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Autore: theprophetlemonade_    07/08/2017    3 recensioni
«Alexander, non ti spaventa — dice Magnus alla fine — sapere che puoi provare dei sentimenti così forti per qualcuno che una parte di te ancora crede di conoscere a malapena? Perché a me spaventa da morire. Qualcuno che un giorno spunta nella tua vita, all'improvviso, e ti lascia senza alcuna possibilità di scelta a riguardo».
Alec incontra, nello specchio del suo bagno, un uomo che afferma di essere dall'altra parte del mondo. Da quel momento in poi la situazione s'impenna.
[Malec + Sense8 Clusters!AU → NON È NECESSARIO CONOSCERE SENSE8 PER POTER LEGGERE LA FIC]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clary Fairchild, Jace Wayland, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note della traduttrice: 
 
Come promesso, eccomi qui col secondo capitolo! 
Innanzitutto volevo dirvi grazie: non mi aspettavo una risposta simile, affatto. Non essendo nel book!verse non mi aspettavo così tante visualizzazioni e recensioni. Pertanto grazie a chiunque abbia letto, recensito, messo fra le seguite/preferite/ricordate. GRAZIE. 
Detto ciò, vi lascio il secondo capitolo in cui compaiono altri personaggi... L'ho letto e riletto, mi scuso per eventuali errori o sviste, se notate qualcosa che non va o pensate che la traduzione vada migliorata in qualche punto fatemelo notare, i suggerimenti e le critiche costruttive sono sempre ben accetti! 
Vi avviso anche che probabilmente il calendario degli aggiornamenti subirà delle variazioni: giovedì o venerdì dovrei partire per le ferie, di conseguenza qualora partissi giovedì aggiornerò mercoledì, altrimenti pubblicherò giovedì come precedentemente previsto. Dovrei rimanere in vacanza una settimana/dieci giorni, comunque conto di darvi indicazioni più precise circa gli aggiornamenti e le variazioni che subiranno. 
Grazie per aver letto fin qui e buona lettura! 

Starsfallinglikerain.

 


 
Capitolo 2

 
È passato un mese da quando ha incontrato Jace nello specchio del suo bagno e la possibilità di incontrare qualcun altro nello stesso modo non è qualcosa a cui Alec abbia veramente pensato.         
Davvero, può solo dirsi fortunato di essere seduto nel suo appartamento quando finalmente succede. Perché la tazza che tiene fra le mani si infrange sul pavimento mandando pezzi di ceramica ovunque, spargendo caffè sulle sue scarpe appena lucidate.         
C'è una ragazza dai capelli rossi in piedi al centro della stanza, con le dita e la maglietta sporche di vernice, e gli sta sorridendo, il naso arricciato.
«Ciao» dice, prima che Alec possa anche solo formulare un qualcosa di simile ad una parola. «Alec, giusto?».
«Oh, Dio».     
«Io sono Clary» dice Clary — perché è ovviamente Clary, la studentessa d'arte di Seattle, per cui Jace ha chiaramente una cotta. Alec non aveva realizzato che fosse reale. Oh, beh — più o meno.          
Si volta a guardare fuori dalla finestra dell'appartamento di Alec, crogiolandosi nel calore della luce pomeridiana che filtra attraverso gli spazi fra i grattacieli adiacenti.  
«Sei a New York, eh? Ho sempre voluto venire qui. Infatti sto mettendo qualcosa da parte. Voglio vedere il Met[1]».
Lancia un'occhiata oltre la propria spalla con un sorriso grazioso ed Alec ancora non si è mosso.
«Sta piovendo a Seattle» dice, e nello stesso momento Alec pensa di riuscire a sentire il profumo della pioggia che trapela dagli alberi fradici a causa del temporale e che invade la terra inzuppata. Cerca di non concentrarvisi. «È incredibile come le cose possano essere così diverse nonostante ci troviamo nello stesso Paese. Penso che solo io e te viviamo nello stesso posto».
«Fantastico» dice Alec. In questo momento è infastidito dal fatto che l'estensione del suo vocabolario sembri ridotta a sole parole monosillabiche, ma ugualmente vuole che questa sconosciuta — Clary, non è davvero una sconosciuta, no? — se ne vada dal suo appartamento e dalla sua testa.  
Lei sorride di nuovo, troppo felice per i gusti di Alec, e guarda di nuovo fuori dalla finestra dondolandosi avanti e indietro sui tacchi, briosa e gradevole. Alec non è molto a suo agio con le persone felici — Jace e Isabelle sono decisamente il suo limite massimo, non ha intenzione di accettarne altre. Ma sembra che la fortuna non sia dalla sua parte: sospira pesantemente, chiudendo gli occhi per un breve momento di tregua, e ci riprova. Sa essere gentile. I suoi genitori l'hanno cresciuto — forse non bene, ma almeno adeguatamente.
Può anche accettarlo. A questo punto, ha provato qualsiasi altra cosa.      
«Jace ha detto che sei una studentessa d'arte?» chiede, sconfitto dalla consapevolezza di aver accettato tutto ciò come la sua realtà.     
Clary s'illumina al nome di Jace e inclina il capo con un sorriso, gli occhi ridenti.
«Sì» dice. «Sono al mio ultimo anno alla Northwest. Spero di fare un master il prossimo anno, però. In un posto più soleggiato. Magari qui? Non dovrei pagare per volare dall'altra parte del Paese solo per dare un'occhiata in giro, quantomeno». Il suo sorriso si fa più timido ed Alec alza gli occhi al cielo, lasciandosi cadere sul divano.         
«Fai come se fossi a casa tua» borbotta Alec, ma si rende presto conto che, così come con Jace, il suo sarcasmo aggressivo non viene colto dalla sua nuova compagna.       
Clary attraversa la stanza e si lascia cadere a sua volta sul divano accanto a lui, il suo sorriso non vacilla. Alec la esamina per un secondo, cercando di vedere dove Jace la trovi bella — sì, magari...  pensa razionalmente prima di scuotere il capo. No. Cercare di capire Jace non è un qualcosa di cui gli importi granché.
«Dunque, sei in polizia» dice Clary. «È bello».       
«Suppongo di sì».     
Quando non aggiunge altro, Clary giocherella in modo imbarazzato con l'orlo della sua maglietta, avvertendo il peso del suo sguardo indagatore. Alec le lancia un'occhiata veloce e aggrotta la fronte, finché lei non parla di nuovo.           
«Hai già sperimentato qualcosa?» chiede. «Jace ha detto che l'avete fatto un po', ma immagino che voi ragazzi siate più simili di me e lui. È stato fantastico la prima volta che ho tirato un pugno al sacco in palestra, però. Non ero mai stata in una palestra prima. Tutto merito di Jace».   
Alec scrolla le spalle di nuovo. Aveva realizzato abbastanza in fretta che la condivisione delle loro coscienze significava anche condivisione delle loro abilità, il che — beh, era stato utile. Alec è in forma, ma Jace è in ottima forma ed Alec non può di certo lamentarsi di poterla prendere in prestito. Jace è anche sicuro di sé e caparbio e, in modo strabiliante, capace di affascinare chiunque, o quasi. Il che rende Alec pure geloso.
Inoltre, Alec non è sicuro che Jace sia stato capace di prendere in prestito qualcosa da lui. Non si considera niente di speciale o degno di nota, nemmeno nei giorni migliori. Quale capacità potrebbe qualcuno prendere fisicamente in prestito da lui? La capacità di portare rancore?       
«Che stai cercando di fare?» chiede. Non è proprio dell'umore per girarci tanto attorno. 
Clary aggrotta la fronte, ma non sembra scoraggiata. Grandioso,  un'altra persona testarda in un modo a dir poco ridicolo con cui avere a che fare nella sua testa. Forse era quella la ragione per cui erano tutti così attratti gli uni dagli altri.    
«Sto solo —» dice, ma poi si blocca. «Pensavo potessimo conoscerci. Tu sei l'ultimo per me — ho incontrato tutti gli altri. Magnus dice che di solito ce ne sono otto per ogni cluster, quindi... Tu sei il numero otto per me».
Otto, si lamenta Alec, ma chiede: «Cluster?».         
Clary annuisce. «Sì. Gruppi di otto persone con la stessa connessione che abbiamo noi. Apparentemente è più comune di quello che pensi — o così dice Magnus. Dice un sacco di cose, ma è la persona più intelligente che conosca. Può essere dura stare al passo con lui, o addirittura credergli,  se non sei completamente attivo».        
Alec non è sicuro che sia una frecciatina velata rivolta a lui.          
«...Come funziona?» chiede lentamente.     
«Non ne sono del tutto sicura —» ammette. «È come una specie di connessione mentale ed emotiva, attraverso lo — lo psycellium, credo si chiami così?». Si picchietta la fronte con l'indice e Alec non le dice che si è macchiata con della vernice blu. «Una sorta di sistema nervoso. Una zona del cervello? Non ne sono sicura. Non ho passato biologia al Liceo».       
Alec ci riflette per un momento, ma conclude che non è niente di nuovo rispetto a ciò che aveva già considerato mentre si chiedeva che cazzo sta succedendo. Non cambia quasi nulla: Clary è ancora lì, Jace appare ancora regolarmente e lui ancora non è venuto a capo di come  tutto ciò sia iniziato o possa finire. Sempre che voglia che finisca. È abbastanza sicuro di sì. Abbastanza sicuro. Giusto?       
Alec incrocia le braccia sul petto e sente il cipiglio, già presente sul suo volto, farsi più marcato.
«Quindi sono otto. Di noi?».            
«Sì» Clary sorride. «Io, te, Jace. Simon — lui è carino, mi piace molto. Anche Jace. Penso si visitino molto spesso. Uhm — e poi ci sono Raphael, Maia, Lydia. E poi c'è Magnus, ovviamente».      
«Ho incontrato solo te e Jace» mormora Alec. Non è irritato; gli piacciono la sua solitudine e la sua privacy, certo, ma — sembra che sia l'unico a non avere ancora incontrato il resto. Tipico. Forse c'è qualcosa di sbagliato in lui. Non sarebbe la prima volta.          
Scommettiamo che la sua miracolosa connessione psichica non funziona.
«È diverso per ognuno, credo» dice Clary. «Conoscevo Simon da molto prima di incontrare chiunque altro. Era come uno scherzo e poi —  poi immagino sia diventato un qualcosa di più grande di un semplice scherzo».
Arriccia di nuovo il naso quando sorride. Indubbiamente è molto affezionata a Simon, chiunque egli sia. Alec decide preventivamente di non prendere parte a quel sentimento.             
«L'hai detto a qualcuno?» decide di chiedere, piuttosto. «Nessun'altro... sa di —», distende le braccia e gesticola con le mani, incapace di trovare le parole.          
«Mia madre e il mio padre adottivo, Luke, sì» dice. «Mia madre è uno di quegli hippie moderni, quindi l'ha presa piuttosto bene. Luke è stato più difficile da convincere —  è un poliziotto, proprio come te —  ma quando ho iniziato a parlargli fluentemente in tedesco, così dal nulla, ha cambiato idea».       
«Tedesco?».
«Simon è in Germania ora, in tour» spiega Clary docilmente. «Io non parlo tedesco. Beh. Suppongo di farlo ora. Così come puoi farlo tu».  
«Uh» è tutto ciò che Alec dice. Pensa al suo spagnolo maccheronico — i suoi genitori avevano cercato di insegnarglielo quand'era più giovane, ma non l'aveva mai appreso bene come Izzy — e si chiede se questo gruppo di persone nella sua testa abbiano accesso anche a quello ora.            
«Tu l'hai detto a qualcuno? Jace ha accennato al fatto che hai una sorella».          
«No» risponde Alec velocemente. Clary sembra un po' colta di sorpresa. «No. Io ho solo — No».         
Non che non ci abbia pensato, ma... esattamente, come si può spiegare di avere iniziato a sentire voci nella propria testa e non essere portato da uno psichiatra per questa ragione? Una parte di Alec vuole sperare che Izzy lo capirebbe, ma teme anche che se Izzy lo sapesse in un qualche modo lo saprebbero anche altre persone, e non vuole che una cosa simile arrivi alle orecchie dei suoi genitori.     
Non che Izzy avrebbe mai spifferato un segreto se gliel'avesse chiesto — i suoi genitori non sanno ancora nulla della questione sono interessato solo agli uomini —  ma condividere non è una cosa che gli viene spontanea. Non lo è mai stata.  
Clary non sembra troppo agitata.      
«Va bene» dice gentilmente e Alec si rabbuia nuovamente, ma lei è una di quel genere di persone. Imperturbabilmente gentili ed ingenue. E la cosa lo infastidisce, senza che ci sia una ragione particolare. Spera, se proprio dovrà incontrare altre cinque persone sparpagliate per il mondo, che il resto non sia così allegro. È estenuante.           
«È la tua scelta. Non c'è alcuna pressione da parte mia. L'ho detto ai miei genitori perché volevo farlo, ma so che Raphael non ne ha ancora parlato con nessuno. Solo con Dio. Dice che questo è più che abbastanza per lui».    
Delle chiavi tintinnano nella serratura e Alec si mette sulla difensiva. Sa che è Isabelle — e sa anche che Isabelle non può vedere, udire o percepire Clary o chiunque di coloro che lo visitano frequentemente — ma comunque lancia un'occhiata velata di leggero panico a Clary.           
«È Izzy» spiega. «Dovrei... Dovresti...».     
«Alec!». L'urlo di Izzy giunge dal corridoio. «Con chi stai parlando? Abbiamo compagnia? È Raj? Mi piace Raj!».
Alec raggiunge velocemente il telecomando, sintonizzandosi su un qualsiasi canale. Clary lo guarda con curiosità, non svanendo nell'oscurità come tende a fare Jace in quelle situazioni. Piuttosto, volge il proprio sguardo al pavimento, dove il caffè di Alec è ancora rovesciato. Solleva un sopracciglio, in attesa, e nella sua espressione c'è un che di divertito  per la sua agitazione.          
«Nessuno!» esclama Alec — ed è grato che Izzy non sembri notare quanto sia in tensione mentre svolta l'angolo ed entra nel salotto con uno dei suoi sorrisi brillanti e una bracciata di borse della spesa. «È — È solo la TV».       
«Okay, bene» dice Izzy, lasciando cadere le borse per terra in un istante. «Perché stavo scherzando. Non mi piace Raj. Smettila di invitarlo. Non ho mai incontrato qualcuno di più noioso di lui in tutta la mia vita — E conosco te!».           
Alec alza gli occhi al cielo e da qualche parte dietro di lui Clary ridacchia fra sé e sé.      
Oh, la situazione si farà surreale. E in fretta.

 
____________________
 

In un qualche universo, Alec immagina che Jace possa essere il genere di persona con cui diventerebbe amico in modo spontaneo — ma Clary Fray non lo è. E per quanto riguarda Jace e Clary insieme — assolutamente, decisamente no, al cento per cento.  
Alec non ne era mai stato in grado — Izzy glielo ricorda regolarmente — ma guardare Jace che tenta di flirtare era come guardare un incidente automobilistico al rallentatore. Alec non è davvero certo del motivo per cui si trovino lì, con lui, mentre sta cercando di lavorare, dannazione — ma non vuole saperlo.
O forse sì, se ciò significasse che porterebbero quelle sciocchezze da qualche parte dove lui non c'è.
È seduto nell'automobile della polizia, tamburellando con le dita sul volante mentre aspetta che Raj esca da Starbuck's con il loro quinto caffè della giornata, Clary e Jace sono entrambi seduti sui sedili posteriori mentre chiacchierano implacabilmente.        
Avevano detto qualcosa a proposito della voglia di accompagnarlo in un giro su una vera macchina di pattuglia — e Alec si era lamentato ma aveva acconsentito. Desidera di non averlo fatto. Non che non volesse che vedessero ciò che fa tutti i giorni — davvero, non gli dà fastidio,  perché per la maggior parte si tratta di lui e Raj seduti in macchina a bere caffè, mentre aspettano che la radio squilli — quanto piuttosto vedere quanto sia davvero noioso il suo lavoro, che l'interesse dell'uno si rivolgesse verso l'altra e viceversa.
Ed è scialbo.  
Ogni volta che Clary ride, gioiosa e spensierata, le nocche di Alec stringono più forte il volante. Ed ogni volta che Jace fa una battuta che atterra così lontano che è praticamente nell'Hudson[2], Alec digrigna i denti.
Non c'è alcuna parte di lui, in questo o in qualsiasi altro universo, che abbia accettato di essere una sorta di terzo incomodo in questa specie di sciocca relazione. Ma Clary si sente? Jace si sente? Evidentemente no.
Che qualcuno lo risparmi.     
«Madre de Dios[3]»  dice una voce dal sedile del passeggero. Alec non sobbalza, ma impreca. Sbatte appena il pugno sul clacson dell'automobile, facendo involontariamente disperdere alcuni piccioni che si levano verso il cielo. «Ma sopporti questo strazio tutto il tempo?».      
«Raphael!». Clary sorride, allontanandosi immediatamente da Jace nei sedili posteriori e sporgendosi verso il divisorio.        
L'uomo appena apparso nel sedile di Raj è vestito bene: una giacca e una camicia scure, senza cravatta, ma i gemelli scintillano argentei sotto il sole newyorkese. I suoi pantaloni sono immacolati e sembrano costosi, i capelli scuri perfettamente acconciati. Lancia un'occhiata ad Alec, indifferente, e poi si volta per guardare fuori dal finestrino, osservando i brownstone[4] dell'Upper East Side.     
Generalmente, Alec è uno da prime impressioni. Izzy dice sempre che è bravo a giudicare le persone che ha appena conosciuto. E Raphael ha un cipiglio impresso sul volto e sta raddrizzando i gemelli della giacca, al che Alec pensa: Grazie a Dio non sono tutti come quei due. 
«Sai, sono nella tua testa» dice Jace dal sedile posteriore. «Sento quello che pensi, Alec».          
«Sta' zitto».

 
____________________
 

Raphael Santiago si sta formando per diventare pastore — il che Jace l'aveva trovato tremendamente divertente quando l'aveva scoperto la prima volta e, evidentemente, tuttora continua a farlo — e viene da Città del Messico. Non originariamente, però, come Clary informa responsabilmente Alec. Raphel è del Porto Rico, ma Clary afferma che sta ancora lavorando per persuadere Raphael stesso a confessare il motivo per cui se n'è andato.     
Come aveva accennato Jace, qualche mese prima, a Raphael non piace molto parlare, il che Alec l'apprezza. Ogni volta che appare — cosa che non succede spesso — dà sempre l'impressione che preferirebbe trovarsi da qualche altra parte.      
E tuttavia continua ad apparire — ma Alec non glielo farà notare. Prova solidarietà per Raphael, anche dopo un pomeriggio, quando si stanno rilassando nell'appartamento di Alec e Izzy torna a casa, e ad Alec decisamente non piace l'espressione sul volto di Raphael.       
Asessuale, mica cieco, dice Raphael con un'alzata di spalle. Alec ribolle in silenzio per il resto della serata, finché Raphael non decide che ne ha avuto abbastanza di osservare la sorella di Alec senza che Izzy sappia di essere effettivamente osservata e svanisce senza nemmeno un "ciao".      
Alec borbotta fra sé e sé per un po', finché Izzy non gli chiede con animo: «Alec, perché stai parlottando fra te e te in spagnolo?».    
Alec farfuglia in modo seccato una risposta.

 
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Da ciò che Alec riesce ad intuire, Raphael ha la tendenza a non parlare molto della sua vita privata con gli altri. Alec comprende che tiene profondamente alla sua fede e alla sua chiesa, che è sempre vestito in modo impeccabile e che trova Jace insopportabile — ma a parte ciò, non sa molto su di lui.
«È solamente riservato» dice Jace, mentre Alec sta attraversando la città in metro. Alec non guarda volutamente Jace — perché probabilmente significherebbe fissare qualche sconosciuto negli occhi, il che è vietatissimo sui mezzi pubblici a New York — e di conseguenza  i suoi occhi guizzano verso il soffitto a seguire la mappa della metro che conosce come il palmo della sua mano.        
«Cosa che, beh, riesco a rispettare». 
Alec alza gli occhi al cielo e pensa: come no.           
«È sempre il più difficile da visitare» continua Jace, stupito. «Riesce a gestire piuttosto bene questa cosa, sa come tenerci fuori se vuole. Il che è okay e tutto quello che vuoi — ma il Messico è bello, amico. E molto più caldo dell'Inghilterra. Ci sei mai stato?».   
Alec scuote la testa, invece di parlare, ma inizia a cercare gli auricolari e il cellulare nelle tasche, così può fingere una telefonata.      
«No» dice Alec,  infilando le cuffie alle orecchie e parlando nel microfono, e nessuno accanto a lui batte ciglio. «Non l'ho visitato». 
Alec non intende in vacanza. È il termine che per primo Jace ha coniato e che Alec ha appreso da mesi: visitare. Quando uno di loro spunta nella testa dell'altro. Jace, Clary e anche Raphael lo visitano spesso, ma Alec non ha ancora visitato nessuno di loro, dove si trovano. Non sa come schioccare le dita e... andarci.
«È bello».  Jace fa spallucce «Mi ci sono voluti secoli per visitare Raphael. Anche per Maia e Lydia. Simon è l'unico che è andato dritto da Raphael senza problemi. Beh —  a parte Magnus. Ovviamente».  
Alec assume un'espressione che Jace interpreta come fastidio. Probabilmente lo è.          
«Ancora solo noi tre, eh?».   
«Già» risponde Alec, tagliando corto.         
«Penso che gli altri ti piaceranno» considera Jace. «Beh, magari non Simon. E Maia è — beh, Maia. Ma Lydia di sicuro. Lei ti piacerà. E per quanto riguarda Magnus... Sì, Magnus è tutt'un'altra storia. Ma devo ammettere che sono tutti entusiasti di conoscerti, sì».      
«Lo sono?».   
«Certo». Jace sorride, colpendo la spalla di Alec. «Sei a posto. Sei intelligente. Ti preoccupi per le persone, anche se ti piace nasconderlo sotto un qualsiasi aspetto da stronzo irritabile. Tu e Lydia andrete d'amore e d'accordo. O magari no. D'amore e d'accordo implica almeno un po' di entusiasmo. Voi due probabilmente parlerete solo di quale sfumatura di grigio avete intenzione di dipingere le vostre stanze la prossima volta». Alec fa una smorfia vaga, ma sente un qualcosa di simile ad un sorriso stuzzicare gli angoli delle sue labbra. Lo sopprime velocemente.         
«Ho detto loro che potevano anche semplicemente cercarti su Facebook» aggiunge poi Jace. «Spiarti nel caro vecchio modo, ma Magnus ha detto che avrebbe rovinato la sorpresa. Però Magnus dice un sacco di stronzate. Sono abbastanza sicuro del fatto che ci abbia già stalkerati tutti su Internet e abbia compilato dei fascicoli con ogni cosa che abbiamo fatto».   
Alec pensa agli altri, alle volte. Si chiede dove si trovino nel mondo, che cosa stiano combinando con le loro vite, come gestiscano la situazione. Si chiede se alcuni di loro abbiano dei genitori di merda, o orme da seguire, o persone che non sono destinati ad amare. Che si sbrighino, è curioso. Pensa che gli sia concesso esserlo, considerando tutte le volte in cui Jace introduce un nuovo nome alla conversazione e Alec prova la più strana fra le agitazioni nel suo cuore. È disgustoso. Non può essere sentimentale riguardo a persone che non ha nemmeno incontrato.            
«Vi lamentate un sacco di Magnus» dice Alec. «Sono certo che lo apprezza».     
«Sicuro» dice Jace con un sorriso. «È forte e intelligente e irritabile, almeno dopo una sbornia. Pensa un po'».

 
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Un magnifico effetto collaterale dell'avere voci nella propria testa è il fatto che Alec non è stato capace di dormire indisturbato per una notte intera per settimane. E con magnifico Alec intende ovviamente del tutto orribile.
L'insonnia è un alleato tremendo, inzuppato in un'intensa vulnerabilità, inspiegabile nudità e nessun posto in cui potersi nascondere. Si sveglia troppo spesso fra i contorni pastellati della sua stanza, grigia e gessosa, con la sensazione di una mano che gli schiaccia i polmoni, facendogli entrare in gola  a forza tutti i generi di sensazioni positive  e obbligandolo ad assaporarli. Gli fa venire voglia di divincolarsi.          
All'inizio non era stato capace di spiegarlo. Forse una persona semplicemente prova sensazioni più profonde alle tre del mattino, in quella più profonda e scura parte della notte in cui nessuno riesce a scrollarsi di dosso la sensazione di essere solo in un mondo silenzioso. Forse senza la distrazione della luce e i rumori e gli altri è più semplice sentire.           
Quell'ipotesi non era durata a lungo. Alec era riluttante ad ammetterlo, ma ciò che provoca il suo risveglio da un sonno agitato sono i sentimenti degli altri ed è una sorta di empatia a cui non aveva mai preso parte.
È riuscito ad affinare bene la categorizzazione, e avere sentimenti come tristezza e solitudine, rabbia e rimorso che si riversano dalla sua pelle come ferite aperte sta agitando le sue viscere in un ammasso caotico.
Questa sensazione è sempre presente in gran parte. Sciaborda contro di lui come un maremoto e non è mai abbastanza sveglio per prepararsi al suo assalto. Questa notte è di nuovo la solitudine. È una sensazione comune, ma Alec non sarà mai pronto a sentire il proprio stomaco ritirarsi e lasciare uno spazio incavato e vuoto nel suo torace —  è diversa dal genere di solitudine di Alec, che sta nel suo petto e lo lascia senza fiato. Questo genere è un dolore tenue e presente, come se si fosse inasprito a lungo e avesse seguito una malattia.
Non sembra Jace. Le emozioni di Jace sono appuntite e spigliate e facili da prevedere. Jace pensa in modo opaco e semplice; le sue emozioni riscaldano come la luce del sole. Le emozioni di Clary sono testarde. Quelle di Raphael sono solide e cementate.       
Di conseguenza, si tratta di qualcun altro. In qualche modo, il pensiero che ci sia qualcuno là fuori che si sente così solo così spesso rende Alec triste; dev'essere logorante. Le emozioni sono sempre così intense, blu e viola, gocciolano e si muovono attraverso la pelle di Alec, soffocandolo.      
Giace nell'oscurità enigmatica con le mani intrecciate sullo stomaco seguendo l'alzarsi e l'abbassarsi del suo ventre, gli occhi aperti che bruciano a causa di una stanchezza a cui non può dare sollievo. Una domanda si forma sulle labbra sonnolenti di Alec come il filo di un maglione preferito che non può fare a meno di tirare.
«Chi è là?» chiede Alec ad alta voce. Nessuno risponde. Nonostante tutto, si sente come se lo conoscesse.




 
Note:
[1] Metropolitan Museum of Arts
[2] Fiume che scorre quasi interamente nello stato di New York.
[3] Madre di Dio
[4] Tipo di abitazione in pietra rossa il cui nome deriva dal materiale utilizzato, molto diffusa negli Stati Uniti.
 
   
 
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