Anime & Manga > Daiku Maryu Gaiking
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Autore: BrizMariluna    10/08/2017    6 recensioni
Il Gaiking, il Drago Spaziale e il loro equipaggio vagamente multietnico, erano i protagonisti di un anime degli anni settanta che guardavo da ragazzina. Ho leggermente (okay, molto più che leggermente...) adattato la trama alle mie esigenze, con momenti ispirati ad alcuni episodi e altri partoriti dai miei deliri. E' una storia d'amore con incursioni nell'avventura. Una ragazza italiana entra a far parte dell'equipaggio e darà filo da torcere allo scontroso capitano Richardson, pilota del Drago Spaziale. Prendetela com'è, con tutte le incongruenze e assurdità tipiche dei robottoni, e sappiate che io amo dialoghi, aforismi, schermaglie verbali e sono romantica da fare schifo. Tra dramma, azione e commedia, mi piace anche tirarla moooolto per le lunghe. Lettore avvisato...
Il rating arancione è per stare dal canto del sicuro per alcune tematiche trattate e perché la mia protagonista è un po' colorita nell'esprimersi, ed è assolutamente meno seria di come potrebbe apparire dal prologo.
Potete leggerla tranquillamente come una storia originale :)
Con FANART: mie e di Morghana
Nel 2022/23 la storia è stata revisionata e corretta, con aggiunta di nuove fanart; il capitolo 19 è stato spezzato in due capitoli che risultano così (secondo me) più arricchiti e chiari
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gaiking secondo me'
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PETE E LA SINDROME DI HAN SOLO


 
 
– Tranquilla, bestiolina selvatica, sto arrivando. 
 
Dopo quelle parole, Pete si era alzato rapidamente, poi gli sovvenne una cosa.
– Ce la fai a disconnetterti da sola? – chiese preoccupato a Briz, rivolgendosi all’immagine della ragazza sullo schermo.
– Certo che sì! – rispose lei, sicura e lucidissima; e, senza aggiungere altro, premette il pulsante che avviava la disconnessione.
L'armatura si staccò dal suo corpo con una delicatezza che non c'era mai stata prima; mentre le parti metalliche si rialloggiavano nelle botole, Briz attese di venire assalita da tutta la sequela di malesseri che, ogni volta, la massacravano, ma non accadde nulla del genere: niente nausea, niente febbrone, niente tremiti. Nulla di nulla, sebbene, quella appena sostenuta, fosse stata la battaglia in assoluto più lunga e furiosa che avesse affrontato, nel corso di quell'estenuante conflitto: aveva usato due volte il Thunderbolt e persino due volte quella cosa pazzesca del Supernova Starfire, ma ciò non le aveva arrecato conseguenze.
Briz aveva bisogno di uscire a respirare… anche perché sapeva chi avrebbe trovato ad aspettarla a terra; indossò il giubbotto viola e si infilò nell'ascensore che l'avrebbe portata giù. Conosceva il motivo per cui la questione era cambiata e, ancora per un attimo, la mancanza di Alessandro le tolse quasi il fiato; e doveva comunque ammettere che, nonostante l’assenza dei soliti malesseri, si sentiva stremata come mai prima nella sua vita: le girava la testa e faticava a ragionare lucidamente e a rendersi conto che la guerra fosse realmente finita. Ma in fondo ci stava: dopotutto era anche quasi sicura di aver appena vissuto un’esperienza di pre-morte.
Pete aveva seguito sul grande monitor del Drago Spaziale le fasi della disconnessione di Briz un po' stranito, ed era rimasto lì, con lo sguardo perso nel vuoto, ancora incredulo… un po' come tutti gli altri, del resto.
Sakon fu il primo a riprendersi.
– E allora! Ma sei ancora qui!? Cosa diavolo stai aspettando? – esclamò, scuotendolo per una spalla – Ti sei già dimenticato quello che mi hai detto su Marte? Fila da quella povera ragazza che ha avuto la disgrazia di incontrarti, e vedi di concludere qualcosa con lei, e anche alla svelta!
Pete si riscosse e, senza una parola, si alzò, togliendosi i guanti e lanciandoli dove capitava; si fermò solo un attimo per toccare rapidamente una spalla a Jamilah.
– Jami, scusa per lo spintone di prima. Ero…
– …fuori di testa, lo so, non ci pensare. Datti una mossa e va’ da lei, piuttosto!
Non aveva nemmeno finito di parlare, che lui era già sparito di corsa.
– Vuoi scommettere che riescono a gridarsi dietro e a litigare persino in un momento come questo? – si fece sentire ironica la voce di Bunta, dall'interfono della plancia, mentre il giovane guerriero pacioccone si apprestava a scendere dal Nessak.
– Forse no – disse Sakon fiducioso – Pete mi ha fatto una mezza promessa, su Marte.
– Ahahah, è quel mezza, che mi preoccupa – ridacchiò Fan Lee scendendo dallo Skylar, mentre anche Bunta e Yamatake lo raggiungevano; avevano tutti bisogno di rimettere i piedi a terra, non solo chi era tornato da Marte.
A bordo del Drago, anche il dottor Daimonji si incamminò verso l'uscita, mentre Sakon e Jamilah si abbracciavano un po’ stravolti, faticando ancora a metabolizzare il fatto che fosse, finalmente, tutto finito.
Midori, dal monitor della postazione informatica dentro all'ambulanza, li vide guardarsi con intensità e sorridersi, per poi baciarsi appassionatamente; piacevolmente sorpresa di questo ulteriore sviluppo, spalancò occhi e bocca, spegnendo velocemente il monitor.
– Ah, già! – fece Sanshiro, mentre il paramedico finiva di medicargli la ferita al braccio – Ecco l'altra novità, mi ero scordato di dirtelo: il bacio di questa coppia, prima della partenza per Marte... ha avuto un seguito, come puoi vedere.
– Beh, era anche ora, no? Tu guarda se dovevano pensare di morire su Marte, per decidersi, questi due!
– Mmm... è quello che più o meno gli ho detto io – commentò Sanshiro, mentre lei spegneva il monitor – Ce la fai a camminare? – le chiese poi, preoccupato.
– Assolutamente sì! Mi sono rotta un braccio, mica le gambe – sorrise lei, mostrando il suo spirito di guerriera.
Ma Sanshiro, con un’occhiata critica al polpaccio fasciato e al piede privo dello stivale, non considerò minimamente la sua risposta e la sollevò tra le braccia, scendendo dall'ambulanza, non prima di aver salutato i feriti e ringraziato l’infermiere. Midori, stringendogli le braccia al collo e mandando al diavolo lo spirito guerriero, si godette fino in fondo quel gesto cavalleresco da parte del suo uomo: in quel momento ci stava tutto!  
Sanshiro si diresse verso il punto, non molto lontano, in cui il Drago era atterrato e tutto l'equipaggio si stava raccogliendo.
– E se vuoi la mia opinione su Sakon e Jami, – aggiunse Sanshiro parlandole a voce bassa, in tono malizioso – dalle facce che avevano su Marte, quando li ho raggiunti sul Drago, e dallo stato dei loro vestiti... beh, ho avuto la sensazione che avessero concretizzato parecchio, credimi!
– Ma Sanshiro! – fece lei, fingendosi scandalizzata.
– Oh, senti, con tutte le prese in giro che ci siamo sorbiti noi due, in Italia...!
La ragazza ridacchiò: – Sì, okay, effettivamente... E poi, come hanno detto Bunta e Fan Lee, mi preoccupano di più gli altri due...
– Ah, beh! Non saranno così stupidi, no?
Lo sguardo che gli rivolse Midori, con un sopracciglio sollevato, mentre raggiungevano gli altri, fu più che eloquente, era un chiarissimo: “Stiamo a vedere?”
 
***
 
Fan Lee, Bunta e Yamatake videro Pete uscire di corsa dal Drago e dirigersi verso il leone robot, mentre dall’ospedale da campo giungeva Sanshiro con Midori tra le braccia. Il giovane avrebbe voluto portarla nell’infermeria del Drago Spaziale, ma lei lo esortò a posarla a terra, accanto agli amici ai quali si era unito il dottor Daimonji che si affrettò a sostenerla e ad abbracciarsela.
Anche Sakon e Jamilah li stavano raggiungendo, e l'attenzione di tutti si focalizzò su Pete, che si dirigeva veloce verso Balthazar.
– Cinquemila yen che si baciano – fu la scommessa che buttò lì Yamatake.
– Diecimila che invece no? Entro cinque minuti litigano di nuovo – rilanciò Bunta.
– Andata! E tu, Fan Lee? Cosa fanno secondo te?
– Ah, io non scommetto su questi due, sono troppo imprevedibili! Per quanto... se tanto mi dà tanto, sono capaci di fare tutte e due le cose! Diecimila, ci sto.
– Ma dai, nemmeno loro arriverebbero a questo! – rise Yamatake, imitato dagli altri che furono divertiti da quell'improvvisato giro di scommesse.
Una cosa era certa: nessuno avrebbe voluto perdersi la scena, per niente al mondo. Sapevano di essere alquanto invadenti, con quel comportamento, ma tutti sarebbero stati immensamente felici di vederli finalmente insieme, senza più ostacoli o segreti. Che ci voleva, in fondo?
Briz fece un po’ fatica a far aprire il passaggio sul petto di Balthazar, al centro del diamante dell’Onda di ghiaccio, ormai inservibile poiché danneggiato dall’attacco di Ashmov, ma quando ci riuscì fu investita da una folata di aria fresca che la fece letteralmente rinascere. Sorrise tra sé: in fondo era esattamente quello, che era appena successo: era morta… ed era rinata. Nonostante l’intontimento e lo sfinimento, l’adrenalina le pompava ancora nelle vene a scariche violente: felicità, soddisfazione, orgoglio, in quel momento presero il sopravvento sul senso di spossatezza e confusione.
Poi vide Pete, che correva verso di lei… e come sempre, ogni volta che posava lo sguardo su di lui, rimase senza fiato.
Il giovane si fermò a pochi passi da lei, quasi incredulo di trovarsela finalmente di fronte.
Si sorrisero… e quella fu la molla che li fece scattare uno verso l'altra: Briz gli volò fra le braccia in un attimo, con un tale slancio che Pete la sollevò, e girò un paio di volte su se stesso, prima di farle posare di nuovo i piedi a terra.

 
Sei-tornato
– Sei tornato... non riesco ancora a crederci, sei tornato davvero... – sussurrò lei, accarezzandogli il volto stanco, che Jami non era riuscita a ripulire del tutto dal sangue, passandogli le dita tra i capelli spettinati e poi tornando a stringerlo, nascondendogli il viso tra il collo e la spalla.
– È finita, Bri. È finito tutto, non ci saranno più battaglie, non ci saranno più allarmi, non rischieremo più la vita... basta – la rassicurò lui, tenendola stretta a sé, quasi cullandola, mentre lei si abbandonava a quell'abbraccio, tenero e furioso allo stesso tempo.
– In questo momento non me ne può fregare di meno – gli mormorò all'orecchio – Avrei passato a combattere il resto della mia vita, se fosse stato il prezzo da pagare per il tuo ritorno.
Un singhiozzo le spezzò la voce e Pete la scostò per guardarla in viso.
– Non stai mica aprendo i rubinetti, vero? – esclamò, perfettamente consapevole di avere anche lui gli occhi lucidi.
– Io apro quel che mi pare! Pensa ai tuoi, di rubinetti, che ultimamente, per i tuoi standard, si rompono piuttosto spesso! – gli rispose infatti lei, asciugandogli col pollice una lacrima, che gli scivolava sulla guancia abbronzata e si contrappose perfettamente alla risata che gli sfuggì incontrollabile.
– Miseriaccia, Briz! È tutta colpa tua! Non ho mai pianto tanto come in questi ultimi mesi!
– Se è per questo, non hai nemmeno mai riso, così tanto! E sempre per colpa mi...
Pete non la lasciò continuare, troncandole le parole sulle labbra con un bacio, impetuoso e appassionato, con le dita intrecciate ai suoi capelli. Briz si guardò bene dal protestare, e si lasciò andare volentieri fra le sue braccia, schiudendo le labbra e affondandole nelle sue.
Adesso sì… adesso era finita davvero!
– Sgancia! Ho vinto – disse Yamatake a Bunta, tendendogli una mano a palmo in su e muovendo le dita in modo inequivocabile.
– Aspetta, aspetta! Io ho scommesso che litigavano entro cinque minuti, con o senza bacio – replicò Bunta.
– Eh, no, non barare, furbastro! Hai detto “Diecimila che invece no?” Chiuso! E comunque... li vedi? Questi non smettono prima di un quarto d'ora!
– E va bene... in realtà sono contento che non litighino – si arrese Bunta.
– Anch'io, sono felice di aver perso – concluse Fan Lee, lanciando un'occhiata a un gongolante Yamatake.
Ignari di essere stati al centro del divertente scambio di battute degli amici, e di aver fruttato a Yamatake ventimila yen, Fabrizia e il suo bel Capitano si staccarono appena, per sorridersi e guardarsi negli occhi.
– Scusa la furia... Ma questo me lo avevi promesso... – le disse Pete.
– Appunto, chi dice niente? Non devi scusarti, anzi, io ti ho promesso tutti quelli che vuoi...
– Allora me li prendo, visto che non mi sembra che ti dispiaccia.
– Te l'ho detto, che questi non smettono facilmente... – commentò Yamatake, vedendoli che ricominciavano.
– Godzilla, hai vinto! Ti pago, sta' tranquillo! Ma adesso smetti di fare il guardone, okay? – rise Bunta, esortando i compagni a lasciare in pace la coppia.
I due si baciavano ancora quando, da dietro al Monte Fuji, spuntarono alcuni elicotteri e il rumore ritmico dei rotori li distolse dal loro piacevole momento.
Fabrizia si fece violenza, per privarsi del calore e della passione di quei baci, ma dovette farlo, anche perché ricordò che aveva un'altra promessa, fatta con sé stessa, da mantenere.
Appoggiò la fronte contro quella di Pete, mentre gli elicotteri li sorvolavano e l'aria smossa dalle pale scompigliava loro i capelli. Briz non ci badò minimamente, e le parole le uscirono così, di botto, mentre gli accarezzava una guancia e con il respiro gli sfiorava le labbra.
– Pete Richardson... io ti amo!
– Lo so... – rispose lui, prima di riprendere a baciarla.
Fabrizia si era aspettata un Anch'io, in risposta, ma avrebbe atteso volentieri un altro po', per sentirselo dire; il tempo di un altro bacio ci poteva stare, o anche di due… o tre.
 
Bacio-elicotteri
Pete si staccò da lei e la guardò intensamente, poi lanciò uno sguardo infastidito verso l'alto, agli elicotteri il cui rumore stava diventando davvero molesto.
– Uffaa! Dannati giornalisti! – brontolò, riconoscendo alcune sigle della stampa sulle fiancate dei velivoli – Vieni, raggiungiamo gli altri – le disse poi, passandole un braccio attorno alle spalle.
– Ma… Pete! – esclamò Briz, bloccandosi lì, senza sapere se essere più stupita o indignata – È... tutto qui? Io ti ho detto che ti amo, e questa è la tua risposta? Che lo sai
– Bri... io... – cominciò lui, stringendola appena.
– Ahhhgh! Bri un tubo! Mi scuserai se non erano queste, le due parole che speravo di sentire!? Ma chi diavolo ti credi di essere? Han Solo? Guarda che io non sono mica la principessa Leia!1 – gli gridò in faccia, togliendosi bruscamente il braccio di lui dalle spalle – E comunque ho ancora un po' di orgoglio: è evidente che ho commesso un errore di valutazione… Okay, calma e gesso – disse sollevando le mani, respirando a fondo e come parlando a sé stessa – Non è niente, sai? Sopravvivo pure a questo: un bel reset, ricalcolo percorso e via… Dimentica quello che ho detto, Richardson, e lasciami in pace, ti prego – finì Briz, incamminandosi decisa verso i compagni.
Merda! Avrebbe dovuto immaginarlo che sarebbe andata così. Ma come aveva potuto credere, anche solo per un attimo, che Pete provasse per lei gli stessi sentimenti? Lui giocava! Aveva sempre giocato, non sapeva fare altro, con lei! E lei glielo aveva pure lasciato fare!
Sanshiro, seguendo la scena, si era dato una manata sulla fronte, allibito, poi si era lasciato scivolare la mano sulla faccia; non riusciva a credere che fosse successo! Com'era possibile che, un minuto prima, quei due cretini atomici fossero fuori dal mondo, con le labbra appiccicate col Super Attak, e subito dopo stessero davvero, di nuovo, per la milionesimo volta, urlandosi addosso? Anzi, Briz aveva urlato; Pete se ne era stato anche troppo zitto… come sempre!
– Maledizione, Pete! Sei un cogl… – cominciò, ma Midori gli chiuse la bocca con una mano.
Bunta guardò Yamatake di sottecchi.
– Non infierirò chiedendoti di sganciare, perché comunque i baci ci sono stati – disse, costernato.
– Già – intervenne Fan Lee, sconsolato – Si sono baciati… e adesso stanno litigando. Credo di aver vinto io; sbaglio?
– No! – ringhiarono gli altri due, secchi, all'unisono.
– E comunque... avrei preferito perdere2 – concluse il cinese.
In quel momento, da un elicottero appena atterrato, scese un giovanotto mingherlino, di poco più di vent'anni e con gli occhiali, che si portava a tracolla un intrico di materiale fotografico. Senza nemmeno presentarsi, si affiancò a Briz che si allontanava a passo di carica, e cominciò a bersagliarla di foto.
– Uoohhh! – gli gridò dietro lei, furiosa – E tu chi caz... caspita saresti?
– Ippei Hondo, fotografo e giornalista – esclamò questo, tendendole la mano.
– Maddài, sei serio? – fece Briz sarcastica, ignorando il suo gesto; quando poi riconobbe il logo della rivista che il ragazzo aveva sul cappellino, per poco non gli rise in faccia.
– Perdonami, ma definire giornalista chi lavora per quella porcheria gossippara, mi pare davvero troppo! Già mi stanno sulle scatole quelli seri, di scribacchini, figurati te! Sparisci! Dileguati! Vaporizzati! Puff!
– Oh, la prego, Comandante, queste foto valgono una fortuna! Il capo mi darà una promozione se gli porto le prove di una liaison tra due dei nostri eroi! Immagino che sia arrabbiata perché ha appena litigato col suo fidanzato, ma sono sicuro che lei e il Capitano Richardson farete pace in fretta.
Briz si inchiodò furibonda e lo afferrò per il colletto della camicia, svettandolo di parecchi centimetri.
– Io e Richardson non siamo fidanzati! Vedi forse un anello a questo dito? –  gridò, agitandogli la mano sinistra davanti al naso e mollandolo sgarbatamente.
Pete li raggiunse e, in silenzio assoluto, fulminò Ippei con un cipiglio inquietante. Poi, con tutta la flemma del mondo, tolse la macchina fotografica dalle sue mani e, con poche precise manovre, cancellò tutte le foto digitali che gli aveva scattato, prima dall'elicottero, mentre si baciavano, poi da terra, quando avevano cominciato a litigare; infine, gli rimise bruscamente la fotocamera in mano. La calma con cui gli parlò era raggelante.
– So come ti chiami e dove lavori: se domani vedo pubblicata, sul tuo giornalino del cavolo, una sola foto o una sola parola che riguardi noi due, ti vengo a cercare. Mi sono spiegato?
Briz lo guardò, confusa. Un gesto del genere poteva voler dire un paio di cose… Uno: Pete non voleva, nel modo più assoluto, che si spargesse la voce di una storia tra di loro; si vergognava, proprio! Due: semplicemente, schivo e riservato com'era, lo faceva per proteggere entrambi dalla curiosità della gente; una questione di principio, insomma. In ogni caso, Briz guardò il giornalista come se anche lei volesse ucciderlo e gli rincarò la dose.
– Ti è andata bene che non ti abbiamo rotto la macchina fotografica su quella testaccia vuota! E adesso levati dai cogl... dalle pal... Ooh, va' via!
A Ippei non restò altro da fare che obbedire, ma li seguì con lo sguardo, poco convinto, mentre anche loro si allontanavano.
Pete allungò di nuovo il braccio verso Briz, come per riavvicinarla a lui, ma lei fu lesta a spostarsi e a spingerlo via.
– Te ne vai?! Ma cosa vuoi da me, anche tu? La mia figura di merda giornaliera l'ho già fatta, per oggi!
Pete si riavvicinò e la afferrò bruscamente per un braccio, riaccostandola a sé.
– Adesso stai zitta tu, e ascoltami!
– Cosa? Io ascoltare te? Te che stai sempre zitto? Non so se ne ho più voglia, di ascoltarti!
– Infatti non è il posto, né il momento, per affrontare certi argomenti! Però...
– Oh, certo! – lo interruppe lei – Non sia mai che il Capitano Richardson dia il benservito a una donna in Mondovisione! – ironizzò Briz, tirando un'occhiata di sguincio agli elicotteri e alle telecamere.
– Guardami e taci, sciroccata!
Il tono era perentorio, eppure... c'era quasi come una implicita preghiera, in quelle parole. Fabrizia mollò uno sbuffo, incrociò le braccia sul petto e alzò gli occhi verdi in quelli di lui, seria e imbronciata.
– Avanti, sentiamo! Tanto, a questo punto... – concesse, esasperata.
– Una volta, il giorno del mio compleanno, ti ho salvato la vita, prendendoti al volo fuori dalla Tana del Diavolo che stava per esplodere. Pochi istanti prima di farlo, ti ho chiesto una cosa. Te la ricordi?
Briz finse di pensarci un paio di secondi, ma sì, se la ricordava.
– Mi hai chiesto... se mi fidavo di te.
– Esatto. E ricordi anche cosa mi hai risposto?
Sì, si ricordava anche quello, e molto bene, anche.
– “Adesso e sempre, Dragonheart” – rispose sottovoce, guardandosi i piedi.
– Bene. Capisco che sempre possa essere una parola impegnativa, ma io ti conosco: non credo che il tuo sempre sia già scaduto.
– E questo cosa vorrebbe significare? Che devo fidarmi di te ancora una volta? – sospirò, alzando gli occhi al cielo.
Pete annuì, con una solennità che non poteva essere ignorata, poi la sua espressione cambiò del tutto.
– Di' la verità: ti sei mai pentita di averlo fatto? – le chiese, con un sorriso un po' insolente che avrebbe fatto sballare un sasso.
Lei si sentì il cuore rimbalzare in giro per la cassa toracica come la palla di un flipper. Che cosa cavolo gli rispondeva, adesso? Ci pensò un attimo, e decise che il silenzio sarebbe stato perfetto, come replica… ma poi cambiò idea. Ormai lo conosceva, Pete: aveva tanti difetti, ma non era uno che parlasse a vanvera o che mentisse. Ciò che le aveva appena detto, doveva pur avere un senso! Che valesse davvero la pena fidarsi? Era vero che non le aveva detto “Ti amo anch'io”, però non le aveva nemmeno detto “Io non ti amo”. Decise di giocare d'anticipo: forse aveva una speranza, ma gliela avrebbe fatta pesare, questo era poco, ma sicuro.
– Okay, Richardson – sbottò, con una decisione che rasentava l'arroganza – Tu soffri davvero della sindrome di Han Solo: “Lo so” è la tua frase preferita. Sei quello che sa sempre tutto, e non è mai colpa tua!3 Beh, sappi che c'è una novità: non hai l'esclusiva: anch'io lo so!
– Che cosa, sai?
– Quella cosa! Quella che io non ho avuto paura di dirti, ma che per qualche strano motivo a te, invece, costa tanto farti uscire di bocca. Non vuoi dirmela ora? Bene, sono disposta ad aspettare un po'! – gli concesse; poi gli puntò l'indice davanti al naso: – Ma non andare alle calende greche, o ti giocherai tutto!
– Lo vedi che sei sveglia, quando vuoi? – le disse Pete sottovoce, accarezzandole una guancia e chinando appena il viso verso il suo.
Prima che le loro labbra si sfiorassero, Briz lo respinse di nuovo, posandogli le dita sulla bocca.
– Tira il freno, biondone! Ti ho detto che quella cosa, io, voglio sentirmela dire, ricordatelo bene! Per cui ti comunico che, fino a quel momento, non avrai più nulla da me: niente baci, e stavolta davvero! Men che meno quell'altra assurdità, che Dio sa come mi è scappata prima che tu partissi per Marte! Per cui, mio bel pupone, nel frattempo tieni le zampe, e le labbra, lontane da me! E se per i miei gusti tarderai troppo, farò davvero un ricalcolo percorso, e prenderò il primo aereo per l’Italia! Kapish? 
– Kapish! – rispose lui, stando al gioco e portandosi due dita alla fronte.
– Ottimo! E adesso levati dalle scatole, che voglio andare ad abbracciare i miei amici! Tu hai già avuto! Pure troppo! – esclamò, piantandolo lì.
Pete rimase qualche passo indietro, a guardare Briz che andava incontro a Sakon. L’ingegnere la abbracciò e se la coccolò brevemente, scambiando qualche parola con lei, prima di lasciarla perché abbracciasse la sua amica Jami; poi si diresse verso Pete e le ragazze rimasero a guardarli.
Sakon sfoggiava un'espressione talmente torva, che per un attimo Pete pensò che l'amico avesse intenzione di picchiarlo, tanto che gli venne da fare un paio di passi indietro. Invece, l'equilibratissimo professor Gen gli si fermò di fronte, fissandolo negli occhi, e scosse il capo, sconcertato.
– Ti dico solo tre parole: TuSeiScemo! E sei anche quello che stava per dirti Sanshiro, ma io sono troppo signore per ripeterlo!        
– Ehi, non ho bisogno dei consigli di uno che ci ha messo due anni, per capirci qualcosa con la sua donna.
– Mi avevi fatto una promessa, Pete! – replicò Sakon, ignorando il commento dell’amico.
Pete rispose a voce bassa, non volendo farsi sentire fino in fondo all'universo.
– Ti sembro uno che non mantiene? Credo che persino Briz, abbia capito cosa sto facendo.  
– Cosa dovrebbe aver capito? La stai massacrando, non te ne accorgi? La verità è che è troppo buona, e io non so se te la meriti, una come lei!
Pete lo oltrepassò, per unirsi al resto della truppa, e gli lanciò un’occhiata di traverso da sopra la spalla.
– E lo dici a me? – concluse, brusco.
Sakon lo seguì, scuotendo la testa.
– Sì – ribadì sottovoce – Sei davvero scemo, Richardson. Proprio nella testa, dentro! 
In realtà, non poteva fare a meno di pensare che l'amico fosse ancora dannatamente insicuro e confuso, per tutto quel che riguardava la sfera dei sentimenti. Sakon non aveva dubbi sul fatto che amasse profondamente la sua fanciullina, e lo aveva dimostrato in tanti modi, sia a lei che a loro, doveva ammetterlo; però aveva ancora una fifa boia di dirglielo.
Non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso, pensando che, conoscendo Briz, in qualche modo, quelle due parole, la ragazza gliele avrebbe tirate fuori.
A costo di fargli sputare anche l'anima.
 
> Continua…
 

Note:
Nel secondo film di Star Wars, L’Impero colpisce ancora, la principessa Leia dice ad Han che lo ama, prima che lui venga ibernato nella grafite. E lui le risponde “Lo so”. È diventata una delle scene cult della storia del cinema, ormai.

Diecimila yen equivalgono a circa 80 euro. Quindi, tranquilli: non è che Yamatake e Bunta si sono svenati, per pagare Fan Lee.

3 "Non è colpa mia." Anche questa è una frase che ad Han Solo ogni tanto sfugge, nel corso della saga di Star Wars. E anche al suo amico Lando Calrissian.

 
  
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