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Autore: Ophelia_Roux    03/08/2017    2 recensioni
Per quale motivo uccideva? Poteva dimenticare, andare avanti e godersi la vita. Ma forse, quella cicatrice non era solo fisica. Quella cicatrice era anche mentale e da certe ferite dell'anima non si guarisce mai, anzi, ci prendono per mano e ci fanno annegare nell'abisso. E se invece fosse tutto un'illusione?
- Questo pensava la nuova stagista di criminologia alle prese con il suo primo caso: un piano di omicidi, un capo affascinante quanto arrogante e tante brillanti intuizioni che l'avrebbero condotta faccia a faccia con l'assassino.
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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De Illusionibus
 

"Ecco il suo caffè, signor Ricci, macchiato e senza zucchero"- quello era il terzo che gli avevo portato la stessa mattina. Il mio superiore aveva l'aria stanca ed il viso stressato di chi non dorme da diversi giorni. Il caso a cui stava lavorando lo stava mettendo KO. Io volevo rendermi utile e non portare solo caffè e riordinare scartoffie, ma ero l'ultima arrivata e nessuno aveva fiducia nelle mie capacità. Per quanto mi riguardava, cercavo di cogliere ogni minima occasione mi si presentasse per prendere il caso nelle mie mani. Tuttavia, senza successo. Avevamo a che fare con un killer mai visto prima. Il suo profilo accennava alla figura di una donna sulla trentina, bianca, molto attraente e manipolatrice. Uccideva le sue vittime con un preciso 'modus operandi': era così che veniva chiamato il modo di agire di un assassino. Le sue vittime erano uomini, tutti accomunati dall'essere piuttosto ricchi e di successo. Le tre vittime trovate dalla squadra sembravano essersi suicidate: non vi erano segni di percosse sui loro corpi ed erano stati ritrovati al di sotto di un'altura, dalla quale venivano gettati. 
"Appoggialo qui, Cassi. Vai pure, torna al tuo lavoro"- mi degnò quasi di uno sguardo, poi voltò subito la testa sulla lavagna. Le foto delle vittime erano ingrandite ed unite da un filo rosso. 
"Signore, ci sono novità sul caso?"- osai chiedere, lasciando trapelare la mia irrefrenabile curiosità dal tono di voce. Lui si voltò verso di me, guardandomi dall'alto verso il basso.
"L'esame tossicologico ha evidenziato tracce di LSD sulla lingua delle precedenti vittime ed abbiamo trovato la stessa firma vicino ad ogni corpo: una F ed una M tracciati nel terreno."
"Questo potrebbe essere un indizio illuminante, signore. Non crede?"- lui si voltò nuovamente verso me, scrutandomi.
"Mi dica Cassi, lei sa come agisce l'LDS sul cervello umano? Dovrebbe. Non ha forse una laurea in neuro psicologia? Mi dica allora, sono impaziente di essere illuminato dalla sua competenza."
Ecco lo sapevo, adesso mi toccherà portare caffè per il resto della carriera. Ma quale carriera?! Questo mi odia, mi farà terra bruciata intorno e finirò a fare la casalinga dipendente dal marito. Che mi invento adesso? LSD, secondo anno di Università. Non dovrebbe essere difficile, mi piaceva quell'argomento-" l'LSD è un allucinogeno"- "E su questo non ci piove, non sa dirmi altro?"- intervenne lui-"L'LSD agisce sia sul sistema nervoso centrale che su quello periferico. Una volta assorbita, la sostanza entra in circolo nel flusso sanguigno, raggiungendo il cervello. Superata la barriera emato-encefalica inizia l'interazione con i recettori, specialmente quelli per la serotonina, dopamina e glutammato. Gli effetti psichedelici dell' LSD si ritiene siano mediati essenzialmente dall'attivazione dei recettori eteromeri 5-HT2A e 5-HT2C che attivano la trasduzione del segnale intracellulare attraverso la gli enzimi fosfolipasi A2. L’interazione tra LSD e 5-HT1A, un altro recettore, provoca un’inibizione pre-sinaptica del rilascio di serotonina. Questa ridotta presenza di serotonina nella fessura sinaptica riduce la competizione sui recettori 5-HT2A, garantendo all’LSD tutto lo spazio recettoriale e, quindi, una maggior efficacia. Entrano poi in gioco le allucinazioni che alterano il senso di equilibrio e di umore della vittima, che non riesce più a distinguere il reale dal non reale, tale da indurlo in uno stato di trance."
Visibilmente sbalordito dalla mia spiegazione priva di interruzioni, fece un cenno d'assenso e confermò la mia versione. 
"Anche se spiegato grossolanamente, sono d'accordo con lei, signorina Cassi. Vedo che portare caffè non ha annebbiato la sua conoscenza scientifica. Torni pure al suo lavoro"- disse, liquidandomi con un cenno della mano e tornando col volto e le braccia incrociate sul tabellone. Ma come, non l'avevo impressionato neanche un po'? Avrebbe dovuto offrirmi di prendere parte al caso.
"Certo signore."- immagino di non dover forzare la mano, meglio starsene buoni al proprio posto. Infondo, non è affar mio questo caso. Mi voltai verso la porta, ma fu più forte di me. 
"La prego signore, mi faccia prendere parte al caso! Ho delle intuizioni, posso esserle utile: per esempio, se fosse tutto collegato? Magari l'assunzione di LSD è stato il modo con cui l'assassino ha spinto le vittime al suicidio. E da un punto di vista psicologico, il criminale può definirsi un manipolatore esperto, forse narcisista, segnato da un fattore di stress che ha innescato il susseguirsi di omicidi. E la vittimologia? Parliamo di uomini benestanti e di successo. Il killer deve necessariamente classificarsi come narcisista di natura insicura, che maschera con un aspetto attraente. Una vendetta in piena regola. Probabilmente ha subito un torto e adesso sta nutrendo il suo ego, la sua anima. 
La prego, sono stanca di portare caffè ed archiviare casi burocratici di almeno dieci anni fa! Mi faccia partecipare, non la deluderò."
"Lei crede davvero che con i miei otto anni di esperienza non abbia pensato a questo? Crede che con una semplice laurea in neuro psicologia possa venire qui a dettare legge?! Esca subito dal mio ufficio!"
Perfetto. Sarò un'ottima barista per il resto della mia vita, infondo.
"Signore io non volevo offenderla, mi deve credere, è stato il mio intuito, io..."
Squillò il telefono e le mie suppliche vennero coperte da un susseguirsi di drin, che non fecero altro che aumentare l'irascibilità del capo. I suoi occhi vitrei m'inchiodarono. Rispose, portandosi una mano sul fianco con aria indaffarata. 
"Sì. Arrivo."
Riattaccò nervosamente, prese la giacca, la valigetta e si diresse fuori dall'ufficio senza degnarmi di uno sguardo. Sarebbe stato anche attraente, se non fosse stato così stronzo. 
Ormai rassegnata a passare tutto il pomeriggio su denunce cittadine vecchie ed ammuffite, stavo per tornare alla mia scrivania, quando le sue parole, proprio come i suoi occhi, m'inchiodarono nuovamente.
"Cassi! Ma che fa? Su forza, c'è un assassino a piede libero e non abbiamo tempo da perdere!"
"Signore ma lei aveva detto..."
"Si muove prima che io cambi idea, oppure vuole continuare a portare caffè tutto il giorno?"
"Certo. Arrivo subito."
Gli avrei dato una lezione un giorno, non so quando o come, ma i suoi sbalzi d'umore avrebbero avuto vita breve. In ogni caso, potevo ritenermi soddisfatta di aver ottenuto il caso.
 
La scena del crimine era uguale alle altre. Nessun segno di percosse sul corpo della vittima, che era precipitata da un'altura, da un palazzo nella periferia di Roma, tuttavia lontano rispetto alle altre scene. Stavolta però, non era un luogo isolato. L'assassino stava prendendo fiducia in se stesso e nel suo modo di uccidere. La vittima era Gaspare Baroni, noto uomo d'affari sulla trentina. Stessi segni di LSD sulla lingua, perché assorbiti maggiormente da quella. 
"Cassi, ci illustri la vittima".
"Gaspare Baroni, trentaquattro anni, noto imprenditore locale. Co-fondatore della ditta Baroni srl, di punta sul mercato. Aveva una moglie e nessun figlio."
"Procediamo con l'interrogare la moglie. Provvedete ai video della sorveglianza dell'hotel, l'assassino potrebbe comparire. Lucchini con Brandi e Melici. Cassi e Lopez, con me. Al lavoro, squadra. Se l'assassino agisce secondo un piano, abbiamo trentasei ore di tempo prima che uccida nuovamente."
La freddezza del mio capo era impressionante, pari quasi alla fiducia in se stesso. Non si scompose, rimase impassibile nella sua giacca e cravatta. Io ero scossa dal fatto che avrei dovuto lavorare insieme a lui. Più di tutto, avevo paura che mi facesse a pezzi e mi facesse perdere del tutto la fiducia nelle mie capacità ed il mio sogno di diventare criminologa. Tuttavia, lo nascondevo sotto un mezzo sorriso. 
 
Il resto della squadra stava lavorando sui video di sorveglianza dell'hotel, controllando peculiarmente chiunque potesse risultare sospetto. Io, Ricci e Lopez, invece, ci stavamo occupando del fatidico mistero della firma dell'assassino: F M.
Dopo aver controllato nei database chiunque compreso in una fascia di età fra i venti ed i cinquant'anni, con una conoscenza scientifica basilare e conoscenze o ruoli lavorativi tali da permettergli di procurarsi facilmente dosi di LSD, non avevamo trovato ancora niente.
Allora provammo a cercare tra le aziende immobiliari, chi aveva perso grandi somme di denaro oppure che fosse stato licenziato recentemente. Ovvero, il fattore di stress che aveva scatenato il piano omicida dell'assassino. Anche in questo caso, nulla sembrava combaciare con i fatti. Tutto sembrava irrilevante. 
"Pensiamoci bene: e se stesse cercando di depistarci? Un assassino così ben organizzato non lascia un indizio sulla scena del crimine così esplicito, con le iniziali del proprio nome e cognome. Potrebbe essere un soprannome, una compagnia immobiliare, le iniziali di un caro che gli è stato portato via e per cui sta mettendo in atto la vendetta... Voglio idee, Cassi. Lei che ne pensa?"
Oddio, e adesso? Avevo un'idea e dei sospetti, ma se fossero risultati futili e... stupidi? In ogni caso, non potevo rimare zitta, basta coi caffè.
"Lei ha ragione, è troppo facile..."- ma poi, in un flash, mi apparvero tutti gli indicatori-"Il fattore comune sono l'età delle vittime, il fatto che tutte siano state uccise nella stessa area territoriale, cioè Reggio Calabria, tutti uomini ricchi e di successo... Aggiungendo il fatto che tutti loro avevano ingerito (volontariamente o no) una massiccia dose di LSD che gli aveva procurato forti allucinazioni. Quindi, credo che il soggetto in questione sia una donna, una prostituta, forse?"
"È comunque troppo poco, abbiamo un solo parametro, è come cercare un ago in un pagliaio"- suggerì Lopez, portandosi una mano alla tempia destra, sospirando. Si vedeva che era stanco e che i suoi occhi supplicavano per rimanere chiusi, almeno per un po'. Io non sentivo la stanchezza, forse per colpa dell'adrenalina, per l'euforia del mio primo caso. Ricci rimaneva, come al solito, impassibile. Mentre mi stavo scervellando per trovare una teoria abbastanza plausibile, mi ritrovai a provare una strana ed involontaria attrazione per quello strano e singolare essere umano: i suoi occhi celesti erano incorniciati da folte ciglia scure ed i suoi capelli corvini sembravano così morbidi da suscitarmi invidia. 
D'improvviso pensai: "E se l'assassino fosse un narcisista?"-"Spiegati meglio"
"Ogni aspetto della vita di questo individuo è costruito attorno ad un'eccessiva autostima"- "So cosa significa narcisista, Cassi, anche senza una laurea in psicologia"- inveì nervosamente lui, con aria di sufficienza -"Sì lo so, ma guardiamo meglio le foto delle vittime: Lopez, possiamo fare una scansione del loro volto al computer?" - "Ma certo, lo faccio subito, ecco qui"
"Come pensavo. Vedete le linee del viso? Combaciano."
"Perciò l'assassino cerca vittime simili a lui/ lei?"
"C'è un caso, mai verificato prima, in cui il narcisista prova un piacere perverso nell'uccidere persone che gli somigliano, perché tutte le volte che le guarda vede il suo ego riflesso" - "Per quale motivo si ucciderebbe, dunque? Se è patologicamente innamorato di se stesso e quindi di loro?"- contestò lui, scocciato, convinto che la mia teoria non portasse da nessuna parte.
"Perché magari è stato sfigurato. Ha subito un danno fisico e si sente in dovere di recare lo stesso piacere ai suoi simili. Se non può essere bello lui o lei, non lo saranno neanche loro". La sua espressione sbalordita ed il suo cenno d'assenso mi fecero capire che avevo fatto centro. 
Cassi 1- presuntuoso e dannato 0.
"Dobbiamo quindi presumere che sia una donna? Una prostituta sfigurata, per giunta? Non ha molto senso"
"Avrebbe senso se portasse una maschera che le copre la ferita".
"E allora l'LSD?"
"Purtroppo non riesco ancora a capire..."
Si spalancò la porta ed una bionda sui trent'anni apparve nella stanza, Brandi. Ex fiamma di Ricci, secondo le voci di corridoio. 
"Stella, cos'avete scoperto tu e la squadra?"
"L'ultima vittima non era un cliente abituale dell'hotel, ma dieci minuti fa è arrivato un cameriere con una deposizione, in cui afferma di aver visto una donna con un impermeabile nero ed occhiali scuri essere scesa da una scala di servizio, non autorizzata. Lui stava svolgendo attività extra-lavorative che ha preferito tralasciare, insieme ad una sua collega... per paura di essere licenziato. Tuttavia, si è sentito in dovere di deporre. Secondo lui era una donna alta, con un' andatura attraente, apparentemente giovane e capelli chiari".
"Lopez, cerchiamo prostitute con età compresa tra i venti ed i trent'anni, bionda, con una qualche specie di maschera o qualsiasi cosa possa coprirle il volto. Oppure chi non lo mostra affatto".
Lopez si mise a cercare, a digitare così velocemente sulla tastiera da sembrare un robot, ma la ricerca non stava andando a buon fine, serviva un nome, almeno un indizio. C'erano troppi risultati. Come in un'equazione matematica, non era possibile trovare quattro x in un colpo solo. Serviva metterla a sistema con qualcosa, con qualsiasi cosa...
Iniziai a pensare ai miei anni trascorsi al liceo, ad una delle mie prof di matematica più temute ma alla quale culturalmente devo moltissimo. Era un fenomeno, sapeva gestire la classe in maniera quasi impeccabile, come se fosse la sua platea. Ripensandoci, l'unico parametro che ancora non avevamo messo in gioco era l'LSD. Allucinogeno. Sì, e allora? 
"Mancano sei ore prima che l'assassino colpisca nuovamente. Di questo passo, non ce la faremo mai"- ammise sconfitto il mio capo. Mi ritrovai nuovamente ad osservarlo passivamente, come se non potessi farne a meno. Se avessi trovato una soluzione, se avessi risolto il caso, magari avrebbe guardato me nello stesso modo in cui, adesso, stava guardando Stella. 
Allucinogeno... è un narcisista, quindi la sua immagine deve essere plateale barra egocentrica. Magari storica, o forse mitologica? Come se volesse incarnare un personaggio che nessuno dimenticherà mai. Reggio Calabria, uomini di successo, allucinogeno. Deve esserci un fattore comune. Deve esserci una soluzione. Anzi, la soluzione ce l'ho davanti, me lo sento. Ce l'ho sotto gli occhi, eppure non riesco a capire. 
Poi, in un flashback, mi ricordai quando la mia prof scoppiò in uno sproloquio enfatico ed inconcludente su quanto fosse importante lavarsi le mani prima di fare qualsiasi cosa. Era così, certe volte iniziava a parlare e guai a chi la fermava. Ritardò anche la lezione di ben venticinque minuti. A proposito, cosa stava spiegando quel giorno? Ottica geometrica, mi pare di ricordare. L'ho odiata. È stato l'argomento più tedioso ed insidioso del programma di quarta. Tutti teoremi da imparare a memoria, milioni di righe disegnate sul quaderno per rappresentare i raggi... mi si incrociavano sempre gli occhi. C'era un teorema, uno solo, che riuscivo sempre a ricordarmi, perché era collegato ad un fenomeno che da piccola mi affascinava inspiegabilmente. Si verifica in una situazione in cui c'è uno strato di aria calda a contatto con uno di aria fredda. La differenza tra gli indici di rifrazione può dar luogo alla formazione di un condotto atmosferico che agisce come una lente di rifrazione, producendo una serie di immagini sia dritte che invertite. Si parla di riflessione totale, cioè il raggio che colpisce la superficie forma un angolo maggiore dell'angolo limite, formando specularmente un'immagine che non esiste, un miraggio... Un'allucinazione.
"Cassi, che le prende? Guardi, già che c'è, vada a prendermi un caffè, tanto sa come lo voglio"- sebbene avessi voluto rispondergli in modo tutt'altro che pacato, caro insensibile maschilista sottone e con autostima interiore pari a zero, mi limitai ad alzare lievemente un sopracciglio, mentre l'intuizione geniale non vedeva l'ora di uscire dalla mia bocca.
"È assurdo, lo so, ma credo di aver trovato l'ultimo pezzo mancante. Non abbiamo mai messo in gioco il fattore dell' LSD, un potente allucinogeno che distorce la percezione della realtà da parte delle vittime. Secondo un teorema che studiai al liceo..."- "Cassi! Tra sei ore una persona morirà e lei pensa ai teoremi liceali?! Ma insomma, cosa ci fa qui?"- "Mi faccia finire almeno! So che può sembrare strano, ma parla dei miraggi e se non ricordo male è stato chiamato così dalla leggenda mitologica, che parla di una fata che faceva vedere alle sue vittime, attraverso miraggi, l'oggetto del loro desiderio e dopo le uccideva, perché era solo una trappola. Non a caso, si svolge nello stretto di Messina. Se solo ricordassi il suo nome..."
"Non è male come intuizione, Cassi, se non fosse priva di ogni logica pensabile!"
"Qual era il suo nome? Io non riesco a ricordarlo"
Tutto suonò chiarissimo quando Lopez pronunciò quel nome, dopo varie ricerche. Morgana. Fata Morgana. F M. Induceva le sue vittime ad allucinogeni, per creare miraggi e poi faceva in modo che la desiderassero, mostrando solo alla fine il suo vero aspetto, quando ormai era troppo tardi, quando ormai stavano precipitando giù nel vuoto. Patologicamente, aveva variato questo aspetto. Voleva sentirsi potente e l'altezza le forniva autostima e controllo. 
"Squadra, l'abbiamo trovata"- dichiarò soddisfatto Lopez. Si spostò dallo schermo del computer per mostrarci il suo risultato: una donna vestita con un baby doll in pizzo nero, bionda, molto attraente, con una maschera sul viso. Che non a caso, prendeva il nome d'arte di Fata Morgana. 
Tutti scattarono in piedi, preparandosi a partire. Ci voleva un'ora dall'ufficio provvisorio di Reggio. 
Lopez riuscì in un battito di ciglia a trovare l'indirizzo ed il vero nome di Fata Morgana, che nel frattempo stava preparando il prossimo colpo. 
Durante il viaggio, Ricci si raccomandò con me di rimanere indietro, perché le cose sarebbero potute diventare pericolose. Indossavamo tutti un giubbotto antiproiettile. Solo l'idea di essere sfiorata da uno di quelli mi faceva gelare il sangue, perciò mi concentravo su altro. L'adrenalina aveva preso il totale controllo di me, ormai. Il mio istinto primordiale di restare viva si mischiava al l'euforia ed alla figaggine di quel caso incredibile! E pensare che solo fino a pochi giorni fa portavo caffè al mio capo che storceva sempre il mio cognome. Il nome lo ignorava proprio. 
Non potei fare a meno di notare, in tutto quel tran tran, la sua espressione ferma e la sua determinazione, l'amore che per quel lavoro trapelava dappertutto, anche se era bravo a nasconderlo. Prima ancora dell'attrazione, per lui provavo un sincero rispetto ed una profonda stima, che spesso erano sormontate dall'odio per quel suo fare spocchioso ed arrogante. In quel momento, mentre avevo un'espressione inebetita sulla faccia, si voltò verso di me. Merda.
"Cassi, ma sei venuta qui per prendere un assassino o per guardarmi?"- ecco, ci mancava solo di fare la figura della stupida ragazzina con una cotta per il suo capo. Ovviamente, il suo fare arrogante mi dava sui nervi, e non poco. 
"Mi dispiace smontare il suo ego, signor Ricci, ma non ho gli occhiali e mi stavo sforzando di leggere l'ora"- "Beh certo, scusa plausibile. Continui pure a guardare eh, non volevo certo interromperla!"- "Se mi permette, non è il mio tipo"-"Ah no? E mi dica, per qual assurdo motivo?"-"Bene bene, abbiamo un altro narcisista qui!"-"Oh, non credo proprio"-"La sua perplessità è causata dalla cosiddetta ferita narcisistica: cioè, se il suo amor proprio viene in qualche modo minacciato o distrutto (come è successo proprio adesso), perde il controllo o più semplicemente è incredulo e tende a dare la colpa all'altro piuttosto che a se stesso"-"Lei sta cercando di psicanalizzarmi, Cassi, ma le assicuro che non sono così semplice ed in ogni caso, non credo proprio nella sua strampalata teoria psicologica da neo laureata alle prime armi, ancora fresca di libri ed imbevuta di ansiolitici e caffè"-"La pensi come vuole, so che considera la psicologia una facoltà inutile e sopravvalutata, ma le assicuro che siamo tutti uguali e che potrei definirla un libro aperto, solo conoscendo pochi aspetti del suo carattere"-"Pf, non succederà mai. Adesso vedremo se è così brava sul campo come sui libri, signorina-ti-entro-nel-cervello". 
 
Come quasi in un film, vidi la squadra spalancare la porta della casa della presunta omicida ed entrare, con le pistole poste davanti al loro viso, mentre io più timidamente rimanevo dietro e la mia, di pistola, faceva a malapena capolino. Non c'era nessuno in casa, ma c'era l'impermeabile descritto dal ragazzo della deposizione. 
Stava per colpire nuovamente. 
Mentre il resto della squadra metteva a soqquadro la casa, per raccogliere un indizio che ci portasse da lei, io mi guardavo attorno. Era una bella casa, spaziosa. Per quale motivo uccideva? Poteva dimenticare, andare avanti e godersi la vita. Ma forse, quella cicatrice non era solo fisica. Quella cicatrice era anche mentale e da certe ferite dell'anima non si guarisce mai, anzi, ci prendono per mano e ci fanno annegare nell'abisso. 
Mi cadde un orecchino e si andò a cacciare sotto il tavolo. Non avrei voluto fare la parte della ragazzina, volevo mantenere una certa reputazione professionale, ma erano i miei orecchini preferiti e non potevo perderli. Così mi accovacciai, sentendo già mentalmente la voce del Ricci che mi diceva: "Cassi, ma cosa fa! Le sembra il caso o il momento?"- no, non era solo mentalmente. Ma anche realmente.
Stavo per rispondergli, quando mi cadde l'occhio su un foglio accartocciato, finito in un angolino. Lo presi e, incurante della voce di Ricci che continuava, lo aprii. 
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"Veloci, andate giù! Potrebbe ancora scappare"- dopo un volo di ben tre piani e mezzo sarebbe già fortunata ad essere viva, ma in ogni caso da una persona del genere ci si può aspettare di tutto.
Il suo corpo magro ed attraente era piegato in una sorta di S. Un rivolo di sangue colava sulla sua fronte candida. Il copricapo, durante la caduta, era finito qualche metro più in là rispetto a lei, scoprendo la sua cicatrice. Partiva dall'attaccatura dei capelli, fino al naso e la rendeva cieca da un occhio. Non riuscivo a non essere scossa da quella situazione, mi sembrava tutto così irreale, iniziavo a credere che fosse tutto un sogno. 
Ma no, quella era la realtà.
 
Quella notte non ero tornata a casa, ero rimasta in ufficio a rielaborare ed alla fine mi ero addormentata (in una posa tutto meno che femminile) sulla scrivania. 
Ciò che mi svegliò fu l'inebriante odore del caffè. 
Caffè?
Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti il Ricci. Ma che lo sogno anche, adesso?
Non stavo sognando, era davvero davanti a me e mi aveva davvero portato un caffè.
"Buongiorno, Cassi. Riposata?"- il suo tono era ovviamente ironico, così come era fastidioso il suo sorrisetto sghembo.
"S-signor Ricci, ma mi ha veramente portato un caffè o sto sognando?"
"È tutto vero, beh, se lo è meritato. Grande intuizione la sua."
"Scusi ma sto certamente sognando: ha appena fatto un apprezzamento riguardo le mie capacità?"
"Su su, non se lo faccia ripetere: ha avuto una bella intuizione. Anche se all'inizio aveva sbagliato strada, ci ha portati alla soluzione. È questo ciò che conta. Anche se con un po' d'invidia, non posso negarlo". Mi ritrovai a sorridere inebetita al suo complimento.
"Il vero nome della Fata Morgana era Concetta Sigo: dopo quattro anni come modella, ha avuto l'incidente che l'ha sfigurata. Alla guida, un uomo poco più anziano di lei, con gli stessi requisiti delle vittime. Cinque mesi fa ha cambiato nome, è stata cacciata dal suo ambiente lavorativo, ha cambiato casa"
"Il fattore di stress che l'ha spinta a compiere il suo piano"
"Armando Trulli, quello che l'ha sfigurata, sarebbe stato la prossima vittima, abbiamo trovato la lista"
"Ha messo in scena questa farsa della Fata Morgana per rubare un'identità che la facesse sentire potente e di nuovo bella come un tempo e cercava vendetta in uomini che in un certo senso somigliassero al suo principale nemico"
"Tutto torna, dunque. Vede che la psicologia non è poi così male?"
"Cassi, non esageri adesso. Mi pare ovvio che da me non riceverà altri apprezzamenti"
"Non le sembra assurdo? Poteva ricominciare, poteva trovare qualcuno che l'amasse così come era, ma ha preferito farsi trascinare dalla vendetta fino a sprofondare nell'abisso"
"Cassi, le voglio dare un consiglio professionale: non si faccia coinvolgere"
"Sì, ne sono a conoscenza, ma non riesco ancora a capire come sia possibile: insomma, se non l'avessimo fermata avrebbe continuato? Per quanto? Non riesco proprio a capire"
"È questo il bello del nostro lavoro, non crede? Ci sono i conosciuti e gli sconosciuti; i conosciuti ci tengono a farsi riconoscere, gli sconosciuti vorrebbero rimanere tali, e a tutti e due va male"
"Ma questa non è sua, è di Pennac!"
"Non le sfugge niente Cassi... Poteva lasciarmi fare la figura del saggio, ma ha preferito rovinarla con la sua puntigliosità"- mi rivolse uno sguardo infastidito, ma ero felice del rapporto che si stava creando fra di noi.
"Potrei farle una domanda? Se mi permette, qual è il suo nome? Non lo vedo scritto da nessuna parte e di sicuro non può chiamarsi solo Ricci"
"E se lei mi permette, Cassi, perché le interessa?"
"Beh, perché se ipoteticamente dovessimo incontrarci in un ambiente diverso da quello lavorativo, dato che sia lei che io viviamo nella stessa città, non sarebbe carino chiamarla per cognome per salutarla, non crede?"
"Riccardo. Riccardo Ricci"
"Interessante"- notai un cambiamento nella sua espressione, come se fosse stato ferito nell'orgoglio -"Cosa, 'interessante'?"- "Oh no, si figuri, solo supposizioni"
"Senta Cassi, se ipoteticamente dovessi incontrarla, dato che abitiamo nella stessa città, casualmente, in un bar, rifiuterebbe un caffè?"
"Mi sta prendendo in giro, spero. Ho passato due settimane a fare avanti e indietro dal bar qui di fronte a portarle caffè"
"Va beh, facciamo un cappuccino, se crede sia meglio. Così mi spiega anche quella questione del narcisista e dell' 'interessante' "
"Credo si possa fare. Credo che martedì mattina potrei fare un giro al mercato prima di entrare a lavoro e di concedermi una pausa in quell'adorabile bar di fronte al fioraio"
"Ho sentito che fanno un espresso ottimo"- puntualizzò ironicamente lui. Mi ritrovai ad alzare gli occhi al cielo, senza accorgermene. Quell'uomo mi faceva veramente andare fuori di testa. Forse, però, mi piaceva andare fuori di testa per lui. 
Stava uscendo dalla stanza, senza privarsi del suo sorrisetto sulle labbra, quando mi venne spontanea una domanda:" Signore, ma lei non vuole sapere il mio nome?"- lui si voltò e con aria di sufficienza, ma dotato di un profondissimo charme nella voce asserì: "Ma io il suo nome lo so già, Virginia".
   
 
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