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Autore: queenjane    01/08/2017    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Lo chiamavano Baby, Little One, Alyosha.

Era bellissimo, con stupendi riccioli castano chiaro, quando sorrideva aveva le fossette, i lineamenti regolari e perfetti, gli occhi azzurri, zaffiro od indaco, una sfumatura delicata come quella del mare quando sorge l’alba, che diventavano grigi quando aveva qualche pensiero.

A quei tempi, fino a tre o quattro anni, ai maschietti si facevano allungare i capelli, portavano spesso vestine con le gale e i ricami, pareva una bambola e tanto non lo era.
Era viziato, bizzoso, quando voleva qualcosa prendeva per sfinimento, se qualcuno osava negargliela, aggiungiamo che era giunto dopo anni, attese infinite ed era il solo maschietto, erede, il centro dell'universo per i suoi genitori.
Ed era vivace, intelligente, molto dolce, se sorrideva sorridevi a tua volta, se non eri di pietra.

Il mio piccolino, annotavo tra me, che quel giorno mi fece prendere una sincope.
Ero entrata nella mauve room di sua madre a prendere il suo ricamo, già allora avevo una mia indipendenza che portava via, ritenevo che potevo far da sola piuttosto che dipendere da cameriere e lacchè, Alix non si rassegnava alla mia inettitudine in materia e cercava ancora di insegnarmi, e le davo retta, buona la volontà e pessimi gli esiti, i miei ricami erano buoni solo per orlare gli stracci da cucina.
Allora, aveva detto sopra il cassettone e.. Sbarrai gli occhi, era impossibile.,
Era sopra il mobile. Lo zarevic.. una sedia lo aveva aiutato ad arrampicarsi, come aveva fatto a scavalcare il suo lettino e giungere indisturbato fino a lì?.

“Ciao, Cat”Solenne.  Oddio, ma non doveva fare il riposino? Come era riuscito a evadere..?Vai a vedere che aveva ragione la zarina madre quando annotava che tate e nurses si prendevano troppe pause e non sorvegliavano gli imperiali bambini, specie lui che era mercuriale e vivace come una lepre marzolina.

“Ciao, Alexei, che fai?”
Se mi muovevo in fretta od urlavo, si sarebbe spaventato e rischiava di battere una testata, già allora avevo notato che stava spesso poco bene, passava molto tempo a letto. Non sapevo che cosa avesse, di quei tempi in modo preciso,  tranne che avevo ben visto come a volte scoppiasse a piangere senza apparente motivo,  indicando le gambe, un gomito.. che aveva urtato un mobile o aveva preso una storta. E urlava per ore, fino a gemere, un filo di voce, senza mangiare o dormire, sua madre non lo lasciava mai. Alcune volte, quando diceva Cat e si capiva che mi voleva, mi mettevo vicino a lui, senza toccarlo, che avevo paura di fargli male e sorridevo, raccontando a caso, di tutto un poco, fino a quando non si addormentava. Ero un terremoto e per lui una quieta brezza, Alix avrebbe fatto di tutto per tenerlo tranquillo e io ci riuscivo. E non chiedevo nulla, la mia curiosità che sfiniva diventava muta dinanzi ad Alix e a quei suoi occhi desolati, impotenti. E alle volte mi ero appisolata io pure e sentivo poi le sue manine tra i capelli, sul viso, cercava un contatto, e mi ritraevo, era fragile come un cristallo veneziano, avevo timore di fargli male, anche non volendo.


E avevo paura anche in quel momento, se prendeva lo slancio e si faceva male poteva accedere di tutto come niente. Ricordai che un fratello della zarina, Frittie, era morto a tre anni per i postumi di  una caduta.
Io a tre avevo tirato via la trina sul ripiano ove erano posate delicate porcellane di Meissen, Sevres e Limoges, causando uno sfracello di cocci e non avevo riportato lesioni, tranne che due cene saltate. Fino ai 5 o 6 anni poi ero sempre piena di tagli, lividi e ferite, come Olga, due campionesse nel combinare guai, saltavamo dappertutto e inciampavamo in continuazione, e quella era la meno dei guai che combinavo.
In un’altra occasione, quando avevo aggiunto righe e spirali  contorte e colorate con i pastelli ai diletti quadri delle ninfee di Monet che mia madre collezionava, Ella non mi aveva rivolto parola per una settimana. Tacendo della volta che ero montata su un cornicione e non volevo scendere, era stata messa una scala in appoggio al muro e mia madre in persona era dovuta salire per convincermi a farla finita. E non avevo visto Olga per un mese filato, tale era stata la sanzione, dopo che avevo dato a mamma la viola del pensiero che avevo trovato.. per te, mio padre non ti regala mai un fiore od un gioiello, fatto io..E lei si era commossa, tranne che non poteva lasciare correre. Ed ero magistrale nello svincolare ed evadere. Insomma, ero stata ( per alcuni lo ero ancora) un terremoto ambulante e sapevo riconoscere un mio pari.

“Bimbo vola” Eh? Stai a vedere che Anastasia gli aveva raccontato di Peter Pan, in quel periodo ci si era fissata, saltava sul materasso pretendendo di volare.
“Peter Pan, dici?” Mi avvicinai di un passetto, lui rise mostrando i dentini da latte, un sorriso incantato.
“Bimbo vola..ora” ogni tanto si definiva bimbo, rammentai. Batté le manine. Ora vuole volare LUI.. Un brivido di orrore mi serpeggiò tra le scapole..se lo lasciavo per cercare rinforzi con ogni probabilità si sarebbe lanciato.
“Molto bene, ma la polverina la ha, bimbo? Quella magica, per volare, dico” fece una smorfietta “Che sennò gli viene una cicatrice come a me.. Io sono volata da cavallo, sai, glielo dici tu a Bimbo”raccogliendo il gioco e la sfida.
“Vedere..”
“Ecco … tocca”mi scostai le ciocche dalla fronte e vide il rilievo, intanto mi tesi e lo presi tra le braccia, era in salvo, distratto.era in salvo, distratto, con il piffero che lo avrei mollato

Bua?” mi diede un bacio, era un modo per far cessare il dolore.
“Sì.. E faceva male, tanto” una pausa, mi sedetti su un divanetto, sempre tenendolo addosso, la sua testolina sulla clavicola, un braccio che gli circondava il sederino avvolto dal pannolone, mentre cercavo di calmarmi, gli sistemai il vestitino, i capelli spettinati, indecisa tra riempierlo di baci o tirargli uno sculaccione. Glissai entrambe le ipotesi.Lui non è tuo, ricordalo .. lui non è nessuno per te e tu non sei nessuno per lui. Il buonsenso contro la tenerezza che mi ispirava, indoviniamo cosa prevalse “ Le ali tra le scapole mica le hai, zarevic, volano gli aerei, gli aquiloni, mica i bimbi, sai..” gli posai il pugno contro la schiena"O gli angeli, ma tu sei troppo birichino, che sbuffi, è vero".

“Portami da Mamma, io sono bravissimo” ordinò, obbedii in automatico e Alix sbarrò gli occhi, mi aveva chiesto il ricamo e tornavo con suo figlio, che mi aveva sciolto la treccia e strattonava le ciocche abbarbicato addosso.. che teoricamente doveva fare ben altro che essere là. Le venne in mente che potevo averlo preso di contrabbando, disobbedendo alla consegna che non doveva essere disturbato quando dormiva, salvo scuotere la testa, era la sorpresa.

Eravamo nella balconata che correva intorno al Palazzo di Alessandro, nella bella stagione amava trascorrere lì del tempo, per prendere aria, che aveva spesso mal di schiena e sciatalgia e camminava ben poco, ricordo il vento portava il profumo delle rose, così intenso da stordire, come fumo.
“Tesoro..” vezzeggiò il bambino, scoccando a me una curiosa occhiata, io avevo la lingua annodata e mi sedetti che avevo le gambe in gelatina, mi aveva accorciato la vita di un paio d’anni, il monello.

Anastasia si prese una punizione memorabile, che raccontava quelle storie a quel bambino irrequieto e vivace, io dei complimenti, che l’avevo ben gestito, Alix prima di inalberarsi aveva ascoltato quello che voleva lo zarevic e avevamo ricostruito l’accaduto. La tata venne licenziata, con buona ragione, aggiungo io.


Ed Alessio la capì, che mi ero spaventata, era piccolo, mica fesso.
Mangiava ben poco e se qualcuno lo imboccava, della serie, un boccone, una frase di una storia, riuscivamo nell’impresa di fargli spilluzzicare qualcosa. In questo settore, delle storie, io me la cavavo, era una prassi, dato che era viziatissimo, l’imperatore dei viziati, lo chiamavo io, tranne che se iniziava a tirare molliche di pane o serrare le mascelle, mi zittivo, rincominciando quando smetteva di essere birichino, anche se lui si riteneva bravissimo, la modestia non era il suo principale pregio, in ogni caso .
“Paura ..?” Mi interruppe nel mezzo di una frase, avevo rimesso il cucchiaio nel piatto, pazienza non lo avrei forzato, e continuavo a raccontare. Sollevò un sopracciglio castano, interrogativo. “Su cosa?”
“Per volo..”
“Abbastanza, zarevic.. Non ne vuoi più, eh?  Di minestra“ scrollò la testa “Ma storia la vojo.. e se non mangio tu stai zitta”che la prassi era quella, collaudata da un pezzo.“ ”
“ E dai, per oggi finisco, se non ne vuoi più va bene così”
“Allora tanta paura, tu..” Non risposi, tanto aveva inteso. Mi tese le braccia e sciolsi le cinghie del seggiolone, mettendogli le mani sotto le ascelle, attenta che non urtasse gli spigoli "Braccio Catherine"lo raccolsi in grembo, togliendogli il bavaglio, mentre lui si ripuliva il mento usando il davanti del mio vestito. Nessun rilievo, allora la capì di più ancora che mi ero ben spaventata.
“Volare senza ali la vedo dura, però abbiamo gli alianti, i biplani e mongolfiere e dirigibili..”
“Racconta..”
“Bada bene che nessuno dei piloti è volato dai mobili” Rise della chiosa.
“Tu da cavallo.. però”mi rimbeccò, preciso.
“ E te lo sconsiglio, come esperimento, di battere testate, poi vedi tu” scrollò le spalle, gli avevo posato il mento sui capelli, registrai le sue gambe intorno alla vita, lo cinsi ancora con le braccia, doveva stare comodo, percepii la stretta delle sue mani sul collo, lo raccolsi ancora più stretto, lo baciai sulla fronte, rise. “Non è una buona idea, vero” "Direi di no zarevic" una pausa "Mi sa che serve un pannolone pulito, chiamo..?" dolce, lui disse di no, alla fine lo cambiai io, mi si attaccava ai capelli, il viso, le mani, voleva stare con me e io con lui .

E il giorno dopo apparve il primo modellino di un aliante, comprato nel più bel negozio di giocattoli della capitale, Alix accettò il mio consiglio, fu il primo di una lunga collezione che lo appassionò sempre.
 
   
 
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