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Autore: mido_ri    04/08/2017    0 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dom, 5 novembre, notte

- Riccardo? Dove sei? -

Rimasi a bocca aperta come un idiota, non sapevo proprio cosa dire se non: mi scusi signor Roberto, sono un amico di suo figlio. So bene che lei non ha la minima idea di chi sia io, volevo solo dirle che Riccardo si è fatto la prima canna della sua vita e sono circa due ore che dondola sulla stessa altalena fissando il prato. Arrivederci.

- P-pronto? -

L'uomo sospirò, evidentemente sorpreso di udire una voce diversa da quella che si aspettava.

- Chi sei? È successo qualcosa a...-

- N-no! Assolutamente...s-sono un amico di Riccardo, volevo chiederle se... -

- Oh, devo venire a prenderlo? -

- Sì... -

- Va bene, dove siete? -

- Al parco pubblico -

- Arrivo subito -

La telefonata terminò prima che potessi fare un ultimo saluto.

"Poteva andare peggio, sto migliorando nella socializzazione... più o meno"

Passato qualche minuto, aiutai Riccardo ad alzarsi, poi gli circondai la vita con un braccio e lo condussi all'entrata, dove una macchina lunga e nera, all'apparenza molto costosa, attendeva con i fari accesi e un finestrino abbassato.

- Tu hai mal di pancia, okay? -

Gli scossi una spalla per fargli alzare il viso pallido e coperto dai capelli.

- Uh? -

Sbuffai.

- Ci siamo abboffati come porci e ti sei sentito male. Hai un forte mal di pancia, capito? -

Annuì.

Aprii lo sportello e lo aiutai a sedersi.

- B-buonasera...o buonanotte? -

Risi nervosamente.

"Ma che cazzo sto dicendo?"

L'uomo si voltò e guardò Riccardo in modo preoccupato, nel frattempo mi aveva invitato a entrare nella macchina con un gesto della mano.

- Che cos'è successo? Ro...? -

Il ragazzo alzò la testa di scatto e lo guardò come un ebete.

- Oh? Uh...niente... -

Mi rivolse uno sguardo perso, in cerca di aiuto.

- A-ah...abbiamo mangiato un sacco, anche io non sto molto bene... -

Mi misi una mano sulla pancia e simulai un'espressione sofferente.

- E cosa avete mangiato? Piccante? -

- Sì...dentro panini enormi -

L'uomo sorrise e parve più sollevato.

- La prossima volta andateci piano, okay? -

Annuii.

- Allora...vieni con noi? -

Mi ritrassi sul sedile, molto sorpreso.

- N-no, non si preoccupi...vado a casa -

Roberto alzò le sopracciglia e si voltò verso il volante, potevo vedere di profilo il suo viso paffuto e segnato da piccole rughe agli angoli delle labbra; la sua espressione era rilassata e gentile.

- Non fare complimenti! Puoi fermarti qualche minuto, sciacquarti la faccia e magari prendere qualcosa per il mal di pancia -

Avviò la macchina, vidi il marciapiede allontanarsi velocemente.
L'uomo continuò a parlare sottovoce, fra sé e sé.

- Dovrebbero esserci ancora quelle medicine... -

Dopo qualche minuto, ci fermammo nella stradina di fronte alla familiare villetta bianca; Roberto fece sedere Riccardo sul divano, stando molto attento a non farlo cadere mentre camminavano, poi fece accomodare anche me e scomparve su per le scale.

Mi guardai un po' intorno, spostando gli occhi sulle foto di famiglia poggiate in ordine sul caminetto; in una di queste un uomo e una donna sorridevano allegramente, tenendo in braccio un bambino con il pannolino, paffuto dalla testa ai piedi, sembrava il più felice del mondo. Sorrisi involontariamente.

"Quindi quello a sinistra è il padre di Riccardo...non si assomigliano molto"

A parte i capelli castano chiaro e i lineamenti dolci del viso, non aveva nulla in comune con suo padre; la madre, invece, aveva la stessa pelle olivastra, una bassa statura, il viso leggermente arrotondato, e lo stesso sorriso.

"Incredibile"

Posai gli occhi su un'altra foto, strizzandoli appena per vedere meglio le figure: la madre di Riccardo non sorrideva più, i suoi occhi sembravano privi di luce; i capelli, lunghi e lisci nella foto precedente, le arrivavano appena alle spalle, facendo da contorno a un viso emaciato e  triste, forse era vedova da poco. Un uomo robusto, di fianco a lei, le poggiava una mano su una spalla e sorrideva, indossava uno smoking nero e una cravatta bordeaux, era il compagno della madre di Riccardo, solo con un po' più capelli in testa. Infine, in mezzo ai due, un ragazzino sui dieci anni sorrideva appena, i capelli erano più lunghi di quelli che portava il ragazzo che dormiva di fianco a me. Notai che non era solo Roberto quello elegante, ma anche gli altri due, doveva essere un'occasione importante.

- M-mh...Ale... -

Riccardo si lasciò scivolare lungo lo schienale del divano e appoggiò la testa sulle mie gambe.
Scostai una ciocca di capelli dal suo viso e presi a osservarlo mentre respirava impercettibilmente, finché non aprì gli occhi. Sussultai quando constatai che le sue pupille erano così grandi da rendere quasi invisibili le iridi verdi.

"Cavolo...se quel tipo non si accorge che Ro è fatto, allora è proprio un idiota"

- Stanotte...resti qui? -

Le sue palpebre si stavano già riabbassando per il sonno.

- Eccomi! -

Roberto scese le scale velocemente con una confezione di pillole fra le mani, prese due bicchieri e li riempì con un po' d'acqua fresca.

- Tieni -

- O-Oh...grazie -

"Dovrei smetterla di sembrare un disadattato sociale"

L'uomo risvegliò Riccardo, scuotendolo per una spalla.

- Ro, bevi -

"Ro? Oh...allora non sono l'unico genio ad aver inventato questo soprannome"

Roberto mi sventolò una mano davanti alla faccia.

- Hey? Ti vedo un po' stanco, hai gli occhi rossi -

- G-già... -

Mi stropicciai gli occhi con il dorso della mano, anche se bruciavano.

- Forse è meglio se resti qui stanotte -

Per poco non feci cadere il bicchiere sul pavimento.

- C-come? Oh! Non si preoccupi...io...mi stanno aspettando a casa -

- Dai, stai morendo di sonno...non vorrai uscire di nuovo con questo freddo -

Indicò la finestra del salotto, riparata a dovere. Mi si strinse lo stomaco al ricordo di quella notte.

- N-no... davvero...grazie -

- D'accordo, ti riaccompagno fra poco -

Annuii e raddrizzai le spalle contro il divano.
Sussultai quando il telefono dell'uomo cominciò a squillare con una stupida suoneria. Lui si alzò con aria imbarazzata ma, prima di lasciare la stanza, si affacciò alla porta ad arco.

- Potresti farmi il piacere di portare su Riccardo e farlo mettere a letto? -

- Certo -

Mi voltai verso Riccardo, il quale si stava fissando il piedi attraverso il fondo trasparente del bicchiere di vetro.

- Ehm...Ro -

Si girò e mi guardò come un ebete.

- U-uhm...dovresti andare a dormire -

- Oookay! -

Posò il bicchiere e mi mise le braccia al collo.

- Che fai? -

- Sono un koala! -

"Oddio...qualcuno mi dia la forza per sopravvivere"

- Va bene...allora aggrappati bene ché ti porto su -

- Ricevuto! -

Lo sollevai e lui strinse le gambe attorno al mio busto, era veramente leggero.

Lo portai nella sua stanza, dove Puccolo o Puzzola - come diavolo si chiama quel coso?  - era steso sul letto a testa in giù, con le zampette grasse per aria.
Feci stendere Riccardo sul letto e alzai entrambi i cuscini per trovare il suo pigiama.

- Uh, ciao! -

Mi voltai verso l'altro, pensando che stesse parlando con me, mentre invece stritolava quello strano unicorno fra le braccia.

- Hai visto chi c'è? Lui è Alessio, il mio fidanzato! Oh, non fare il geloso! -

Riccardo lanciò il pupazzo dall'altra parte della stanza e rise come un bambino. Io corsi a chiudere la porta e gli feci cenno di fare silenzio.

- Che c'è? Volevo solo parlare un po' con lui... -

Gli gettai il pigiama sulla pancia.

- Mettilo -

Lui alzò le sopracciglia con fare malizioso.

- Mettimelo tu -

- Scordatelo -

Il ragazzo sbuffò e si alzò dal letto, cedendomi il posto.
Per le seconda volta da quando lo conoscevo, lo vidi togliersi la maglietta; sembrava ancora più magro di quella precedente. Si voltò di spalle e faticò a infilare le braccia nelle maniche della maglia del pigiama.
Notai una cicatrice sulla schiena, assomigliava a un taglio non molto profondo, o forse un graffio.

- Ro, che hai sulla schiena? -

- Uh? Dove? -

Indicai il punto.

- Oh...non lo so! Non sapevo neanche di averla, ahah! -

Si rigirò.

- No, no, aspetta -

Mi avvicinai a lui.

- Ti sei fatto male? -

Aveva altri segni rossi, poco visibili sulla pelle scura, che sembravano più recenti.

- Non ci vedo! -

Mi alzai e aprii il suo armadio, attaccato a una delle due ante c'era un lungo specchio verticale.

- Guarda -

Lui fece spallucce e si infilò la maglia.

- Non mi ricordo, forse sono caduto -

Poi mi guardò con occhi ridenti.

- O forse il mio unicorno ha cercato di stuprarmi ieri notte -

- Finiscila... -

Gettai un'ultima occhiata alle sue spalle esili, poi mi sedetti sul letto accanto a lui.

- A proposito...Puzzola non era un cavallo con un corno? Non un unicorno... -

- Be'...per i comuni mortali posso fare un'eccezione -

Sorrisi, per la prima volta io e Riccardo stavamo facendo una conversazione normale, nonostante fossimo fatti e stessimo parlando di unicorni, puzzole e cavalli con il corno.

"Almeno non stiamo parlando di uno stupido stalker o di morti"

Il mio sguardo si incupì, l'altro se ne accorse subito; mi accarezzò una guancia senza pensarci due volte, con il viso un po' rosso e mezzo nascosto dalle coperte.

- Non devi essere triste -

- Perché? -

Il ragazzo esitò per un istante, poi sorrise come un bambino.

- Perché ti amo -

Il mio cuore perse un battito, forse dieci.

"Okay Alessio, stai calmo, è fatto, strafatto, ultrafatto, probabilmente non sa neanche chi sei, guardalo!"

Lo guardai negli occhi e non potei fare a meno di pensare che fosse la persona più bella che avessi mai visto.

Scossi la testa.

"Ma che pensieri faccio? E adesso che gli dico, che lo amo anche io? No, assolutamente no, è megafatto"

-Anche io -

"E io probabilmente lo sono più di lui"

Mi chinai su di lui, avrei voluto baciarlo, ma era già nel mondo dei sogni.
Mi limitai a guardare in modo ossessivo il suo petto che si abbassava e si sollevava ritmicamente, come se la mia vita dipendesse da quel respiro, da quel cuore che batteva. E in effetti era vero, ormai lui era la mia unica speranza di non perdere definitivamente la testa, di non farmi sopraffare dal passato che lui stesso aveva portato con sé dal primo momento in cui ci eravamo guardati negli occhi.

La vibrazione del mio cellulare mi fece sobbalzare, era Marco. Risposi parlando sottovoce.

- Hey, che vuoi? -

- Ma dove cavolo sei? -

Rispose con la voce impastata.

- Ah...ehm...ho accompagnato Ro a casa -

- E chi cazzo è? -

- Riccardo -

- Ah! -

Si sentì una voce in sottofondo.

- Avete scopato? -

Marco rise come un idiota; stavo per riattaccare, quando udii la voce di Matteo dall'altro capo del telefono.

- Ohi, scusalo -

- Hey -

- È un po' fatto...non torni? -

Lanciai un'occhiata malinconica a Riccardo che dormiva beatamente, occupando quasi tutto il letto con il suo corpicino.

- Uhm...tu non vai a casa? -

- Sì, ma dobbiamo tornare insieme altrimenti mamma fa la ramanzina a me -

Rise imbarazzato.

- Okay, ci vediamo fra poco -

- Ciao -

Mi chinai sul viso di Riccardo e gli lasciai un bacio sulla fronte, di rimando lui sorrise nel sonno e ficcò la testa sotto le coperte. Era così maledettamente adorabile.
Proprio mentre stavo per uscire, la porta della stanza si aprì dall'esterno e quasi urlai dallo spavento.
Roberto mi rifilò uno sguardo deluso.

- Te ne vai? -

- S-sì, devo tornare a casa con Matteo... -

Lui mi guardò incuriosito.

- Matteo...hai un fratello? -

- Oh, no, no, è un po' complicato...-

Dimenticavo che effettivamente quell'uomo non ne poteva sapere nulla della mia situazione familiare oltre al fatto che i miei genitori erano misteriosamente morti.

- Non preoccuparti, d'altronde non sono affari che mi riguardano. Ma come hai intenzione di arrivarci? -

- Dove? -

- Da questo Matteo -

- Ah...a piedi, credo -

Mi grattai la nuca.

- Non se ne parla, ti accompagno io -

- Ma no! Si figuri, lei è troppo gentile...il parco non è molto lontano -

- Invece sì, e poi credi che ti lascerei andare in giro a quest'ora della notte? -

- Ma non voglio disturbarla...davvero -

Lui non volle sentire ragioni.

- Non mi disturbi, non ho per niente sonno. Sai...ho preso una pausa dal lavoro, giusto un paio di giorni...pensavo di poter superare quella cosa, ma è più forte di me... -

Respirò profondamente per calmarsi.

- Quindi oggi mi sono alzato tardi e sono bello carico! -

Afferrò le chiavi della macchina e aprì il portone di casa.

Il viaggio durò pochi minuti, poi mi lasciò dinanzi all'entrata del parco non prima di avermi chiesto per l'ennesima volta se volevo un passaggio fino a casa di Matteo.

- No, no, non si preoccupi...ci vengono a prendere i suoi genitori -

- Sicuro? Non è che volete farvi accompagnare con il motorino dai vostri amici? È pericoloso a quest'ora -

- No! C-cioè...no, grazie? -

- D'accordo, allora buonanotte -

- B-buonanotte -

Aspettai finché la macchina non fu scomparsa dietro l'angolo.

Gli altri erano in una situazione critica: Marco stava cercando di fare una verticale, ma rideva come un idiota, Silvio - il ragazzo che mi aveva fatto quell'orribile scherzo dello stalker - era steso per terra e si fotografava i piedi senza scarpe. Matteo mi corse incontro con aria disperata, gli altri per fortuna erano andati via.

- Oddio, grazie Signore! -

Alzò lo sguardo al cielo.

- Finalmente sei arrivato! Questi due mi stanno facendo dubitare della mia voglia di vivere -

Gli misi una mano su una spalla, tentando di tranquillizzarlo.

- Che è successo? -

- Hanno fumato, mi pare ovvio -

- Be', anche io ho fumato ma sto a posto -

Mi guardò scocciato.

- Certo, perché tu non hai continuato! -

Rimasi a bocca aperta.

- Hanno continuato? -

- Secondo te? -

Lanciai un'altra occhiata ai due: Marco era salito sulle spalle di Silvio, il quale era convinto di essere un unicorno.

- Ah! E dove ce l'hai il corno?! -

Entrambi scoppiarono a ridere e finirono per terra.
Mi sbattei una mano in fronte.

- Okay, hai ragione tu. Adesso come cavolo lo portiamo a casa?-

- Io credo che sia meglio per loro non presentarsi a casa in queste condizioni -

- E cosa vorresti fare? -

Matteo prese il cellulare e se lo portò all'orecchio.

- Pronto? Mamma...no, non sono morto. Sì... sì...esatto...dormo da Marco. No, no....noo! Okay, ciao -

- Telefonata intensa...allora? -

- Io e te dormiamo da Marco -

- Certo, anche se Marco non dorme a casa sua? -

- Che importa? Secondo mia madre stanotte stiamo da Marco, e va bene così -

Sbuffai sonoramente.

- E quindi adesso che si fa? -

- Aspettiamo che a quei due passino i cinque minuti...o venti. Nel frattempo parliamo -

- E di cosa? -

- C'è una cosa che vorrei dirti da un po' di tempo... -

"Oh, merda..."

  
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