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Autore: Ordinaryswan    08/08/2017    2 recensioni
Aria è una ragazza dolce ma chiusa. Aria ha paura del mondo esterno da quando suo padre l'ha abbandonata, anzi ha abbandonato lei e sua madre. Entrambe si fanno forza a vicenda ma l'unico pensiero della vita di Aria è quello di studiare e rendere orgogliosa sua madre. Forse non l'unico pensiero da quando una compagnia di ballerini americani piomberà in città e lei ci finirà dentro con tutte le scarpe (a punta).
Dal primo capitolo:
“Vuole forse ammalarsi il primo giorno di lavoro?” Girandomi notai solo quegli occhi di ghiaccio che mi stavano nuovamente fissando quasi arrabbiati. 
“Non mi ammalerò, mi lasci andare .. me la so cavare”
“Non mi sembra visto che non sa mettere nella borsa neanche un ombrello per ripararsi, sa com'è l'inverno.. lo conosce?” Faceva davvero ironia con me?
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Alle nove puntuale come un orologio, i due ballerini mi aspettavano davanti al cancello. Maria anche in tuta sembrava una dea e indossava un paio di enormi occhiali da sole probabilmente per nascondere il fatto che non aveva il trucco.
A me importava ben poco, anzi avevo gli occhiali da vista perché con le occhiaie che avevo non me l’ero sentita di mettermi le lenti a contatto.
I miei capelli erano spettinati ed ero in tuta anche io, una visione tutt’altro che celestiale. 

Jamie venne incontro a prendermi la valigia, indossava anche lui un paio di occhiali da sole.
“Buongiorno” balbettai mentre prendevo posto dopo aver salutato Maria. 

Non volevo dormire in macchina, ma i due davanti parlavano di cose strettamente personali e sentivo  poco con la radio accesa, ma soprattutto non volevo essere invadente dato il favore che mi stavano facendo. Anche dormire però non era carino ma mi addormentai come un sasso fino all’arrivo dalla stanchezza accumulata. 

“Bell’addormentata?” aprii gli occhi e trovai Jaime piegato su di me che mi stava sganciando la cintura.
“Scusatemi, non sono stata di compagnia” ogni volta che ero nervosa parlavo troppo veloce e vidi Jaime aggrottare la fronte, non aveva capito, ma poi mi sorrise e mi fece scendere.
Non sapevo nemmeno quanto tempo fosse passato ma sentivo le gambe completamente indolenzite e addormentate.
Senza che però dicessi niente, il ragazzo si chinò verso le mie cosce fortunatamente coperte dalla tuta e ci mise le mani prima intorno a una e cominciò a fare dei movimenti veloci orizzontali e sentii la circolazione ripartire e poi, lo stesso dall’altra. Non riuscii a dire molto perché ero mezza addormentata ma neanche senza chiedere mi aveva praticamente circondato le cosce con le sue mani.
In compenso vidi ballerini che facevano questo gesto per conto loro, in quel parcheggio dietro ad una villa. Jaime non era il solo benestante tra quei ballerini. 

Mi sentii un po’ lo sguardo di tutti addosso visto che Jaime era ancora abbassato sulle mie gambe.
“Non siamo tanto alti qui, ma non vorrei poi raccoglierti da terra perché ti si abbassa la pressione sanguigna” Mi sembrava di essere tornata al liceo a lezione di ginnastica in cui mi sentivo terribilmente a disagio con tutti i compagni e compagne perché non sapevo fare un esercizio senza che qualcuno mi aiutasse.
Andai a prendere la mia valigia, per mostrare, più a me stessa, che ce la facevo anche da sola e che anche se non avevo il fisico che avevano loro potevo cavarmela. 

Mi bloccai però dopo un istante, la villa davanti a noi non era enorme ma era davvero, troppo, bella. 

Mi passò in mente il concetto di chi ha troppo e chi troppo poco, e non sapevo per quale motivo, non solo ero stata abbandonata ma non avevo neanche la tranquillità economica che mi faceva stare bene, solo perché avevo deciso di studiare all’università quando non potevo permettermela e quindi, dovevo stringere i denti e far stringere i denti a mia madre tornando a vivere a casa di nonna.
Vorticavo in quei pensieri mentre Andrea fece fare il giro della casa, fino a mostrarci le stanze. Io ero con Maria e Julia fortunatamente. Avevo un letto matrimoniale tutto per me e un piccolo mobile dove mettere la mia roba. Cominciai quindi a disfare la valigia e in seguito riposarmi fino all’ora di cena.
Decisero tutti di ordinare una pizza ma al momento di pagare fui fulminata dallo sguardo di Jaime, quando ci trovammo tutti riuniti in salotto. Non sapevo nemmeno se quello sguardo fosse stato un mio presentimento o volesse dire davvero qualcosa. Stava di fatto che nessuno mi chiese un centesimo.
Per quella sera nessuno aveva voglia di uscire, così, decisero di sfruttare l’intera sala con tanto di proiettore per vedere un film.
Andrea mi prese per il braccio e mi mise davanti ad una libreria piena di dvd. Stavo letteralmente implodendo dentro. Era il mio sogno poter avere una bacheca piena di dvd ma purtroppo non era un lusso che potevo permettermi, li scaricavo piuttosto.
Scegliere non era semplice, io poi, avevo gusti raffinati nel cinema quindi decisi di andare sulla tecnica, anzi su una delle migliori regie al mondo ma con una storia che potesse prendere tutti. Presi il cofanetto di Shining di Kubrick con orgoglio e lo passai ad Andrea che mi guardò strano. 

“Spero possa andare bene” mi sentivo osservata come al solito. 

“Mi fido dei gusti di Aria” Maria intervenne. “Ma non fa paura vero?” Ridacchiai un po’. 

“È un po’ inquietante ma niente che possa turbarvi” mi posizionai poi in un angolo del divano per evitare troppe attenzioni.
Così iniziammo a vedere il film, ma sapendolo a memoria, mi persi un po’ di più a guardare le reazioni dei ragazzi, molto concentrati a capire cosa potesse succedere poco dopo. Infine notai Jaime con il braccio intorno ad una delle ballerine più giovani che se ne stava rannicchiata al suo petto. Potevo aspettarmelo che quella vacanza era una buona scusa per divertirsi con le ragazze.
Tornai a fissare lo schermo, ma le immagini quasi mi risultarono sfocate perché la mia testa era da tutt’altra parte e non ne capivo il motivo. Cosa mi legava a quel ballerino così spocchioso? Forse nessuno prima di allora mi avevo mostrato tanta premura, ma premura di cosa se neanche esistevo per lui?

Cercai di non farne un dramma mentale ma una volta che il film si concluse volevo solo andarmene a dormire e così feci, seguita dalle due ragazze che erano in camera con me.
“Aria, mi devi fare una lista di film assolutamente” Julie si stava mettendo sotto le coperte.
“Volentieri” la mia risposta uscì un po’ monotona ma cercai di riprendermi “Siete davvero un bel gruppo e non so come ringraziarvi” mi uscì spontanea come una confessione notturna sotto le coperte. 

“Siamo una famiglia” Maria lo disse con un tono dolcissimo. 

“Ed è bellissimo, ci sono mai stati amori dentro il gruppo?” e anche la domanda mi venne spontanea facendo uscire quella parte che voleva risposte su Jaime. 

“No, mai. Cerchiamo di volerci bene come fratelli e sorelle, niente di più… Si potrebbero creare conflitti svantaggiosi che creerebbero disarmonia nel gruppo. Anche i cosiddetti nuovi del gruppo sanno che non ci devono essere coinvolgimenti emotivi sennò uno dei due nella coppia dovrebbe lasciare la compagnia” La ragazza mi spiegò un po’ la filosofia del gruppo e mi disse che fino a quel momento non si era creata mai una situazione simile e sperava che le cose continuassero così. Tutto ciò mi consolò. D’altra parte, io non danzavo con loro. Non facevo parte del gruppo.
Gli occhi mi si chiusero consolata dalle parole di Maria e cullata dalle immagini di Jaime. 

Forse, un briciolo, un millesimo di un miliardo, mi piaceva.

La mattina successiva girai tutta la cucina alla ricerca di una moka per farmi un caffè che non fosse acqua colorata, ma dopo un po’ ci rinunciai e optai per un tè caldo. La casa era viva, i ragazzi erano sparsi da una parte all’altra a fare colazione ancora in pigiama e l’atmosfera era davvero serena.
Io in compenso tornai al salone della sera prima a godermi il panorama dato che quel salone aveva un’ampia finestra su uno scorcio di montagna.
Mi misi a sedere con le mani che circondavano la tazza calda, era sempre una cosa che mi aveva dato conforto. Era un mio modo di rilassarmi. 

Dopo qualche secondo notai che non ero stata la sola ad avere questa idea. Jaime si sedette accanto a me e mi spuntò un piccolo sorriso tra le labbra. 

“Non male ragazzina” e anche in questo caso mi chiedevo a cosa si riferisse, se alla scelta del posto per godermi il mio tè o al pigiama coi gatti. 

Non risposi, accennai un timido sorriso nella sua direzione. 

“Oggi gli altri vanno a scalare al centro sportivo, vieni o vogliamo fare altro?” mi domandò notando che me ne stavo in silenzio. 

Centro sportivo e scalare. Mi era salito il panico.
“Andrea mi ha mostrato la piscina ieri, io adoro nuotare penso che ne approfitterò della solitudine della casa. Tu, al contrario, puoi fare quello che vuoi” Il fatto che lui stesse parlando al plurale da una parte mi dava noia, dall’altra mi faceva sorridere. 

“Non amo rischiare di rompermi una gamba con loro, penso che verrò a vederti nuotare” sorrise compiaciuto e uscì dalla stanza.

Ah. In piscina con mr. perfezione. Fantastico. 

Il panico cominciò pian piano a salire così corsi in camera a prepararmi, a controllare che la depilazione fosse perfetta e a scegliere il costume.
Se c’era un’altra passione oltre al cinema, era il nuoto. Abitando vicino al mare poi nei mesi estivi il nuoto libero era l’unica cosa che potevo permettermi. 

Misi un costume intero, nero e sportivo che lasciava la mia schiena nuda. 

Presi un asciugamano e l’accappatoio e mi diressi verso la piscina al piano inferiore. 

Era una piscina riscaldata, non grandissima ma abbastanza per potermi muovere come meglio volessi. 

Trovai, a sedere a bordo piscina, il ragazzo dalla schiena perfetta. Cosa non aveva di perfetto dovevo ancora capirlo. 

Appoggiai la mia roba su un lettino e mi tolsi l’accappatoio consapevole che lui non mi stava guardando e non mi sarei potuta sentire in imbarazzo. Non amavo avere molta pelle scoperta ma non potevo neanche nuotare con la tuta da ginnastica.
Il rumore delle mie ciabatte lo fece comunque girare, i suoi occhi non incontrarono i miei se non per una frazione di secondo visto che poi si posarono sulle cosce, sulla pancia sul petto e sui piedi pure ma quella forse era una fissazione da ballerino quale era. A quel punto non potevo far altro che entrare in acqua per coprirmi e così feci. Scesi le scalette e mi confortai nell’acqua tiepida della piscina. Per un attimo non pensai a nulla, né all’università, né a mio padre o mia madre, ma neanche a Jaime che era lì che probabilmente pensava che fossi molto strana a chiudere gli occhi e lasciarmi trasportare dalle carezze dell’acqua che massaggiava lenta la mia pelle. Era dalla scorsa estate che non mi sentivo così bene. Nuotare mi aveva sempre aiutato, ogni volta che la mia testa sprofondava nell’acqua la mia mente si liberava e la tensione del mio corpo veniva rilasciata.
Cominciai a fare qualche bracciata fino a nuotare poi per le corsie della piscina come se fosse l’unica cosa che davvero contasse. Dovevo ringraziare Andrea per l’opportunità.
“Ti piace davvero, nuotare dico” la sua sembrava più un’affermazione. Mi aveva appena destato dal mio mondo ed era sempre lì, immobile, come se il tempo si fosse fermato.

“Non mi pare di aver detto il contrario” mi avvicinai al bordo dove lui era seduto. “A te non piace?”

“Mi piace più muovermi nell’aria che nell’acqua” Era stupido pensare che avesse detto una cosa del genere con malizia, ma il suo tono era sempre così tremendamente sensuale che senza volerlo quella frase l’aveva sentita pure il mio stomaco e le mie gambe sotto l’acqua. “Magari un’altra volta mi insegnerai a nuotare” si alzò e se ne andò un’altra volta scocciato. Era difficile capirlo, forse anche lui come me non era una persona capace di aprirsi.
Decisi di continuare a stare in piscina il più tempo possibile e solo quando sentii i miei muscoli e i miei polmoni stanchi, uscii dall’acqua per una doccia. La casa era ancora deserta ma per pranzo sarebbero tornati tutti. Feci una doccia veloce poiché volevo cucinare e contribuire per quanto potessi a quella vacanza preparando il pranzo. Il frigo straboccava di cibo tanto da poter scegliere qualsiasi ingrediente. Ormai avevo imparato le abitudini alimentari dei ragazzi: niente fritto, niente grassi e tante proteine. Optai per un cous cous ed un insalata di pollo. 

Avevo il brutto vizio di canticchiare in cucina, soprattutto nella convinzione di essere sola ma udii una leggera risata e la porta del corridoio principale chiudersi. Potevo ben immaginare di chi fosse quella risata. 

Dopo il pranzo la giornata trascorse veloce, i ragazzi erano entusiasti del pranzo e mi chiesero se potevo farlo sempre e non potevo fare a meno di accettare dato tutto quello che mi stavano regalando.
La sera ero stanca però, la piscina mi aveva distrutto e mi ero rifugiato in camera sotto lo sguardo dispiaciuto di tutti gli altri che invece uscivano a divertirsi, comprese le mie compagne di stanza.

In quella casa non poteva mancare una sala da ballo, i ragazzi continuavano infatti ad allenarsi e mantenersi in forma durante quei giorni mentre io sfruttavo i dvd e poltrivo sul divano. Fui trascinata qualche giorno dopo da Julia e Maria con loro poiché pensavano che avessi la capacità di imparare qualcosa.
Io ero totalmente negata. Non sapevo andare a ritmo. Non avevo musicalità. Ma soprattutto le mi gambe al massimo si alzavano da terra di un quarto di centimetro da quanto ero poco agile. 

Mi ritrovai davanti allo specchio enorme, ognuno ballava per conto suo, non solo la danza classica ma anche altri stili. Io continuavo a guardare la mia faccia mentre Maria mi mostrava i movimenti. 

“Siete gentilissime, ma rischio di finire con un muscolo stirato se solo provo a fare una cosa simile” annunciai a voce alta per sovrastare la musica.

“Ha ragione” Jamie intervenne avvicinandosi “Lascia che i ballerini si allenino in santa pace”

“Che problemi hai con me?” mi girai quasi furiosa, okay che non facevo parte della compagnia come avrebbero voluto, okay che ero un’intrusa, okay tutto ma era stato lui a trascinarmi lì senza darmi possibilità di controbattere e non capivo perché doveva essere un tale stronzo ogni volta che facevo qualcosa.
In tutta risposta Jamie mi prese per il polso e mi trascinò in un’altra stanza. 

“Tu, come si dice, sei una distraction per tutti i ragazzi”

“Distrazione” tradussi a maestrina prima di capire il significato effettivo della frase “Come potrei mai?” mi ripresi cercando di tenere il filo del discorso. 

“Ragazzina, non capisci proprio” e si girò andandosene con tutto il suo belvedere messo in mostra da quella tutina attillata che portava.

Aveva ragione, non capivo.
 

Eccomi di nuovo! Cominciano a scoprirsi (per dire) un po' di carte di Jaime, o meglio, cominciate a conoscerlo. Ma, non fatevi ingannare. 
Niente anche questa volta sono di fretta e sono sempre di poche parole. Spero vi continui a piacere. 
Cri

 

  
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