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Autore: DramioneMalfoy    02/08/2017    3 recensioni
Essere la figlia di uno dei più influenti gerarchi nazisti può essere un vantaggio o una condanna ai primordi del terzo reich. Lo sa bene Kathrein Bergmann, costretta a mentire e dissimulare i propri pensieri. All'esordio di una nuova era è costretta a fronteggiare la realtà della pura razza ariana di cui fa parte e scendere a patti con la propria coscienza, non senza un coinvolgimento emotivo straordinario che si snoda attraverso esperienze al limite e affetti inseguiti sino in fondo al baratro. In questo connubio di sentimenti e colpi di scena Kathrein si lascia trasportare dalle sue emozioni e dall'affascinante e misteriosa vicinanza dello standartenführer Diedrich Schneider, con il quale vivrà un'intensa e passionale storia d'amore che sarà lo spiraglio di luce nel tunnel degli orrori della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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I segreti del Terzo Reich


Villa Bergmann
3 settembre 1939 ore 21:00

La sala ricevimenti della casa era più grande di quanto ricordasse e sembrava risplendere di luce propria quella sera, benché fosse stata comunque imbandita per renderla ancora più festosa ed accogliente.

Ogni candelabro gettava luci ed ombre sui volti degli invitati e l'argenteria era disposta ordinatamente lungo il tavolo al quale i commensali si sarebbero accomodati più tardi. Il salone ripiombava in maniera molto sobria nell'eleganza e raffinatezza secondo i gusti e le disposizioni di Elsbeth.

Quando Kathrein fece la sua comparsa in cima alle scale, ogni brusio si zittì immediatamente ed un centinaio di sguardi meravigliati si posarono sulla sua persona.

Un gradino alla volta, poi, si rese conto che in realtà gli invitati dovevano essere più di duecento ed ognuno di loro aveva lo sguardo puntato su di lei. Tuttavia cercava un paio d'occhi in particolare, che però non riuscì a scorgere tra la folla. In compenso scorse il sorriso di Josel che bastò a confortarla in quei minuti di tensione.

Nonostante non si sentisse mai a disagio e, tutt'altro, solitamente erano gli altri a sentirsi in soggezione sotto il suo sguardo, quella volta dovette ricredersi. Fu lei a sentirsi sotto esame ed ebbe paura che il minimo errore le sarebbe costato una figuraccia a lei e alla sua famiglia davanti agli occhi di tutta la società lì presente.

"Sei nata per questo" le parole di suo padre le rimbombarono nella testa.

Così, prendendo un lungo respiro interiore, si decise a scendere sotto lo sguardo vispo dei presenti. Ad ogni gradino sentiva l'ansia crescere ed il desiderio di scappare immediatamente via da quella sensazione di perbenismo e oppressione faceva a botte con le sue gambe che continuavano la loro discesa.

Sentiva alcuni occhi trafiggerla, scandagliarle e tentare di strappare da lei quell'aria così regale. Sapeva di essere detestata da molte di quelle donne, pur conoscendone davvero poche. Infatti riconobbe pochi visi e constatò che ci fossero molti ufficiali con le rispettive consorti che non aveva mai visto prima.

Quando ebbe terminato di scendere tutti gli scalini, trovò suo padre ad attenderla che, fasciato dall'alta uniforme, le porgeva la mano in un gesto di galanteria. Kathrein la strinse senza pensarci due volte, felice di trovare un punto d'appoggio stabile che non la facesse vacillare sui suoi tacchi.

Sorrise verso di lui e poi rivolse il medesimo sorriso al resto degli invitati. Quella fu la maschera che indossò per tutta la sera.

Appena ebbe superato quella che Kathrein era convinta fosse solo la prima prova di accettazione nella società ariana, gli invitati tornarono a parlottare tra loro e a diradarsi nel giardino.

La musica intratteneva la maggior parte delle signore presenti e dei loro mariti, mentre molti altri sembravano fare la fila per avvicinarsi ai coniugi Bergmann e conoscere Kathrein.

Proprio mentre i due scambiavano chiacchiere d'occasione con un parigrado di Heinfried e sua moglie, la ragazza decise di congedarsi momentaneamente chiedendo scusa alla coppia.

Si allontanò e, già stanca della frivolezza e della boriosità di quell'ambiente, decise di avviarsi verso il giardino. Tuttavia, come era a accaduto quella stessa mattina, quasi come un richiamo, alzò lo sguardo e incrociò quello di Wallis Simpson in fondo alla sala.

Rabbrividì un attimo e si chiese nuovamente cosa quella donna volesse da lei e perché la fissasse in maniera così insistente. Non l'aveva mai vista prima di quella mattina, a nessun ricevimento, e adesso non era nemmeno sola. Un uomo in cui Kathrein riconobbe il duca di Windsor, conosciuto per aver abdicato al trono d'Inghilterra, le stava accanto reggendo un flûte e parlando animatamente con un uomo che Kathrein sapeva essere un funzionario del Reich.

Le parve strano che un inglese, per di più facente parte della famiglia reale, si trovasse in Germania, in una casa piena di tedeschi. L'ostilità che scorreva tra le due nazioni era ormai diventata una faccenda storica e negli anni si era solo potuta confermare. Tuttavia, da qualche parte, Kathrein aveva letto che tra il duca, la sua famiglia e la sua madrepatria, non scorresse buon sangue dopo che queste l'avevano costretto ad abdicare in favore di una donna. Eppure, si ritrovò a pensare, non avrebbe mai immaginato che un uomo come lui rinunciasse al trono per l'amore di una donna come Wallis.

Non aveva mai sentito parlare di lei prima d'ora ma, come aveva già constatato quella mattina, non era bella o, almeno, non quanto qualsiasi altra donna che un re potrebbe avere al suo fianco. Eppure c'era qualcosa in lei che suscitava un senso di ammaliamento persino in Kathrein.

Non le aveva mentito quando le aveva detto che riteneva giusto sfruttare le proprie doti e i proprio ascendenti per arrivare a stare accanto a uomini potenti e, in qualche modo, conoscerne e manipolare i piani politici. Ripensò a quando si era aggiustata il tailleur prima di entrare nell'ufficio di suo padre e il pensiero che anche Diedrich poco dopo era entrato nella stanza con quella donna e al modo in cui, inspiegabilmente, si era irrigidito poco prima quando l'avevano nominata in camera sua, le fecero venire un conato di vomito. Forse era una spia, probabilmente cercava di compiacere suo padre o chi ancora più in alto di lui spifferando gli affari del marito. Per ricevere cosa poi? Ancora più potere?

L'idea disgustò Kathrein al punto da distogliere lo sguardo e puntarlo altrove. Qualcosa, o meglio qualcuno, le afferrò il mento e lo voltò delicatamente nella sua direzione. Pur sentendo ancora lo sguardo di fuoco della donna puntato su di sé, quello di ghiaccio che incontrò la disarmò e le fece dimenticare qualsiasi pensiero.

«Cosa guardi?»

La mano di Diedrich scese possessivamente a stringere la sua, abbandonata lungo il fianco, e il lieve contatto bastò per Kathrein a chiedersi se la sua vicinanza e i suoi occhi avrebbero sortito sempre quell'effetto su di lei.

«Nulla in particolare» mentì lei, dando definitivamente le spalle a Wallis e lasciandosi guidare dall'uomo.

Molti erano a conoscenza della sua relazione con l'ufficiale Schneider poiché, qualche mese prima, avevano quasi ufficializzato il fidanzamento. Altri sembravano essere stupiti, come quel quartetto di donne che li guardavano e confabulavano tra loro, come se fossero invisibili. Kathrein alzò gli occhi al cielo, constatando la loro stupidità e si chiese se anche loro avessero creduto ai pettegolezzi sul conto di Diedrich in Italia.

Nessun altro parve notare le loro mani strette. Pur essendo una serata in onore della ragazza e la stanza gremita di gente, tutti sembravano indaffarati a imbellettarsi sotto lo sguardo di Heinfried.

Ad ogni modo l'ufficiale ritirò la mano dalla sua quando, avvicinandosi al tavolo del rinfresco, afferrò due bicchieri di champagne e ne porse uno a Kathrein. Accettò, nonostante il liquido giallastro non la facesse impazzire, per mandare giù qualcosa e tentare di riempire quella voragine di tensione e insofferenza che le si era aperta nello stomaco. Prese un solo e raffinato sorso, ma ciò non le impedì di esibirsi in una smorfia quando l'alcool arrivò a bruciarle la gola.

Diedrich scoppiò a ridere davanti alla sua espressione e, diversamente, con tranquillità fece roteare il fondo del liquido nel bicchiere e, poi, lo buttò giù tutto d'un sorso.

«Sta' lontana da Wallis Simpson» affermò poi con aria mortalmente seria, al punto da farla sussultare.

Finse un'espressione stranita e fece per rispondere, ma prima ancora che potesse aprire bocca Diedrich ribadì prenetorio:

«Stalle lontana, Kathrein»

Tuttavia l'ordine le arrivò come un consiglio apprensivo ed evitò di dirgli del biglietto con l'indirizzo che la donna le aveva lasciato quella mattina. Evidentemente Diedrich temeva, per qualche motivo a lei sconosciuto, per la sua incolumità e allora si ritrovò ad annuire, consapevole che in realtà avrebbe fatto di tutto per approfondire in merito a quella donna.

L'espressione tesa dell'ufficiale sembrò distendersi e, sfilandole il bicchiere dalle mani, lo appoggiò accanto al suo sul tavolo e la condusse verso la porta che si apriva sul giardino. Tuttavia una voce li richiamò e li costrinse a voltarsi. Elsbeth, ancora ferma accanto ad Heinfried dove li aveva lasciati poco prima, faceva cenno alla giovane coppia di avvicinarlesi, obbligando Kahtrein a ritornare sui suoi passi.

Sentì la mano di Diedrich stringere la sua più forte e Kathrein non ci prestò molta attenzione, sapendo quanto al suo fidanzato infastidissero le interruzioni. Ad ogni modo assunse una maschera imperscrutabile ed educatamente, pur essendo evidentemente sotto costrizione, si avvicinò con lei ai due coniugi.

Kathrein sospirò, ma anche lei adottò un sorriso di circostanza e fece notare all'uomo accanto a lei la sfumatura rossastra che l'anello con il teschio le stava disegnando sulla pelle candida del palmo. Immediatamente allentò la morsa, ma non abbandonò l'aria di stizza che l'aveva investito a quel richiamo.

Una volta al fianco dei suoi genitori, notò la presenza di una bellissima ragazza dai boccolosi capelli castani e dai profondi occhi scuri che la catturarono immediatamente.

«Kathrein lascia che ti presenti Edda Ciano, la figlia del Duce»

La presentazione di suo padre lasciò la sua bocca completamente asciutta e si pentì di non aver trangugiato tutto lo champagne, almeno l'avrebbe sostenuta. Quella Edda, la donna che aveva disturbato i suoi ultimi sogni trasformandoli in angosciosi incubi, si trovava ora nel salone della sua casa e portava con sé il peso delle dicerie che aveva udito. Quello che uscì dalle labbra di sua madre, però, la turbò ulteriormente.

«Suo marito rimarrà qui per qualche giorno per concludere alcuni affari, allora ho pensato che potreste trascorrere del tempo insieme. Siete più o meno coetanee e condividete gli stessi interessi per la razza, sono sicura che andrete più che d'accordo e diventerete ottime amiche»

Adesso capiva perché Diedrich improvvisamente aveva cambiato umore e stretto repentinamente e con una tale forza la sua mano. Quindi lui lo sapeva già? Quella donna sarebbe rimasta nella sua stessa casa insieme a loro e avrebbe anche dovuto fingere di prendere del tè insieme nel giardino? L'idea di trascorrere del tempo con il fulcro dei pettegolezzi su Diedrich in Italia le contorse le viscere e lo stomaco si chiuse, stringendosi su se stesso.

Si ritrovò a maledire le idee di Elsbeth e sforzò il sorriso più finto che aveva. La trafisse con lo sguardo ed Edda sembrò averlo notato, ma nascose il sussulto sotto il suo scialle di taffetà.

«Certo ne sono sicura anch'io» affermò con falsità, mentre inarcava un sopracciglio in direzione della donna.

«Sarà un piacere per me signora Bergmann, fare la conoscenza di vostra figlia. Ne ho sentito tanto parlare...dall'ufficiale Schneider»

Quando pronunciò il suo nome sembrò quasi cullarcisi sopra come una cantilena mentre nascondeva un risolino che, agli occhi degli altri avrebbe potuto sembrare adorabile, a quelli di Kathrein la fece sembrare una gatta morta da prendere volentieri a schiaffi.

Quando i suoi genitori si congedarono per andare ad accogliere altri invitati che continuavano a riversarsi nella sala senza fine, rimasero solo loro tre e, mentre le due donne si guardavano in cagnesco, Diedrich sembrava velatamente annoiato.

Tuttavia il silenzio durò non più di pochi secondi, poiché la ragazza italiana
provvide subito a interromperlo con una sfacciataggine inaudita.

«Diedrich, mi devi ancora un ballo ti ricordo» mormorò con aria fintamente innocente e i suoi occhi saettavano da lui alla pista da ballo, quasi come se Kathrein fosse invisibile. Il suo tedesco strascicato contribuì a colpire ancora quel fascio di nervi scoperti che urlavano per sbatterla fuori dalla sua casa. Poi si ricordò che fosse la figlia dell'alleato italiano, ma per la seconda volta dovette reprimere di alzare  gli occhi al cielo e sbuffare davanti alla sua voce lagnosa che mormorava il nome di Diedrich con infantilità e supplica.

Il fatto che lei si prendesse il lusso di dare del 'tu' al suo fidanzato, le fece intuire che dovessero avere una gran confidenza ma cercò di rimanere impassibile e attese la risposta di Diedrich.

Lui, per tutta risposta, la guardò interrogativamente quasi a chiederle il permesso, in realtà Kathrein sapeva che avrebbe comunque fatto ciò che voleva lui come sempre ma sembrava voler capire se a lei avrebbe dato fastidio. Ovviamente vederlo ballare mentre stringeva un'altra non rientrava nella lista delle cose che avrebbe voluto fare con entusiasmo, ma non avrebbe mostrato nessun segno di debolezza né a lui né a lei. Per questo annuì silenziosamente e aspettò che i due si spostassero al centro della sala, unendosi al resto delle coppie che danzavano.

«Puoi aspettare ancora, Edda» asserì placidamente Diedrich però, lasciando di stucco entrambe le donne e, non dando nemmeno il tempo di elaborare il rifiuto a nessuna delle due, prese di nuovo per mano Kathrein e la condusse in giardino come stava facendo pochi attimi prima che venissero interrotti.

Scombussolata dalla situazione e dalla tagliente freddezza che aveva utilizzato, la ragazza si chiese se avesse rifiutato perché aveva individuato l'evidente fastidio nei suoi occhi o se anche lui la considerasse una presenza fastidiosa dall'accento tedesco piagnucolosamente tirato.

Quando furono fuori prese aria e dovette fare un grosso respiro per non scoppiare a piangere. La tensione che quei pochi attimi avevamo accumulato in lei a serata appena iniziata le fecero presagire che avrebbe dovuto mantenere i nervi saldi ancora per un bel po'. Eppure, si disse, non ci sarebbe potuto essere nessun altro avvenimento particolarmente destabilizzante come quello di ritrovarsi Edda alla festa in suo onore. Nonostante tutto, poco più tardi si sarebbe accorta che quello era solo il primo di tanti altri.

«Mi avevi detto che Edda era dispiaciuta della tua partenza, non che avessi viaggiato tutta la notte con lei dall'Italia sin qui» accusò Kathrein puntandogli un indice al petto, quando ebbe ritrovato la forza di articolare qualche parola.

Camminando si erano allontanati parecchio e, senza accorgersene, erano arrivati fuori dalla visuale di chiunque, nascosti da alcune querce.

«Ho viaggiato con i miei uomini. Quello che fanno le mogli degli altri, poi, non sono affari miei. Edda stessa era venuta a salutarmi prima della partenza, dicendomi che non avrebbe seguito suo marito a Berlino»

Spiegò Diedrich mentre con eleganza si sedeva sul bordo di quella quercia che suo padre aveva fatto piantare il giorno della sua nascita, su cui lei amava trascorrere le giornate osservando le papere nel laghetto di fronte. Era sempre stata gelosa di quel rifugio così prezioso e, un tempo, non l'avrebbe condiviso con nessun altro che non fosse suo padre.

Tuttavia negli anni il suo punto di riferimento era diventato Diedrich e il fatto che lui condividesse con lei quel luogo così surrealmente magico, lo faceva sembrare ancora più confortevole.

«È venuta a salutarti, facendo un ultimo disperato tentativo di infilarsi nel tuo letto?» chiese retoricamente con più sarcasmo di quanto credeva sarebbe riuscita a racimolare.

Lui alzò le spalle e si accese una sigaretta, che con innata raffinatezza portava alle labbra per poi sbuffare via il fumo.

«T'interessa di quel che fa lei o di ciò che faccio io, Kathrein?» ribatté, questa volta più duro e deciso a chiudere definitivamente quella storia. Ma Kathrein sapeva che, finché quella donna non se ne fosse andata, non sarebbe stata tranquilla anzi sempre costantemente sull'attenti.

Tuttavia non poteva incolpare Diedrich per le azioni di Edda e lo sapeva bene, ma in qualche modo la vedeva come una valida avversaria e, sebbene fosse sposata, aveva molte qualità esteriori che avrebbero potuto corrispondere ai canoni ariani prediletti dal suo fidanzato.

«Semplicemente non sopporto che si esponga così civettuolamente con te e per di più in mia presenza. Quando ti ha visto sembrava aver avuto l'acqua nel deserto ed è davvero snervante il modo in cui parla» mormorò mentre faceva due passi in avanti e rivolgendo lo sguardo verso i movimenti di Diedrich.

L'osservò mentre gettava via la sigaretta consumata dal fumo e dall'insofferenza di Kathrein al suo silenzio. Poi Diedrich si spettinò leggermente i capelli e la ragazza, nonostante la durezza dei suoi lineamenti e la stanchezza di una notte passata in treno e una giornata in macchina per attraversare la Germania, non poté non ammettere a se stessa la bellezza inscalfibile e il luccichio dei suoi occhi quando si posavano su di lei. Uno sguardo così intenso da farle dimenticare quello perforante di Wallis e quello ostile di Edda.

Poi, con compostezza e non abbandonando mai la sua regale calma, Diedrich le rispose:

Poi, con compostezza e non abbandonando mai la sua regale calma, Diedrich le rispose:

«Quindi io dovrei spaccare la faccia a Schulze, dato che meno di un'ora fa l'ho visto uscire dalla stanza della mia fidanzata»

Kathrein sussultò e si sentì colta in flagrante, benché non fosse successo nulla tra di loro. Tuttavia si ritrovò ad ammettere che dal punto di vista di Diedrich sarebbe potuta sembrare davvero una situazione equivoca. Ad ogni modo, Kathrein non si lasciò intimidire dalla sua accusa e rispose a tono:

«Il maggiore è stato così gentile da riportarmi dei fogli che avevo lasciato nello studio, è stato un ordine di mio padre. Alexander non...» ma prima che potesse concludere la frase Diedrich alzò il viso di scatto e la interruppe con un sorriso sardonico.

«Alexander? Mi fa piacere che tu sia così in confidenza quando fino a sei mesi fa non riuscivi a parlare con nessun uomo che portasse questa divisa eccetto me. Non parlavi neppure con tuo padre, se non di rado e adesso arriva Schulze a cambiare tutto?»

Si ritrovò ammutolita, schiacciata dal retrogusto amaro che la verità riservava quando veniva sbattuta in faccia con tale chiarezza.

«Non abbiamo la stessa confidenza che hai tu con Edda, assolutamente» sentenziò Kathrein mentre muoveva una mano nell'aria per motivare ulteriormente la sua giustificazione.

«Quello che volevo dire è che il maggiore non mi ha mancato di rispetto e non l'ha fatto neanche con te, non so cosa tu pensi di lui ma come molti altri neanche lui sa del nostro fidanzamento»

«Certo Kathrein, avresti dovuto essere tu a dirglielo. Io l'ho ribadito sempre ad Edda e a tutte le altre, ma il cattivo sembro io» la schiettezza e la durezza utilizzate da Diedrich le fecero sentire il peso di una colpa inesistente addosso.

«Mi ha soltanto scortata da Parigi e mi ha salvato la vita. Gli sono grata, dovresti esserglielo anche tu se davvero dici di amarmi» mormorò con la voce spezzata, ormai sull'orlo delle lacrime e bisognosa di sfogare tutte le mancanze che in sei mesi aveva provato. Cercava di difendere Alexander dalle reazioni imprevedibili di Diedrich, ma più di tutto cercava di tappare i troppi buchi e solchi che si erano creati tra di loro.

Avrebbe voluto che Geli fosse lì, esattamente in quello stesso punto dove si erano salutate per sempre otto anni prima, che l'abbracciasse e la facesse sentire di nuovo bambina lontana dall'esigenza di concludere un matrimonio con un buon partito e di figurare e prevalere sulle altre donne agli occhi del führer. Avrebbe voluto che qualcuno fosse lì, a concederle il lusso di poter vivere un'altra vita, a dirle di poter cambiare chi essere.

Se avesse potuto scegliere Kathrein sarebbe voluta rinascere in Italia tra i suoi paesaggi mozzafiato che creavano spettacoli alpini e appenninici che nei secoli avevamo ispirato quadri di grandi artisti. Le colline sempre verdi, le immense distese di pianure e le coste frastagliate dall'azione erosiva del mare. Avrebbe voluto vivere un po' di più. Allora le sarebbe piaciuto vivere anche a Ginevra, in Svizzera, tra i ghiacciai fusi nel lago del Rodano, inspirando l'aria di libertà tra le sue rive. Aveva sognato di viaggiare tanto e, seppur la sua posizione sociale in quanto donna appariva minata, era riuscita ad ottenere un minimo di indipendenza che la guerra aveva spazzato via come si fa con le briciole dal tappeto.

«Gliene sono grato Kathrein, come lo sono a Lang per averti salvata. Alexander è mio amico da sempre e voglio credere che non sapesse davvero di noi due, perché nonostante il fidanzamento non sia ancora ufficializzato, è quello che voglio. Ho visto come ti guarda, come ti guardano tutti da sempre. Ma adesso che sono tornato definitivamente non ho più intenzione di passarci sopra, Kathrein. Non permetterò più a nessuno di guardarti in quel modo»

Le parole di Diedrich furono pronunciate con una tranquillità quasi irreale e bastarono a lasciare Kathrein senza fiato per qualche secondo. Non perché la sua gelosia la stupisse, nonostante fosse un uomo dalle staffe perfettamente ferree, altre volte in passato era già stato geloso di lei, ma le aveva appena, seppur indirettamente, ribadito la sua intenzione di ufficializzare la loro storia. Nonostante ciò, qualcosa di ancora più remoto si fece spazio, a tentoni tra la speranza e l'imposizione di non illudersi, nel suo cuore invadendola di felicità.

«Tornato definitivamente? E l'Italia? La base ad Est?» mormorò mentre le lacrime non accennavo a ritornare indietro, ma si tramutavano in gioia.

«Credo dovranno arrangiarsi senza di me» scherzò l'uomo mentre le passava il pollice sulle gote per asciugare una lacrima che era sfuggita al suo controllo. Il suo tocco indugiò ancora, accarezzando la guancia e poi il collo. Dopo continuò a parlare.

«Quando un ufficiale del Reich decide di sposarsi, con una tedesca ariana, il regime approva e favorisce la loro unione. Vengono stanziati dei contributi economici, di cui fortunatamente non avremo bisogno, ma viene garantita anche la possibilità di essere trasferiti il meno possibile e di trascorrere molto tempo in patria»

«Per concepire un figlio e contribuire alla causa della razza» concluse Kathrein sorridendo amaramente.

«In realtà da una coppia di puri ariani, potenti e di spicco nella gerarchia come noi, ci si aspetta più di un erede. Ma non è quello che voglio Kath, o almeno non solo e non subito. Avrai tutto il tempo necessario per te stessa»

La dolcezza di Diedrich le apparve inusuale persino per lei. Benché le avesse sempre riservato un atteggiamento più docile rispetto agli altri, non si era mai aperto così direttamente come adesso.

«Pensaci e basta» tagliò corto lui, mentre la riprendeva per mano e la riconduceva verso l'entrata dell'enorme e imponente villa.

Erano stati via già troppo tempo e tutti si sarebbero domandati dove fosse finita la persona per cui quella stanza era stata addobbata come se fosse il ricevimento di una famiglia reale. In realtà, pensò Kathrein, non avevano vite molto entusiasmanti e fremevano per fare pettegolezzi sulla sua.

Ancora scombussolata si lasciò guidare dal tocco gentile dell'ufficiale accanto a lei. Camminando lungo il viale, scorse poco più in là Alexander e la sua fidanzata e, inaspettatamente, a dispetto delle sensazioni che l'avevano colta le due volte precedenti, fu felice di vederlo ridere spensieratamente con quella ragazza che le sembrava sinceramente bellissima. Poi aveva notato che l'espressione di Schulze si era fatta più seria e che il suo sguardo stesse guardando qualcosa di indefinito, ma con l'oscurità Kathrein non poté, dirlo per certo. Tuttavia lo vide avvicinarsi all'orecchio della sua fidanzata e sussurrarle qualcosa, lei annuì e mano nella mano rientrarono nell'abitazione.

Avvicinandosi di più alla villa, si rese conto che la musica era stata interrotta e che il silenzio regnava sovrano. Eppure la sala, dal giardino ormai vuoto, sembrava essere animata da qualcos'altro.

Diedrich portò una mano a sistemarsi i capelli e si avvicinò ad una macchina blu dai finestrini oscurati, ferma davanti al viale, che prima non aveva notato. Kathrein mancò qualche battito quando capì che fosse arrivato Hitler e tutto ad un tratto il motivo per il quale la villa era piombata in un mutismo rispettoso le apparì chiaro e lampante.

Tuttavia il silenzio surreale fu scandito dal rumore degli anfibi di Diedrich che andava ad accostarsi alla fiancata dell'auto, in attesa che l'autista andasse ad aprire la portiera al führer e potesse accoglierlo da bravo soldato del Reich.

Essere così vicina, in prima fila, la fece sentire esposta ad un pericolo che non percepiva sino in fondo. Tuttavia la mano di Diedrich non lasciò mai la sua e la stretta contribuì a farla sentire al sicuro. Lui sembrava così naturalmente posato in quel tipo di mondo e lei non avrebbe mai saputo controllare così bene le sue emozioni, nemmeno dopo anni di rigida disciplina ed educazione impartita da Elsbeth.

Ogni volta che doveva rivedere quell'uomo, Kathrein pensava alla pallottola che attraversava Geli e rabbrividiva ad immaginare il suo corpo freddo al tatto, disteso in una pozzanghera di sangue sul suo letto.

Quando si riscosse dai suoi pensieri le arrivò una fitta ondata divento gelido che la costrinse ad avvolgersi meglio nella sua pelliccia. Contemporaneamente, una testa bionda fece capolino per prima dall'abitacolo e in lei Kathrein riconobbe Eva Braun con la quale, seppur non condividesse alcun tipo di legame, si scambiò un saluto caloroso. Forse anche lei viveva una vita che non desiderava per l'amore di un folle, eppure nessuna delle due se l'era mai confessato e avevano continuato a scambiarsi convenevoli soltanto in pubblico negli anni.

Quando anche Hitler uscì dall'auto, Diedrich alzò meccanicamente il muscoloso braccio destro fasciato dalla svastica, facendola sussultare per la repentinità, e a testa alta pronunciò chiaro e nitido:

«Heil Hitler»

Tuttavia la mano sinistra continuò a stringere quella di Kathrein che, invece del saluto nazista, preferì abbassare leggermente il capo in segno di rispetto e mormorò un semplice ma empatico:

«Mein führer»

L'uomo sembrò compiaciuto dall'accoglienza e fece intendere a Diedrich di poter assumere una posizione più comoda, così riabbassò il braccio e rimase compostamente al fianco di Kathrein.

Poi il cancelliere sembrò essere catturato dalla loro stretta di mano e Kathrein fece quasi per ritirarla, scottata, come se il semplice sguardo di quel folle potesse sporcare, macchiare, una cosa così bella, pura e candida. D'altra parte, invece, Diedrich strinse più forte intuendo i pensieri che stavano attraversando la mente della ragazza ma non disse nulla.

Ci fu un breve silenzio che risuonò grave tra i quattro e poi Hitler scoppiò a ridere, dal nulla, lasciando intravedere nuovamente la sua sragionevolezza a Kathrein. Batté una pacca sulla spalla dell'ufficiale e gli sorrise compiaciuto, poi quando si fu calmato spiegò il motivo di tale inaspettata contentezza:

«Diedrich, ragazzo mio, queste sono le unioni su cui si fonda la Germania. Il Reich ti sarà estremamente riconoscente per il contributo che stai apportando con una donna degna del tuo rango» fece un attimo di pausa e lanciò uno sguardo a Kathrein che, sebbene l'avesse vista già diverse volte in compagnia di Heinfried, era notevolmente cresciuta negli anni e aveva acquisito i tratti tipici di un'ariana pura.

«Belli, giovani e ai vertici» confermò più a se stesso che agli altri tre presenti, come se stesse parlando con qualcuno collegato da un mondo parallelo. Si portò l'indice alle labbra e sussurrò qualcosa di indecifrabile, mentre rifletteva su qualcosa. Kathrein attese in silenzio, quasi come se stesse aspettando un verdetto finale. Poi il führer sembrò risvegliarsi da un lungo sonno e, quasi con aria spiritata, si ricordò di non essere solo.

Negli anni, notò Kathrein, la sua stabilità era sempre più precaria e si chiedeva davvero come facesse mezza Germania a seguirlo senza rendersene conto. In cuor suo sperò che suo padre e Diedrich sapessero davvero ciò che facevano, o la loro estrema fedeltà al regime avrebbe condotto tutta la loro famiglia alla rovina. Dittature come quelle non potevamo essere destinate a durare, la decisione di dichiarare guerra dopo il fallimento della prima e le ristrette imposizioni del trattato che Hitler aveva violato ne erano la prova schiacciante.

«Sareste la coppia perfetta per la prossima propaganda sul matrimonio ariano per la difesa e la diffusione della razza. Un ufficiale del Reich e la figlia di un altro potente gerarca. Inoltre il fatto che tu sia la figlia di Elsbeth, che ha già posato per la causa, contribuirà a rendere più salda l'idea della continuità. È perfetto. Tenetevi a disposizione, Eva vi farà sapere i dettagli e quando Hoffmann* potrà scattarvi le foto. Adesso che non sei più trasferibile, avrai molto tempo per aiutare il tuo paese in questo modo Schneider»

Eva, dal canto suo, le rivolse un flebile sorriso. Un accenno appena visibile che lasciò a Kathrein la possibilità di scorgere la sua tristezza. In Francia, aveva sentito parlare della Braun come "la donna più infelice del terzo Reich"*. Forse, si disse, non avevano tutti i torti.

Sebbene quella del führer fosse più un'imposizione che una richiesta o un suggerimento, sembrava comunque aspettarsi una risposta dal suo uomo che non tardò ad arrivare prontamente come se fosse già stata preventivata prima ancora che Hitler scendesse da quella macchina.

«Ne sarò onorato, anche se preferisco l'azione»

L'uomo di fronte a lui, riscaldato dal suo cappotto lungo e oscuro, sembrò soddisfatto della risposta e inarcò un sopracciglio mentre si accarezzava i baffi con un dito.

«Manca poco, ragazzo mio» affermò l'uomo dando di nuovo una pacca a Diedrich che, vista con occhi differenti, poteva sembrare l'incitamento affettuoso di un padre al figlio. Kathrein non capì a cosa si riferisse e, comunque, non l'avrebbe potuto sapere.

Poi, sempre con la mano appoggiata sulla spalla di Diedrich, guardò nuovamente Kathrein e sempre più compiaciuto come se avesse vinto una scommessa di vita o di morte, parlò ancora in direzione dello standartenführer:

«Se penso che molti dei tuoi compagni si perdono dietro a gonnelle e piaceri di carni insulse. Ben fatto, Schneider»

La stretta sulla scapola dell'uomo si strinse ancora un po' per un breve secondo prima che Hitler lasciasse la presa e il braccio gli ricadesse lungo il fianco.

«Adesso se volete scusarci, è il momento di salutare i padroni di casa, piccola Kathrein» affermò l'uomo in sua direzione. Lei per tutta risposta sussultò, ricordando che chiamasse così Geli, poi falsamente cortese inclinò il viso di lato e abbozzò un sorriso cordiale.

Diedrich si spostò di lato per far passare Eva che mormorò un lieve ringraziamento. Poi sparirono oltre la porta vetrata del salone e loro rimasero fuori, soli, sotto le luci dei gazebo che illuminavano il giardino, le querce e la fontana.

Andò a sedersi proprio sul bordo di questa e, mentre Diedrich la guardava interrogativo, lei poté scorgere sua madre dalla vetrata che si apprestava ad accogliere il führer con più devozione di quanto quell'uomo meritasse per Kathrein.

«Non vuoi rientrare?»

Lei scosse la testa e dall'interno della sala si sollevò un "Heil Hitler" in coro, concitato. Immaginò la sala gremita di ufficiali nazisti e rispettive famiglie mentre, come burattini mossi da un filo invisibile, sollevavano il braccio destro come aveva fatto poco prima Diedrich stesso. Un asservimento totale ad un padrone inadatto, pensò Kathrein. L'immagine di tale sudditanza nel salone della sua casa fortunatamente non le era visibile, ma si delineava a grandi linee nella sua testa e ciò le provocò un brivido di disgusto e orrore.

«Stai tremando» mormorò Diedrich mentre si avvicinava a lei e le posava la giacca della sua divisa addosso.

La visione della svastica cucita sull'avambraccio la fece rabbrividire ulteriormente e le riportò alla mente la scena di tanti anni prima, quando si conobbero la prima volta e lui aveva avuto la stessa premura di adesso.

«Continui a tremare, dovremmo rientrare» ordinò perentorio allora, obbligandola ad alzarsi.

Tuttavia ignorò le sue parole e quando fu alla sua altezza piantò gli occhi nei suoi e si perse per qualche secondo. Poi, con una timidezza che non le era mai appartenuta prima, domandò:

«Quale propaganda?»

Diedrich corrucciò lo sguardo e mentre la guidava verso l'entrata, questa volta senza essere interrotti da nessuno, le diede le risposte che voleva:

«Goebbels sta organizzando un'altra campagna per coloro che continuano a tradire la propria razza con matrimoni misti, generando prole indegna»

La risposta dell'uomo fu più che esaustiva e, benché non condividesse l'ideale, annuì e chiede ancora:

«E perché parla del nostro matrimonio come se fosse qualcosa di già compiuto?»

A quel punto Diedrich scoppiò a ridere e si fermò un attimo, al centro del giardino, e inspiegabilmente la baciò. Fu un bacio leggero, ma per Kathrein significò più di molti altri perché inaspettato.

Ancora stordita dal gesto, udì a malapena la sua risposta:

«Gliene ho parlato oggi quando sono andato a Monaco a riferirgli le notizie della duchessa, gli ho comunicato anche la mia volontà di restarmene a Berlino per un bel po'»

Se fossero stati soli in quel posto e non avesse ricevuto una disciplina così rigida, gli sarebbe saltata in braccio in maniera indecorosa come faceva molti anni prima quando lui era solo un soldato semplice e lei ancora ragazzina. Ricordò per un attimo con nostalgia quei momenti insieme, quei pomeriggi passati nel giardino a correre e ridere spensieratamente o le chiacchierate sul letto della sua stanza. I pranzi e le cene con i suoi genitori, quando Diedrich si perdeva a parlare di politica con suo padre lei invece si perdeva ad ammirarlo, forte nei suoi ideali ed estremamente bello.

Adesso erano entrambi adulti e avevano dei doveri nei confronti del loro paese, nonostante a Kathrein non importasse più di tanto.

Quando rientrarono furono irrimediabilmente divisi da sua madre che la trascinò da un lato all'altro dell'enorme salone per conoscere famiglie importanti le cui figlie sarebbero dovute rientrare tra la sua cerchia di amicizie, volente o nolente, e dai parigrado di Diedrich che, dopo sei mesi trascorsi prima ad Est e poi in Italia, insistevano per bere con lui come i vecchi tempi e poi giocare a biliardo insieme.

Il resto della serata, quindi, trascorse tranquillo tra un convenevole e un altro, balli, chiacchiere e bicchieri di champagne. Sebbene non si fosse direttamente incontrata con Wallis, e anche sua madre sembrava volerla evitare, qualche volta l'aveva scorta a guardarla di nuovo inspiegabilmente con quell'aria truce.

Quando la serata sembrava stesse per volgere al termine, gli invitati congedarsi per tornare nelle loro abitazioni e Kathrein ringraziare Dio per aver superato la serata senza eccessive complicazioni, Heinfried invitò i presenti ad accomodarsi fuori per un ulteriore rinfresco.

Così, tutti gli invitati si riversarono all'esterno nella fresca sferzata di vento settembrina. Una tavolata di frutta e dolci era stata imbandita dove poco prima non c'era nulla ed era stata decorata da eleganti fiori in raffinati vasi scelti da Elsbeth.

Kathrein seguì la folla ma non capì il motivo per cui allungare ulteriormente la serata con quel banchetto, quando una torta di sette piani era già stata servita precedentemente. Era quasi mezzanotte e voleva solo ritirarsi nella sua camera, smettere di sentire le voci stridule di quelle oche, togliersi le scarpe e lasciare che il sonno l'avvolgesse tra le sue spire.

Notò Wallis che, furtivamente, dopo aver mormorato qualcosa a suo marito, si addentrava verso la rimessa e saliva su un'automobile di ufficio sparendo dalla villa. Non capì il perché fosse andata via così repentinamente, senza nemmeno aspettare suo marito. Forse non stava bene e gli aveva detto che sarebbe tornata prima in albergo, ma comunque la cosa la insospettì. Preferì non indagare oltre, l'avrebbe fatto l'indomani.

Due braccia la cinsero da dietro e, sebbene riconobbe subito la stretta, fu sorpresa da quel contatto così confortevole e si accorse di star agognandolo dal momento esatto in cui due ore prima l'aveva lasciato.

«Buon compleanno, amore mio» il bacio che le lasciò sul collo dietro all'orecchio le fecero venire i brividi e lui la strinse ancora di più a sé, contro il suo petto forte e caldo.

Scoccò la mezzanotte e i fuochi cominciarono ad esplodere colorati e brillanti nel cielo. Sussultò quando li vide espandersi e irradiarsi meravigliosi e stupefacenti tra le stelle. Tra tutti gli avvenimenti di quei giorni che si erano susseguiti da quando aveva ricevuto la lettera di suo padre in Francia, aveva completamente dimenticato che fosse il suo compleanno ma non sembravano essersene scordati Diedrich e i suoi genitori.

Era più che sicura, però, che fosse stato Diedrich a suggerire l'idea dei fuochi d'artificio ai suoi genitori perché le aveva sempre detto di adorare la sua espressione da bambina quando li osservava rapita.

Eppure si sentì tremendamente in colpa quando pensò di aver condiviso quel medesimo momento con un altro uomo solo qualche sera prima, tuttavia cercò di scacciare quella sensazione e godersi lo spettacolo cullata dalla protezione del corpo di Diedrich che per lunghi mesi le era mancata.

Quelli furono gli ultimi pensieri logici che riuscì a formulare, però, perché il rumore di uno sparo fu troppo vicino e la fece vacillare.

Dopo non riuscì a capire più nulla, solo brevi sprazzi di ricordi gettati su momenti di caos, di puro panico e terrore.

L'ultima cosa che ricordò fu l'immagine di Diedrich ed altri ufficiali del Reich che puntavano la pistola contro alcuni uomini che erano riusciti ad infiltrarsi nella villa, superando i controlli di sicurezza delle sentinelle, e avevano aperto fuoco sul banchetto.

Sentì un altro sparo. Poi, non riuscì a rammentare nient'altro.

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*Heinrich Hoffmann fu il fotografo personale di Hitler, presso cui lavorava Eva Braun. Fu lì, infatti, che i due si conobbero.

*la donna più infelice del terzo Reich era il soprannome che davvero fu attribuito ad Eva Braun all'epoca poiché, sebbene organizzasse sempre feste e vivesse tra i lussi e le illustri compagnie, tentò ben due volte il suicidio

Ciao tesorii!❤️
Come state? Volevo ringraziarvi di nuovo per tutto il sostegno che mi dimostrare. VI ADORO!
In questo capitolo indaghiamo un po' di più sul legame tra Kath e Diedrich, infatti è completamente dedicato a loro ed anche alle incertezze che derivano adesso dalla presenza di Edda sotto il loro stesso stesso..vedremo come si evolverà questa convivenza forzata AHAHAHAHAH 
Spero vi sia piaciuto, a presto😘
HeyC

  
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