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Autore: SaintPotter    04/08/2017    0 recensioni
“ Lo scarlatto scoppiettio delle fiamme era ciò che di più vivo albergasse nel maniero. Il fuoco, alimentato dalla legna del caminetto, sembrava ardere, producendo quei brevi rumori ripetuti, ma non bruciava veramente. Era estate ed in quella stagione qualcuno si disturbava a lanciare l’Incantesimo Freddafiamma al focolare. Le fiamme non avevano il fine ultimo di riscaldare le pelli diafane degli abitanti del maniero, ma i loro cuori. Sempre che qualcuno, lì, avesse un cuore. ” ( ... ) “ Albus Potter era il fratello che Scorpius Malfoy non aveva mai avuto, era più lui la sua famiglia che Draco Malfoy. Era tutto, o quasi. Perché c’era qualcun altro. O meglio, c’era stato, ma poi era successo un disastro. Uno di quei disastri che parevano irrisolvibili. Un disastro gigante. E così Lily Potter si era ritrovata a diciassette anni incinta della figlia di Scorpius Malfoy ed ora, due anni ed un mese dopo, i due nemmeno si parlavano. ” ( ... ) “ Tutti soffrono. ” ( ... ) #TeamScorily.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: James Sirius/Dominique, Lily/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Everybody hurts

SaintPotter
 
 
 
 
 


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Lo scarlatto scoppiettio delle fiamme era ciò che di più vivo albergasse nel maniero. Il fuoco, alimentato dalla legna del caminetto, sembrava ardere, producendo quei brevi rumori ripetuti, ma non bruciava veramente. Era estate ed in quella stagione qualcuno si disturbava a lanciare l’Incantesimo Freddafiamma al focolare. Le fiamme non avevano il fine ultimo di riscaldare le pelli diafane degli abitanti del maniero, ma i loro cuori. Sempre che qualcuno, lì, avesse un cuore.
«Mi ha chiamato, signore?» domandò una voce acuta. L’elfo domestico si Materializzò nel salotto del maniero non appena venne richiesta la sua presenza. Era magrolino, il volto intrinseco di rughe, e indosso portava solo uno straccio, simbolo della servitù. I suoi occhi brillavano di paura, benché qualcuno, in quella dimora, sperava si trattasse soltanto di devozione. Prese a torturarsi le mani, in attesa che il padrone gli rivelasse il motivo della sua chiamata.
«Mio padre è in casa?» domandò Scorpius Malfoy, distogliendo un momento lo sguardo stanco da alcune carte per posarlo, poco più giù, sul volto dell’elfo.
«No, signore.» Continuò a torturarsi le mani, ora più che in precedenza, ché l’elfo si sentì colpevole nel dare una spiacevole notizia al ragazzo. Dovette scusarsi. «È al Ministero. Mi scusi.»
«Non devi chiedermi scusa, Irvin.»
«Va bene, signore, mi scusi» continuò l’elfo, insicuro, che di smettere di torturarsi le mani pareva non volesse saperne. Scorpius sbuffò una risata, che d’allegria eppure fu priva, e andò a posare gli occhi grigi sulle carte che ancora teneva tra le mani.
«Puoi andare, grazie» disse all’elfo, prima che questo abbassasse il capo con fare servizievole e, ancora con gli occhi illuminati dal timore, sparisse in fretta. Il ragazzo trovò ridicolo che il padre si fosse dimenticato un’altra volta di pagare la sua retta universitaria. La facoltà di Medimagia gli aveva già spedito tre lettere e Draco Malfoy non s’era sprecato neppure a guardare il francobollo che stava su queste. Stronzo, gli venne da pensare.
Scorpius si piegò un momento in avanti e lasciò le carte sul tavolino rotondo che, più in basso, stava dinnanzi al camino acceso eppure gelido del salotto. Guardò le fiamme divampare e si chiese quanto tempo ancora avrebbe dovuto aspettare perché suo padre si decidesse a pagargli l’università. Si chiese, anzi, per quanto tempo ancora si sarebbe illuso che suo padre, prima o poi, avrebbe iniziato ad interessarsi a lui. Forse doveva pensarci da solo all’università. Forse doveva pensarci da solo alla sua vita. Pose nuovamente gli occhi sulle lettere che aveva poggiato sul tavolo, insieme ad altre carte che, naturalmente, Draco Malfoy non aveva avuto il tempo o la voglia di leggere, e controllò che nessuna fosse stata spedita dal San Mungo. Fu sollevato di non trovarne alcuna col timbro dell’ospedale, ché almeno era sicuro non fosse arrivata nessuna brutta notizia. In un certo senso, fu contento che la situazione non fosse cambiata d’una virgola, per quanto sperasse da ormai mesi in un miglioramento della paziente che lì da due anni era in cura, grave, per colpa d’un diavolo.
Lo scarlatto scoppiettio delle fiamme continuava ad essere ciò che di più vivo albergasse nel maniero, sino a quando uno stupido orologio a cucù iniziò a suonare, avvisando il maniero che fossero scattate le undici del mattino. Se non fosse che Astoria Greengrass in Malfoy adorasse quell’orologio in legno, dipinto a mano con diverse tonalità di blu, questo avrebbe già fatto una fine dolorosa; probabilmente sarebbe stato gettato tra le fiamme, ma fiamme che bruciavano, non fiamme fredde, come il resto della casa nella stagione più calda dell’anno.
Durò un minuto intero, quello strazio, e finalmente l’orologio smise di suonare, ch’erano diventate le undici del mattino ed un minuto. Scorpius era stato zitto per tutto il tempo e dopo non osò rompere il silenzio che finalmente aveva fatto capolino in quel salotto dei Malfoy, dove nessun odore profumava l’ambiente, illuminato dalle fiamme e dai raggi solari che filtravano dalle enormi e numerose finestre che riempivano le pareti. Già, anche il ragazzo s’era sempre chiesto come mai non facesse caldo, lì, nonostante il sole tra un po’ si trasferisse direttamente in casa sua, in tutta la sua grandezza.
Poggiò un gomito sullo schienale di una delle grosse poltrone color pece che fronteggiavano il camino e così rimase, immobile, per forse tre minuti interi, a fissare le lettere che l’università gli aveva mandato. Dopo, quando ne ebbe abbastanza, chiamò una nuova volta l’elfo e questo apparì nella stanza giusto un istante dopo.
«Mi serve la chiave della mia camera blindata.»
«Subito, signore» rispose l’altro, scomparendo in fretta per poi riapparire con una chiave d’oro tra le mani, che porse al padrone. Scorpius lo ringraziò con un cenno del capo, prima ancora di afferrare l’oggetto, quindi l’elfo sparì un’altra volta. Il ragazzo osservò la chiave, la serratura che sarebbe potuta appartenere a qualsiasi camera e invece no, poteva aprire solo quella blindata della banca, la sua. La ripose nella tasca.
«Io esco» disse, come a voler avvisare qualcuno. Non c’era però nessuno in casa, Irvin a parte, e Scorpius lo sapeva. Non badò a ciò, al fatto che nessuno gli rispose, se non lo scoppiettio delle fiamme, invece s’assicurò d’avere la bacchetta con sé e si Smaterializzò.
Un secondo dopo era nella zona Nord di Diagon Alley, in piedi, la schiena dritta, di fronte alla vetrina di Wiseacre's, dove erano esposti i soliti globi lunari dorati e, di fianco, v’erano i cartellini con su scritto il prezzo. Tredici galeoni. Sempre uguale. Non volle perdere tempo a mirare una vetrina che da dieci lungi anni non era mai mutata. Certo, qualche volta veniva esposto un nuovo articolo, senza neppure il cartellino col prezzo, ché almeno la clientela era costretta ad entrare nell’emporio per conoscerlo, ma solitamente questa novità restava in esposizione per una settimana o due, dopodiché i protagonisti della vetrina tornavano ad essere i globi lunari. Scorpius non si chiese il perché e mai se l’era chiesto, in effetti, poiché il suo interesse era riservato sempre ad altro.
Camminò lontano da Wiseacre's, sotto il sole londinese non troppo rovente che lo stesso bruciava la sua pelle diafana, tentando di non urtare neanche per sbaglio le persone che riempivano Diagon Alley. Non trovò strano che questa brulicasse di maghi e streghe, in particolare giovani, ché era metà Agosto e in molti già avevano deciso di non ridursi come al solito all’ultimo minuto e avevano intenzione di comprare il materiale scolastico. Un uomo piuttosto sudaticcio su ogni centimetro della sua pelle scoperta fu l’unico ad urtarlo, senza neppure scusarsi con Scorpius, ma quest’ultimo finse di non essersene neppure accorto, ché neanche volendo avrebbe potuto dirgliene quattro, poiché l’uomo era già scappato ed infilatosi dentro lo Speziale, il negozio che vendeva ingredienti per pozioni. Sembrava avere una gran fretta. Scorpius non si fece domande, a questo riservò ancor meno interesse della vetrina coi globi lunari. Con passo sicuro, invece, continuò a marciare e finalmente raggiunse la Gringott.
Una volta dentro l’enorme atrio, dovette rimanere in fila per un paio di minuti, il tempo necessario per analizzare l’ambiente, come al solito. Scorpius era un abile osservatore, amante della tranquillità, del sacro silenzio, e viveva in un caos, un caos un po’ troppo spesso privo di rumore. Guardò ogni goblin, ogni moneta con cui questi avessero a che fare, ogni impronta che vi fosse sugli occhiali di chi li portava. Sembravano serie, le loro espressioni. E loro sembravano spaventosi. Esseri scaltri, ecco cos’erano i goblin. Gli avevano sempre incusso un certo timore, ma non per questo, in quel momento, decise di darsela a gambe, ché aveva da prendere un po’ di soldi per pagare la retta universitaria. Se non fosse stato che avesse da sbrigare da solo ogni suo affare, per rabbia avrebbe preso i soldi di suo padre e non i propri. Solo per fargli un torto. Quello, comunque, impegnato com’era a non far caso a suo figlio, non se ne sarebbe mai accorto. Che gusto c’era allora a farlo?
Quando arrivò il suo turno, Scorpius andò a ritirare una somma di denaro abbastanza grande per pagare la retta universitaria e finalmente uscì da quel covo di goblin, in tasca la bacchetta, la chiave d’oro ed il sacchetto coi galeoni. Camminò pochi passi prima di decidersi a Materializzarsi un’altra volta e tornare a casa, giusto per sentire per un minuto soltanto i rumori della strada, rumori differenti dallo scoppiettio delle fiamme fredde del suo salotto, rumori di vita. Rumori che non si erano mai sentiti nel maniero dei Malfoy. Camminò quei pochi passi e stavolta fu quasi investito da un mago. Lo stesso con la fronte sudaticcia e le mani sudaticce e… e sudaticcia ogni altra parte del suo corpo. Forse per la corsa, forse per il caldo, forse per l’ansia. O forse sudava così di suo sempre, chi lo sapeva. Il mago ora si voltò verso Scorpius giusto un istante per scusarsi e poi corse via, in fretta. Lo guardò andarsene, i muscoli ad ogni secondo sempre meno rilassati, la fronte aggrottata, un sopracciglio inarcato e le labbra ridotte ad una linea retta prima, poi leggermente digrignate ed infine dischiuse.
Scorpius aveva già visto quell’uomo e ora ricordava dove. L’aveva già visto all’ospedale San Mungo.






 


Angolo autrice.
Ehy, bbys! Era da tanto che aspettavo di pubblicare una storia per dirvi il seguente: mannaggia ai virus! Sì, perché per colpa di un virus al computer ho perso tutti i files, che fossero le mie amate foto del liceo o le mie storie, e di conseguenza ho perso anche i capitoli che avevo scritto per le altre storie da me pubblicate. So che sono incomplete da un sacco, ma sto cercando un programma per recuperare tutto ciò che ho perso e solo quando l'avrò trovato pubblicherò il prossimo capitolo della Jaminique, della Scorose, dell'altra Scorily e della mia storia originale fantasy! Ve lo dico perché 1) se avete letto le altre mie storie, allora mi scuso, e soprattutto 2) magari non volete leggere questa storia perché pensate "eh, ma se non aggiorna le altre e lascia tutto a metà, col cavolo che leggo questa!" Però niente, è tutta colpa del mio computer che mi ha fatto perdere tutto, mesi fa. Se fra ancora qualche mese non avrò trovato niente, credo che le continuerò scrivendo di nuovo qualcosa, anche se mi dispiace perché non sarà lo stesso che avevo scritto, sigh! Vabbé, intanto sto scrivendo quest'altra Scorily e spero vi piaccia. Chiedo scusa se per ora i due piccioncini ancora non si sono incontrati, ma abbiate pazienza, in qualcosa come il... quinto capitolo (esatto! Scusate) si incontrano finalmente. Anche se... insomma, mica tanto "finalmente"! Vi parlo da brava persona che ha già scritto i primi quattro capitoli e sta soffrendo per quello che ha scritto e che ha in mente, capitemi. Ci sarà tanto angst. E mi sto sentendo un po' stupida a scrivere tutto ciò perché io non scrivo mai nessuno commento come autrice, pubblico storie e basta, aiuto. Comunque, ripeto, spero vi piaccia (e se allora mi recensite la storia non mi arrabbio, eh), altrimenti... boh, ditemelo, ché le critiche costruttive fanno sempre bene. Plus: questo commento lo sto scrivendo in fretta perché la cena (... il mio yogurt alla ciliegia) mi aspetta, chissà quante cavolate ho sparato.
SMUACK! 
SaintPotter.
   
 
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