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Autore: Sospiri_amore    07/08/2017    0 recensioni
❤️SECONDO LIBRO DI UNA TRILOGIA❤️
Ritorneranno Elena, Kate, James, Jo, Adrian, Stephanie, Lucas, Rebecca, (Nik ??).
Ci saranno nuovi intrecci, guai, incomprensioni e amori.
Elena avrà dimenticato James?
Chi vivrà un amore proibito?
Riuscirà il Club di Dibattito a sconfiggere la scuola rivale?
Nik sara sempre un professore del Trinity?
Elena andrà al ballo di fine anno?
IL FINALE di questo libro corrisponde alla fine del liceo, il terzo libro sarà incentrato sulla vita adulta dei personaggi. Più precisamente quattordici anni dopo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Bigliettini e spaghetti al pomodoro


 

Io: Mi dici che ti prende? È giorni che sei strana.

Kate: Nulla! Quante volte devo dirtelo.

Io: Non sono scema. Tu e Jo mi trattate in modo diverso.

Kate: Forse perché tu sei diversa? Adesso basta con questo bigliettino, altrimenti la prof ci becca.

Io: In che senso sono diversa?

Kate: Smettila, sei asfissiante. Parliamo durante la pausa.

Io: Così mi preoccupo. Dimmi che c'è?!?!?!?

 

Kate appallottola il bigliettino che le sto passando dall'inizio della lezione di letteratura inglese. 

 

Da qualche giorno è strana, lei è Jo sono come infastiditi dalla mia presenza e non capisco il perché. L'incontro avuto con Lucas e gli altri ha innervosito tutti noi, per un motivo o l'altro. In modo particolare ha fatto soffrire me, le parole di James mi hanno fatto molto male, non avrei mai creduto potesse arrivare a trattarmi così.

Voglio chiarire con lei il prima possibile.

Passo il resto della lezione a masticare il tappino di plastica della penna, pensando a cosa vorrà dirmi Kate, e a lanciarle piccoli calci, visto che è seduta di fronte a me. 

Non si gira e non reagisce.

Detesto quando mi nasconde le cose.

 

Finalmente la campanella suona.

Come un fulmine butto tutto nelle mia cartella e mi piazzo fuori dalla porta. Intercetto Kate e Stephanie piazzandomi in mezzo a loro.

«Cosa significa che sono diversa?», le chiedo a bruciapelo.

«Adesso ti strozzo. Vedi come fai? Sei ossessionata da James, non riesci a liberarti di lui. In ogni tua azione, in un modo o nell'altro, lui è il fulcro di tutto», Kate mi ringhia addosso mentre si avvia verso l'armadietto.

«No-non è vero. Io non dico mai nulla su James. Sto zitta e basta, adesso non l'ho neanche nominato», replico senza pensarci troppo.

«È quel tuo stare zitta che è strano. Non hai difeso Jo l'altro giorno fuori da scuola, non frequenterai nessun Club al Trinity, non vuoi scegliere un college e pensare al tuo futuro. Insomma, ho capito che stai male per lui, ma non sei l'unica che soffre per amore. Ok!», Kate sbatte lo sportello dell'armadietto con forza poi guarda Stephanie che con le lacrime agli occhi si morde il labbro.

«Che diavolo succede?», chiedo confusa, non sto capendo.

«Eccolo, questo è il punto. Non capisci. È come tu fossi cieca, non ti accorgi di chi sta male. Magari si tratta di una persona vicina a te, ma tu non fai altro che pensare a te stessa», Kate con le mani nei capelli si accascia per terra, «Non ho la tua forza, non so come fare. È tutto così difficile. Avrei bisogno di te, ma sembra che ti crogioli nelle tue malinconie senza vivere la realtà di tutti i giorni».

«Kate adesso mi preoccupo. Sai che siamo le amiche perfette, a me puoi raccontare tutto», le dico accoccolandomi vicino a lei.

«Il problema sono io. Incasino sempre tutto, mi dispiace K, non volevo darti questa responsabilità... Io sono, non so neanche come spiegarlo...», Stephanie stringe forte i libri di testo che ha tra le braccia, «... Lucas è venuto a casa mia con la scusa di trovare mia madre e... e a cercato di baciarmi. Io... Io non so come sia potuto succedere. Gli ho mollato una sberla, ma lui sembrava divertito da quella situazione, mi ha preso i polsi dicendo che sono sua. Sono una persona orrenda, una perdente, non riesco ad oppormi a lui».

«Capito? Quello stronzo si approfitta di lei. Io non so come difenderla, cosa posso fare? Mi sento così inutile da sola», Kate è scattata in piedi stringendosi a Stephanie in un abbraccio, «E se Lucas volesse farle del male? Se la forzasse a fare cose che non vuole? Al solo pensiero impazzisco».

Con la bocca spalancata guardo Stephanie tremare: «Jo lo sa?».

«Figurati lo prenderebbe a cazzotti e finirebbe con l'essere espulso da scuola», mi dice Kate.

«Hai ragione, meglio lasciarlo fuori. Credo sia il caso di non far entrare Lucas a casa tua», ragiono ad alta voce.

«Come fosse facile. La famiglia di S e quella di Lucas sono tra le più importanti di New Heaven, ci saranno decine di occasioni in cui lui potrebbe infastidirla: ricevimenti, compleanni, inaugurazioni», Kate raccoglie il suo zaino tenendo stretta la mano di Stephanie.

«Merda», dico seriamente preoccupata.

«I-Imparerò ad oppormi a non avere nulla a che fare con lui e...», sussurra Stephanie.

«Ma se lui lo fa con la forza, puoi fare ben poco. Conosce i tuoi punti deboli e sa come manipolarti. Lo sai Elena che Lucas chiama S continuamente al cellulare, anche durante la notte?», mi dice Kate.

«Cosa? Ma da quanto va avanti questa storia?», chiedo incredula.

«Da quando è tornato a New Heaven», mi risponde Stephanie, «Non ti ho voluto dire nulla perché sei già presa dai tuoi problemi, non volevo dartene altri».

«Ma... Ma...», non ho parole.

«Come facevamo a dirti qualcosa, sembri un'altra persona, vivi su un altro pianeta. Per questo Jo ci ha difese l'altro giorno, sa che Lucas tartassa Stephanie con le telefonate», Kate è arrabbiata, furiosa, lo capisco da come mi guarda. 

 

Non posso darle torto, da quando è ripresa la scuola ho cercato di farmi gli affari miei, cercando di vivere una vita il più tranquilla possibile. Quello che ha fatto Lucas è imperdonabile, disgustoso, ma non so come potrei aiutare Stephanie. È come se il mio cervello fosse fuori servizio.

 

«Potresti denunciarlo, oppure andare dalla Marquez. Potrebbe... Potrebbe...», provo a dire.

«Potrebbe far cosa? Nulla. Cosa cambierebbe? Ci serve la vecchia Elena, quella che sapeva sempre cosa dire e che avrebbe fatto di tutto per aiutare un amico», mi dice Kate.

«Io sono la stessa, solo che non voglio intromettermi in nulla. In questo caso non saprei da che parte iniziare», alzo le spalle. Sono sincera non ho idea di come aiutare Stephanie.

 

Tutte e tre ci dirigiamo verso la mensa con il volto cupo. Capisco che le mie amiche abbiano bisogno del mio aiuto, ma non so davvero da che parte girarmi. Kate stringe la mano di Stephanie che a testa bassa cammina per il corridoio, è molto spaventata.

Vorrei che mia madre fosse qui, vorrei riuscisse ad allontanare le mie paure, vorrei riuscisse a tranquillizzare Kate, come faceva quando eravamo bambine. Mamma sapeva sempre come farmi forza, in questo momento sento di averne bisogno di lei più che mai.

 

A pochi metri dalla porta della mensa c'è Lucas che fischietta. Se ne sta appoggiato sulla parete con le mani in tasca, fissa Stephanie con intensità, come un leone in procinto di attaccare la sua preda. D'istinto prendo la mano tremante di Stephanie.

«Fai finta di nulla, se ti parla non devi rispondergli», le bisbiglio.

L'attimo in cui passiamo vicino a Lucas sento il mio cuore battere all'impazzata, non ho idea di cosa voglia fare, potrebbe dire cattiverie o infastidendo Stephanie. Qualsiasi cosa abbia in mente, so già che non mi piacerà per niente.

 

Sguardi.

Risatine.

Poi Lucas dice a bassa voce, quasi sussurrato: «Ciao Stephanie».

 

Tutte e tre aumentiamo il passo e senza reagire entriamo nella mensa.

Il rumore dei vassoi, lo sbattere delle posate sui piatti e le chiacchiere animate degli studenti sono una cacofonia graditissima. Il pericolo Lucas è passato, almeno per ora.

 

«Che vi prende? Avete visto un fantasma?», Jo ci aspetta con quattro vassoi in mano davanti alla fila per prendere il pranzo.

«Oggi è una giornataccia», gli rispondo mettendomi vicino a lui. Stephanie prende un vassoio. Le cade di mano, sta tremando così tanto che non riesce a stare ferma.

«Una semplice giornataccia? Che cosa sta succedendo?», Gli occhi neri di Jonathan scattano sui nostri volti in cerca di qualche indizio, «Kate parla. Ora».

«Lucas è diventato un po' troppo insistente», dico io.

«Quel grandissimo bastardo. Deve smetterla di telefonarti», dice Jo a Stephanie, poi rivolto a me: «... Da quando sai delle telefonate? Avevamo deciso di non dirti nulla» 

«L'ho scoperto da poco. Ho capito che qualcosa non andava e... e mi sono fatta raccontare tutto da Kate e Stephanie», mento, non voglio che sappia che Lucas ha cercato di baciare Stephanie contro la sua volontà.

Jo mi interrompe: «Era ora Elena! Non ne potevo più di vederti inerme, sembravi una brutta copia di te stessa», ridacchiando inizia a riempire il vassoio per poi seguire la fila fino alla cassa.

 

Kate mi guarda e accenna un sorriso. È felice che abbia mantenuto il segreto, non voleva che scoppiasse una rissa, o peggio, tra Jo e Lucas.

 

«Prendo io le cose per il tuo pranzo, ok?», dico a Stephanie mettendo nel vassoio due piatti fumanti di spaghetti al pomodoro, due bottiglie d'acqua e due porzioni di macedonia alla frutta.

«Grazie, oggi le mie mani non collaborano», mi risponde con dolcezza.

«Sai cosa diceva mia mamma sugli spaghetti? Per essere perfetti devono essere al dente, saporiti e pieni di sugo, come dovrebbe essere la vita».

Stephanie mi guarda perplessa, poi sorride: «Sai che non riesco a capire a cosa si riferisca. Tu lo sai?», chiede a Kate che ci segue con il suo vassoio verso la cassa.

«Certo che lo so. Margherita me lo diceva ogni estate, quando andavo in Italia per le vacanze estive. Ogni volta che mi vedeva insicura per qualcosa, lei... lei...».

Continuo la frase di Kate: «... Mia mamma riusciva a rendere tutto semplice. Anche la cosa più complicata era in grado di spiegarla senza problemi».

«Quindi che c'entrano gli spaghetti?», Stephanie si è messa in mezzo a me e Kate. Jo è già seduto ad un tavolo vuoto, sta agitando il braccio nella nostra direzione.

«Allora... Gli spaghetti per essere perfetti devono essere al dente. Quando li mastichi devi sentirli, distinguerli ma poi sciogliersi in bocca. Lo stesso devono essere le persone, devono essere determinate, toste, senza essere dure. Imparare a sciogliersi al momento giusto».

«Gli spaghetti devono essere saporiti», continua Kate, «Perché la personalità di un individuo è tutto, il suo sapore è il biglietto da visita per il mondo. Una persona senza sale è una persona triste».

«Gli spaghetti devono essere pieni di sugo, perché quando li mangi è inevitabile sporcarsi. Basta un tovagliolo per pulirsi dalle macchie e tornare quelli di prima. Così è la vita. Si può soffrire, essere felici o arrabbiati, La tristezza prima o poi passa, come una macchia di sugo sulle guance», gli occhi mi si riempiono di lacrime.

 

Mi chiedo come abbia potuto dimenticare le parole di mia madre. Mi ha ripetuto almeno un miliardo di volte, che dovevo sempre rimanere me stessa e che nulla avrebbe mai dovuto abbattermi. Mi diceva che se avessi mai trovato un ostacolo nella vita, avrei dovuto imparare a superarlo e andare avanti. Una bella pulita alle macchie di sugo per essere subito pronta a mangiare una nuova forchettata di spaghetti.

 

Con il vassoio in mano, mentre attraverso la mensa, una strana consapevolezza mi pervade. È come se la mia anima in frantumi si ricomponesse, come se i pezzi cercassero di unirsi e saldarsi tra loro, come se il ricordo di quella che ero stesse risalendo in superficie.

Con il sorriso sulle labbra guardo le mie due amiche che camminano di fianco a me: «Grazie credo di aver capit...», ma vengo interrotta.

 

Un terremoto.

Un urto.

Manca l'equilibrio.

 

Gli spaghetti al pomodoro e la macedonia sono sparsi sulla mia divisa, la gonna e le scarpe. Sono completamente sporca.

Tutta la mensa scoppia in una fragorosa risata. Il rumore è assordante.

Rebecca è di fronte a me, è stata lei a rovesciarmi il vassoio addosso: «Ops, scusa», mi dice con falsità. Alle sue spalle ci sono Adrian e Lucas che sghignazzano.

«Gia che ci sei, svuota pure il mio vassoio pivella», mi dice James allungandomi il resto del suo pranzo. Senza aggiungere altro se ne va con i suoi amici.

 

Con le lacrime agli occhi, imbarazzata e umiliata non oso muovermi.

Non capisco più nulla.

Non sento più nulla.

La mia anima è di nuovo un mucchio di frammenti inermi, come un piatto di spaghetti scotti, insipidi e asciutti.

   
 
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