Fred
si acquattò dietro al cespuglio, il fucile stretto tra le
mani, le nocche
bianche per la tensione. Da dietro le foglie, Fred vedeva tutta la
radura
davanti a sé. Sentiva il frinire degli insetti, il rapido
passare dell'acqua
nel ruscello, il canto di un uccello nascosto. Il bosco fremeva, ignaro
della
presenza del cacciatore.
Per
un attimo, la bellezza del paesaggio lo catturò, ma si
riprese all'istante
quando percepì un movimento dall'altra parte della radura.
Un musetto appuntito
si fece strada tra l'erba alta. La pelliccia fulva si mosse come
un'onda tra le
rocce e le punte dei cardi, arrivando con un balzo fino al ruscello.
Fred
osservò la volpe alzare il muso e osservarsi attorno
sospettosa.
«Su
bella, non c'è nessuno qui, bevi tranquilla»,
sussurrò lui umettandosi le
labbra con la punta della lingua.
La
volpe parve rilassarsi, si piegò verso l'acqua, chiuse un
attimo gli occhi
quando uno schizzo le bagnò il muso.
Lo
sparo esplose come un tuono in miniatura. La volpe strillò
mentre uno schizzo
di sangue scoppiò dalla sua coscia. Nonostante la ferita,
saltò via e scomparve
nel bosco.
Fred
emerse dal cespuglio, il petto scosso per l'eccitazione.
«Oh
oh oh! Beccata, brutta stronza! Dritto lì dietro!»
Quasi
volando, arrivò fino accanto all'acqua dove prima c'era
l'animale. C'era sangue
sulle rocce, un pezzo di carne con del pelo rosso attaccato. Fred lo
raccolse e
se lo portò al naso. L'odore di sangue era forte, come
quello della polvere da
sparo.
«Stupefacente...»,
mormorò.
Si
allontanò dal ruscello e si avventurò dietro alla
volpe. Le chiazze rosse
creavano una traccia inconfondibile.
«Fin
troppo facile...»
Fred
strinse il fucile e si abbassò per superare alcuni rami
bassi davanti a sé.
Procedeva lento, chino, senza fretta. Alcune volte si fermava
perplesso, quasi
rischiando di perdere la pista. Ma andò avanti, ogni volta
trovando qualcosa
che gli confermava di essere sulla strada giusta: una macchia di
sangue, rami
spezzati, un ciuffo di pelo. Ormai era solo questione di tempo, e la
sua preda
stava andando esattamente dove voleva lui.
Un
improvviso scatto metallico lo fece fremere d'entusiasmo. Si
gettò nella
direzione del rumore, mentre cresceva un verso lamentoso, una specie di
guaito
sommesso. E poi la vide, la volpe, la coscia ferita e ora anche
intrappolata in
una tagliola.
Fred
avanzò minaccioso, una risata crudele nel petto.
«Ma
guardatela, questa povera stronza!»
La
volpe non smetteva di guaire e cercava disperatamente di liberare la
zampa.
«No,
no, tesoro, non ce la farai mai così», la
canzonò lui. «Ero sicuro che la tua
tana fosse da queste parti, ed ero sicuro che ti saresti lanciata qui a
rotta
di collo. Non sei mica la più furba, eh?»
Si
accovacciò accanto a lei, usando il fucile come sostegno, a
distanza di
sicurezza da morsi e artigli.
La
volpe fece del suo meglio con controllare i tremiti e poi lo
guardò dritto in
faccia:
«La
prego, cacciatore, non mi uccida!»
Fred
fischiò per la sorpresa.
«Urca!
Questa parla!»
«La
prego...», ripeté, «ho dei
cuccioli!»
«Ah,
ottimo!», ribatté lui superata la sorpresa.
«E parlano anche loro? Potrei
addomesticarne uno, chissà quanto vale sul
mercato...»
La
volpe mostrò le zanne.
«Non
toccare i miei cuccioli! Fammi tornare da loro!»
«E
farli assistere alla tua morte? Ma non ti vergogni?»
La
volpe si azzittì. Lui sembrò soppesare le sue
alternative.
«Chissà...
Potevi essere un bel trofeo, o un sugo, ma se parli c'avrai pure
qualcos'altro,
la rabbia o che...»
«Non
ho la rabbia! Liberami, stronzo!»
«Ti
insegno io a usare quella linguaccia!»
Fred
alzò il fucile, pronto a colpirla con il calcio, ma si
bloccò con l'arma a
mezz'aria. Nel bosco era calato un silenzio assoluto.
Scosse
la testa, si rimise in piedi e imbracciò il fucile, il dito
sul grilletto, la
canna puntata a terra.
«Dì
che vuoi l'uva», disse con voce di ghiaccio.
«Cosa?», fece
lei
con gli occhi sbarrati per la paura.
«Dillo,
cazzo!»
«Voglio
l'uva, per Dio!»
Sollevò
la canna verso di lei.
«Eccoti un
bel grappolo di piombo.»
Uno squillo acuto
volò per l'intera foresta. Un
suono improvviso, come la campanella di una scuola. Fred
abbassò il fucile,
deluso. La volpe si liberò senza difficoltà dalla
tagliola e cominciò a
ripulire il sangue dalla sua coscia.
«Ma
eravamo alla parte migliore...», protestò lui.
«Mi
spiace, mezz'ora è mezz'ora», rispose lei con
tono fermo e professionale. Lui sospirò.
«Le
è piaciuta la battuta finale?», chiese come uno
scolaretto. «Me l'ero preparata, ci ho pensato un
sacco!»
«Splendida»,
convenne lei finendo di rassettarsi.
«Sono contenta di come si è comportato, ma devo
ricordarle che il contatto
fisico è assolutamente proibito.»
«Lo so, mi
dispiace... Mi stavo facendo
trasportare.»
«Non si
preoccupi, fa tutto parte del trattamento»,
lo rassicurò. «Come si sente?»
«Meglio!
Rilassato! Come se mi fossi tolto un gran
peso qui, vede?», e si indicò lo stomaco.
La volpe
annuì, soddisfatta.
«Vuole
già fissare l'appuntamento per il mese
prossimo?»
«Ma
certo!»
«Bene,
può fissarlo con Sylvie, le può anche
lasciare il compenso di oggi. Vuole apportare delle modifiche alla
scena? Vuol provare
un altro scenario...?»
«No,
restiamo su questo.»
Fred si
guardò attorno. La foresta sembrava più
irreale, la scenografia stava già cambiando.
«Però!
Ne avete aggiunte di cose dall'ultima
volta!»
«Gli
affari vanno bene. Mi segua all'uscita, lasci
pure il fucile sulla rastrelliera.»
Passarono attraverso
una porta nel cielo e si
trovarono in una confortevole sala d'attesa. Dietro una scrivania, una
barboncina scura li guardava con cortese vivacità. Alle sue
spalle, faceva
bella mostra di sé una versione incorniciata delle Leggi
Panbiologiche.
«Sylvie,
prendi l'appuntamento del signore, per
favore. E fai passare quello delle undici.»
«Certo,
dottoressa!», rispose la barboncina. «È
quello delle anfore...»
La volpe
sospirò: «Ah già, le
anfore...»
Fred
pagò, firmò i suoi documenti e uscì,
proprio
mentre la volpe ricordava alla sua segretaria di rifornirsi di altre
sacche di
sangue finto e pallottole a salve.
In strada, Fred
salutò sorridendo un pastore
tedesco con una ventiquattrore tra i denti e l'aria di essere
tremendamente di
fretta. In un bar, cavalli d'affari bevevano caffè corretto
coi loro soci a due
zampe. Piccioni tenevano importanti riunioni sui tralicci della luce.
Fred si
avviò verso casa, il passo leggero di un
uomo rinato.