Serie TV > Elisa di Rivombrosa
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Autore: wolfymozart    10/08/2017    1 recensioni
Sullo sfondo delle prime rivolte contadine antifeudali, si snoda la vicenda che ha per protagonisti Anna e Antonio. Come i rivoltosi si ribellano alle ingiustizie della società del tempo, allo stesso i due protagonisti, sono alle prese con una personale rivolta contro i propri destini segnati dagli errori, dalle incomprensioni e dalle scelte avventate del passato. La giustizia riuscirà a trionfare o prevarrà l'arroganza della sorte?
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Ristori, Antonio Ceppi, Elisa Scalzi, Emilia Radicati
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Tutti si voltarono di scatto. I tre contadini sospirando di sollievo; l’abate sempre più sconcertato, come se stesse assistendo ad un’apocalisse ormai prossima; Betta con un’espressione tra lo spaventato e il divertito,  tipica di chi osserva le scene più cruente come uno spettacolo di intrattenimento; Alvise gonfiando il petto, tronfio e soddisfatto del fatto che le sue minacce avessero avuto l’effetto sperato. Era la conferma del suo potere.

-Eccovi arrivato, finalmente, dottor Ceppi! Dobbiamo giusto fare quattro chiacchiere noi due! – ghignò insolente, squadrando con il suo sguardo da ebete prepotente Antonio, che gli stava di fronte con le braccia abbandonate lungo i fianchi e un’aria di sfida.

- State forse male, marchese? Avete bisogno delle mie cure? – chiese il medico affrontandolo.

Alvise proruppe in una risata fragorosa e insolente: - Sono sano come un pesce, dottore, come potete constatare voi stesso!-

- Me ne rallegro, marchese. Se le cose stanno così, chiedo il permesso di tornare dai miei pazienti, che hanno di certo più bisogno di voi. – Il tono era pacato, ma con una punta di ironia. Girò quindi sui tacchi come per andarsene.

- Dove diavolo pensate di andare? – sbraitò Alvise in modo sgraziato – Acciuffate quel furfante! – Due guardie gli furono subito addosso e lo presero violentemente per le braccia.

- Noi due dobbiamo parlare, non avete sentito? I vostri pazienti possono anche aspettare!-

Con i polsi legati, fu portato davanti al marchese che lo investì con una domanda:

-Quella mattina non mi avete volute rispondere, per cui cercherò ora di essere più convincente. – lo minacciò Alvise – Dove state nascondendo Emilia? -

- La mia risposta è la stessa di quella mattina. Non ne ho la minima idea. Mi dispiace non potervi essere d’aiuto.-

-Bugiardo! – gli urlò contro il marchese, mettendogli le mani addosso. La faccia ingrugnita di Alvise stava a poca distanza dal viso di Antonio: i suoi occhi porcini si conficcarono rabbiosi negli occhi limpidi del medico.  Lo strattonò, afferrandolo per il bavero della camicia: - Adesso mi dici dove si trova Emilia, se non vuoi che finisca male! – latrò.

- Avete appurato voi stesso che Emilia non sta da me. I vostri uomini hanno setacciato ogni angolo di casa mia. Cercatela altrove, dunque! –

- Sei un cane bastardo! Un poveraccio che cerca un po’ di gloria sobillando i servi contro di me! – lo scrollò con veemenza. – E tutto per invidia! Perché ti rode, vero, aver perso tutto? E ora invidi il mio prestigio, le mie terre, il mio denaro! Sei un infame della peggior specie! –

Erano ben altri i motivi per i quali invidiasse Alvise Radicati, ma non poteva certo farglielo notare. Non in quel momento.

Tuttavia Alvise gli lesse come nel pensiero e aggiunse rabbioso, il volto paonazzo:

- E pensi che non abbia capito che ti porti a letto mia moglie? Mi fate proprio così stupido voi due? –

- Non vi permetto di fare certe insinuazioni circa la fedeltà di vostra moglie. Non avete alcun diritto di farne, soprattutto in presenza della marchesina Maffei…- alluse in modo nemmeno troppo celato alla tresca tra i due, con uno sguardo di sfida al marchese. Betta, dal canto suo, gli rivolse una smorfia di disgusto misto a superiorità, quasi compatendolo. Il medico riprese: – Chiedetevi, piuttosto, perché vostra moglie vi disprezzi. Chiedetevi perché vostra figlia vi rifiuti. Le ragioni della forza non sempre funzionano. Potete picchiare, torturare, impiccare i vostri servi; potete uccidere me, se vi pare; potete segregare vostra moglie e vostra figlia. Ma questo non vi consentirà di guadagnarvi la loro devozione, il loro rispetto, il loro affetto. –

Dopo queste parole, che ad Antonio bruciavano da tempo sulla lingua, lo scontro si era spostato ormai in campo aperto. Alvise gli si avvicinò fissandolo minaccioso, stringendo gli occhi. Poi, di scatto, senza aprir bocca, gli rifilò un violento pugno nello stomaco. Il medico si accasciò in ginocchio, ma le guardie che lo tenevano per le braccia lo costrinsero a rialzarsi immediatamente.

- Idiota, taci! Non accetto che un mezzo uomo fallito come te si permetta di dirmi come mi devo o non mi devo comportare. E comunque non hai risposto. Hai passato la notte con mia moglie, non è così? La scusa della confessione…Anna è venuta al monastero per te, quella stupida! E io avrei dovuto capirlo subito! – Antonio, sofferente, non rispondeva: ricevette allora qualche altro calcio da parte delle guardie.

- Ma, suvvia, che mi importa di quella pazza di mia moglie? Una donna che si mette a trescare con un pezzente del genere…Spera forse in questo modo di sentirsi ancora desiderabile? Povera illusa! Per fortuna che ho te, mia cara Betta! Con Anna farò i conti poi, le insegnerò io a rispettare l’onore della famiglia! – esclamò Alvise ringalluzzito, baciando avidamente Betta, che si limitò a ridacchiare compiaciuta: - Alvise, lasciatemi, non è questo il momento! –

Antonio si rifiutò di guardare quell’indecoroso spettacolo che si svolgeva davanti a suoi occhi. Abbassò lo sguardo: l’unico suo pensiero era legato alla sorte di Anna, alla minaccia di nuove punizioni da parte di Alvise. E lui se ne sentiva in qualche modo responsabile. Perché, sì, era con lui che Anna aveva passato quella notte, perché era anche vero che se l’era portata a letto qualche giorno prima. Ma era riduttivo, degradante, offensivo etichettare tutto questo come una tresca: Alvise non avrebbe mai potuto capire quello che c’era fra lui e sua moglie, non avrebbe mai potuto comprenderne il profondo significato. E lui non aveva alcuna intenzione di spiegarglielo: gli sembrava di contaminare, spiegandoli a parole e soprattutto ad un individuo di tale specie, la purezza dei suoi sentimenti per Anna.

 

 

 

 

-Mamma! – un’esclamazione gioiosa risuonò lungo la scalinata del palazzo. Non appena scorse sua madre uscire dalla carrozza, Emilia scese a rotta di collo le scale e le si gettò lieta fra le braccia.

- Emilia! Ma che…che cosa ci fai qui, amor mio? – chiese stupita ma al contempo felice di poter riabbracciare la sua amata figliola dopo lunghe settimane. – Fatti vedere, su! Quanto mi sei mancata! – esclamò con un sorriso, baciandole la fronte.

Passata l’euforia del momento, però, subentrò l’angoscia: Alvise l’aveva dunque scovata? Quali punizioni stava pianificando per loro? Quali oscure trame stava tessendo? La strinse forte a sé. Le sue fosche previsioni vennero interrotte dall’apparire di Elisa, che incedeva tranquilla, per nulla preoccupata di una possibile rappresaglia del marchese.

- Marchesa! – la salutò con un deferente, forse fin troppo, inchino. – Da dove giungete? Sapete che cos’è successo?! –

- Elisa, sei la solita pazza irresponsabile! Se mio marito vi dovesse trovare…- la redarguì Anna a bassa voce, temendo che Alvise la potesse sentire. Si portò una mano alla fronte, esausta per i continui pericoli che doveva affrontare: ci si doveva mettere pure quella servetta incosciente a complicarle la vita?

- Fabrizio – oh scusate, il conte – è ritornato! Entro questa sera sarà qui. - annunciò radiosa - Il marchese vostro marito non ci può far più nulla. Ormai è finito: verrà cacciato, estromesso da ogni affare che riguardi Rivombrosa. E noi non abbiamo più niente da temere! –

- Proprio così, mamma, avete sentito? Lo zio Fabrizio è tornato! Potrò tornare a stare qui a Rivombrosa, insieme a voi e a lui! Non è forse meraviglioso? – L’entusiasmo della ragazzina al pensiero di poter ritornare a casa, senza l’assillo dei rimproveri e delle violente punizioni paterne era incontenibile. Emilia saltava qua e là, ora gettandosi al collo di Elisa, ora stringendo la madre. Anna, tuttavia, non sembrava prendere parte a questi facili entusiasmi, mostrava un fondo di perplessità che alla giovane serva non sfuggì.

- Marchesa, non siete contenta del ritorno di vostro fratello? Che cosa vi preoccupa? – chiese.

- Non sarà così facile come credi, Elisa. Non è ancora detta l’ultima parola: conosco bene mio marito, non si arrenderà così facilmente, non lascerà Rivombrosa senza batter ciglio…- ribatté scura in volto, fissando i giardini della residenza avvolti nella nebbia sottile del mattino.

- Non siate così pessimista! Vedrete, andrà tutto per il meglio. Le cose si sistemeranno, vero, Emilia? –

- Oh sì! E io e la mamma potremo restare qui, con voi, senza quel mostro di mio padre! Elisa, più tardi  possiamo andare a salutare il dottor Ceppi? Vorrei tanto ringraziarlo: è stato così buono con me! – chiese la ragazzina.

- Per ora non andrai da nessuna parte, Emilia! Ed è a me che devi chiedere il permesso, non ad Elisa! – la rimproverò aspramente Anna.

- Ma io volevo solo andare a salutare il dottor…-

- Basta! – la interruppe nervosamente la madre, senza permetterle di pronunciare quel nome che le causava tanti angoscianti pensieri. – Finché non vedrò Fabrizio con i miei occhi, non starò tranquilla. Entriamo in casa. E non vi azzardate ad uscire per nessun motivo, Elisa! Non vorrai mettere in pericolo mia figlia e altre persone soltanto per un capriccio! Quando le acque si saranno calmate, passerete pure a ringraziare il dottore…- sentenziò improntando i gradini dello scalone, seguita da Emilia ed Elisa.

La giovane non poté non accorgersi del tono con cui aveva pronunciato quell’ultima parola, quasi non osasse chiamarlo con il suo nome per una sorta di sacro timore. Quei due si amavano, ora ne era più che certa. Nonostante le aggressioni verbali che gli riservava ogni volta che lo vedeva, nonostante la finta indifferenza con cui le aveva dato il permesso di ospitarlo nel palazzo, nonostante le reazioni isteriche che le procurava la sua vista, il fatto che non osasse pronunciarne il nome, che si preoccupasse di non metterlo in pericolo erano segni evidenti. Spesso i “nonostante” sono dei “perché” non riconosciuti. In cuor suo si rallegrò per l’amico, ma non disse niente. Del resto, avrebbe permesso, la marchesa, che le fosse gettato in faccia il suo più prezioso segreto?

 

 

-Portatelo via, guardie! Lo faremo parlare in un altro momento. Dottore, siete mio prigioniero! – esclamò ridendo divertito: - State dunque attento a non irritarmi con i vostri bei discorsetti forbiti! –

- Marchese, potete fare di me ciò che volete. Ma non cambierà nulla: quel che vi ho detto è la verità e fareste bene a rendervene conto, prima che sia troppo tardi. –

- Sentitelo! Ancora a farmi la morale?  - Antonio lo fissò in tralice, prima di essere trascinato via dalle guardie. – Canterete presto, caro dottore! Vi farò sputare fuori ogni parola a forza di botte! -

- Nessuno si muova o andrà a finire male! – echeggiò una voce imperiosa nel chiostro. L’abate, ormai incapace di ulteriore turbamento, si limitò a farsi un disperato segno di croce, prima di coprirsi il volto con le mani. Alvise si voltò verso l’ingresso del chiostro: gli apparve la figura dell’uomo che mai avrebbe voluto rivedere. Dell’uomo che aveva sperato morisse sul fronte prussiano. Dell’uomo che gli avrebbe potuto togliere con un solo cenno terreni, denaro, potere. Suo cognato.

   
 
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