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Autore: Redferne    02/08/2017    9 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 35

 

 

UNA CLASSICA GIORNATA - TIPO (QUARTA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’auto entrò nel fiume di muso, sbattendo contro un autentico muro d’acqua, per poi planare all’indietro sulla superficie increspata e spumeggiante con tutte e quattro le ruote contemporaneamente.

Il contraccolpo fu durissimo: nonostante avesse la schiena ben appoggiata contro il sedile e braccia e gambe ben lunghe e distese, con le mani serrate attorno al volante e piedi ben piantati negli spazi tra un pedale e l’altro, Nick sbatté violentemente la nuca contro il poggiatesta.

Un dolore sordo gli si diffuse lungo il collo e le spalle. Ma quell’urto, ed il modo in cui la sua vettura era entrata furono la sua fortuna. Oltre al fatto che il suo impianto dell’airbag era fuori uso da mesi, se non da anni. E non aveva mai provveduto a farlo riparare.

 

“Tsk! AGGIUSTARLO, dici?! Giammai! Ecco un ottimo esempio su come buttare via i propri sudati risparmi! E poi, a che serve? La macchina funziona benissimo anche senza!!”

 

Questo era ciò che aveva sempre sostenuto candidamente, ogni volta che qualcuno gli aveva fatto notare che era guasto. Qualcuno tipo Judy, tanto per fare un esempio.

E meno male. Se si fosse attivato in quel momento lo avrebbe stretto in una morsa inestricabile, tramutandosi da dispositivo salvavita in una trappola mortale.

Tutta questa combinazione di elementi avrebbe consentito al mezzo di galleggiare per qualche decina di metri in mezzo alle tumultuose correnti. Ma era questione di attimi.

L’acqua gelida cominciò a penetrare nell’abitacolo, inzuppandogli la camicia e facendolo rabbrividire per il freddo contatto. E molto probabilmente stava facendo la stessa cosa anche da sotto, riempiendo rapidamente ogni spazio ed intercapedine disponibile fino rendere l’intera struttura pesante come un sasso e a trascinarla sul fondo.

 

Rifletti, Nick. Rifletti. Pensò, mentre vedeva l’abitacolo allagarsi rapidamente.

 

Che accidente diceva Carotina, a proposito di situazioni come questa?

 

Quando sei con l’acqua alla gola, respira ed osserva.

Stà calmo, e ragiona. Il tempo non ha più alcuna importanza. Ad ogni istante puoi morire come puoi salvarti.

Sii pronto a rischiare tutto, in un solo istante. Solo così il tempo scorrerà più lentamente. E più sarai pronto più questi rallenterà, fin quasi a fermarsi.

 

Già. Facile a dirsi, Carotina. Soprattutto quando non ci sei in mezzo.

 

Fece scattare la maniglia nel tentativo di aprire la portiera.

Fu decisamente una pessima idea. La corrente era troppo forte e non gli riuscì di contrastarla.

La leva si mosse ed il meccanismo si azionò, ma la portiera rimase lì dov’era senza neanche muoversi di un millimetro.

Ok, la prima ipotesi da lui elaborata si era rivelata un autentico fallimento. Avrebbe potuto sfondare il vetro se solo avesse avuto un oggetto contundente a portata di mano, ma purtroppo il borsone del crick e degli attrezzi era nel baule. E di conseguenza, irraggiungibile.

Mentre si scervellava sul da farsi, l’acqua aveva ormai inondato la zona dei sedili e cominciava a salire sempre di più.

Aspetta...i sedili? MA CERTO, I SEDILI!!

Nick si mise a tastare sotto quello del passeggero, e dopo pochi secondi trovò quello che cercava. Estrasse da sotto la poltroncina l’antifurto bloccapedali e cominciò a colpire, con forza e ripetutamente, il vetro del finestrino.

Bastarono pochi, decisi colpi per mandarlo totalmente in frantumi. Nick chiuse gli occhi e voltò il muso dalla parte opposta per evitare di farsi investire dalle schegge.

A questo punto si domandò se non fosse il caso di lasciar terminare all’acqua il suo sporco lavoro, di attendere pazientemente che i flutti si richiudessero su di lui e sulla sua auto e di trattenere il respiro fino a ritrovarsi sul letto del torrente. E solo allora provare ad uscire.

Niente da fare. Aveva già provato in passato a finire sommerso sott’acqua. Era accaduto quando lui e Carotina erano fuggiti dal Cliffside Asylum, dopo aver scoperto che il sindaco Lionheart teneva segregati in quella struttura i quindici mammiferi infettati dal veleno degli ululatori notturni. E se lo ricordava ancora, quel volo impressionante lungo la cascata adiacente dopo aver usato un water destinato ai pachidermi per scappare, applicando alla lettera il rinomato principio dei ces...dei vasi comunicanti. Decisamente una situazione fuori luogo per darsi al metodo scientifico, però...l’esperimento era riuscito, e la teoria si era dimostrata corretta. Ma quel terrificante tuffo fuori programma tra le rocce si era dimostrato tutt’altro che divertente. Anche se sapeva nuotare quelli della sua specie non andavano molto d’accordo con l’acqua, e la frequentavano il minimo indispensabile. Le profondità non avevano mai esercitato alcun richiamo su di lui. Né aveva mai subito il loro fascino. Lo lasciavano indifferente, ecco tutto.

E poi, se doveva davvero giocarsi il tutto per tutto come gli aveva suggerito la sua partner di una volta, tanto valeva farlo subito. E senza pensarci più.

Buttò l’antifurto in parte, e si aggrappò con entrambi i palmi delle mani sulla parte superiore della portiera. Poi, dopo essersi messo di spalle rispetto ad essa, si issò cercando di tirarsi fuori.

Mentre tentava di uscire sfregò con la parte bassa della schiena contro il bordo inferiore del finestrino, reso tagliente da ciò che rimaneva del vetro ormai in pezzi. Sentì un bruciore intenso serpeggiargli lungo la zona inferiore del dorso, fino a dove iniziavano i glutei. Emise un gemito che ricordava di più un ringhio furente, mentre resisteva con tutte le sue forze al dolore e all’acqua in entrata, Mantenendo la presa salda ad ogni costo mentre la fortissima pressione cercava di ricacciarlo dentro.

 

Stringi i denti, Nick.

Ignora e domina il dolore.

Basta staccare la spina e concentrarsi sulla missione.

LA MISSIONE, NICK.

CONCENTRATI SULLA MISSIONE.

CONCENTRATI.

 

Quando finalmente riuscì ad estrarre anche le gambe, piegando entrambe le ginocchia all’altezza del petto, appoggiò per un attimo le piante dei piedi sulla fiancata e le usò per darsi una spinta all’indietro, aiutandosi anche con le mani.

Scivolò nella corrente, lasciandoti trasportare da essa. Fece in tempo a vedere la macchina venir trascinata via, prima di voltarsi sulla pancia in posizione frontale ed iniziare a sbracciare nel tentativo di raggiungere la riva.

Ci riuscì una ventina di minuti dopo, assecondando il corso del fiume e correggendo la traiettoria poco a poco con piccoli spostamenti laterali. Le acque scorrevano molto forti in quel punto, e tentare di attraversarle perpendicolarmente equivaleva ad un rischio troppo grosso. Nonché ad uno sforzo inutile. L’acqua dolce non é come quella salata. Non c’é quel suo ultimo, caratteristico componente a tenere a galla. Non appena ci si smette di muovere, si va immediatamente a fondo. Il solo rimanere in superficie richiede una fatica enorme.

Nick arrancò lungo il greto, tra pietre levigate e ciottoli di varie forme e misure, ma tutti contraddistinti da un aspetto piatto e tirato a lucido da anni di paziente lavoro da parte del vecchio corso d’acqua. Si rimise in piedi e guardò a monte, in direzione del cavalcavia da dove era precipitato. O meglio da dove LO AVEVANO FATTO PRECIPITARE. Doveva essersi spinto a valle per almeno quattro, cinque miglia almeno.

Doveva sbrigarsi. C’era un bel po' di strada ad attenderlo, e tutta quanta a piedi.

Decise di seguire a ritroso il corso del Chingachcook, ma tagliando in obliquo attraverso la fitta boscaglia. Avrebbe ridotto leggermente l distanza tra lui ed il paese, e si sarebbe tenuto ben nascosto alla vista. Si sa mai che quei balordi che gli avevano organizzato quel bello scherzetto avessero deciso di scendere giù per un giro di perlustrazione, giusto per vedere se era il caso di finire il lavoro.

Era quantomeno opportuno muoversi con una certa celerità, e tenendo occhi e orecchie bene aperti a scorgere il primo segnale sospetto. Inoltre, era completamente zuppo. Rimanere in quello stato per troppo tempo significava rimediare un appuntamento galante con una bella dama che di nome faceva BRONCOPOLMONITE.

Mentre si metteva in marcia Nick si sforzò, secondo l’abitudine di Carotina, di trovare un lato positivo da tutta quella disavventura.

 

Il bicchiere é sempre mezzo pieno, vero?! Beh, vediamola così: se non altro il bagno fuori stagione mi ha fatto passare completamente la sbronza.

 

Già, la sbronza. Ma solo perché stava lasciando il posto a qualcosa d’altro.

LA RABBIA. Quella, a differenza dell’altra, stava considerevolmente aumentando. Istante dopo istante.

Doveva concentrarsi sulla missione, per dimenticare il dolore ed il freddo. E la sua missione, ora, era di restituire tutto quanto e con gli interessi a chi gli aveva architettato tutto questo. Fino all’ultima fitta e all’ultimo brivido. Lo stava già pregustando.

 

Che il cielo lo aiuti, quando riuscirò ad averlo tra le mani.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggie aveva quasi ultimato le pratiche, per quella mattina. E Nick avrebbe dovuto far ritorno a momenti per il consueto giro di ronda.

Finnick, nel frattempo, era intento a spazzare il pavimento con una scopa più grande di lui. Indossava una bandana nera con motivi aztechi (parolacce e bestemmie in lingua nativa, a detta sua), ed un grembiule presumibilmente bianco copriva il suo consueto binomio costituito da polo nera con striscia verticale rosso sangue sul fianco destro e shorts verde oliva. Dicesi PRESUMIBILMENTE BIANCO perché l’unica parte visibile del tessuto, coperto da patacche di sporco dalla natura imprecisata, era la gigantesca margherita piazzata al centro.

Il piccoletto accompagnava le operazioni di pulizia cantando a squarciagola una delle sue hit preferite della sua personalissima playlist:

 

“...SO’ UNO SHTRANO ANIMALO, IO SON’ UN TIPO ECCEZZIUNALO…

...SONG’ O’ RAS D’O’ QUARTIERE, E DETENGO IL POTERE…

...SE TU ME FAI PERDER LA PAZIENZA, ALLORA CI SHCATTA LA VIUULENZA…

...A – A – AH…

...SE SHTO AL VULANTE DE LO MIO FUGGONE, ME SENTO PIU’ FORT’ D’UN LEONE…

...E SHPADRONEGGIO…

...LA DOMENICA QUANDO VADO A LA PARTITA, DENTRO A LO SHTADIO IO RISHCHIO LA VITA…

...A – A – AH…

...PE’ LA GGENT’ IO SO’ UN TIPO VIUULENTO, IO SO’ ANIMALO AL CIENTO PE’ CENTO...GRAN BELL’ANIMALO…

...PER CONTINUAR A CAMPAR, M’HANNO FATTO EMIGRAAAR…

...IIO, FORTUN’ CHE C’HO UN CERVELL’ ECCEZZIUNALO...VERAMENT’ ECCEZZIUNALO…

...MAA...LA GGENT’ ME RETIENE UN’ ANIMALO...I’ SSO PEGG’ D’UN MAIALO…

...PER TIRAR A CAMPAR, HO DOVUTO EMIGRAAAR...”

 

La vice, che fino a quel momento si era limitata ad ascoltare in silenzio scuotendo ogni tanto il capo, decise che era giunta l’ora di porre fine a quell’autentico strazio per i suoi timpani.

“Allora” gli disse, “mi avevi detto che tu e Nick eravate soci in affari, prima che lui si arruolasse in polizia.”

“Sure.” rispose lui.

“E...di cosa vi occupavate, di bello?”

“Mmh...industria dolciaria, ramo semifreddi. GHIACCIOLI, per i fiscalisti e i precisini.”

“Capisco.”

“Oh! Quasi me dimenticavo...anche reperimento e riciclo di materiale di recupero per costruzioni edili.” aggiunse il fennec subito dopo. “That’s all, folks.”

La daina, a quella rivelazione, fece tanto d’occhi.

“I – industria dolciaria...e materiali per costruzioni edili?!” Esclamò, perplessa. “Scusami tanto, ma non vedo il nesso, tra le due cose...”

“Ahr, Ahr! TU NO ME CREES? Non ci credi? E perché non hai una mente abbastanza elastica, CHICA. Come tutti quelli che vivono qui, d’altra parte. Eeeehh, nei paesini come il vostro mancano i concetti, mancano le idee. Quello mio e del mio socio era il classico esempio de BUSINESS INCROCIATO. Zootropolis offre un sacco de oportunidad, di opportunità, a chi e capace de far funzionare lo spinterogeno che tiene dentro la sua cabeza. Como mi. Y como Nicky. E le grandi idee portano siempre mucho dinero nelle tasche, se sfruttate a dovere. Dinero a palate! Seguro! Ci sei mai stata, piuttosto?”

“No...” confidò lei. “...non ci sono mai stata, almeno per ora. I miei nonni materni venivano da Zootropolis. La trovavano troppo caotica, per il loro gusti. Preferivano la quiete dei boschi al frastuono della città. Volevano un posto tranquillo e pacifico. E così sono venuti qui.”

“Dovresti proprio farti un giro da quelle parti un giorno o l’altro, GUAPA. Te innamoreresti de quel posto. Sono pronto a scommetterci.”

“Beh, allora...forse é meglio che rimanga qui.” rispose Maggie, ridendo.

“De gustibus non est disputandum, mia cara.” commentò Finnick mentre si dirigeva nel bagno, dopo aver recuperato uno strofinaccio ed un paio di flaconi.

“Uh!” aggiunse, fermandosi di colpo. “Quello é il caffè di Laureen, per caso? Posso favorire?”

Stava indicando la tazza che si trovava lì da ancora prima del suo arrivo. E che aveva tutta l’aria di essere ancora intonsa.

“Mph. Fà pure, Finn. A me non va. Ma ti avverto che é lì già da un po'. Sarà freddo, ormai.”

“No te preocupe. Un bel CAFECITO della tua MAMACITA me lo sgargarozzerei anche ghiacciato.”

E prese due abbondanti sorsate.

“Aaaahhh! Ora que me ce fai pensare, chissà come verrebbe bello ghiacciato con una bella spruzzata de panna, azucar de canna tritato fine fine e scaglie de cioccolato amaro in cima. Mmmhh...un bel RUMBA FURPUCCINO, una delle gioie della vita...quasi quasi chiedo a Laureen se le va di mettersi in società con me ed iniziare la produzione all’ingrosso. Faremmo un sacco ed una sporta de soldi io e lei, con questa bontà!!”

E si diresse di nuovo verso il gabinetto, portandosi dietro la tazza e continuando a bere.

Due secondi dopo la porta d’ingresso si spalancò di colpo.

Sulla soglia vi era Nick, completamente fradicio dalla testa ai piedi. Era ansimante per la lunga camminata a tappe forzate e tremava per il freddo, cingendosi il busto con entrambe le braccia.

Ma soprattutto, a giudicare dallo sguardo, doveva essere veramente fuori dai gangheri.

Maggie si coprì la bocca con il palmo della mano destra, di fronte a quella desolante visione.

“Oh, cielo! Nick!!”

Balzò fuori dalla scrivania e gli corse incontro.

“Stai...stai bene?” chiese, fermandosi ad un passo da lui.

“Se sto bene? Se sorvoliamo sul fatto che hanno appena tentato di farmi la pelle...si, sto bene.” replicò lui, con tono sarcastico.

“Ma che é successo?”

“E’ SUCCESSO che qualcuno da queste parti non ha ancora capito bene l’antifona, a quanto pare. E sarà opportuno rispiegargli un paio di cosucce.”

In quel mentre si udì la voce di Finnick.

“Ehi, BELLEGAMBE! Il tuo capo, nonché il mio socio, se lo recuerda ogni tanto de tirare due spruzzate de deodorante, qui dentro? Ho pulito la scorsa settimana e sembra che c’é passato un ippopotamo con la dissenteria, MALDICION!!” Urlò, mentre faceva capolino dalla porta.

“Grazie per la tua lucida ed esauriente descrizione tecnica.” lo zittì Nick. “Ora che ci hai messo al corrente di quest’amara verità, siamo tutti più tranquilli. Sul serio, Finn. Se c’é una cosa che ho sempre apprezzato di te é il tuo FANTASTICO senso della misura e della scelta dei tempi, davvero.”

“HAIL TO YOU, WILDE BOY! Ma che cappero ti é successo? Ti hanno lavato a novanta gradi, per caso?! Ahr, ahr!!” Chiese il fennec, scoppiando in una fragorosa risata.

“Niente in confronto a ciò che accadrà al simpaticone che ha ideato questo bello scherzetto, ci puoi giurare!” rispose secco la volpe.

“Io vado a ripulirmi e a darmi una sistemata.” aggiunse poi, rivolgendosi a Maggie. “In quanto a te, prendi le chiavi e và a mettere in moto la volante. Ti raggiungo subito.”

“M – ma...”

“MUOVITI!!”

“S – si.” balbettò lei.

Mentre le passava davanti, procedendo diretto verso la scalinata che conduceva al seminterrato, la vice noto che sulla parte posteriore della sua camicia hawaiiana ormai sbrindellata e ridotta a strisce vi erano delle chiazze rosso scure di sangue rappreso e rinsecchito.

“Ehi! Ma tu...sei ferito!” gli disse.

“Naah, tranquilla. E’ poco più di un graffio. Non é nulla, sul serio.”

“Ma stai sanguinando, dannazione!!”

“Non ho il tempo di sanguinare. Và ad accendere la macchina, Maggie. ORA. E’ UN ORDINE.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nick si presentò fuori dalla centrale cinque minuti più tardi. Indossava una t – shirt blu scuro, dei pantaloncini ad altezza ginocchio color sabbia ed una giacca a vento senza maniche color celeste, munita di due ampie e voluminose tasche lungo i lati: un completino ideale per una scampagnata. Ma, a giudicare dal modo in cui era uscito dalla stazione, tutto doveva avere in mente tranne che un’allegra gitarella fuori porta.

Maggie lo attendeva nel piazzale, appoggiata alla fiancata sinistra, con la portiera aperta.

“Dove siamo diretti?” Chiese.

“Alla cartiera di Carrington.” tagliò corto lui.

“Alla...cartiera?”

“SI. ALLA CARTIERA. Voglio fargli sapere di persona cosa penso della sua più recente iniziativa. E mettiti dalla parte del passeggero: questa volta guido io.”

“O – ok.”

La vice fece il giro, aprì la portiera dall’altro lato e prese posto proprio nello stesso momento in cui Nick si precipitava al posto di guida.

“Levami solo una curiosità...ma la tua macchina che fine ha fatto?” Domandò ancora lei mentre partivano a tutto gas.

“Sta scandagliando il fondo del fiume, alla ricerca di qualche raro esemplare.”

“Che...che cosa hai detto?”

“E’ finita a far compagnia alla fauna ittica, Maggie. Andata. Out. Ti spiegherò strada facendo. Ora sbrighiamoci.”

 

 

 

 

 

 

Finnick, intanto, aveva seguito il suo amico a breve distanza ed era rimasto sull’uscio, immobile e con lo straccio ancora in mano, ad osservare la scena.

“Tsk...fate attenzione, COMPADRES. FATE MOLTA, MOLTA ATTENZIONE.” mormorò a voce bassa, sguardo serio e voce rammaricata.

Non appena li vide allontanarsi, si decise a tornare dentro a finire i mestieri. Riprendendo con la sua bizzarra litania:

 

“...SO’ UNO STHRANO ANIMALO, IO SON’ UN TIPO ECCEZZIUNALO...”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Non riesco a crederci. Davvero ti hanno fatto finire dentro il fiume a sud del paese?”

“Proprio così. Mi sono salvato a stento. Ma per la mia auto non c’é più nulla da fare, purtroppo.

“Lo credo bene. E comunque, lascia perdere l’auto. E’ già un miracolo che tu l’abbia scampata, credimi. Quel fiume ha già parecchie vittime sulla coscienza. Ha delle correnti molto forti, specie in questo periodo dell’anno.”

“Credo che dovremo organizzarci con Bob per effettuare il recupero. Ma non ora. Adesso come adesso abbiamo una cosa molto più importante di cui occuparci.”

“Per l’appunto. Tornando a quello...mi spieghi che cos’hai intenzione di fare?”

“Diciamo che qualche cosuccia ce l’ho già in mente, poi improvviserò.”

“Come sarebbe a dire?”

“Lo vedrai. Lascia fare a me.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano ormai giunti nei pressi dello stabilimento. La sbarra elettrica era completamente abbassata, e non c’era alcun camion in transito.

Maggie pensò che avrebbero sistemato la volante nel parcheggio vicino alle inferriate, insieme alle altre. Invece vide, con sua enorme sorpresa, che la macchina di pattuglia stava tirando dritto. E non solo: stava acquistando sempre più velocità.

“Nick...” disse, voltandosi allarmata verso di lui.

“Tieniti forte.”

Questa fu la sua risposta. Due semplici parole. Che però le fecero capire tutto, riguardo alle sue intenzioni.

“Ma che stai...NO, ASPETTA!!” Urlò, incrociando le braccia e coprendosi il viso.

Nick ignorò la sua supplica e pigiò l’acceleratore al massimo. La volante andò addosso alla sbarra, tranciandola di netto nel punto dove si collegava al supporto basculante, per poi proseguire la sua corsa sfrenata nell’ampio cortile interno.

Nick piantò la vettura proprio lì in mezzo e scese, procedendo a passo spedito verso il secondo capannone.

“Fermati, Nick! FERMATI, HO DETTO!!” Gli urlò di nuovo dietro Maggie, mentre scendeva a sua volta.

Lui non la udì nemmeno. Entrò nell’edificio ed in prossimità delle bobine della macchina continua incrociò Quincey, spalleggiato e guardato a vista da Dillon e Rourke, mentre consultava uno dei capisquadra.

“CARRINGTON!!”

Il grido fu talmente forte da coprire quasi il rumore delle apparecchiature. I tre si voltarono all’unisono, ed il terrore apparve sui loro volti. Soprattutto sul volto delle due guardie del corpo, i cui segni del precedente scontro erano ancora ben visibili sotto forma di lividi e cerotti.

L’orso polare e la tigre si guardarono l’un l’altro, incerti se scappare o meno. Poi scapparono. Si scambiarono al volo un rapido cenno d’intesa e poi sgattaiolarono via, ognuno in una diversa direzione, lasciando il loro padrone da solo, tremante, a fronteggiare l’inatteso visitatore.

Carrington era pallido come un cencio. Sembrava che avesse visto uno spettro comparirgli davanti all’improvviso. Del resto, quello avrebbe dovuto essere Wilde, ormai: un fantasma. Sempre che Stagger e Levine avessero seguito gli ordini alla perfezione.

“No...no!!” Disse, con un filo di voce. Poi, alla vista dei due scagnozzi che se la davano a gambe gli fece recuperare un minimo di autocontrollo.

“Dillon! Rourke!!” Urlò furibondo. “Dove state andando? Che diamine state facendo, per la miseria? Dovete difendermi, avete capito?”

“Ci...ci spiace, capo.” si giustificò l’orso.

“Coppia di imbecilli che non siete altro! MA COSA VI PAGO A FARE, EH?!”

“Non ci paga abbastanza per affrontare QUELLO.” aggiunse di rimando la tigre.

Nick, che nel frattempo aveva assistito divertito alla scena, decise di intervenire.

“Certo che te li sai scegliere proprio bene, i tuoi guardaspalle.” commentò, scrocchiandosi le nocche e preparandosi ad usarle di nuovo. “E ora a noi due. Perché non ti decidi ad affrontarmi faccia a faccia una buona volta, invece di continuare a mandare avanti gli altri e abbaiare ordini?”

“Stammi...stammi lontano!!” Gridò quest’ultimo, correndo verso l’ascensore che dava al piano di sopra.

“Non puoi sfuggirmi! Vieni qui, SUBITO!!” Gli intimò la volpe.

Ma le porte dell’elevatore si stavano già richiudendo su Quincey, mettendolo al sicuro. Almeno per il momento.

Doveva acchiapparlo a tutti i costi, prima che riuscisse a barricarsi all’interno del suo ufficio. Altrimenti ci sarebbe voluto del bello e del buono per tirarlo fuori di lì.

Nick si guardò rapidamente intorno. Possibile che l’ascensore fosse l’unica via di accesso al secondo piano? Nel caso si fosse guastato, come avrebbe fatto a salire o a scendere? Calandosi o arrampicandosi con una fune, forse?

La risposta alla sua domanda gli venne data da una rampa di scale dalla forma elicoidale, situata sulla destra, che dava su di una passerella di acciaio.

Nick fece la scalinata di gran corsa, e giunse al termine della passerella sopraelevata giusto in tempo per vedere Carrington precipitarsi lungo il corridoio, prevedibilmente in direzione del suo ufficio con la chiara intenzione di barricarcisi dentro, dopo aver opportunamente sprangato le porte.

Operazione che gli sarebbe venuta anche abbastanza facile, visto che aveva provveduto a sostituire quelle precedentemente sfondate da lui medesimo con due robuste porte blindate. A quanto sembrava quel verme da camposanto si era preso le sue precauzioni, dopo l’ultima stangata.

Tirarlo fuori da lì sarebbe risultato impossibile. Doveva intercettarlo prima, ad ogni costo.

“FERMATI!!” Glì gridò ancora, mentre iniziava a rincorrerlo.

“NON...NON TI AVVICINARE! STA’ LONTANO DA ME, CAPITO?” Gli urlò di rimando il suino, senza smettere di scappare.

Quincey tentò di accelerare ma Nick fu più rapido. Eseguì uno scatto e in una frazione di secondo gli fu addosso, balzandogli sulla schiena e buttandolo a terra. Poì, dopo averlo girato verso di sé, gli appioppò un terrificante destro in piena faccia.

“Ti avevo avvertito di non costringermi a tornare qui. Ma tu te ne sei infischiato del mio avvertimento, non é così? Perché tanto tu credi di poter fare l’accidente che ti pare da queste parti, dico bene?”

Detto questo, lo afferrò per il bavero e lo rimise in piedi di viva forza.

“Tirati su, sacco di concime.”

E accompagno l’esortazione con un altro destro corto alla bocca dello stomaco, seguito da un altra larga sventola di nuovo con il destro. Carrington finì contro la scrivania della sua segretaria, la signorina Earnshaw.

Sembrava il ripetersi di una scena già nota: Nick lo aveva placcato proprio nei pressi della postazione di lavoro di Emma, e proprio come l’altra volta, lo stava picchiando impunemente sotto i suoi occhietti sbarrati dal terrore.

“Si...signor Quincey...” squittì la poverina.

“E – Emma, la prego...” bofonchiò il suo capo.

“Lei non si impicci!” Le intimò la volpe. “E’ una faccenda privata. Una faccenda tra me e lui, mi sono spiegato? Lei ne stia fuori!”

“Vedi, alle persone intelligenti é sufficiente spiegare le cose una sola volta, perché capiscano.” aggiunse poi, mentre lo riafferrava per il colletto della bianca camicia. “Se uno ha bisogno di farsele ripetere, vuol dire che non ci arriva con la testa! E allora, occorre usare altri metodi.”

“Emma, per l’amor del cielo!” Implorò Carrington, girandosi ancora nella sua direzione. “Non rimanga lì impalata! Non lo stia a sentire! C – chiami subito l – la...”

“Sentiamo, pezzo di idiota: chi dovrebbe chiamare, eh? LA POLIZIA, FORSE?” Lo interruppe Nick, ormai fuori di sé. “SONO IO LA POLIZIA, QUI! FICCATELO BENE, IN QUELLA TUA ZUCCA! E LO SAI CHE SIGNIFICA? SIGNIFICA CHE QUANDO INIZIO A PRENDERTI A CALCI, PUOI SOLTANTO APRIRE BOCCA PER CHIEDERMI DI CONTINUARE, ECCO CHE SIGNIFICA!!”

“T – tu...”

“Io cosa? Non dovrei essere qui? E’ questo che intendi dire? Già, perché a quest’ora dovrei ritrovarmi sul fondo del fiume ed in pasto ai pesci, non é vero? E’ così che doveva andare, secondo i tuoi piani?”

“I – io n – n – non...”

“Ah, vorresti dirmi che tu non centri nulla, forse? E allora spiegami perché hai tagliato la corda non appena mi hai visto. Li hai mandati tu quelli che hanno tentato di farmi la pelle, ho indovinato? Glielo hai ordinato tu!”

Nick trascinò Quincey verso le finestre situate dietro la scrivania. Afferrò la maniglia di una di esse, la girò e, dopo averla aperta, ce lo spinse contro.

“Hai tentato di eliminarmi, carogna. E ora, che ne diresti se io facessi la stessa cosa con te, eh?”

Diede un’ulteriore spinta verso l’esterno e la testa di Carrington iniziò a sporgere completamente, insieme alla metà superiore del busto. Il suo volto era bianco come quello di un morto, e gli occhi riversi e fuori dalle orbite. Sembrava dovesse perdere i sensi da un momento all’altro.

“Gh...gh...”

Non aveva più fiato, nemmeno per gemere.

“Volevi farmi fuori, eh?” Incalzò la volpe, con tono furibondo. “Ma ti é andata male anche stavolta. Ti é andata male sia con me che con Ricketts. Chissà, forse io avrò maggior fortuna!”

Poi, all’improvviso, uno sparo.

Nick si voltò di colpo.

Vide Maggie, alle sue spalle. Il volto di lei era contrito in un espressione di malcelato disappunto. Collera e rimprovero permeavano i suoi occhi, uniti ad una singolare risolutezza. Nella mano destra impugnava la sua sparadardi, puntata verso l’alto.

Uno dei proiettili si era appena conficcato nel soffitto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

A tempo di record ho pubblicato questo capitolo, ed ora ho dodici giorni per postare anche l’ultima parte, in modo da non lasciare la storia in sospeso sul più bello.

Ce la farò? Spero di si!!

Qualche appunto su questo capitolo:

Prima di tutto, sono due giorni che rido come uno scemo ad immaginare Finnick che canta QUELLA CANZONE (con le opportune correzioni) in grembiule, mentre fa le pulizie...d’altra parte, visto che nella versione italiana lo doppia il grande Diego Abatantuono, non vedo perché non possa essere anche INTERPRETATO da lui. Mi é venuta, così, al momento. Spero vi piaccia.

Il principio dei ces...pardon, dei vasi comunicanti a cui ripensa Nick non é proprio così. Anzi, é tutta un’altra cosa. E con gli scarichi dei gabinetti non c’entra nulla. Diciamo che la nostra volpe non prestava molta attenzione a scuola, e non era molto ferrato su certe materie. E non perché non sia intelligente (anzi, credo che nel film e fino ad ora abbia dimostrato ben il contrario!): semplicemente, credo non abbia mai avuto molta voglia di studiare. Così come credo che a scuola non ci fosse praticamente MAI. Già in giro a bighellonare a e truffare la gente a quell’età, magari già in combutta con il suo pestifero compare…

E il riferimento al Cliffside Asylum non é affatto casuale: quando rientrerò dalle vacanze vorrei pubblicare una one – shot dedicata proprio a quel frangente (sarà un missing moment), prima di ricominciare con la mia serie regolare.

Colonna sonora: dal momento in cui Nick e Maggie partono alla volta della cartiera in poi, sparatevi CASTLE OF GLASS dei Linkin Park.

Infine, ringrazio come sempre hera85, Sir Joseph Conrard, LittleCarrot, Nilson_D_Rayleigh_2001, zamy88, darkdestroyer (bentornato! E mi riferisco anche alla tua nuova storia!), nami92 e Plando per le recensioni.

E un grazie anche per aver detto la vostra sul mio incidente: mi ha fatto molto piacere. Forse non é opportuno tirare in ballo argomenti personali su un sito di racconti amatoriali, ma come ho già detto più volte in questo fandom mi sto trovando a meraviglia. Sembra di stare in un gruppo di AMICI.

GRAZIE DI CUORE A TUTTI, DAVVERO.

E un grazie, come sempre, a chiunque leggerà la mia storia e vorrà lasciare un parere.

Ci vediamo tra non molto per l’ultima parte!

 

 

 

 

 

See ya!!

 

 

 

Roberto

 

 

 

P.S:

Una piccola correzione, prima di pubblicare…

Sembra proprio che questo sia proprio un periodo maledetto, per gli incidenti stradali...e non a tutti va sempre di fortuna come é andata al sottoscritto, purtroppo…

Voglio fare un ultimo saluto ad un mio amico che se n’é andato stamattina, mentre era in vacanza, a causa di una caduta dalla bicicletta...accidentale o provocata da un tamponamento non si sa ancora…

Negli ultimi tempi c’eravamo un po' persi di vista (sapete com’é: il lavoro, gli impegni, la famiglia...gli anni passano, la compagnia inevitabilmente si sfalda ed ognuno prende la sua direzione nel grande fiume della vita), ma ne abbiamo passate tante insieme.

Di fronte a queste cose non c’é poi molto da dire, ritengo che il modo migliore per affrontare la perdita di una persona sia un rispettoso silenzio. E non sono uno che vive di rimpianti e di ricordi. Ma una cosa la voglio dire.

 

I RICORDI CHE VI GUADAGNATE, TENETEVELI BEN STRETTI.

PERCHE’ IL TEMPO E’ UN GRAN BASTARDO.

 

 

CIAO, SAVERIO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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