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Autore: BlackInkVelvet    07/08/2017    3 recensioni
Bisogna mangiare per vivere, non vivere per mangiare. Ma sottovalutare l'importanza di un buon pasto è un errore altrettanto grave; le Guerre Sacre mettono sempre fame dopotutto.
Cinque Saint a tu per tu con spezie e condimenti, con dei fornelli come compagni d'avventura.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga, Dragon Shiryu, Pegasus Seiya, Phoenix Ikki
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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A volte è difficile fare la scelta giusta perché o sei roso dai morsi della coscienza o quelli della fame
(Totò)

Sul tavolo, ordinati in modo preciso e pulito, erano disposti tutti gli strumenti da lavoro. Il coltello grande a lama liscia, quello seghettato, quello per deliscare il pesce. Un mattarello, diverse ciotole pulite, un mazzetto di erbe aromatiche, le boccette contenenti le salse speziate. Il tagliere era stato lavato ed asciugato, le pentole già pronte all’uso, il fuoco della stufa ben alimentato. Shiryu osservò soddisfatto il piano in legno, coperto da tutti gli strumenti necessari. Era un tipo particolarmente attento ai dettagli, lui. Tutto doveva essere in ordine, disposto secondo una rigida griglia in cui ogni cosa aveva il suo preciso posto sul piano. Coltelli in alto, tagliere a destra, spezie e condimenti sulla mensola, ciotole in alto a sinistra, bacchette sopra il tagliere, ingredienti a destra. Era l’unico modo di lavorare per lui.
- Shiryu! Ho fame! Preparami qualcosa. Sono due giorni che Shun Rei prepara solo riso in bianco. - Dietro di lui, appoggiato al suo bastone, Doko della Bilancia lo osservava da sotto le folte sopracciglia bianche, un sorriso indecifrabile stampato in volto. Un’espressione a metà fra il divertito e lo sconsolato si dipinse sul volto del Dragone, che scosse la testa.
- Se vi sentisse, Maestro, nemmeno il vostro Cloth potrebbe proteggervi dalla sua furia. - La risata roca dell’anziano risuonò fra le pareti dell’umile casupola, ben presto accompagnata da quella più delicata ed elegante del suo promettente allievo.
- Ringrazio allora che sia andata a prendere dell’acqua! Pare che per oggi la mia testa sia salva. Quindi festeggiamo Shiryu! Farai ancora quei deliziosi jiaozi* al vapore che tanto mi piacciono?
- I migliori di Goro-Ho, maestro.

Shiryu era estremamente fiero dei suoi ravioli. Shun Rei era brava ai fornelli, ma non amava cimentarsi in ricette particolarmente difficoltose: preferiva i piatti semplici. Al contrario, il ragazzo adorava potersi confrontare con le ricette della tradizione cinese, sfidando ingredienti difficili da trattare e lunghe e meticolose preparazioni. Tutto era iniziato all’incirca un anno dopo essere arrivato ai Cinque Picchi. Doko lo aveva mandato a prendere della lana in paese, costringendolo a fare un lungo percorso, scendendo lungo le risaie che costellavano il fertile territorio tutto intorno. La corputa fattrice che gli procurò la lana, nel vederlo così basso e magrolino, sembrò seriamente preoccupata per la sua salute. Inutili le precisazioni del ragazzo, che anzi era ben nutrito ed allenato; in poco meno di due minuti, gli erano stati serviti del pollo agli anacardi e del delizioso riso speziato. Era stato invitato a sedersi a tavola con la famiglia, e l’allora giovanissimo Shiryu sapeva perfettamente che sarebbe stata grande maleducazione rifiutarsi; motivo per cui si ritrovò inginocchiato di fronte ad un tavolo mangiato dalle tarme, a tu per tu con due ciotole delle dimensioni della sua testa ricolme di pietanze fumanti. Abituato ad una cucina povera ed essenziale, spesso e volentieri anche sciapa e difficile da mandar giù, il moro aveva guardato con gli occhi sgranati quella manna dal cielo che la fattrice gli aveva preparato. Lentamente, quasi timoroso, aveva preso fra le bacchette un boccone di pollo, appoggiandolo sul riso. Gli bastò ruotare leggermente il polso flettendo le dita per cambiare la posizione delle bacchette, disponendole parallelamente, in modo da poter raccogliere sia il riso che la carne. Prima di portare il boccone alla bocca, lasciò che lo splendido odore, semplice ed invitante, gli invadesse le narici, facendogli venire l’acquolina. La curiosità per quel piatto totalmente nuovo lo spinse a spalancare le fauci e ingurgitare il boccone in un sol colpo. Il contrasto delle consistenze, l’esplosione delle spezie, il sapore morbido del riso e la croccantezza del pollo; un vero Eden per quel palato che fino a quel giorno non aveva mai assaggiato nulla di così buono. Era solo un bambino, eppure sembrava aver assunto in sé la segreta passione per quel rituale, così spesso sottovalutato, quale era il mangiare.
Prima di andarsene con la lana, aveva chiesto alla donns di insegnargli a cucinare quel piatto. Per tutta risposta, la fattrice, accompagnata da una grassa risata, gli aveva fatto dono del suo segretissimo libro di ricette. E allora ogni momento di pausa dagli allenamenti era diventato, per Shiryu, il momento ideale per esercitarsi. Imparare a riconoscere i diversi aromi, giocare con le consistenze ed i colori; molte altre erano state le visite alla fattrice, con una scusa o l’altra, per osservarla cucinare e imparare i segreti di quella che, agli occhi spensierati di un bambino, appariva come la migliore cuoca del mondo.

La lama ticchettava sul tagliere di legno con un suono sordo, affondando senza alcuna difficoltà nel porro e nelle carote. In una ciotolina lì vicino giaceva la carne di maiale tritata, mentre sul fuoco era già stata posta una grossa pentola contenente dell’acqua. La porta si era aperta con un cigolio, e la figura snella di Shun Rei si era stagliata sulla soglia. Non disse nulla, osservando la schiena del giovane piegata sui fornelli, e si limitò a posare i due secchi d’acqua che aveva sulle spalle vicini alla porta. Amava osservare Shiryu cucinare. Le faceva sempre sorridere il ricordo di come, imbarazzato e leggermente ritroso, il ragazzo le avesse chiesto di insegnargli a intrecciarsi i capelli, dato che non poteva certo cucinare con i suoi lunghissimi capelli sciolti. Inizialmente, le sue trecce erano terribili, e sotto la bandana che metteva per tenere la frangetta risultava ancora più buffa. Ora i capelli erano cresciuti, e la treccia arrivava a sfiorare i magri fianchi del ragazzo. Non aveva tuttavia abbandonato la sua amata bandana, che risaltava candida sulla capigliatura nera. Si girò, osservando l’anziano maestro seduto al tavolo, intento a giocare a Shangai. Chiuse la porta, avvicinandosi a piccoli passi alla cucina. Osservò il profilo di Shiryu, rimanendo incantata da quei tratti delicati e virili allo stesso tempo.
- Sono contento che tu sia tornata in tempo.
- Fai gli jiaozi?
- Già. Siediti e rilassati, fra una mezz’ora è tutto pronto. - Annuendo, la ragazza prese posto su di una vecchia sedia di paglia, sistemando le pieghe del suo cheongsam** e prendendo dal tavolo lì vicino un tangzhuang***. L’ennesimo abito distrutto da Shiryu durante gli allenamenti. Armandosi di pazienza e filo, la giovane iniziò a rammendare il capo, valutandone l’effettivo lavoro che andava profuso nel tentativo di salvarlo. Ma ben presto, i suoi occhi neri tornarono a cercare i gemelli di smeraldo, e si fermò nell’osservarlo al lavoro.
Il Dragone in grembiule era totalmente preso dalla composizione. Quelle mani, rese dure e callose dall’armatura che, solitamente, indossava per giornate intere, sapevano essere delicate e precise. Con la stessa facilità con cui avrebbe buttato giù un albero, sapeva lavorare la pasta elastica per i ravioli, stendendola con movimenti ritmici e pazienti sul tavolo. In bocca già poteva sentire la salsa agrodolce che ora bolliva appiccicosa e pigra sul fuoco, inondando la minuscola casa con il suo aroma. Il braccio di Shiryu si muoveva come per istinto, andando a prendere la ciotola dove giaceva la carne tritata. Vi erano già stati aggiunti preventivamente la carota e il porro, i gamberetti e un po’ di salsa di soia e di pesce.
Il suo maestro non li chiamava a torto “gli jiaozi migliori che abbia mai mangiato”. E Doko aveva duecento e passa anni.
Erano buoni perché il ragazzo ci metteva tutto l’impegno e l’attenzione possibile, come se fosse la missione più importante del mondo. Con la stessa, identica dedizione con cui aveva imparato a padroneggiare i suoi colpi mortali, era riuscito , alla soglia dei suoi quindici anni, a fare sua quella ricetta, dopo numerosi fallimenti e pentole bruciate. E aveva anche scoperto che preferiva di gran lunga cucinare che combattere. Quando combatteva, Shun Rei piangeva sempre. Passava le notti e i giorni di fronte alla cascata di Goro-Ho, le mani giunte e le ginocchia a sbucciarsi sulla tagliente roccia, a pregare per lui. Perché tornasse a casa vivo, e intero, affinché la durezza della battaglia non infiacchisse il suo spirito e la sua fede in Atena. Perché la guerra non lo cambiasse, rendendolo un uomo che non avrebbe più saputo amare. Invece, ogni qual volta saltava gli ingredienti in padella, indossando quel ridicolo grembiule e l’ancora più imperdonabile bandana, lei sorrideva. Si sedeva vicino alla cucina e si metteva a cucire, per non distrarlo, ma lui sapeva in realtà che lei lo osservava, amava alzare lo sguardo e vederla girarsi dall’altro lato, le guance in fiamme. Ed era la cosa più bella del mondo, il suo sorriso e la sua timidezza, era di quei piccoli gesti che lui si era innamorato. Era per lei e per il Maestro che cucinava, e per loro cercava ogni volta di rendere più buoni e appetitosi i suoi piatti. Si arrampicava su scalinate profumate di spezie e salate come la salsa di soia, fino a giungere ai loro sorrisi compiaciuti. Per un cuoco, per lui, era la più grande ricompensa a cui potesse ambire.
- Shun Rei, puoi gentilmente iniziare ad apparecchiare? Qui è quasi pronto. - La ragazza sussultò, presa in contropiede, e annuendo debolmente si alzò per prendere le stoviglie. Shiryu finì di sistemare i coltelli e le ciotole nel lavabo, prima di pulire tutto il piano di lavoro. I ravioli erano nei cestelli di bambù, posti sull’acqua bollente, e questo significava che per almeno un altro quarto d’ora avrebbe potuto rilassarsi. Si tolse il grembiule e la bandana, appoggiandosi al bancone e lasciando alla ragazza lo spazio per passare. Un sorriso delicato e sincero gli si dipinse sul volto, mentre osservava rapito i movimenti aggraziati della fanciulla; sembrava un fiore di loto smosso da calme acque per le sue movenze delicate ed eleganti. Lei sembrò notarlo, dato che si fermò ad osservarlo, tre ciotole strette tra le braccia. Il tempo sembrò fermarsi, anche per Shiryu che eppure stava calcolando quanto mancasse al termine della cottura. Il suo cuore prese  a battere forte, ignorando i morsi della fame che gli scuotevano lo stomaco. Le folte ciglia nere della donna si chiusero, come delicate ali di farfalla, sui suoi occhi, nascondendo con un movimento civettuolo le iridi di carbone. Sorrise, nonostante le guance rosse per l’imbarazzo e le gambe tremolanti. Con un passetto accorciò la distanza che la separava dal ragazzo, e veloce, gli stampò un delicato bacio sulla guancia.
- Grazie per il pranzo.  - Gli occhi di Shiryu si allargarono fino a raggiungere le dimensioni di una padella, mentre il sangue gli affluiva al volto. Si era portato una mano alla guancia, nel punto in cui le morbide labbra di Shun Rei avevano stampato un innocente bacio.
- Shiryu… Ragazzo! Il tuo Maestro non vuole morire di vecchiaia aspettando il pranzo. E sono già sulla buona strada, ah ah ah! - Come colpito da una scarica elettrica, il Dragone si riscosse, gettandosi con movimenti frenetici a controllare lo stato dei ravioli, mentre la ragazza si affrettò a sistemare minuziosamente le ciotole sul tavolino spoglio, il volto in fiamme.
- Ah… s-sì Maestro, è pronto, è pronto.
- Mh. - L’anziano osservò con fare calcolatore il ragazzo, che aveva quasi affondato il viso nel cestino, abbandonando tutta la grazia e la rigidità che lo contraddistinguevano per assumere quella posa impacciata. - Ragazzo mio, il tuo amore per gli jiaozi non ti autorizza a condividene il cestello. A differenza loro ti sfalderesti.



Note:
* I jiaozi sono i ravioli al vapore della tradizione cinese. Si tratta di un involtino di pasta, molto simile alla pasta fillo, ripieno di carne, pesce o verdure. I più famosi sono quelli ripieni con carne di maiale e gamberetti tritati.
** Abito tradizionale cinese da donna. Diverso da quello con cui siamo abituati a veder raffigurata Shun Rei, è più simile ad un largo kimono.
*** Giacca tradizionale cinese da uomo, simile a quella che porta solitamente Shiryu.


Angolo Autrice:
Questa piccola serie sui Bronze Saint è nata come per magia, guardando la serie animata. Ogni volta che i nostri cinque sono a tavola, in quelle poche volte in cui non sono intenti a prendersi a sberle con il nemico di turno, dimostrano di avere un rapporto con il cibo estremamente diverso l'uno dall'altro, nonostante siano quasi cresciuti insieme. Pertanto, mi sono permessa di indagare più a fondo in questi comportamenti, e di vedere come il momento del pasto venga interpretato da ognuno di loro. Shiryu è stato il primo perchè mi riesce facile pensare che abbia voluto affiancare Shun Rei in cucina.
Questi piccoli racconti hanno fermentato nel mio pc per quasi tre anni, e soltanto ora ho di nuovo l'ispirazione per riprenderne la scrittura.
Spero che apprezzerete la storia, e che magari vi faccia venire un languorino.

BlackInkVelvet
   
 
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