi. Non è lui, non può essere lui... 

- Sam! - Mi getto a terra dove giace il suo corpo martoriato, ma non appena faccio per scostargli i capelli pregni di sangue dal viso, viene tirato indietro dagli anfibi di Schneider, che trattengono il ragazzo all'altezza delle spalle e lo schiacciano a terra, sicché non abbia possibilità di muoversi. 

- Kennst du diesen Jude? - Il rosso sogghigna malevolo, afferrandolo malamente per i capelli e tirandolo su, in modo ch'io veda la sua " opera. " Samuele apre gli occhi socchiusi, cacciando un grido di dolore; mi guarda con quelle due fessure cioccolato spruzzate di sangue e geme il mio nome. Nel farlo, anche la sua bocca si scopre esser piena di liquido scarlatto e con un colpo di tosse dal sapore metallico anche la sua gola ne rigetta a rivoli, soffocata da un groppo di sangue e bile. Oppressa dal peso della sua sofferenza, piango disperata: " sono qui, amico mio, per voi. " 

- Cosa gli hai fatto, maledetto! - Mi asciugo grezzamente le lacrime, stringendo entrambi i pugni in una morsa rabbiosa, conficcando le unghie nella carne. - Dov'è Federico?! Che n'è stato di lui? - 

- Ah, è questo il loro nome? " Giudei " pareva piacergli molto di più... - 

- Non avevate nè il diritto nè l'autorità per intervenire, colonnello. Non siete più nel vostro lager, non siete voi a comandare qui, la decisione spettava a me, avrei preso io provvedimenti per l'accaduto. Io, non voi. - Andrea sembra un leone pronto ad attaccare il suo rivale; Rüdiger altrettanto e la tensione tra loro è palpabile ed evidente. Io mi accuccio accanto al ragazzo, lui trema impaurito, mentre il tedesco prova a spingermi via, disgustato dalla mia compassione. 

- Ich kann alles, Leutnant. E se questi sporchi bastardi ancora non conoscono la sottomissione, noi li faremo piegare con ogni mezzo a nostra disposizione. Il Führer ha un grande progetto per il nostro paese: la Germania sarà libera dal monopolio giudaico e tornerà a prosperare. Sarà grande, nessuno più oserà prendersi gioco di noi e della nostra amata madrepatria. Mi auguro che il vostro Duce abbia buoni propositi per l'Italia e che non si faccia intimidire da un pugnetto di Juden ribelli. Siete troppo buono nei confronti della feccia, comandante, la resistenza deve essere sferzata con la frusta, l'ignavia non è più contemplata. Con noi o contro di noi. Da che parte hai scelto di stare, Italiener? - 

- La sua - gli risponde, indicandomi. - I ragazzi che avete barbaramente torturato hanno contribuito a preservare la purezza di questa ragazzina, che altrimenti sarebbe stata infangata dai vostri uomini, Herr Kommandant. Dio solo sa se non gli abbiano anche salvato la vita. L'infrazione perpetuata da due ragazzetti ebrei non è equivalente al crimine che avrebbero commesso quegli uomini se ne avessero avuto la possibilità. - Sam respira a fatica, cerco di alleviare il suo dolore ma non riesco a capire cosa gli faccia male. Tutto, probabilmente. Ho paura di toccargli il naso, perché temo che il rosso glielo abbia rotto a forza di colpirlo; iniziano già a saltar fuori i primi lividi e sono visibili su tutto il corpo. Sono sempre stati attenti a tutto, cosa può essere andato storto questa volta? Un ragazzo così buono e dolce, ha avuto la sfortuna di esser nato nel posto sbagliato al momento sbagliato, questa la sua unica colpa. Ai nazisti piace separare l'inseparabile, godono nel veder piangere una madre, un figlio, due cugini... Sam e Fede sono uniti come fratelli, uccidere uno di loro equivarrebbe ad ucciderli entrambi. Mi vedo scostare una ciocca bruna dal viso e, poco dopo, un paio di dita mi accarezzano rozzamente il viso e le guance. 

- Avanti, tenente, guardate questo corpicino, questo visetto angelico, poi guardatemi negli occhi e ditemi che non le strappereste anche voi i vestiti di dosso. - Mi sento tirare indietro di qualche centimento e scopro che è stato Samuele, con le poche forze rimaste, a farlo. Scorgo l'espressione adirata del colonnello e mi paro davanti a lui, impiegando il mio corpo come scudo. Le immagini di quel giorno iniziano a susseguirsi nella mia mente, il desiderio di poter essere forte almeno una volta si fa sempre più prepotente in me. Non conoscevo la paura, non sapevo ancora in cosa Schneider si potesse trasformare, ma adesso qualcosa è cambiato. Adesso ho paura. 

- Togliti! Non ti è bastato l'incidente della volta scorsa? - Mi dà addosso, sbraitando come un pazzo, aggrappandosi alla carne tenera delle cosce per strapparmi via dal corpo straziato di Samuele. Ad un certo punto, però, lui stesso viene agguantato e trascinato via.

- Non osare toccarla! Posso tollerare il tuo odio nei confronti dell'ebreo, ma non ti permetterò mai di farle del male in mia presenza! - La situazione è precipitata; Andrea ha dato di matto, Rüdiger ha attaccato una risata cantilenata, da psicopatico, l'unica vera vittima di questa situazione ha ripreso conoscenza, prendendo tempo prezioso dai nostri continui battibecchi ed io, da " aiutante " mi son trasformata in vittima a mia volta. Mi sorprende che non sia intervenuto nessuno, forse perché il rosso aveva dato chiaro ordine di non immettersi negli affari suoi, qualunque cosa fosse successa. È sempre stato cocciuto e orgoglioso, quell'uomo. Rifletto poco sul da farsi poi, improvvisamente, prendo una decisione affrettata, rischiosa sotto molti punti di vista. 

- Andre, lasciaci soli, ti prego. Aiuta questa povera creatura ad alzarsi, riportalo in cella, aspettami fin quanto non ritornerò. - I due uomini mi guardano allibiti per un istante, il moro balbetta motivi per cui non dovrei restare sola con Rudy, mentre lui, in via del tutto eccezionale, approva i miei " buoni propositi ". Accarezzo il contorno viso del castano, intimo alla camicia nera di porgergli una mano e mi sposto dalla parte del tedesco, mettendomi proprio di fianco a lui. - Fallo per me. - 

- Per te - abbassa lo sguardo per poi farlo saettare in avanti - e voi, tedesco, se anche solo proverete a farle del male vi verrò a cercare. Non mi fido di voi. - Pian piano Sam provvede ad alzarsi con le sue gambe e a zoppicare fino alla porta, quasi cedendo, attaccandosi allo stipite per non cadere di nuovo a terra. Non osa guardare negli occhi il suo aguzzino, tuttavia, trova la forza e il coraggio di guardare me e, pur non potendo parlare, per evitare di vomitare il suo stesso sangue, mi fa capire di esser sorpreso di vedermi, perché non se lo aspettava, non se lo aspettava davvero. Andrea mi rivolge un'ultima occhiata pensierosa dopo di che, a malincuore, lascia la stanza, seguito ( fin quando sarà fisicamente possibile ) da Samuele. Vedo il liquido rosso colar giù dalle caviglie lacerate, macchiare il pavimento, formare una lunga scia frammentata di schizzi e non posso che rattristarmi enormemente. Ora la porta è chiusa, siamo soli; lui siede sulla seggiola sgangherata per constatare in che stato sia la cella adibita ad interrogatorio, ossia imbrattata in ogni parte, il rappricciante set di un film dell'orrore. 

- Komm hier, Italienerin. Setz dich auf meinen Schoß. - Non ho voglia di toccarlo, tantomeno di farmi toccare, perché dovrei sedermi sulle sue ginocchia? So che non risolverò mai niente con lui finché userò il mio tono saccente e questo è il solo motivo per cui mi limito ad annuire e soddisfarlo, a far la brava bambina insomma. - Non mi avevi detto di quei due bastardelli ebrei. -  

- Perché avrei dovuto dirtelo? Non avrebbe avuto senso, inoltre, non ti è mai importato gran che di me. Si è visto come hai reagito quando ti dissi che due uomini mi avevano aggredita in quel retro locale, non hai fatto una piega, non hai nemmeno sbattuto le palpebre guarda! E se i ragazzi non mi avessero salvata non so come sarebbe andata a finire. È stata colpa tua, te l'ho già detto questo. - Ribatto, disturbata dal suo totale disinteressamento. - Se fossi morta? Cosa avresti fatto se ieri mattina mi avessi ritrovata abbandonata in quel vicolo? Non ti sarebbe importato, non è vero? - Lui sgrana gli occhi cobalto, tanto grandi e luminosi da far paura, mi prende il mento con una mano sola e con l'altra mi attira ancora di più a sè, dato che poggiavo in bilico sulle sue gambe. 

- Sag das nicht, non dire così. - 

- Allora risparmiali, non hanno fatto niente di male, volevano solo recuperare qualche oggetto per loro importante dalla casa che gli hanno portato via. Permetti loro di vivere in pace fin quando non li verrete a prendere di nuovo, lasciali tornare a casa dalla loro famiglia, che starà pregando affinché facciano ritorno. Ti supplico Rudy, hanno imparato la lezione! Non lo faranno più! - Alcune delle cose che ho detto, mi auguro non accadano mai. Mi sono abbassata a pregarlo, mettendo da parte l'orgoglio, per salvare la vita di quei giovani, lo deve tenere in conto, deve ricordare tutte le volte in cui avrei dovuto odiarlo, anziché stargli accanto e sperare che ci fosse ancora del buono in lui. 

- Cosa faresti per il bene dei tuoi preziosi ebrei? - Mi domanda, mordicchiandosi il labbro. 

- Q-qualsiasi cosa. - Stringe la mia nuca in un palmo e mi avvicina al suo viso, ad un soffio dalle labbra. - E se volessi fotterti, schönes kleines Mädchen? Lo faresti? - Mi sussurra, all'orecchio, sfiorandomi la parte bassa della schiena e provocandomi una cascata di freddi brividi. Lo respingo, balzando di nuovo in piedi e voltandomi dall'altra parte, con gli occhi pieni di lacrime, per l'ennesima volta. 

- Ma cosa ti è successo, Rüdiger? Perché mi tratti in questo modo? - Il rosso ne rimane attonito, ma non dice nulla. - Ti piace così tanto vedermi soffrire? - A tale quesito ( che suona più come un'affermazione ) si alza, mi viene incontro e mi cinge i fianchi da dietro. 

- Sei bella quando piangi. - Mi irrigidisco come una statua di sale, anche se lui riprende discorso, imperterrito. - Sei così piccola, eppure i tuoi occhi sono immensi, come le sabbie del deserto, risplendono di una luce incandescente, riflettono l'infinito. - Mi attrae di nuovo a sè, trattenendomi per la camicia, facendo sì che i nostri occhi si incontrino. - Meravigliosi. - Mi fa paura che ad una persona possa piacere vedermi piangere, perché se il colonnello pensa davvero ciò che dice, credo proprio che mi farà patire le pene dell'inferno una volta tornati in Polonia. Ogni momento trascorso assieme a me è stato buono per maltrattarmi, sminuirmi, denigrarmi, come potrei non aver paura di lui? - Adesso mi temi, non è vero? - 

-Sì, ho paura di te. - Tremo ad ogni suo tocco, ho il terrore che da un momento all'altro lui possa sfogare i malumori della giornata su di me.

- Prima non ne avevi? - 

- No, non sei mai stato così, non con me, perlomeno. Sei così irrequieto, Rudy... Perché? - Alzo gli occhi al soffitto, lui prende tra le dita un mio ricciolo e mi schiocca un bacio sulla fronte, proprio sotto la ciocca che aveva spostato. 

- Mann heißt es Missgunst. / Si chiama gelosia. - 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE: 

Eccomi qui, finalmente! Non che mi convinca molto il capitolo, ma ho deciso di pubblicarlo lo stesso, sperando che non sia così pessimo... 

Se potete, fatemi sapere cosa ne pensate, gradirei molto! 

 

NOTICINE:

* Ich kann alles, Leutnant = Io posso tutto, tenente. * schönes kleines Mädchen = bella ragazzina 

 

 

 

 

 

  
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