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Autore: Gem    11/08/2017    0 recensioni
Questa è una raccolta di storie slegate tra loro e scritte per Promptember. Appariranno molti personaggi, ma la maggior parte delle fanfic sono AU e dedicate a Milo e Camus. Moltissimi generi presenti: storico, commedia, fantascienza etc.

«Vedi Cappuccetto?» il cacciatore, vestito interamente di nero, si sistemò un’arma in spalla spostando i lunghi capelli biondi dietro la schiena. Poi si avvicinò verso la creatura senza vita. «Tutti i bambini vogliono diventare cacciatori, non corrieri…»
«Smettila di chiamarmi Cappuccetto, Milo.» sentenziò severamente il corriere. «Non ho tempo per te. Il locandiere mi aspetta a Newark.»
Il bambino sbirciò il cacciatore.
Quel Milo si chinò accanto al corpo e, prese delle funi dalla cinta, iniziò a legare gli arti al corpo. Non si degnò di rispondere.
Il corriere allora avanzò di un passo. «Ci vediamo.»
«Se ti chiamo Camus resti?»
«Quando lavoro sono Corriere Rosso 11.»
«Dai, Cappuccetto è più simpatico.» il cacciatore iniziò a trascinare il corpo della bestia.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Gold Saints, Scorpion Milo, Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: L’armadio
Rating: arancione.
Tipologia: one-shot.
Genere: generale, commedia.
Pairing: Milo/Camus
Personaggi: Aiolia, Milo, Camus.
Avvertimenti: POV di Aiolia, AU, slash, lime.
Parole:
Note dell’autore: qui il prompt praticamente non c’è più… tante modifiche… tanti dubbi… di Aiolia… (rileggendola a distanza di mesi, devo dire che non mi piace più di tanto :v)
Prompt:
 
What if person B gets trapped in person A's closet and stays in there while person A gets dressed/undressed and like hours later person A goes to get a shirt and person B is just sitting there with a boner/red face, clutching a jacket @otp--prompts
 
I hid in your closet to scare you as a joke but when you came in you started masturbating and I can’t just get up and leave but if I get caught in your closet you’ll think I’m a pervert I regret my life choices
 
 
«Allora, ti piace, Aiolia?»
Milo si appoggiò al bancone e afferrò una bottiglia di birra, facendo un cenno al barista.
«Che ti avevo detto?» proseguì. «Qui non è un casino come Mykonos. Le feste di sera sono decenti e la gente non ci prova con te come se non ci fosse un domani…»
Milo si guardo l’anello all’anulare. «Milos è la migliore isola greca, non ci sono dubbi. Hai visto che panorama?»
Aiolia dovette annuire. Gettò un’occhiata distratta alla spiaggia: il beach bar allestito e l’adiacente pista da ballo erano grandi abbastanza da ospitare un centinaio di persone, ma al tempo stesso tutti i tavolini e le panche presenti davano un’aria familiare e non esageratamente mondana. Persino alcuni bambini con i loro genitori ballavano allegramente.
«Sono riuscito a prendere il polipo grigliato.» Camus spuntò tra la folla e sgattaiolò vicino ai due. «Fatemi spazio.»
Sia Aiolia sia Milo si spostarono e lasciarono che Camus appoggiasse un grande piatto ricolmo di cibo sul bancone. Un odore di erbe aromatiche s’alzò subito nell’aria.
«Ah, che buono!» fece subito Milo, portandosene un pezzo in bocca.
«Non mettere le mani nel piatto.» mormorò Camus, porgendogli una forchetta. «Sembri uno che non mangia da tre giorni.»
Aiolia abbozzò un sorriso e gettò un’altra occhiata alla pista. Camus gli porse una posata, ma egli la prese senza troppo interesse e sospirò.
«Qualcosa non va?» chiese Milo.
«No… è che…» arricciò il naso, strinse le labbra. Poi fece un cenno del capo verso la pista. «Quel tizio, con la maglietta blu… ci ha provato con me.»
Camus allontanò la forchetta dalla bocca. «Uno solo. Menomale che non sei in una discoteca di Mykonos. Dopo dieci minuti ce ne siamo andati.»
«Glielo stavo dicendo prima!» esclamò Milo, bevendo un sorso di birra. «Dio, ma te lo ricordi? Quando quel tizio ci ha chiesto di unirci a quella mega roba, ma che cazz…»
«Ok, ma volevo dire un’altra cosa.» li fermò Aiolia, seriamente.
Camus alzò le spalle. «Cosa?»
Aiolia lasciò il proprio cocktail sul bancone, un po’ titubante. Poi alzò lo sguardo.
«Da quando ho rotto con Marin mi sono chiesto…» iniziò. «Devo provare?»
«Oh mio Dio.» mormorò sbigottito Milo.
«È impazzito.» replicò Camus. «Ubriaco.»
Con un respiro spazientito Aiolia appoggiò i gomiti sul bancone e gettò ai due un’occhiataccia eloquente.
«Oh, grazie tante, prendetemi in giro.» commentò sarcasticamente. «Vi ricordo che siete voi quelli sposati.»
Milo adagiò la forchetta nel piatto e si lasciò sfuggire un’espressione imbarazzata, quasi confusa, che Aiolia non seppe decifrare pienamente. Persino Camus non sembrava del tutto a suo agio.
Ciò non fece altro che innervosire Aiolia ancora di più.
«Grazie per il vostro sostegno, eh.»
«No, è che…» Milo alzò un angolo della bocca. «Cioè, è strano. Tu? Con un ragazzo?»
Camus continuò imperterrito a mangiare, nonostante gli occhi sbigottiti. «Prima di passare all’azione, guardati qualche video… credo che cambierai idea…»
Quelle risposte non fecero altro che esasperare Aiolia. In fondo, sperava di ricevere solo qualche consiglio dai suoi amici che, in teoria, dovevano “conoscere” la materia meglio di lui. Invece stava solo collezionando una serie di risposte a suo giudizio assurde.
«Siete omofobi.» sbottò, lasciando la posata sul bancone. «Vado a fare un giro.»
Girò sui tacchi e si allontanò dai due, velocemente.
«Dai, Aiolia, ma che cazzo…» sentì Milo chiamarlo, ma non gli importò.
 
Nel buio, Aiolia cercò la propria felpa nell’armadio, ma non la trovò. Si alzò e fece attenzione a dove metteva i piedi, quindi si diresse verso la stanza che occupavano i suoi amici.
Beh, certo, avrebbe potuto accendere la luce, ma Milo e Camus avrebbero visto dalla spiaggia che c’era qualcuno nel bungalow e l’avrebbero trovato. Aiolia voleva restare solo, almeno quella notte.
Tirava una leggera brezza e la canottiera non era più sufficiente per lui, ma la sua felpa sembrava scomparsa. Si ricordò di averla prestata a Milo, la sera prima: quasi sicuramente quello l’aveva posata nel suo armadio o addirittura nella sua valigia.
Brontolò, mentre s’infilava nella stanza matrimoniale. S’avvicinò alla cabina armadio ed entrò, iniziando a cercare la propria felpa. Nonostante il buio, poteva vedere un po’ meglio lì che nel resto della casa, perché dalle persiane accostate della finestra entrava la luce del beach bar.
In quel momento, però, sentì la porta di casa aprirsi.
Non ci pensò più di tanto e richiuse dietro di sé la porta della cabina armadio, arcuando le sopracciglia. Non voleva essere disturbato, punto!
«Non è nella sua stanza…»
La voce di Camus giunse chiaramente sino alle orecchie di Aiolia.
Bene, adesso tornatevene a ballare, pensò lui con un certo disappunto.
«Forse è andato in città. Lo sai che significa?» la voce di Milo suonò trionfante.
«Cosa?»
«Che siamo tutti soli…»
Aiolia alzò un sopracciglio. Che scoperta.
Avvertì, però, dei risolini di Camus in qualche modo ovattati, come se la sua bocca fosse impegnata a fare qualcos’altro. Poi sentì dei passi e un altro risolino, questa volta di Milo.
«Dovremmo cercarlo però…»
Aiolia sbirciò da una feritoia della cabina armadio, adesso meno pimpante. Non… volevano mica…?
Riuscì a scorgere Milo deporre Camus sul letto e salire a cavalcioni su di lui.
«Beh, dopo.» rispose Milo. «Questa sarà una cosa veloce…»
Aiolia si ritrasse di scatto e appoggiò le spalle alla cabina armadio, il respiro mozzo. Oh no. Non poteva succedere. Non in quel momento, poi! Dopo quella discussione su un eventuale approccio con un ragazzo, Milo e Camus avrebbero pensato che Aiolia volesse spiarli!
«Vieni su tu.»
«Ma perché sempre io?»
«Perché mi viene meglio…»
Qualche cigolio del letto.
«Ah, così? Mmm, Cam…»
«Sì…»
Aiolia non s’azzardò a guardare, né tantomeno si preoccupò più di tanto di comprendere la conversazione. Sapeva solo che stava sudando freddo e che sarebbe morto se quei due lo avessero trovato nella loro cabina armadio.
Sentì uno schiocco e Camus emise un gemito innervosito.
«Mi hai fatto un succhiotto.»
«E allora?»
«Sul ginocchio?!»
Aiolia si coprì il viso con una mano. Memo: non doveva guardare le ginocchia di Camus, il giorno seguente.
«Sei caduto? Ecco, ti do un bacino sulla bua…»
Camus ridacchiò. «Quella non è la bua…»
Per qualche minuto, i due tacquero. Aiolia tuttavia non tardò a riconoscere il rumore di baci… uhm… umidi. Scosse la testa. Forse sarebbe dovuto stare al gioco di quel ragazzo che ci aveva provato con lui, sulla spiaggia, anziché chiedere – inutilmente – consigli ai suoi amici.
Ecco. Ecco in che razza di situazione s’era cacciato per via dei suoi pensieri… curiosi.
Con estrema cautela, gettò una fugace occhiata dalla feritoia. Fu sufficiente per scorgere i due, fortunatamente ancora vestiti, in qualche modo avvinghiati l’un altro. Notò con certezza che le masse dei loro capelli erano però da parti opposte del letto.
Ma che gran figli di-
Sentì le proprie guance in fiamme e ricordò le parole di Camus.
Prima di passare all’azione, guardati qualche video… credo che cambierai idea.
Ma certo. Certo! Strinse i denti, quasi infuriato. Un ottimo suggerimento! Soprattutto perché il proprio corpo sembrava rispondere più all’istinto che alla ragione.
Ai rumori già abbastanza eloquenti si aggiunsero anche degli ansiti sempre più forti.
Aiolia sbuffò piano. Non doveva essere una cosa veloce? Per quanto ancora dovevano andare avanti?
«Ah, Milo…»
«Sì Camus…»
Aiolia roteò gli occhi.
Poi, grazie al cielo, iniziò a riconoscere certi ansiti e sospiri che non lasciavano molto spazio all’immaginazione. Strinse i denti, cercando di ignorarli il più possibile, e aspettò pazientemente che scemassero.
Finalmente sentì un sospirò trasformarsi in una risatina appagata.
«Promettimi… che se non lo troviamo in mezz’ora… torniamo a casa.»
Cigolii vari del letto.
«Sì… vado a sciacquarmi la faccia.»
Aiolia si portò una mano alla bocca, chiudendo gli occhi. Quello era stato il colpo di grazia.
«Devo sistemarmi anch’io.»
Sbirciò ancora. I due s’erano alzati dal letto e probabilmente direttisi verso il bagno. Sentì ancora qualche passo e rumore vario, tra cui l’acqua del rubinetto scorrere, ma sapeva che il peggio era passato.
Tirò due somme.
In primis, ricordare che anche gli amici possedevano genitali era un pensiero rivoltante. Inoltre non avrebbe guardato nessuno tipo di video su internet, quel poco offerto gratuitamente quella sera era stato sufficiente. E infine: sarebbe andato dal ragazzo che ci aveva provato con lui per chiarire la questione.
Sentì la porta d’ingresso del bungalow, più pesante, aprirsi.
«Comunque è la residenza numero 69 per un motivo, no?» ridacchiò in lontananza Milo.
Aiolia scosse la testa, sconsolato.
  
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