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Autore: Kim WinterNight    10/08/2017    4 recensioni
Scappare non è sempre simbolo di codardia. Ognuno di noi ha un motivo valido per cui vorrebbe scappare da qualcuno o qualcosa: chi per dimenticare, chi per liberare la mente, chi per accompagnare qualcun altro nella fuga, chi per uscire di casa, chi per volere di un'entità superiore...
Ma tutti, forse, lo facciamo per cercare un po' di libertà e per rendere noi stessi più forti e capaci di ricominciare a lottare.
DAL TESTO:
Una vacanza, ecco cosa mi serviva. Non riuscivo più a stare rinchiuso in casa, forse stavolta avevo esagerato. [...]
Notai una figura rannicchiata in fondo, in posizione fetale e con le braccia strette al corpo. Tremava vistosamente e teneva gli occhi serrati.
«Non vuole uscire di lì... non so più cosa fare» sospirò lei, portandosi una mano sulla fronte. [...]
«Non ti incazzare, amico. Ci tenevo solo a invitarti personalmente al mio matrimonio.»
Digrignai i denti e osservai, senza neanche vederli, gli automobilisti a bordo dei loro veicoli che mi superavano e mi evitavano per miracolo, per poi imprecare contro di me e schiacciare sul clacson con fare contrariato. [...]
«Avresti potuto chiedermelo, magari?» commentai, incrociando le braccia sul petto.
«Avresti rifiutato» si giustificò.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, John Dolmayan, Nuovo personaggio, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ReggaeFamily

Who's the Star?

[Leah]




«Io sono il topo, capite? E un topo può cambiare stile in qualsiasi momento.»

Quella fu la prima frase che Eek-A-Mouse pronunciò quando si ritrovò di fronte al microfono.

Io e i ragazzi eravamo arrivati poco prima che il live cominciasse, dato che ci eravamo trattenuti all'Health Inna Roots a chiacchierare. Ero rimasta molto contenta del modo che Daron aveva scelto per scusarsi con me. Era stato originale e carino, ma soprattutto avevo compreso la sincerità nei suoi gesti.

Una volta giunti al locale in cui si sarebbe svolto lo showcase dei due cantanti giamaicani, eravamo andati a prendere qualcosa da bere e poi ci eravamo avvicinati al piccolo palco improvvisato; ero stata da subito molto curiosa di assistere a quel concerto, anche perché conoscevo gli artisti in questione e non avevo mai avuto occasione di sentirli cantare dal vivo.

«Ma che dice? Il topo?» gridò Shavo accanto a me, lanciando un'occhiata al giamaicano sul palco.

«Eek-A-Mouse significa Eek è il topo» gli spiegai con un sorriso.

«Completamente folle!» commentò il bassista.

Daron mi affiancò e mi prese sottobraccio, per poi trascinarmi ancora più vicino al palco. Sapevo che voleva divertirsi e ballare come sempre, ormai avevo imparato a capire che c'erano dei momenti in cui il chitarrista non desiderava altro che svuotare la mente e darsi alla pazza gioia, proprio come la sottoscritta; era sorprendente quanto ci somigliassimo sotto quel punto di vista.

Fece scattare l'accendino e si accese la sua solita sigaretta a base di erba, poi ne aspirò qualche boccata e me la porse. La accettai e ne presi un tiro, poi gliela restituii e dissi: «Magari dopo ne vorrò ancora».

Daron annuì e continuò a fumare con calma, poi fummo investiti dalla voce di Eek-A-Mouse che riprendeva a parlare con estrema flemma, strascicando le parole e annunciando che presto sarebbe arrivato il suo collega Barrington Levy; dopodiché prese a idolatrare il dj che intanto continuava a mandare dei pezzi reggae in vinile. Ogni tanto accennava una sorta di nenia con la voce, un marchio del suo modo di cantare.

Era veramente divertente quell'uomo, doveva avere una personalità interessante ed eclettica, si trattava certamente di un vero e proprio personaggio.

Inoltre, aveva un aspetto singolare: era spaventosamente alto, probabilmente più di Shavo, sfoggiava una buffa barba riccia e un cappello di paglia, il tutto su un viso dall'aria simpatica che raramente rimaneva privo di un sorriso, seppur appena accennato.

Poco dopo l'altro artista che avrebbe diviso il palco con lui lo raggiunse, quasi di corsa, e gli circondò le spalle con un braccio con fare fraterno e affettuoso. Barrington Levy doveva avere a occhio e croce una decina d'anni in più del suo collega, aveva la carnagione leggermente più scura rispetto a Eek, il viso tondo e il naso grande gli conferivano un'aria simpatica e serena, accentuata anche dalla completa assenza di capelli.

Daron sghignazzò e mi mollò una gomitata. «Non sembra Shavo da vecchio?»

Scoppiai a ridere. «Sei davvero uno stronzo!»

«Avanti, gli somiglia, non puoi negarmelo!» insistette il chitarrista.

«Taci!»

I due cantanti presero a parlottare tra loro al microfono, inscenando una sorta di dialogo tragicomico che stava scatenando l'ilarità e l'ammirazione di tutti i presenti.

«Hai visto, Mickey Mouse, quanta gente c'è qui? E non sono qui per te, pensa!» lo canzonò Barrington Levy.

«Caspita, hai ragione! Perché i topi ballano quando il gatto non c'è» blaterò l'altro con un'alzata di spalle, il tono di voce quasi piatto e inespressivo. «E voi, pochi topolini presenti, siete pronti a ballare prima che arrivi il micio?» si rivolse al pubblico, per poi esibirsi in uno strano verso che doveva simulare un miagolio. Il tutto, ovviamente, con estrema serietà e con un atteggiamento quasi svogliato. Questo non faceva che accrescere il divertimento generale.

Io e Daron ci guardammo e scoppiammo a ridere.

«Quest'uomo è un fottuto genio!» strepitò il chitarrista con entusiasmo, continuando a fumare beatamente.

Anche i due cantanti presero ad accendere i loro spliff, felici e contenti, poi il selecta mandò la prima base e il primo a cantare fu Eek-A-Mouse.

I due si alternarono al microfono per almeno un'ora e mezza, trascinandoci e facendoci ballare, nonostante spesso mi ritrovassi a pensare che Eek avesse un'infinita discografia di brani molto simili tra loro e con la quasi totale assenza di testi di senso compiuto. Era un mito perché aveva spinto la sua musica e ottenuto rispetto e successo nella scena reggae, pur non facendo niente di davvero sensato o complicato.

Andai fuori di testa quando Barrington Levy eseguì Here I Come, così mi precipitai da Shavo e lo costrinsi a venire vicino al palco con me e Daron.

Presi a cantare come una pazza e alla fine i due si unirono a me, mentre ci tenevamo a braccetto l'un l'altro e sgambettavamo a destra e sinistra.


I'm broad, I'm broad, I'm broader than Broadway
Yes I'm broad, I'm broad, I'm broader than Broadway


«Questa canzone è fatta apposta per te, Malakian!» gli fece notare Shavo, mentre muoveva la testa a tempo e seguendo il ritmo incessante e meraviglioso del basso, strumento che nel reggae era più che fondamentale.

«Cazzo, sì! Oh, questi due sono fantastici!» continuò a idolatrarli il chitarrista, senza smettere di agitarsi come un ossesso.

John e Bryah si accostarono a noi per chiederci se volessimo qualcosa da bere, poi si avviarono al bancone e subito dopo Eek-A-Mouse eseguì un brano fantastico intitolato Sensee Party, per cui impazzii nuovamente e lasciai andare i miei amici, prendendo a muovermi come non mai.

Daron, preso dal tema della canzone, si accese nuovamente la sua canna e me la passò; fumai, poi sollevai le braccia al cielo e gridai fino a perdere la voce, ancheggiando e cantando a squarciagola.


All day, all night in da party,
Ev'ryone smokin' sensemila.
Dey me sight in anada corner,
De natty dread 'im jus' a rock wid him dawta.


«Leah, sei impazzita!» gridò Daron al mio fianco.

«Come si può non impazzire per questo?» gli feci notare.

Shavo mi afferrò per i fianchi e si sistemò dietro di me, muovendosi a tempo e facendo aderire il suo petto contro la mia schiena; era piacevole stare così con lui, ma ovviamente quel momento non durò a lungo perché il richiamo delle vibrazioni dei bassi mi portò a staccarmi nuovamente da lui e riprendere la mia danza febbrile.

Gli strizzai l'occhio e mi fermai soltanto per baciarlo brevemente sulle labbra, così scatenai l'entusiasmo di Daron che prese a fischiare e strillare come un deficiente, mollando vigorose pacche sulla schiena al suo amico e scompigliandomi ripetutamente i capelli.

«Imbecille!» lo accusò Shavo, scacciandolo via da sé; Daron tuttavia non si allontanò e continuò a importunarlo, finché il bassista non si stancò e gli mollò uno scappellotto, facendolo piegare in avanti e schiattare quasi per le risate.

«Che diamine state combinando?» domandò John, di ritorno dal bar.

Smisi di ballare solo per sorseggiare un po' del drink che Bryah mi passò, poi ripresi a estraniarmi e immergermi nel mio mondo fatto di bassi, grida e vibrazioni profonde come le emozioni che stavo provando in quel momento.


Doveva essere circa l'una del mattino quando lo showcase si concluse; il selecta, in ogni caso, non smise di mandare delle tracce che intrattennero il pubblico ancora un po'.

«È stato pazzesco, non trovate?» interrogai i miei amici, muovendomi leggermente a tempo su un vecchio classico degli Israel Vibration.

«Io ve l'avevo detto» affermò Bryah con un sorriso enorme a incurvarle le labbra carnose.

«Già, avevi ragione, sorella!» esclamò Daron, cercando di far funzionare l'accendino; questo evidentemente aveva deciso di abbandonarlo proprio in quell'istante, poiché il chitarrista prese a imprecare rumorosamente.

«Sei l'uomo che non deve chiedere mai, Malakian?» lo apostrofò Shavo, allungandogli il suo Zippo.

«Simpaticone» borbottò l'altro, strappandogli l'oggetto dalle mani e accendendosi la sigaretta magica.

«Non ringraziarmi, non ce n'è bisogno, è un piacere prestarti il mio accendino» disse il bassista aggrottando la fronte.

«Daron dice che tu sarai come Barrington Levy, un giorno!» esclamai, decidendo di aggiungere sale alla ferita.

«Cosa? Come osi!»

«Oddio, è vero!» esclamò John, poi scoppiò improvvisamente a ridere e io lo osservai sorpresa.

«L'unica differenza è che Shavo non è scuro di pelle!» fece notare Bryah. «Però, in effetti...»

«Shavarsh è una mozzarellina, non è sceso in spiaggia neanche una volta da quando lo conosco» commentai divertita.

«Andate tutti a farvi fottere!» si rivoltò il bassista, incrociando le braccia al petto.

«La verità fa male, eh?» sghignazzò Daron.

Shavo stava per ribattere, quando un chiacchiericcio concitato ci distrasse; mi voltai verso il palco e notai che diverse persone circondavano i due cantanti e chiedevano loro di fare qualche foto o di firmare oggetti e parti del corpo di varie entità.

Ma notai che Eek puntava lo sguardo nella nostra direzione e mi accigliai.

«Scusate, signore e signori, ma adesso io e il mio collega Topolino dobbiamo salutare degli amici. Siete stati molto gentili a venire qui» sentii gridare da Barrington Levy.

I due salutarono i loro ammiratori e si diressero a passo spedito verso di noi, senza smettere di sorridere.

Eek si piazzò di fronte a Daron e accennò una riverenza, per poi offrirgli il suo spliff di erba in segno di pace e fratellanza. «Mio caro amico, ti prego di accettare questo in nome della fratellanza che unisce noi tutti. Del resto, siamo tutti dei topi e dobbiamo stare in pace tra noi, contro il sistema offensivo di Babilonia!».

Daron strabuzzò gli occhi ed ebbi quasi paura che gli uscissero dalle orbite. «Amico, quanto hai fumato?» esordì il chitarrista.

«Abbastanza, ma tu mi sembri ancora attaccato alle cose materiali della vita... devi integrare la pianta santa nella tua esistenza, che cresce sulla tomba di Re Salomone...»

«Eek, insomma, così lo spaventi! Fatti un attimo da parte, su! Piacere di conoscervi, il mio nome è Barrington, spero proprio che la nostra esibizione sia stata di vostro gradimento!» esclamò l'altro, porgendo gentilmente la mano a Daron, per poi tenderla anche al resto del gruppo.

Tutti ci presentammo e Barrington proseguì: «Il mio caro Eek mi ha confidato che voi tre siete dei musicisti da lui molto stimati. Mi dispiace, ma io non penso di conoscere la vostra musica. In ogni caso, sono onorato».

Il suo collega tossicchiò e gli picchiettò sulla spalla. «Dici tante di quelle cazzate, Barry! Ragazzi, voi siete una guida per me, la vostra musica è fonte di ispirazione, anche se sono più vecchio e ho cominciato a fare musica da molto tempo! Sapete, avrei sempre voluto fare qualcosa di rock o metal, ma capite bene che in Giamaica questi generi non vanno... c'è stato un periodo in cui, discostandomi troppo dal reggae, ho perso l'approvazione di un sacco di persone che prima mi apprezzavano. Jah mi perdonerà, ma io non posso fare a meno di ascoltare il vostro genere e quello di tanti altri gruppi come voi» blaterò, gesticolando energicamente e sorridendo sempre più, il che faceva però a cazzotti con il suo tono costantemente flemmatico. «Ma che maleducato! Non mi sono presentato: il mio nome è Joseph Ripton Hylton, Eek per gli amici, quindi anche per voi!»

Gli stringemmo la mano, ma tutti eravamo piuttosto confusi e spaesati dall'esuberanza di quei due; era come se, nonostante avessero sicuramente passato i cinquant'anni, avessero molte più energie di noi.

«Dov'è il vostro talentuoso cantante, miei cari?» volle sapere Eek.

«Serj è rimasto a Los Angeles con sua moglie. Non è potuto venire» spiegò Shavo.

«Oh, che peccato! Ragazzi miei, io e Barry abbiamo un regalo per voi!» disse all'improvviso Eek, poi si rivolse al collega e aggiunse: «Vai di là a prendere qualche disco o qualche vinile, così potranno portarne qualche copia anche a Serj Tankian».

Barrington annuì ed eseguì un finto saluto militare, poi si allontanò e si diresse verso la postazione di Burton Selecta.

«Eek, posso farti una domanda?» mi feci avanti, veramente curiosa. Quell'uomo era assurdamente stravagante e mi faceva sbellicare dal ridere perché era un controsenso deambulante: sembrava sfoggiare sempre un atteggiamento serio, ma ovviamente non ci voleva molto per capire che era totalmente l'opposto.

«Ma certo signorina, dimmi tutto!» accettò di buon grado, prendendo la mia mano tra le sue e guardandomi negli occhi.

«Perché hai scelto un nome d'arte del genere?» domandai, sempre curiosa e affascinata dai nomi altrui. Era un mio debole, non potevo farci niente.

«Oh, è semplice. Eek era il nome di un cavallo da corsa su cui scommettevo un tempo; lui perdeva sempre, sai? Così un giorno evitai le scommesse, e indovina un po' cosa accadde?» mi interrogò in tono ilare, senza però scomporsi troppo.

«Che cosa?»

«Eek vinse! E così, non so, mi sono sentito ispirato! Poi, be'... sono il topo perché i topi possono essere volubili, cambiare stile in ogni istante della loro vita, possono sorprenderti. Sono interessanti, anche se nessuno bada a loro» spiegò ancora con fare concitato, annuendo ripetutamente per dare senso alle sue parole. Per la prima volta si stava mostrando veramente entusiasta, il che era grave, visto che stava dicendo delle cose completamente a sproposito e quasi del tutte privo di logica.

«Oh.» Piegai la testa di lato e notai che Bryah si era avvicinata a noi e se la rideva sotto i baffi. «Interessante.»

«Stai pensando che io sia pazzo» affermò il giamaicano.

Scossi il capo. «Penso che tu sia un genio» ammisi con sincerità.

La giornalista intervenne e chiese a Eek se potesse parlare nel Kingston Times della serata appena trascorsa. Allora il cantante parve illuminarsi e i due cominciarono a chiacchierare animatamente.

Poco dopo Barrington tornò da noi e prese a distribuire CD e vinili a tutti, neanche fosse il rappresentante di un ente di beneficenza.

«Ma noi vogliamo gli autografi!» esclamò Daron, ammirando i suoi nuovi tesori.

«Certamente, sarà un piacere per noi!» accettò Barrington.

John, in tutto ciò, era rimasto in disparte e si godeva la scena con un mezzo sorriso, così lo raggiunsi e lo presi sottobraccio. «Tutto bene?» gli chiesi.

«Certo. Questi due sono fottutamente folli.»

«Macché, scherzi?»

«Ehi, foto di gruppo!» strillò Bryah, battendo le mani per attirare l'attenzione di tutti.

Daron si esibì in una smorfia contrariata e borbottò: «La scatto io, va bene?».

«Direi di no, mio caro! Voglio una foto ricordo con tutti voi. Già devo rinunciare a Serj...» Eek lo afferrò gentilmente per un braccio e lo tirò accanto a sé, per poi scoppiare a ridere nel notare la faccia del chitarrista che si era improvvisamente rabbuiata. Era buffo notare che tra i due dovevano esserci almeno venti centimetri di differenza e che il chitarrista raggiungeva appena la spalla di Eek con il suo metro e settanta appena accennato. In effetti, anche io mi sentivo piuttosto bassa in confronto a quel colosso.

«Non sono fotogenico» protestò ancora Daron.

«Neanche io! Dai, ragazzo mio, ci sono dei mali peggiori nella vita, non farne una tragedia!» sdrammatizzò Eek, per poi strizzargli l'occhio e fare cenno a un cameriere di passaggio.

Questo si avvicinò. «Cosa posso portarle, signore?»

«Giovanotto, dovresti scattare qualche foto a me e Barry insieme a questi tre ragazzoni!»

Il giovane cameriere dai lunghi dreadlocks neri annuì. «Ma certamente!»

«Potrebbe farlo una di noi due, no?» osservò Bryah.

«Ma no, dolcezza, voi due fate la foto con noi!» ci ordinò Barrington tutto contento, appostandosi alla sinistra di Daron.

Il chitarrista sembrava veramente un topo in gabbia e io mi domandai perché fosse così restio a fare una stupida fotografia.

Io e Bryah ci lanciammo un'occhiata, poi prendemmo Shavo e John sottobraccio e tutti ci preparammo per sorridere alla fotocamera del cellulare di Eek; per far sì che Daron smettesse di fare il broncio, i due cantanti presero a fargli il solletico e lui infine scoppiò a ridere come un matto.

Le foto uscirono veramente bene, anche e soprattutto perché tutti noi avevamo delle facce epiche e impagabili. Eek ci inviò tutti gli scatti con il bluetooth e poi i cinque musicisti diedero vita a una cosa assurda, una scena a cui non avrei mai immaginato di assistere: cominciarono a fare un giro d'autografi, scambiandosi vinili e CD, e alla fine non si capiva più chi avesse già firmato e chi no. Tutti ridevamo come matti e continuammo a chiacchierare per un tempo che mi parve infinito.

«Adesso dobbiamo proprio andare!» esclamò a un certo puntò Barrington, mentre Eek si accendeva l'ennesima canna e non smetteva più di sghignazzare con Daron.

«Peccato» commentò John, che intanto si era leggermente aperto alla conversazione e ci stava evidentemente prendendo gusto.

«Magari ci rivediamo in giro» disse Bryah.

«Non venite in California?» fece Shavo.

«Possiamo organizzare qualcosa, perché no?» si eccitò subito Eek con gli occhi che brillavano.

«Allora rimaniamo in contatto» propose il bassista.

Ci fu uno scambio di numeri di cellulare, poi una serie di saluti allegri fatti di abbracci fraterni, strette di mano e pacche sulle spalle, infine i due cantanti si allontanarono e poco dopo li vedemmo lasciare il locale, intercettati da qualche altro fan che chiedeva loro qualche scatto.

«Sono simpatici» commentò infine John.

«Sul serio, sono fuori di testa!» convenne Daron.

Rimanemmo a chiacchierare per un altro po' dopo aver chiamato un taxi, poi tornammo all'esterno per aspettare l'auto.

«Allora, ragazzi... è stata una bellissima serata, vi ringrazio molto per essere venuti qui. E scusatemi ancora per l'inconveniente del museo...» Bryah pronunciò quelle parole poco prima di lasciarci.

«Torni a piedi? Non sarà mica pericoloso?» si preoccupò John.

«No, tranquillo. Abito qua vicino. Ci sentiamo domani per organizzare qualcosa? Dovrebbe essere libero anche Benton, il mio compagno, così ve lo faccio conoscere! Che ne pensate?» proseguì la giornalista con entusiasmo, facendo oscillare i suoi folti capelli ricci e scuri.

Notai che John serrava le labbra, evitando di commentare e di guardarla in viso.

«Sì, certo» accettò Daron a nome di tutti noi.

Anche se mi dispiaceva per il batterista, come avremmo potuto rifiutare la proposta della nostra amica?

«Allora a domani!» concluse lei, poi ci salutò con un cenno e si avviò lungo il marciapiede ancora popolato da diverse persone.

Poco dopo il taxi si fermò di fronte a noi e ci affrettammo a salire a bordo; Daron insistette per stare sul sedile anteriore e si allungò su di esso, sbadigliando rumorosamente. Io mi ritrovai su quello posteriore tra Shavo e John, e sentii la stanchezza cominciare a invadermi tutto il corpo.

Shavo prese una delle mie mani e intrecciò le sue dita alle mie, per poi carezzare con dolcezza la pelle del dorso. Era bello, rilassante, magico, averlo accanto e sentirlo tanto vicino attraverso quei piccoli gesti.

Ripensai al nostro risveglio di quella mattina e sorrisi, ma poi notai che John osservava con sguardo assorto e malinconico l'oscurità della notte oltre il finestrino. Mi voltai verso Shavo e lo trovai appisolato con la fronte contro il vetro, così riportai l'attenzione sul batterista e gli toccai appena la spalla.

Lui si voltò e i nostri occhi si incrociarono nella penombra.

«Domani facciamo colazione insieme?» gli proposi con un sorriso.

Lui annuì. «Certo, va bene.»

«Allora è deciso.»

«Sì.»

«John, ascolta...»

«Dimmi.»

«Ti vedo molto giù di morale» ammisi. «Domani ne parliamo?»

Il batterista stette in silenzio per un po', riflettendo sulla mia proposta, infine rispose: «Forse».

«È già qualcosa» commentai.

Il resto del viaggio trascorse in silenzio, ma io ero certa di voler provare ad aiutare John, anche se non insistetti oltre con le mie domande e con la mia solita sfacciataggine.

Dovevo saper aspettare, aspettare soltanto che passasse la notte.




Ciao a tutti, come procede? Vi sta piacendo questa storia? ;) io mi diverto un sacco a scriverla! *-*

Vi starete chiedendo perché ho saltato l'aggiornamento di settimana scorsa, e io sono qui per spiegarvelo. Le ragioni sono due:

  1. Dovevo pubblicare una OS scritta a quattro mani con Soul, una cosuccia divertente che, se vi va, potete andare a leggere. Non vi anticipo nulla, vi dico solo che si chiama “Oh, quasi me ne dimenticavo!” ;)

  2. Be', ragazzi... ho assistito proprio giovedì al mio primo live di Eek-A-Mouse!!!! Quando ho scritto questo capitolo, ancora non sapevo che sarebbe successo... ma poi l'ho scoperto e ho deciso che sarebbe stato carino aspettare di vederlo dal vivo per capire se ci avevo azzeccato o se sarebbe stato necessario aggiungere qualche dettaglio su di lui! E, be', è stato fantastico, proprio come ha raccontato la nostra Leah! Eek è proprio così: flemmatico, sembra non avere neanche voglia di vivere, però i suoi brani fanno ridere proprio per questo, e io lo adoro proprio per questo! Sono cose nonsense, testi quasi inesistenti ed estremamente ripetitivi, ma non per questo noiosi. Dal vivo fa ballare e cantare, è proprio un personaggio, una specie di pagliaccio XD

Ma bando alle ciance: non sono qui per fare la recensione al live di Eek (anche se ancora non mi sembra vero o.o), bensì per parlarvi dei pezzi che i nostri eroi si sono divertiti a ballare durante quest'altra bella serata; il primo è un brano di Barrington Levy, appunto, ecco a voi il link per l'ascolto a Here I Come:

https://www.youtube.com/watch?v=clCAfLfPWM4

Poi c'è Sensee Party del nostro folle Eek-A-Mouse, sentite un po' qui:

https://www.youtube.com/watch?v=kXFV_anPVLw

Immaginatevi i ragazzi che ballano e fanno i cori da stadio su queste cose, ahahahah, troppo divertente come scenetta da immaginare, soprattutto dopo averne vissuto diverse simili al concerto di Eek! Pura magia, ve l'assicuro! :3

Cosa ve ne pare di questo incontro tra musicisti famosi? Vi confesso che è proprio vero: Eek ha collaborato con i P.O.D., quindi è sinceramente interessato anche al metal e al rock, nonostante possa sembrare difficile da immaginare! Il pezzo si chiama Ridiculous ed è presente nell'album Satellite dei P.O.D., appunto; io vi consiglio di ascoltare questa canzone, è una bellissima follia:

https://www.youtube.com/watch?v=ajm1Qx9duSQ

Bene, spero che questa piccola follia continui a piacervi, e ditemi... secondo voi chi è la vera star della serata? I due cantanti giamaicani o i ragazzi dei SOAD che sono stati da Eek idolatrati?

Io non so scegliere, ecco perché ho messo quel titolo al capitolo :D

Scusate se stavolta mi sono dilungata fin troppo, ma era necessario (almeno credo, ahahah)!

Grazie di cuore a tutti e alla prossima ♥

  
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