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Autore: felinala    09/08/2017    16 recensioni
Storia partecipante al contest "music volume is over 8000!" indetto da nuvolenere_dna sul forum EFP
Mondo mirai, la voce di due donne ed i loro dubbi, vita speranze incertezze.... perchè anche le più forti hanno momenti di debolezza.
ispirata e sulle note di Shatter me della Brava Lindsay Stirling.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 17, 18, Bulma, Mirai!Bulma, Mirai!C-17, Mirai!C-18, Mirai!Trunks, Trunks | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Contest “music volume is over 8000”
 
Nome efp/forum: felinala
Titolo: frammenti di solitudine
Personaggi: mirai Bulma, Mirai C18, Mirai Trunks
Pairings: lieve accenno MiraiBulma e Mirai Vegeta
 
Traccia: Lindsay Stirling: shatter me
 
Somebody shine a light (Qualcuno mi dia speranza)
I'm frozen by the fear in me (La paura che ho dentro mi gela)
Somebody make me feel alive (Qualcuno mi faccia sentire viva)
And shatter me( E mi mandi in frantumi)
So cut me from the line (Allora, liberami dai miei vincoli)
Dizzy, spinning endlessly (Stordita, continuo a girare senza fine)
Somebody make me feel alive(Qualcuno mi faccia sentire viva)
And shatter me(E mi mandi in frantumi!)
 
NDA: è il nove è il nove!
No scherzo, ma non aver pubblicato alla mezzanotte del dieci per me è già un traguardo….
Ringrazio la giudice e mi scuso per il ritardo (ma immagino tu sappia anche perché….) auguro da qui anche buona fortuna a tutti i partecipanti al cointest: siete bravissimi tutti, una più bella dell’altra, sfiguro solo io ecco…. XP
grazie anche solo a chi legge un saluto e a presto!
Nala
P.S. e N.B importante! Il cambio di colori implica ed evidenzia un cambio di POV
 
FRAMMENTI DI
SOLITUDINE


[periferia di una cittadina dal nome ormai sconosciuto, pomeriggio]
 
Plop…
Plop…
Plop…
Il costante, fastidioso gocciolio del rubinetto mi desta piano dal sonnellino improvvisato per scacciare la noia.
Tsk, umani. Anche in questo modo dimostrano la loro fragilità: i loro corpi, all'apparenza così resistenti e perfetti, sono solo una facciata, proprio come in questo lussuoso appartamentino, alla periferia di questa piccola città senza nome, si può trovare un rubinetto malfunzionante.
Già, le apparenze a volte ingannano, mi ritrovo a pensare, prima di scagliare con un gesto pigro del polso e assoluta non curanza una piccola sfera di energia contro quell'arnese fastidioso e assolutamente inutile, troncandolo di netto e ponendo fine a quello strazio, salvando però l'elettrodomestico a cui era attaccato: quel piccolo minibar che i precedenti occupanti dell’immobile hanno voluto in camera per sfizio potrebbe tornare utile, dopotutto.
”Sorellina, dài, non fare tutto questo chiasso, voglio altri dieci minuti...”  è il borbottio che ricevo come ringraziamento dall'altro occupante della stanza.
Mi volto a guardare con un moto di esasperato affetto quel rompiscatole, steso a pancia in giù sul letto accanto a me: il cuscino gli copre mezza faccia, ma anche così risulta fin troppo facile specchiarsi in un volto identico al mio, se non per il colore dei capelli.
Faccio leva con il braccio sul materasso e, con un agile balzo, piroetto nella stanza semibuia, scavalcando il mio gemello che ha voluto ad ogni costo accaparrarsi il lato migliore del nostro giaciglio momentaneo, quello vicino all’ampia vetrata; da lì si riesce ad ammirare parte delle rovine della città ormai semi deserta e, in lontananza, un pezzetto di verdi prati campagnoli e qualche albero, quasi a dispetto delle vicine case, molto più basse del pur modesto quarto piano di quell’appartamento. Un lieve sorrisino mi  affiora alle labbra al ricordo dei precedenti proprietari che, ne sono piuttosto certa, si divertivano  un mondo nel bearsi della superiore altezza del loro mondo, gongolando; altro tipico difetto umano.
Peccato davvero quella coppietta, che ad occhio e croce poteva appartenere alla medio ricca borghesia, all’apparenza tanto amabilmente servile e con quel baluginio di paura nello sguardo, altrimenti avido, sia ora polvere.
Li ha ridotti in pulviscoli il mio irascibile fratellino quando, in un assurdo tentativo di cacciare noi intrusi, hanno deciso di attaccarci con mezzi di fortuna: non possedendo una pistola, hanno evidentemente pensato andasse bene un po' di tutto, ma la scena della padrona di casa, uno scricciolo di donna con gli occhiali che, infuriata e rossissima tenta, imprecando e con non molto successo, di colpire mio fratello con un attizzatoio, resterà nella mia mente come una delle più comiche commedie di sempre.
Era così buffo vederla imprecare e colpire a vuoto mentre lui schivava cercando di essere gentile!
Solo che poi lo ha colpito di striscio sporcandogli la sua maglietta preferita e così... Puff.
L’uomo invece non voleva ripulirgli le sue preziose scarpe da ginnastica dal fango, e così è finito a fare compagnia alla sua simpatica e iraconda lei, poco male. Tuttavia non eravamo entrati in quel posto con cattive intenzioni, ma solo a causa della dannata pioggia che ci aveva colti di sorpresa lontano dai nostri soliti rifugi.
Detesto la pioggia, soprattutto da quando sono diventata un cyborg: oltre alla fastidiosissima sensazione degli abiti bagnati appiccicati addosso e la piega rovinata, sembra mi si inzuppino pure i circuiti, tanto mi dà fastidio ricevere l’acqua fredda in testa, una sensazione odiosa, quasi di stordimento, che maledico ogni volta.
E non lo ammetterà mai, ma anche a C17 fa lo stesso effetto, perciò mi asseconda volentieri e in giornate come questa, solitamente, ammazziamo il tempo in altri modi che non siano ammazzare le persone.
Sta ancora piovendo, lì fuori: i prati verdeggiano gonfi d’acqua, i campi ora una distesa fangosa e l’asfalto, che in quella zona della città grazie all’incuria  crea mille crepe, si trasforma con ben poco sforzo di fantasia in un paesaggio ostile, fatto di fiumiciattoli dai mille affluenti e di piccoli, fastidiosi laghetti color topo.
Deprimente persino alla vista insomma, soprattutto se si calcola anche la cupa luminescenza del cielo in cui solo una debole opalescenza ad ovest sembra squarciare l’altrimenti opprimente cappa di nuvoloni color pece.
Deprimente come il confuso stato d’animo che da qualche tempo mi attanaglia quando sono sola e che anche in questo momento si fa strada in me; chissà se è questo dannato tempo ad averlo risvegliato…
Nemmeno da bambina credo mi sia mai piaciuta la pioggia, anche se non ricordo assolutamente nulla di... Nulla.
Sposto di nuovo lo sguardo sul mio fratellino, chiedendomi come faccia a dormire sereno quando non ricorda il suo passato e a malapena il suo vero nome; come riesca a sembrare così spensierato, giocherellone, e come riesca ad invitarmi con un pigro sorriso  a guardare le stelle insieme nelle notti più limpide stesi su un prato, per me resta ancora un mistero.
Mi sforzo di non pensarci, ma, nella solitudine, i pensieri sfuggono al controllo, e, liberi come le rondini a primavera, spiccano il volo di propria iniziativa, incuranti della gabbia che prima li teneva accuratamente serrati.
Così comincio a chiedermi chi ero stata, se avevo avuto un'infanzia felice, dei genitori amorevoli che magari attendono ancora il ritorno dei figli scomparsi... oppure eravamo orfani e delinquenti, cresciuti in un luogo ostile tra criminali dal grilletto facile? Come avevo vissuto prima che il dottor Gelo ci trovasse? Non ricordo nemmeno il processo che usò per renderci quello che siamo e neppure come ci convinse a collaborare. Se davvero collaborammo poi... So solo che lo odiavamo, un odio viscerale che veniva dal profondo della nostra anima, ma senza uno specifico ricordo che ne spiegasse il perché.
A volte mi sforzo di ricordare chi ero prima che quel dottore megalomane ci tramutasse in qualcosa che non è puro meccanismo, ma nemmeno più un essere completamente umano; siamo una sorta di esperimento, io e Lapis, certamente a suo modo riuscito, ma alienante e frustrante. Abbiamo l'aspetto di ragazzini e tali resteremo per l'eternità, la nostra energia è infinita; potremmo passare per comuni esseri umani e condurre una vita normale, eppure siamo capaci di qualunque cosa e pertanto... Uccidiamo.
Uccidiamo per rabbia verso quegli umani così diversi anche se simili a noi; uccidiamo per diletto e arroganza: come divinità capricciose, sapendo di non avere eguali, ci arroghiamo divertiti il diritto di decidere chi, tra quella massa di deboli, vivrà e chi invece perirà spartendoci questo privilegio tra noi due soli.
Sì, soli, noi due soli, splendidi astri che, come due facce della stessa medaglia, non possono sganciarsi  mai; pur nelle nostre diversità, siamo sempre stati insieme contro chiunque, sia stato il destino, un dottore pazzo o l'umanità intera, e questa è l'unica certezza che ho. Ma mentre lui resta lo stesso di sempre, io ho l'impressione che il mondo giri attorno a me, mutandomi pian piano, seppure come pioggia infastidendomi, o forse... Forse sono io, così stanca da girare intorno senza un perché e senza fine, confusa.
Abbiamo reso nel corso degli anni questa terra un ammasso di rovine, e lo abbiamo fatto per puro diletto, per vedere l'espressione di terrore su quei volti, terrore che sostituisce il disprezzo di chi, all’inizio, non sa con chi ha a che fare e si illude che qualche pallottola faccia effetto su di noi; divertiti giochiamo al gatto col topo con molti di loro, lasciando che si nascondano per poi cacciarli, noi predatori superiori loro piccole prede senza speranza destinate alla polvere.
Questo nostro gioco dura ormai da molto tempo: da quando, rinati sotto forma di cyborg, ci siamo sbarazzati del nostro odioso creatore, non abbiamo fatto altro che andare di città in città, distruggendo per puro gusto quello che capitava, prendendo quello che volevamo da chiunque; ormai abbiamo percorso quasi tre volte il giro del pianeta in questo modo, percorrendo a piedi o in volo la distanza tra ogni meta, esplorando un po’ i dintorni a caccia di novità e seminando poi il panico tra la popolazione del luogo.
Ogni bel gioco dura poco afferma però un proverbio degli uomini, gli stessi che uccidiamo con tanta facilità; mio fratello sembra non averne mai abbastanza, potrebbe perfino perdersi un intera giornata in futili, oziosi giochi, l'ho visto accadere: dal gioco d'azzardo, alle freccette, dalle corse con le auto al tirare sassi in un laghetto, si diverte con poco e non poco  prima di uccidere le sue vittime.
Ma io sto cominciando a stancarmi di questa vita rabbiosa e raminga, che offre molti vantaggi ma anche molta... solitudine.
L'intero mondo d’altronde ormai ci è ostile, e se anche volessi cambiare non potrei, non più.
Resterei totalmente sola, senza una speranza... e anche senza il mio gemello.
Tutti hanno visto l’immagine di me che volevo mostrare loro, credendola reale e, onestamente, per la gran parte del tempo lo è davvero; tuttavia, una parte di me, dapprima infinitesimale ma che ultimamente sta crescendo, è stanca di questa ruotine di morti e futili divertimenti privi di fondamento. Nessuno però mi ha fatto mai balenare una piccola luce di speranza di un diverso percorso. Non so nemmeno che cosa voglia dire una vita diversa dato che la mia precedente non la ricordo nemmeno, nè se sarei in grado di cambiare davvero, o se questa labile voglia di cambiamento derivi solo dalla noia… E poi c’è Lapis che adora questa vita, lui di smettere questo stile spassoso non ci penserebbe proprio! Dovrei rinunciare a lui, rompere il nostro patto, il legame che ci unisce da una vita e volare da sola, senza nessuna certezza…
No, non ne vale la pena.  La paura che ho dentro mi gela al solo pensare ad un cambiamento che non includa anche lui. No: anche se a volte vorrei provare a raggiungere una vita diversa, ora, confusa e incatenata a questo ruolo ancora così naturale per me, non è il momento.
Sospiro rassegnata constatando  che l'inattività da qualche tempo fa davvero male. È nell'ozio che queste domande e questi strani tormenti privi di logica premono, si fanno più insistenti… e si nutrono delle contrastanti emozioni che questo mio stanco cuore metallico si ostina a propormi incessante, fino a quando non decido di spegnere questo fastidioso  canto attivando la gabbia di un rigido, seppur apparente, autocontrollo.
Accade quando un raggio di sole obliquo ferisce d'improvviso le mie iridi chiarissime; solo ora mi accorgo che la pioggia è finalmente  cessata.
Apro allora piano l'ampia finestra, cercando di non svegliare Lapis e, lentamente, scivolo fuori, allontanandomi in volo: ho bisogno di muovermi e ho voglia di vedere il panorama dall'alto. Beh, l'irritante acquazzone si è comunque guadagnato la mia stima: complice il sole del tardo pomeriggio che si riflette sulle superfici bagnate, ora il paesaggio che si può godere dall'alto è incantevole. Appare, nella solitudine della sua vastità,  sospesa come sono tra terra e cielo, leggermente spettrale; eppure è rilassante, quasi fatato, con le gocce d'acqua che risplendono di mille sfaccettature, come piccoli diamanti... O forse sono solo paillettes...?
 
***
[contemporaneamente, Città dell'Ovest ]
 
Fisso distrattamente la scia biancastra di fumo che esce dalla mia sigaretta, una delle tante accese quel giorno, forse troppe a pensarci bene, visto che ho pure perso il conto.
Vola via, perdendosi nell'aria, verso quei nuvoloni color pece, libero come vorrei esserlo io.
Piove, qui alla Città Dell'Ovest, o meglio: piove su quest'accozzaglia di muri, questo miscuglio di rovine e nuove costruzioni  che un tempo era la ridente e fiorente Città Dell'Ovest.
Da quel dodici maggio di molti anni fa in cui si sono palesati i due malefici cyborg, nessun posto è più veramente al sicuro: ogni zona, ogni città, prima o poi ha ricevuto una delle loro visite di ben poca cortesia, e tanti sono ormai i racconti sulle loro improvvise apparizioni, così tanti che tutti sanno delle loro gesta, chiunque conosce il loro fare giocoso e al contempo crudele.
Arrivano, quasi di soppiatto; si mescolano tra la folla, e potrebbero passare tranquillamente per dei comuni ragazzi. Ma la loro natura impaziente, avida ed egoista li spinge presto a palesare la loro natura, ed è allora che comincia l'incubo vero e proprio: per loro ogni minimo fatto può rivelarsi il  pretesto ideale per distruggere e uccidere; il panico si fa strada prepotentemente ed imperante all'interno degli animi di ciascun  cittadino e intere città restano per periodi a volte lunghi altri brevi in balia del capriccio di due sole creature che eliminano con gran divertimento chiunque si opponga al loro volere, lasciando poi solo caos e macerie.
Da quel dodici maggio la vita dei terrestri ha cominciato ad andare lentamente ma inesorabilmente in frantumi.
...E la mia è stata tra le prime.
Ah, Bulma, che pensiero egoista...
Eppure quella frase mi risuona in mente ogni volta che ripenso a quel giorno che sembrava normale e senza pensieri, anzi di festa, con tutti loro, i miei amici di sempre, partecipanti in massa all'ennesimo torneo Tenkaichi...
E poi, in un momento…
Le urla di giubilo che diventano di panico, grida di terrore che si mescolano ai potenti suoni di deflagrazioni improvvise ed impreviste; gente prima tranquilla che corre in ogni direzione in preda al panico, cadaveri e feriti a terra e tu che rinforzi il più possibile la stretta sul fagotto urlante che è Trunks di soli pochi mesi, sperando di non venire travolta, spinta o…
No, dannazione, non ancora!
Quante volte mi sono detta di non pensarci più?
Troppo tardi…
E nella massa che ti sospinge li vedi accorrere, loro che hanno poteri oltre quelli dei comuni umani e che ora cercano di sfruttarli: un paio di loro (non riesci a distinguere da quella distanza, ma dall’altezza e dall’abbigliamento ti paiono Yamcha e Crilin) vanno in aiuto dei più deboli, cercando di salvare da quel caos quante più vite possibili; gli altri presenti cercano di individuare chi sia stato a provocare tutto quel trambusto.
Quando li trovano (o forse sono stati loro a trovare i tuoi amici?) il caos aumenta ancora: altre urla, altre deflagrazioni. Poi, d’improvviso emergono levitando dal fumo denso e nerastro che impregna l’aria e allora li scorgi tutti, lì in aria, fermi, quasi congelati, per un momento; ed è allora che intravedi per la prima volta i due volti gemelli dell’inferno; e li osservi, pietrificata, mentre ghignando fanno fuori uno dopo l’altro i tuoi amici di sempre…
BASTA!
Con un enorme sforzo, respirando affannosamente, cerco di richiudere quel vaso di pandora che è la mia mente traditrice: sono passati tanti anni dopotutto, dovrei almeno aver superato la fase del ricordo-visione, o almeno saper evitare l’attacco di terrore e disperazione che provai in quella manciata di minuti.
Devo calmarmi, riprendermi, e devo farlo subito: Trunks è in casa, non posso farmi vedere da lui in questo stato, le poche volte che è successo l'ho fatto agitare senza neppure potergli raccontare il tutto come vorrei, troppo vivido e traumatico è ancora il ricordo.
Tu mi daresti della pazza sentimentale probabilmente... Oppure taceresti, dandomi sostegno a modo tuo: in fondo cacciare gli incubi è una sensazione che conosci bene, no? Penso distrattamente guardando la nuvola più scura di tutte.
Faccio un altro respiro profondo e, per aiutarmi a tornare in forze, mi accendo un'altra sigaretta: la prima infatti si è consumata a vuoto e il mozzicone ora giace ai miei piedi spento, un vero spreco in questo periodo di stenti.
Già, Trunks.
Il mio bimbetto dall’espressione testarda e un poco truce è cresciuto in fretta; nonostante le difficoltà di questa vita decisamente non facile, sembra quasi ieri che lo tenevo in braccio cantandogli filastrocche e narrandogli le mille avventure che la sua intraprendente mamma ha vissuto insieme ai suoi amici, persone che non ha potuto conoscere perché qui vivono ormai solo nei miei ricordi, ma che presto potrà incontrare davvero.
Il progetto Hope è quasi pronto, mancano solo pochi elementi ormai affinché la macchina del tempo possa finalmente funzionare.
Con quella navicella che la mia mente geniale ha saputo creare, almeno una linea temporale sarà al sicuro da quest’inferno; lui andrà ad avvertirli, li avvertirà del pericolo che corrono, salverà grazie ad uno dei nuovi farmaci che nel passato non esistono Goku; salverà l’umanità di quel passato da atroci sofferenze e da una vita di stenti; risparmierà alla me del passato il dolore di aver visto morire alcune delle persone a cui più teneva.
E salverà anche te.
Sì, hai ragione, sono davvero una pazza sentimentale… penso con un sorriso: dopo anni mi ritrovo ancora a parlare come se fossi ancora qui, mentre da molto tempo te ne sei andato, probabilmente starai bruciando all’inferno.
Non che prima dialogassimo un granchè…
Ti ho amato tanto, ma, a differenza di quello che pensavano i miei amici, sono sempre stata perfettamente consapevole non fossi uno stinco di santo.
Credevano avessi perso la testa e basta, mentre io vedevo anche quello che avresti potuto essere se solo il tuo passato non fosse stato una scia di sangue e morti, di violenza subita e perpetrata.
Nascondevi i tuoi incubi sotto quel mare d’orgoglio, la stronzaggine era da sempre una tua caratteristica e la sfruttavi alla grande nel tenere tutti a distanza.
Di te non ho mai detto molto a Trunks, sebbene proprio di te fosse il più curioso.
Che cosa avrei dovuto dirgli poi?
Un bambino tende per sua natura a  idealizzare i genitori; come potevo raccontargli un rapporto fatto di sfuriate, litigi, battibecchi continui eletti a sport di casa, uno sport al quale occorreva continua pratica per restare in allenamento?
Non nascondo quello sport piacesse ad entrambi: quegli scambi accesi scacciavano la noia e il nervosismo di un periodo in cui tutto sembrava essere uguale e diverso allo stesso tempo e i giorni si susseguivano uno dietro l’altro, uguali.
Nessun altro era finora riuscito a tenermi testa in quella maniera, di certo non Yamcha,  e la novità del tutto mi elettrizzava; sì, quegli accesi scambi mi facevano sentire viva.
E ancor più viva ero dopo, quando prendemmo l’abitudine di fare la pace a modo nostro e io andavo in frantumi sotto le tue mani e i tuoi colpi.
Forse se ci fosse stato concesso dell’altro tempo insieme ti saresti liberato delle catene del tuo passato un po’ di più e saremmo stati felici…
Incontrerà anche te, nel passato.
Spero di non averlo illuso, gli ho detto ben poco del suo defunto papà, spero non si attenda troppo da te.
Mi sento così sola al momento…
Forza, devo riprendere il lavoro che ho interrotto, quella dannata macchina del tempo deve funzionare al più presto ma devo sistemare alcuni dettagli senza i quali il mio bambino correrebbe un grave pericolo.
Dettagli di cui non sono ancora riuscita a venire a capo.
Ah se solo gli ingranaggi potessero parlare…
“Mamma…?” la voce assonnata di Trunks mi riscuote definitivamente da quella sorta di torpore pensieroso; sta entrando nella stanza stropicciandosi un occhio e lo accolgo con un sorriso intenerito.
“Tesoro eccoti finalmente! Dormito bene? Vuoi del caffè? Ne è rimasta una tazza se vuoi…”
Mi sto alzando per andare a servirlo quando improvvisamente sentiamo un boato distante ma non troppo.
La terra ci trema sotto i piedi, il posacenere tintinna contro il tavolino.
Guardiamo preoccupati fuori dalla finestra trattenendo il fiato.
I nuvoloni scuri hanno lasciato il posto al caldo sole del tardo pomeriggio che entra obliquo dalla finestra, quasi accecando.
In lontananza però un altro riverbero aranciato ci dà conferma dei nostri timori. Una colonna di fumo si alza nei dintorni di una delle vicine città.
“Sono loro. Sono tornati” mormora Trunks.
Mi volto a guardarlo: il volto è una maschera di rabbiosa frustrazione.
“Trunks, aspetta, non puoi permetterti azioni avventate lo sai…”
Ma il mio discorso si spegne d’improvviso:
“H-hei! Aspetta, non puoi…. Aspetta TRUNKS!”
Ma il mio urlo si perde nel vuoto.
Vuoto come il cielo in cui lui è appena volato via.
 E l’angoscia mi assale…

 
***

Pugno contro pugno, calcio contro calcio.
Le tue mani che avvolgono le mie cercando di fermarle, in un braccio di ferro inutile ma esaltante.
Ti guardo negli occhi, azzurri quanto i miei, prima di ghignare beffarda e tirarti una testata.
Peccato, ci siamo separati.
Ops, non volevo rovinare il tuo bel faccino!
E invece ora hai un bel bernoccolo e la fronte sanguinante, povero il mio giovane saiyan...
Ti scoppio a ridere sguaiatamente in faccia, e la tua prevedibile reazione, quel rabbioso ringhiare colmo d'ira, non fa che farmi gioire ancora di più.
Oh, lo so: per te rappresento il male, e questa è solamente un'occasione, una delle tante in cui ci hai provato ormai, per tentare di ridurmi in frantumi.
Ma non ti accorgi che ci riesci già?
I deboli, comuni abitanti di questo sasso con cui ci divertiamo a giocare spadroneggiando, ormai sono pura noia.
Quasi nessuno ormai cerca più di contrastarci veramente.
Dopo che qualche mese fa abbiamo ucciso l'altro, quello a cui avevamo gentilmente staccato un braccio,  resti solo tu, ragazzino dai capelli viola.
Sono davvero contenta che tu sia venuto a scovarmi, e proprio oggi che sono da sola e non devo dividerti con Lapis! Mi diverto molto di più con te che a freddare le altre insulse creature che non hanno la minima speranza di tenerci testa.
Tu invece...
Ti fisso allegra, quasi allusiva, negli occhi ancora per un momento, occhi che adesso sono diventati identici ai miei, proprio come i capelli.
Che magnifica sensazione, un avversario decente con cui misurarsi! Qualcuno con cui non bisogna trattenersi e che costringe la mente a restare presente,  liberarsi di tutti quei vincoli e gettarsi a capofitto in questa divertente danza di morte... E che splendida sensazione dà l'adrenalina che ti scorre nelle vene non trovi? Mi fa sentire così bene, così viva che quasi esplodo! È quasi stordente...
Ed ecco che ritorni all'attacco con un urlo di rabbia.
Paro con gli avambracci schivo, ti danzo intorno... No danziamo insieme, non è divertente fare il girotondo?
Rido ancora mentre, afferrato il tuo polso, ti faccio girare in cerchio un paio di volte per poi scagliarti contro una delle tante case ormai ridotte a macerie qui intorno.
No, evidentemente non hai gradito la giostra: mi guardi con un'aria così truce mentre, usando il muro  grigiastro come trampolino, torni a corrermi in contro!
Sì, vieni, ti attendo con gioia! Fammi sentire viva e prova a ridurmi in frantumi se ci riesci!
Sei vicino quando un tuo movimento repentino mi distrae, e il brillio di qualcosa che riflette il sole ormai morente,  mi acceca per un secondo.
Sento un leggero taglio sulla pelle della spalla, mentre l'aria entra dal mio giubbotto di jeans leggermente strappato: dannato, hai sguainato la tua spada!
Mentre i miei occhi si riprendono dal bagliore, tenti di approfittarne.
"Ti ridurrò in frantumi dannato Cyborg!" mi sbraiti contro convinto.
E riesci anche a recidermi una ciocca di preziosi capelli, il che mi fa salire un nervoso tremendo.
Questa me la paghi.
Uno sgambetto, un montante e infine un calcio sulla tua guancia imberbe; riesco a riportare le dovute (almeno per questa volta) distanze.
Sorrido beffarda di nuovo, solo per irritarti, mentre mi porto alcune ciocche fastidiose dietro l'orecchio sinistro; stai già leggermente ansimando, non resisterai a lungo a questo ritmo e lo sappiamo entrambi.
La mia energia è eterna, la tua no. E questo per te è un grosso guaio, mio giovane saiyan.
Rido piano chiudendo per un istante gli occhi; il secondo dopo ti sono addosso, decisa a punirti per l’affronto subito.
Pari una ginocchiata, due calci tre pugni, l’ennesimo corpo a corpo che continuerei all’infinito.
Ma tu per quanto bravo ti stanchi sempre più, ti fai lento, e a breve arrivo a segno: un calcio ben assestato e finalmente ti ho tolto di mano quella fastidiosa spada; un pugno all’addome che ti fa piegare in due, un altro in faccia e rotoli a terra, tra le macerie dell’asfalto e la polvere alcuni metri più in là.
"Hai di già anche perso la trasformazione in super saiyan? Ma che peccato, in questo stato non possiamo più divertirci temo…"  ti sbeffeggio, giusto per vedere se hai ancora energia in corpo, cosa che purtroppo pare non sia: riesci  malapena a stare semi seduto, lo stretto necessario per guardare in faccia la morte da buon discendente della tua stirpe.
Sorridendo carico un ki blast nella mano destra; sono ancora indecisa su quanto caricarlo - quanto potrai sopportarne? Non sono affatto sicura di volerti uccidere e non vorrei davvero succedesse accidentalmente, poi dove altro lo trovo un altro buon giocatore? - quando noto un’ombra staccarsi dalle mura diroccate che circondano la nostra arena improvvisata e correre verso di te.
 
Spinta da un impulso che nemmeno io so spiegare, una sorta di cattivo presentimento che mi attanaglia sempre quando ti vedo partire per affrontare quei due mostri, ma che questa volta ho percepito più intensamente, ti ho seguito.
Ti ho seguito pur cosciente di essere del tutto impotente e questo è forse il sentimento peggiore per una madre: se dipendesse dalla mia sola volontà, farei qualunque cosa per aiutarti bambino  mio.
Invece mi ritrovo a guardare  mentre affronti quella creatura dalle sembianze quasi innocue, così esile ma cosi letale; nascosta come una ladra dietro ad uno dei muri diroccati della piccola cittadina poco distante dalla nostra, ti osservo trasformarti e tenerle testa colpo su colpo.
E, malgrado la situazione non sia l'ideale, un moto d'orgoglio mi sale dritto dal cuore, raggiungendo il culmine quando ti vedo mettere a segno  qualche colpo; anzi, sembra quasi la situazione possa volgere a tuo favore: anche se lievemente l’hai ferita. Mi trattengo a stento dal saltare in piedi, mi tappo la bocca per non urlare parole di incoraggiamento decisamente inutili che mi esporrebbero solo al pericolo. Quanto vorrei poterti essere d’aiuto e venire a darti man forte!
Mi sento così inutile nel restare solamente a guardare; però sei l'unico in questa terra dimenticata da qualsivoglia divinità e straziata che può portare una speranza di pace, l'unico guerriero rimasto in questo mondo, un fardello probabilmente troppo pesante per un ragazzo di soli diciassette anni, ma così è.
È solo un momento e il tuo vantaggio si perde, ti rispedisce lontano con pochi colpi e sorride soddisfatta.
Ti vedo ansimare, ti batti ancora, coraggiosamente, ma poi cadi a terra perdendo la trasformazione in super saiyan… e la paura si fa strada in me, sale come un’onda in piena e sommerge il mio cuore che perde qualche battito, mentre gelidi artigli di terrore graffiano le mie vene penetrando come aghi paralizzanti e congelanti: sta per scagliarti contro un’onda energetica.
Sta per uccidere anche te?
Non lo posso permettere, piuttosto morirò io, perché se anche tu, la mia speranza, quello che resta del mio mondo svanirai, allora morirò anche io.
Non lo posso permettere… NO!
D’improvviso il gelo si scioglie, l’ira e il terrore mi danno nuova energia, mettono le ali alle mie gambe e corro da te.
Mi inginocchio al tuo fianco e sotto il tuo sguardo basito ti abbraccio quasi a darti forza, per sostenerti come quando eri bambino e cadevi. Certo, come se potessi davvero fare qualcosa per aiutarti in una situazione come questa…
“Ma- mamma, che ci fai qui…?” mi chiedi con un filo di voce, e io non posso davvero spiegarti che senza di te morirei, non ne ho il coraggio.
Mi limito a rivolgerti un sorriso e uno sguardo colmi d’amore, consapevole potrebbero essere gli ultimi almeno in questo mondo; poi mi volto ad osservare la Cyborg attendendo un segno delle sue intenzioni, le mie sono fin troppo chiare: morirò con te, ti farò da scudo se necessario, mi basterebbe saperti salvo e sarei in pace con me stessa.

 
    
Che cosa vuole quella donnicciola dagli strani capelli? Mettersi in mezzo? Salvarti? Si è catapultata al tuo fianco, ma ora non ha la più pallida idea di che cosa potrebbe fare. E non c’è nulla che possa fare se per questo. Patetica. E il tuo sguardo basito la dice lunga… però è così divertente! Per un attimo hai assunto la stessa espressione delle carpe che mio fratello si era divertito a pescare la scorsa settimana, davvero comico!
Intensifico il potere del ki sulla mia mano, sembra ancora più minaccioso ora che brilla come un faro nel crepuscolo.
Sogghigno e sto per far partire il raggio, letale almeno per la donna, quando…
 
Ecco ci siamo.
Ha intensificato il suo raggio energetico, presto lascerò questo mondo in una miriade di frantumi.
Chissà se resterà almeno qualcosa di me, qui.
Spero almeno di riuscire a proteggerti figlio mio.
Chissà se almeno rivedrò i miei amici di un tempo, sicuramente finiti in paradiso; mi piacerebbe rivedere anche te, mio principe dannato, ma sicuro, sarai all’inferno; chissà, forse un modo per ritrovarti lo troverò, dopotutto sono un genio.
Strano, dicono che negli ultimi istanti di vita si riveda il proprio vissuto, invece a me è vento un lampo di genio: forse…
Frugo rapidamente nella tasca posteriore… forse abbiamo ancora una possibilità.
“Trunks, dobbiamo muoverci presto!” gli sussurro concitata.
Ora o mai più.
Estraggo dalla tasca la capsula contenete i fumogeni e la lancio addosso alla ghignante creatura che mi sta di fronte, sperando funzioni. Non ho più nulla da perdere.
Mentre il fumo nerastro dal sapore dolciaspro mi arriva alle narici, strattono Trunks aiutandolo a muoversi: dobbiamo toglierci immediatamente di qui, nasconderci e… sperare.
Ed  esattamente quello che facciamo: in una manciata di concitati secondi troviamo rifugio all’interno di un gruppo di ruderi, ci accoccoliamo in un misero pertugio di fortuna scovato tra quelle mura fin troppo vicine alla nostra aguzzina e trattenendo il fiato aspettiamo.
 

 
Del fumo? Tossisco leggermente sorpresa, riconoscendo in quel gas denso e dal sapore dolciaspro, uno dei tanti trucchi per fuggire o guadagnare tempo che gli umani hanno imparato ad usare recentemente contro me e mio fratello.
Ingegnosi codardi.
Se non fosse per quel saporaccio e per il leggero bruciore agli occhi, potrei anche trovarlo divertente e applaudirli.
Quando si dirada un po’ scopro come prevedibile che la donna si è portata via la mia preda preferita, il mio giocatore.
 Mi guardo in torno nel silenzio e nell’atmosfera quasi surreale del posto, sapendo che non possono essere andati poi così distanti.
Per un attimo accarezzo l’idea di scagliare a caso ki blast su tutta l’area circostante, tanto il luogo è già distrutto e tanto il nervoso per la fuga inaspettata ha bisogno di uno sfogo.
Poi, con un sospiro desisto: perché darsi tanta premura? Tornerai presto a trovarmi, caro il mio piccolo saiyan, ne sono certa.  E allora giocheremo ancora insieme, mi farai sentire ancora viva, liberandomi dai miei pensieri nefasti di una vita tranquilla che temo mi starebbe altrettanto stretta di quella attuale.
Sorrido e mi volto, rispondendo al richiamo del mio fratellino: ha terminato il riposino, ora che mi ha trovato mi sta anche rimproverando per essermi divertita da sola, che scemo.
…E poi, chissà, magari prima o poi riuscirai a realizzare davvero il tuo desiderio: mandarmi in frantumi…
 
 
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