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Autore: Slan Soulblaze    15/06/2009    0 recensioni
[Xenogears, pre-game] Quella notte, Bart scoprì più di quanto avrebbe mai voluto sull'uomo che gli era accanto da quando aveva memoria.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ispirata dal fluffathlon di fanfic_italia, e in particolare dalla seconda settimana (fluff familiare/domestico), pur essendo fuori tempo massimo, mi è venuto in mente che avrei potuto finalmente scrivere la sospirata fic di (fandom intimidante solo al pensiero di trattarlo) Xenogears sotto forma di piccolo raccontino placido, innocuo e tanto puccioso. Mancava solo la scelta dei personaggi... ma per fortuna sono riuscita a trovare una bella famigliuola i cui componenti mi piacessero tutti :3 Questa fic si colloca appena prima (una settimana/dieci giorni) del primo incontro tra Bart e Fei. I nomi sono per la maggior parte ripristinati dal giapponese o tratti dalla versione italiana tradotta dai SadNES (miei carissimi compagni di gruppo), sia per omaggio sia perché nel novanta per cento dei casi sono migliori di quelli in inglese e mille volte più fedeli. Solo, do per assunto che il nome completo di Bart sia Bartholomei, alla russa come in originale, e ho ripristinato il cognome originale di “Maison” (Lawrence Mason).

Il grande e possente eroe di Aveh

“Dunque, ricapitolando e se non ho perduto il conto, questo è il quarto”. Sigurd si comprimeva delicatamente le tempie con pollice, indice e medio quasi volesse evitare che la testa gli esplodesse andando a far compagnia al Mimee lì fuori, o meglio ai suoi brandelli. “Quattro vermi delle sabbie dall’inizio della settimana, ch’è stato tre giorni fa. Mi pare sia un nuovo record, giusto, Mason?”. Il tono era calmo. Troppo calmo, tipo quando sta per partire una predica...

All’improvviso tutta l’euforia che aveva in corpo fino a un secondo prima e che l’aveva fatto gridare e ridere con quanto fiato si ritrovava in corpo fu spazzata via come sabbia trascinata chissà dove da una tempesta del deserto. Poi la predica arrivò.

Tranquilla, senza la minima traccia di rabbia, al massimo con una punta alquanto evidente di rassegnata esasperazione. Si vedeva che a Sigurd non passava per l’anticamera del cervello di alzare i toni, ma che allo stesso tempo non era disposto a lasciar passare sotto silenzio nemmeno un piccolo, innocente colpo di testa. Gli voleva bene, di questo era sicuro, ma quanto sapeva essere tremendamente noioso! Almeno con Mason poteva divertirsi alle sue reazioni scomposte e fingere contrizione, ma Sig non si lasciava ingannare facilmente e quindi lui si limitava ad ascoltare in silenzio, lasciando che le parole entrassero da un orecchio e poi, senza fermarsi, uscissero dall’altro. Dovevano essere fatte d’olio, quelle parole, visto quanto scorrevano bene.

In quell’istante, del tutto a tradimento gli si affacciò alla mente il ricordo di Sigurd che lo addestrava a combattere con la frusta, con pazienza infinita, inorgogliendosi di ogni suo progresso come un padre. Ma se si faceva vedere emotivamente toccato era la fine.

“Ricordate sempre, Padroncino, che confermare la natura del bersaglio e dispiegare una forza commisurata sono due regole imprescindibili di un combattimento, non solo su una nave ma con qualunque mezzo, anche in uno scontro ravvicinato. Padron Bartholomei? Mi avete seguito fin qui?”.

“Eh? Sì, Sig”.

“Ne dubito. Questo è il vostro problema: pensate si tratti solo di inutili chiacchiere e così prima o poi metterete a repentaglio la vita di coloro che dipendono da voi. Ma non preoccupatevi: finché sarò nei vostri pressi non mi stancherò mai di ripetere quanto vi ho detto oggi e infiniti altri giorni prima di oggi. Ora andate a riposare un po’, per sbollir l’esuberanza. Qui mi occuperò io di tutto”.

A letto senza cena. Così gli suonava l’ultima sentenza di Sigurd: la condanna ad andare in castigo saltando un pasto. Imbronciato più per principio che per vero senso d’ingiustizia, ché forse Sig in fondo in fondo poteva anche aver ragione (ma era comunque noioso), gli passò la voglia di controbattere. Semplicemente girò i tacchi con un “Mmm’kay” e, intrecciando le dita dietro la nuca, uscì come un discolo assolutamente convinto che un padre o un fratello maggiore troppo severo gli avesse fatto una paternale esagerata.

***

Nella nave, scura e silenziosa di notte quanto era luminosa e piena di vita di giorno, Bart percorreva i corridoi in direzione della cabina di Sigurd: missione, invitarlo a vedere l’alba con lui su in coperta. L’avevano già fatto altre volte, era il suo modo di fare pace e di chiacchierare assieme al di fuori delle occasioni ufficiali e dei continui impegni che la loro posizione implicava. Ma questa volta Sigurd non era nella sua branda e la cosa lasciò Bart perplesso: è sempre inaspettato non trovare qualcuno addormentato nelle ore del sonno, dopotutto. Anche se tu stesso sei appena sgusciato da sotto le lenzuola per andare a trovar qualcuno nel cuore della notte.

Uscì rapidamente e volse la testa prima a destra, poi a sinistra. Il luogo più logico da dove cominciare la ricerca, visto che ora l’assenza di Sigurd aveva stimolato la sua curiosità, era il ponte, dedusse, quindi vi si avviò con passo deciso. La plancia operava a personale ridotto, come sempre nei momenti di scarsa attività. “Sig? C’è Sig?”, domandò inutilmente, anche se la risposta la vedeva già da sé. Fece comunque eco ai suoi pensieri la voce squillante di Franz, ignaro della sua ricerca di poco prima: “Non è di turno, no? Sarà sicuramente a dormire”. Grazie lo stesso, Franz. Riprese l’ascensore per tornare agli alloggi dopo aver verificato che non fosse già fuori, appoggiato alla ringhiera a osservare con aria sperduta il vuoto o qualcosa che sembrava poter vedere lui solo, come qualche volta l’aveva sorpreso.

Ogni tanto gli veniva da supporre che il suo fidato primo ufficiale, amico e mentore ne avesse passate di cotte e di crude, solo si rifiutasse categoricamente di darlo a intendere a lui che in cambio preferiva non immischiarsi, perpetuando la reciproca omertà. L’aveva sentito distintamente risucchiare il respiro le prime volte che esaminava la sua schiena nuda.

“Il Signorino Sigurd si sente costernato e in debito nei vostri confronti”, aveva cercato di spiegargli una volta Mason, mordendosi la lingua subito dopo. Ma Bart era riuscito a strappargli comunque uno sconnesso borbottio circa un “non esserci stato” in un momento di bisogno. Lui non comprendeva la questione e così restava regolarmente irritato dall’asserzione che fosse al tempo “troppo giovane” per poterla capire.

Le altre cabine, l’infermeria, le camerate e l’hangar dei Gear risultavano parimenti sprovvisti di Sigurd, cosa che fece scalare a Bart un gradino superiore di perplessità. Non trovare qualcuno al suo posto (semmai era lui a non trovarsi al suo posto o a non fare quanto promesso, talvolta. Beh, spesso, anche) così, non aspettandoselo, lo fece sentire improvvisamente solo, e non era proprio cosa da lui. Avvertiva una mancanza, anzi la mancanza di una mano amorevole pur se inflessibile al suo fianco, da cui si era lasciato afferrare per ricadere in piedi o non cadere affatto. A malapena ricordando una qualunque parvenza di una famiglia come quelle che vedeva nel suo equipaggio, formata da un padre, una madre e magari dei fratellini o fratelloni, aveva avuto tutto il tempo di costruirsi un mondo in cui poteva chiamare ‘casa’ la base e quella grande nave accogliente. La sua famiglia erano Sigurd e Mason, Franz e Jericho e Maitreya, i mariti e le mogli e i figli dell’equipaggio; le feste erano gli anniversari della nascita di qualcuno, quando le donne alla base facevano tanto mangiare da bastare per svariati battaglioni, oppure i raduni al bar dopo la cattura di un bottino abbondante; erano Sig che collassava regolarmente al suolo dopo i primi due boccali, Mason che si lamentava se qualcuno alzava troppo il gomito o faceva troppo baccano. In fondo era fortunato: ne aveva tanti, di padri, di madri e di fratelli, tutti che si preoccupavano per lui e gli donavano sostegno, e a sua volta poteva essere un padre o un fratello per qualcun altro. Se fosse stato in suo potere, avrebbe regalato subito un sorriso perpetuo a tutti: soprattutto se così avesse potuto evitare ramanzine continue, poi.

Continuando a camminare senza arrendersi si arrestò davanti alla porta delle cucine: il led lampeggiante del pannello era illuminato, segno che qualcuno stava utilizzando la stanza. A quell’ora? Si appiattì contro il muro, ad un tratto timoroso di essere scoperto a bighellonare di notte (ma poi, perché avrebbe dovuto preoccuparsene? Era o non era il capitano?). Si trattava senz’altro di qualcuno intento a consumare uno spuntino di mezzanotte, ma ora doveva scoprire chi fosse e che diavolo succedeva alle vettovaglie della nave, quindi si scollò dalla parete, si pose diritto ma all’erta davanti alla porta e posò la mano sul pannello per aprirla.

Si ritrovò a fissare direttamente il volto di Sigurd, chino sul banco al centro della stanza. Così immobilizzato com’era rimasto appena vedutolo sembrava una statua. Una statua che reggeva una forchetta su cui era infilzato un pezzo di morbida torta con fragole e panna, per la precisione. Piatti, piattini e ciotole colmi di frutta, biscotti e altri dolci di ogni tipo, forma e colore erano disposti tutt’intorno ordinatamente, a dispetto della foga che doveva aver spinto a piazzarli sul piano. Continuarono così a guardarsi negli occhi, muti e fermi, per almeno un paio di minuti di cui Bart credette di contare finanche i frammenti di secondo. Gli si profilò l’immagine di loro due visti dall’esterno, che trovò molto ridicola. Sbuffò, ma non fece in tempo ad atteggiare le labbra al sorriso che Sigurd lo precedette. Esplose, anzi.
“Diamine, che faccia! Non te l’avevo mai vista fare!”
Rideva a crepapelle, senza trattenersi, fino a doversi asciugare le lacrime e piegare in due su quel lauto banchetto e contagiando anche Bart, che mica poteva essere da meno. E così risero sostenendosi a vicenda per mantenere l’equilibrio, riprendendo fiato a grosse boccate che facevano male ai polmoni e ricominciando subito dopo. Non c’era verso di smettere, ma nemmeno ci provarono.

***

Seduti a gambe incrociate sul levigato ponte esterno della nave, guardavano il sole levarsi da dietro le dune con lenta e languida certezza. Abbagliato dal primo spicchio di luce, Bart si girò verso Sigurd e lo ritrovò che lo osservava, ancora sorridendo di sottecchi. Effettivamente, lo notava solo allora, dal colore degli occhi si sarebbero potuti dir fratelli o quasi. Ma mentre rifletteva ruppe finalmente il silenzio, per non lasciar indovinare i propri pensieri.

“Scusa per oggi pomeriggio”. Lo borbottò talmente piano che Sig, nonostante il silenzio in cui erano immersi, lo interrogò con un “Nnh?”.
“Giuro che sarò una tomba”, decise di ritrattare lui riferendosi al punto debole di Sig. “Cosa penserebbero del loro grande e grosso primo ufficiale se sapessero che mangia torte con panna? Sai, degli eroi si tramandano solo le grandi imprese. Ci hai fatto caso? Non queste cose, non sono... eroiche!”, chiuse, a corto di aggettivi adatti da usare.

“Che sappiano pure tutti”, ribatté Sigurd tornando a girarsi verso il cielo dopo aver allargato ancora un po’ il suo sorriso.

Me la cavo linkando più sotto alle scansioni di questo librone monumentale contenente tutto lo scenario del gioco: cercare di spiegare in poche righe il background anche solo dei Fatima e la storia della casata di Aveh per far capire di cosa cappio sto parlando sarebbe una faccenda lunga e intricata. Due coordinate spoilerose al volo: la Yggdrasil è un sommergibile che si muove sotto le sabbie del deserto, Bart Fatima è il Principe alquanto eterodosso del regno di Aveh citato nel titolo, Sigurd è (beep beep, spoiler) in effetti il suo fratellastro maggiore di undici anni, come lo stesso Bart e noi giocatori veniamo a sapere solo parecchio avanti nella storia. Entrambi hanno passato un'infanzia/un'adolescenza difficilissima, ma sono riusciti a ricostruirsi una vita relativamente normale dopo essersi incontrati. Sigurd ha salvato Bart e la cugina Margarethe, ancora bambini, dalle torture dell'usurpatore, per questo è un "eroe" di Aveh. Anche se non gli interessa essere considerato tale, ma è guidato unicamente dall'affetto per i due piccoli della famiglia (e qui parte l'aaaaaw di default proprio nel gioco).

Il Perfect Works è una vera miniera, punto. Anche per le fluff. <3 Sì, è così: il debole di Sigurd per i dolci è assolutamente canonico e documentato, me lo son ritrovato leggendo per informarmi il meglio possibile ed era una coincidenza troppo buffa per non sfruttarla XD
Voglio anche inveire contro i salvataggi totalmente inutili ai fini di verifica... sei o sette slot occupati da Xenogears sulle mie memory card e nemmeno uno che fosse decentemente vicino alla Yggdrasil per fare un giretto veloce, e ovviamente i walkthrough su YouTube tagliano impietosamente sulle esplorazioni superflue. Affanbagno a me ._.

Piccola nota: la cambusa non sembra essere mappata nelle zone visitabili della Yggdrasil. Ma è una stanza indispensabile in una nave (altrimenti che se magnano?), quindi ho presunto che si trovi dalle parti del bar.
Ah, e per chi si stesse chiedendo come sia possibile che su un pianeta ad anni e anni luce dalla Terra ci siano le fragole e la panna e l’olio (più varie ed eventuali): sappiamo che ci sono il tè e il tè verde, che mi pare proprio sia la bevanda preferita di Shitanuccio mio, quindi vogliamo che non ci siano le fragole? °___° XD

DISCLAIMER: Xenogears è proprietà di Square Enix Ltd., ma soprattutto di Tetsuya Takahashi e Soraya Saga. Questa fanfiction è puramente un prodotto della mia ammirazione per entrambi (e per il compositore Yasunori Mitsuda, visto che le musiche del gioco giravano costantemente in sottofondo mentre scrivevo).

  
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