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Autore: Echocide    02/08/2017    3 recensioni
Dai lombi fatali di questi due nemici
toglie vita una coppia d'amanti avventurati,
nati sotto maligna stella,
le cui pietose vicende seppelliscono,
mediante la lor morte...

Agreste e Dupain sono due famiglie nobili di Paris, una città ricca di mistero e magia.
Una notte, il patriarca degli Agreste condanna i Dupain alla morte e dalla strage della famiglia, una bambina si salva: il suo nome è Marinette.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Inori
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: fantasy, romantico, drammatico
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 2.226 (Fidipù)
Note: Buon pomeriggio! Eccoci qua con un nuovo aggiornamento di Inori (vi ricordo che il prossimo sarà il 30 di agosto) e...beh, in effetti non è che abbia molto da dire, se non che in questo capitolo sarà presente una scena classica della tragedia di Sheakespeare che, ovviamente, ho rivisitato. Scusami, Willie. Non volevo rovinare la tua opera.
Detto ciò, parto subito con le classiche informazioni di rito: come sempre, vi rimando la pagina facebook per ricevere piccole anteprime e restare sempre aggiornati. Vi ricordo che domani ci sarà un nuovo capitolo di Laki Maika'i, mentre venerdì sarò il turno di Miraculous Heroes 3 e sabato, invece, verrà aggiornata Scene.
E, dulcis in fundo, voglio dire grazie a tutti voi che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste!


 

Armand Lahiffe lesse nuovamente l’invito ricevuto poche ore prima, attendendo con pazienza la moglie nell’androne della propria abitazione e cercando di comprendere la sensazione che aveva avuto da quando aveva aperto la busta: era uno strano senso di attesa, quello che l’aveva posseduto, dal momento in cui aveva letto le prime parole della breve lettera, in cui era invitato a palazzo, assieme alla moglie e al figlio; una strana sensazione era serpeggiata lungo la schiena, rendendogli impossibile stare fermo in un punto e, allo stesso tempo, difficoltoso muoversi.
C’era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto ciò, sebbene non fosse nemmeno una cosa così rara venir richiamati a castello dal reggente.
Che cosa lo stava mettendo in allarme?
Che cosa non gli faceva pregustare il piacere di incontrare il suo signore e magari perorare la causa del disfacimento del fidanzamento con i Bourgeois?
Scosse il capo, lasciando andare un lungo sospiro e si voltò, osservando il figlio mentre giocherellava distratto con i bottoni dorati della giubba, perso completamente in un mondo tutto suo; Armand sorrise, alzando la testa e osservando la tromba delle scale che portava al piano superiore e domandandosi mentalmente quanto tempo sarebbe stato necessario, prima che sua moglie fosse pronta.
Strinse le dita, lasciandole poi andare e scuotendo le mani, quasi a scacciare così ciò che lo possedeva senza riuscire nel suo intento.
C’era qualcosa che non gli quadrava in tutta quella storia e il suo istinto sembrava metterlo in allarme.
Forse sarebbe dovuto andare da solo.
Forse avrebbe dovuto lasciare la sua famiglia lì, a casa, al sicuro.
Un rumore di passi gli fece alzare lo sguardo verso l’alto, mentre sua moglie scendeva con calma la scalinata, bellissima nell’abito dalle tinte calde; sorrise appena, allungando una mano e aiutandola a scendere gli ultimi gradini e portandosi poi le dita nude alle labbra, posando un bacio sulle nocche: «Possiamo andare, mia diletta?» domandò, notando Nino avvicinarsi a loro.
«Quando vuoi, mio signore.»


Marinette osservò la figura completamente vestita di nero che la precedeva, seguendola fra i cespugli e ringraziando la pallida luna piena che donava un po’ di luce: «Saresti dovuta rimanere a casa di Fu» mormorò la voce del suo accompagnatore, mentre questi si abbassava e si nascondeva fra la vegetazione, facendo poi guizzare lo sguardo verde sulla zona e annuire a qualcosa che solo lui aveva visto.
Marinette lo imitò senza rispondergli e ricordando le poche ore che erano passate da quando avevano ricevuto la notizia dell’attentato alle vite dei Lahiffe: non era riuscita a pensare lucidamente, lasciando all’anziano il compito di ordinare agli uomini ogni cosa e osservando la figura silenziosa di Adrien, ammantarsi sempre più di una rabbia repressa.
Non era sembrato d’accordo su tante cose e la sua presenza lì sembrava essere quella che, più di tutte, lo aveva fatto infuriare.
«E’ u-un mio compito» mormorò Marinette, chinando la testa e storcendo le labbra, sentendo la sua voce incerta e traballante sulle parole: «Io…» il rumore della carrozza la fermò dal continuare, rimanendo in silenzio e ascoltando il suono delle ruote che viaggiavano sulla strada dissestata, congiunto a quello degli zoccoli dei cavalli che macinavano velocemente il terreno.
Come era il piano?
Fermare la carrozza e poi?
Sospirò, scuotendo il capo e lasciando andare il respiro, cercando di ricordare cosa era stato detto nella veloce riunione che avevano fatto prima di mettersi in moto: avrebbero dovuto fermare i Lahiffe, prima che questi arrivassero nel punto in cui li stavano attendendo i sicari, parlare con Armand Lahiffe e poi scortare tutta la famiglia nell’abitazione di Fu e da lì decidere il da farsi.
Era stato in quel momento che Adrien aveva parlato, opponendosi al fatto che anche lei dovesse essere presente.
Fu l’aveva ascoltato, negando poi con il capo e ricordandogli chi lei era: non semplicemente Marinette ma il capo dei Dupain e il suo compito era essere proprio lì, in quel momento.
Marinette alzò una mano, spostando leggermente un rametto e osservando la strada ancora deserta, in attesa della carrozza che era preannunciata dal rumore: sarebbe andato tutto bene, n’era certa.
Non ci sarebbe stato nulla di cui preoccuparsi.
Spostò leggermente lo sguardo sul giovane accanto a lei, alzando appena gli angoli nella bocca in un sorriso tenue, mentre osservava la maschera che copriva il volto e gli abiti scuri: Chat Noir era tornato, sebbene adesso sapesse chi si celava sotto l’identità fittizia che l’aveva corteggiata e fatta innamorare così velocemente.
Un vero e proprio colpo di fulmine.
Adrien spostò lo sguardo su di lei un secondo, prima di tornare a fissare davanti a sé: «Stai vicino a me» dichiarò perentorio, quasi fosse abituato a farsi obbedire e, in un certo senso, era così: era stato cresciuto come un principe ed era abituato a dare ordine, alla fine.
Marinette annuì, mentre i cavalli e la carrozza facevano capolino all’inizio della strada e lei rimase in silenzio, osservando alcuni uomini uscire dal loro nascondiglio e fermarsi in mezzo alla strada, in modo da bloccare così il viaggio dei Lahiffe: si issò in piedi, uscendo anche lei dal suo rifugio, sentendo i movimenti di Adrien alle sue spalle e palesò la sua presenza, mentre Armand Lahiffe apriva lo sportello e si affacciava: «Che cosa sta succedendo?» domandò, facendo un passo sul pedalino e guardando gli uomini riuniti, fermandosi poi sull’anziano uomo che era avanzato: «Fu. Che sta succedendo?»
«Sembra che tu abbia fatto arrabbiare Gabriel, Armand.»
«Cosa?»
«Ti stiamo salvando dalla morte. Tua e dei tuoi parenti.»
Armand Lahiffe aprì la bocca ma nessuna parola uscì dalle labbra e scosse il capo, saltando giù dalla carrozza e guardandosi attorno, osservando uno a uno gli uomini lì riuniti e fermando lo sguardo sulla giovane coppia, poco distante: «E’ un onore per me incontrarvi, principessa» dichiarò, facendo un passo verso i due giovani e inginocchiandosi davanti a Marinette e Adrien: «Mio principe. La mia vita è nelle vostre mani e vi ringrazio.»
«Armand…» Adrien iniziò a parlare, venendo interrotto dal suo nome detto da una voce familiare: alzò la testa, notando Nino fare capolino dalla carrozza con un sorriso allegro in volto, un’espressione di gioia che anche lui ricambiò, scuotendo poi il capo e avanzando, chinandosi e poggiando le mani sulle spalle dell’uomo: «Armand, io non sono niente. L’unica davanti che merita la tua devozione e fedeltà è la principessa Dupain. Solo ed esclusivamente lei.»


La luna piena era alta nel cielo, che dominava con la sua figura pallida e illuminava appena il giardino, altrimenti immerso nelle ombre della notte: Marinette poggiò le mani sulla balaustra di pietra, osservando l’oscurità che si estendeva sotto di lei e chinandosi poi, fino a poggiare il mento contro i polsi intrecciati, mentre i ricordi della giornata scivolavano nella sua mente e la stanchezza sembrava averla posseduta.
Da qualche parte nell’abitazione, Fu stava sicuramente parlando con i Lahiffe, spiegando loro la situazione in cui vertevano i giochi di equilibrio di tutta Paris: sarebbe dovuta essere partecipe, essere presente e ascoltare, dimostrando così di essere la vera erede di Tom Dupain ma tutto ciò che aveva voluto, invece, era starsene sola e in tranquillità.
Fu non aveva obiettato e l’aveva lasciata fare.
Sembrava fosse passata un’eternità da quando aveva aperto gli occhi quella mattina, eppure così tante cose erano successe in quella giornata: avevano salvato i Lahiffe, Gabriel Agreste sicuramente era venuto a conoscenza della sua identità e Adrien…
Adrien.
Adrien adesso era lì con lei.
Socchiuse gli occhi, lasciando andare il respiro che aveva trattenuto e non sapendo come collocare il giovane nella sua nuova vita: era un Agreste e ciò l’avrebbe condotto a morte certa, non appena sua madre l’avesse scoperto: «Adrien…» mormorò, assaporando per la prima volta il nome del ragazzo: non l’aveva mai detto a voce alta, troppo timorosa di rendere reale ogni cosa.
L’identità del giovane.
L’odio fra le loro due casate.
Si rialzò, socchiudendo gli occhi e offrendo la testa alla luna, mentre un lieve sorriso le piegava le labbra: «Adrien» bisbigliò per una seconda volta, scuotendo poi il capo e sentendosi l’imbarazzo salirle e ghermirle le guance in una morsa di fuoco: che senso aveva ripetere il nome di qualcuno che era così odiato dalla sua famiglia? Fu e Theo l’avevano accolto bene, come anche Alya.
Ma il resto dei sostenitori dei Dupain?
L’avrebbe accettato così facilmente oppure avrebbe solamente visto in tutto ciò l’opportunità di togliere di mezzo l’unico erede di Gabriel?
«Ma perché sei un Agreste?» domandò rivolta verso alla luna e sentendo il cuore dolerle di fronte a tutto ciò che sarebbe successo, non appena l’identità del giovane fosse stata rivelata: «Se tu non lo fossi, io…»
«Non sono più un Agreste» Marinette sobbalzò al suono della voce decisa di Adrien, voltandosi e osservandolo mentre rimaneva fermo sulla porta del balcone, un sorriso incerto in volto: «Perdono. Ero venuto per parlare e ho sentito la tua voce, sono entrato e…» si fermò, chinando la testa mentre accorciava la distanza fra loro: «Hai detto il mio nome.»
«Sì»
«Ma il mio nome è tuo nemico.»
«Sì»
Adrien annuì con il capo, tenendo lo sguardo basso e lasciando andare un sospiro, prima di alzare la testa e sorridere, notando che entrambi avevano parlato con gli occhi rivolti al pavimento: «Non sarò più Adrien o un Agreste, allora. Puoi chiamarmi come più preferisci, mia signora» si fermò, sorridendo allo sguardo celeste che si era alzato e adesso lo fissava con sorpresa: «Anche Chat Noir.»
«Chat Noir?»
Adrien alzò le spalle, sorridendo appena e appoggiandosi con i fianchi alla balaustra di pietra, chinando lieve la testa verso di lei: «E’ un nome come un altro, non credi?» le domandò, incrociando le braccia al petto e annuendo deciso: «Oltretutto mi sta anche bene.»
Marinette sorrise, posando gli avambracci sulla pietra e osservando il giardino immerso nella notte, sentendo il calore del corpo di Adrien vicino al suo: «N-non dovresti stare qui: se mia madre ti scopre, ti ucciderà» storcendo le labbra di fronte alla titubanza che sentiva nella sua voce, mentre si tratteneva dal farsi aria al volto, completamente in fiamme.
«Non ho altro posto dove andare» dichiarò Adrien, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé: «E l’unico posto dove voglio stare è qui, al tuo fianco» si fermò, sciogliendo le braccia e voltandosi verso di lei, poggiando una mano sulla pietra: «Se tu mi ami, nient’altro ha importanza per me. Preferisco morire per mano dell’odio di tua madre, che sopravvivere senza il tuo amore.»
«I-io…»
«Devo forse giurare per dimostrarti quanto ti amo?» le domandò il ragazzo, guardandosi attorno e alzando poi la testa, mentre lo sguardo verde si calamitava sulla luna piena; Adrien annuì, tornando a voltarsi verso la ragazza e alzando una mano, carezzando con le nocche la linea della mandibola: «Mia signora, per quella sacra luna che inargenta le cime di quegli alberi, giuro...»
Due dita si posarono lievi sulle sue labbra, impedendogli di continuare a parlare e rimase immobile, vedendo Marinette negare con la testa e posare su di lui lo sguardo limpido e cristallino: «N-non sai cosa s-si dice sui giuramenti sulla luna?» gli domandò, incespicando sulle parole, quasi fosse difficoltoso parlare per lei. Adrien negò appena, facendola sorridere appena: «Non si giura sulla luna, perché è incostante e si trasforma. Se giuri sulla luna, anche il tuo amore sarà uguale: incostante e mutevole.»
Adrien prese le dita di Marinette fra le sue, voltando il palmo e posando le labbra al suo centro, mentre lo sguardo verde era fisso su di lei: «Su cosa dovrei giurare?» domandò, tirandola appena e accorciando la distanza fra loro: «Dimmelo e lo farò.»
«N-non giurare.»
Adrien rimase immobile, annuendo poi lentamente con la testa e posando nuovamente le labbra sul palmo di lei: «Non giurerò allora» bisbigliò contro la pelle, baciandola e serrando maggiormente la presa, quando la sentì muoversi fra le sue dita, cercando di liberarsi: «Non giurerò su niente e nessuno.»
Il viso era ormai incandescente, mentre la carezza delle labbra di Adrien le provocava brividi che si dipanavano per tutto il corpo, serpeggiando lungo la schiena e riunendosi tutti in un solo punto del suo corpo; strattonò il braccio, che lui teneva prigioniero, riuscendo a liberarsi e portandosi poi la mano all’altezza del cuore, il respiro diventato improvvisamente affannato e lo sguardo che non riusciva a staccarsi da lui: «Io vado» mormorò, cercando in lui la stessa agitazione che aveva lei nel cuore e nel corpo.
Arretrò di qualche passo, voltandosi e dirigendosi decisa verso la porta: «Vuoi lasciarmi così insoddisfatto?» la voce di Adrien la fermò, facendola voltare e osservare il giovane: teneva stretto la balaustra di pietra, lo sguardo verde rivolto verso di lei e quasi sentiva la sua carezza sul corpo, mentre il suo respiro era affannato proprio come quello di lei.
Marinette sorrise, voltandosi completamente e inclinando appena la testa, vittoriosa nel fatto che anche lui sentiva la sua stessa agitazione: «Che soddisfazione vuoi avere stanotte?» gli domandò, osservandolo mentre vagava con lo sguardo in ogni luogo della terrazza, prima di posarsi su di lei e un sorriso malizioso gli piegò le labbra, arrivando dritto al suo cuore che aumentò i battiti, e il calore scivolò lungo le sue guance, catturandole l’intero viso: «Buona notte, Adrien» mormorò la ragazza, balbettando un poco su quelle poche parole, e arretrando di un passo e sgusciando all’interno dell’abitazione, sentendo fino all’ultimo le iridi verdi su di sé.

   
 
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