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Autore: LaMicheCoria    11/08/2017    1 recensioni
“Ti stai facendo crescere la barba?”
“Non ho avuto molte occasioni di radermi, di recente.”
“Secondo me è per l’aria da bel tenebroso.”
“Non sono venuto qui per parlare della barba.”
“Sicuro? Perché posso darti alcuni consigli…”
“Tony.”
Conversazione sulla barba finita.

[Avengers/Spider-Man: Homecoming]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Personaggi e musica non mi appartengono

Ma sono di proprietà dei rispettivi autori.

La storia è scritta senza fine di lucro.

 

 

 

I’m Only Human
After All

.

.

.

 

C’è un che di catartico nel frastuono cicaleggiante di Coney Island: è simile allo sciabordio delle onde sulla battigia, si infrange contro la sua schiena allo stesso modo delle spuma, gli graffia le orecchie al pari degli infinitesimali sassolini trasportati nel reflusso mastodontico dell’Oceano.
Il mondo caleidoscopico del parco divertimenti giganteggia alle sue spalle, mentre la più ben quieta realtà dell’orizzonte dorme, placida e letargica, davanti ai suoi occhi; lui è nel mezzo, tra caos e silenzio assoluto, tra calma e singultante ronzio –Coi piedi a mollo ed una mela caramellata tra i denti.
L’alone di luce tremola sulla cresta delle onde, rabbrividisce e si ritira all’ombra che liquida s’allunga tra i fasci colorati ed il bianco sorriso della sabbia.
“Una posa molto bohemien da parte tua.”
“Che fai? Mi pedini?”
“No. È stato Happy a dirmi dov’eri.”
La vocetta logica e vagamente isterica dentro la testa di Anthony Stark gli fa notare quanto sia molto poco professionale essere tutto pappa e ciccia con quello che ora è considerato dai mass media il più grande traditore del sogno americano, nonché dissacratore per antonomasia della bandiera a stelle e strisce.
Dà un secondo morso alla mela caramellata e scrolla le spalle.
La vocetta logica e vagamente isterica si accontenta, almeno per questa volta, e tace.
“Non ho bisogno di un life coach.”
“Per la miseria, ancora? Quante volte te lo devo dire? L’avevano spacciata per una buona causa.”
Un sogghigno arcua la bocca del magnate che, pulitosi la bocca con un fazzoletto, si volta a guardare la figura nera, a contrasto col bagliore notturno di Coney Island; la ruota panoramica è una corona bianca, rossa e blu, che ne circumfonde di fiammelle i capelli scarmigliati.
“Ti stai facendo crescere la barba?”
“Non ho avuto molte occasioni di radermi, di recente.”
“Secondo me è per l’aria da bel tenebroso.”
“Non sono venuto qui per parlare della barba.”
“Sicuro? Perché posso darti alcuni consigli…”
“Tony.”
Conversazione sulla barba finita.
Lo schiamazzo di Coney Island copre il crocchiolio della sabbia nel momento in cui Steve Rogers si siede, allungando le gambe verso il bagnasciuga; alza lo sguardo e gli occhi azzurri, un po’ più stanchi, un po’ più vecchi, si sollevano a cercare lo sguardo ostinatamente fisso del magnate, ancora in piedi.
“Non ci pensare neanche.” Lo previene questi “E’ un completo firmato.”
Il fu-Capitan America rilascia un sospiro, si toglie la giacca di pelle stazzonata e la stiracchia bene accanto a sé, modellandola alla meglio in una sorta di gibboso pouf sintetico.
Solo allora Tony si accomoda accanto a lui e i pantaloni si sollevano, a scoprire la caviglia brillante di salino.
“Forse sono stato troppo duro col ragazzo.” Commenta, passando la mela caramellata a Steve.
L’uomo afferra lo stecco dopo alcuni secondi, lo rigira tra le dita fino a trovare un punto non ancora violato dalla bocca del magnate e vi affonda i denti, succhiandone tra le labbra la copertura zuccherina. Tony lo osserva per qualche secondo e lo fa in silenzio, perché l’altro possa gustarsi quel piccolo frammento di normalità dopo chissà quanto tempo.
“I padri sono sempre duri coi propri figli.”
“Io non sono suo padre.” Stark tende la mano per farsi passare nuovamente la mela caramellata “Anche se non mi dispiacerebbe esserlo.”
“Immaginavo. Ho visto una foto di sua zia.”
Tony si ritrova a ridacchiare ed anche Steve sorride un poco, sollevando l’angolo sinistro delle labbra.
La forma bianco-argentea di un gabbiano scivola ad ali spiegate sopra le loro teste e nel posarsi diviene una goccia di pittura candida sulla tela nero vestita della notte.
Lo sguardo di Steve si abbevera del profilo che lento dondola e galleggia sul dorso liquido delle onde –La bellezza delle piccole cose, anche le più minuscole, tasselli della perfezione del mondo. Vorrebbe chiederglielo, Tony, come diavolo possa vedere la meraviglia anche nel nulla più assoluto, lì, in quel limbo tra finito e infinito, silenzio e frastuono.
Alla fine, tuttavia, non emette suono. Non crede nemmeno ci sia una risposta alla sua domanda: è una cosa che a Steve riesce naturale ed è probabile che Happy lo abbia mandato da lui proprio per la sua desueta, nonché inusitata qualità.
In un gesto la mela caramellata è di nuovo tra le dita dell’ex Capitano, come un microfono.
“Quel ragazzo ha un grande futuro davanti a sé.” Dichiara “Ha un cuore buono. È l’eroe di cui la gente ha bisogno e che noi abbiamo smesso di essere: abbiamo guardato troppo in alto, abbiamo volato fino al sole, orgogliosi e dimentichi del mondo sotto di noi. Ce ne siamo ricordati troppo tardi e l’impatto ci ha fatto di nuovo sanguinare.” Scuote la testa “Ci siamo convinti di essere al pari di Thor, Dei capricciosi arrogatisi il diritto di decidere della sorte dell’essere umano.”
“Non credo che a Thor piaccia essere chiamato  capriccioso. Quell’appellativo calza di più a Rinascerò-Cervo-A-Primavera-Loki.”
Steve gli lancia uno sguardo di ammonimento, quindi gli passa di nuovo la mela caramellata: non ne sono rimasto che un paio di bocconi –Un po’ come la loro conversazione. Tony sa che l’uomo non è lì per fermarsi a lungo e che, appostato da qualche parte, qualcuno veglia, con occhi attenti, perché niente di male gli accada: si è scoperto parecchio per arrivare fin lì, dove chiunque potrebbe riconoscerlo, segnalando la sua presenza alle autorità. Non ha esitato ad arrivare, però, schifosamente altruista come al solito ed ancora roso dal senso di colpa.
 “Capisco cosa tu voglia dire, comunque.” Prosegue “Peter è…Semplice. Non in senso negativo. Non solo in senso negativo, ma è un ragazzino del Queens che ferma ladri di biciclette o sventa rapine ai bancomat  e, dannazione, una vecchietta gli ha regalato un churros dopo che le ha dato indicazioni. Non è roba da supereroi, questa. È—Non lo so neanche io, cos’è. Germe iniziale dell’eroicità? Livello base? Tutorial?”
“Cos’è un tutorial?”
“Lascia perdere. Quello che voglio dire è che lui ha questa voglia matta di diventare un Vendicatore e di stendere gli alieni con le Fatality---“
“Puoi parlare normale, per cortesia?”
“---Quando invece ci sono già troppi di noi che si danno alle schermaglie spaziali o extra-dimensionali e Dio solo cos’altro! E guarda cos’è successo! Siamo crollati come una castello di carte. Le minacce globali non hanno bisogno di Spider-Man.”
“Ma le signore anziane sì.”
“Hai un talento speciale per ridurre ai minimi termine le mie frasi pomposamente più riuscite.”
Un sorriso di scuse da parte dell’altro, insieme al riverbero luminoso nel fondo degli occhi altrimenti cupi.
“Voglio solo che non si perda.” Stark tiene lo stecco tra l’indice ed il pollice “Non deve finire per essere inghiottito dal suo costume. L’Uomo Ragno funziona perché è il cuore di Peter Parker che batte sotto di esso. È l’Uomo Ragno che non può esistere senza Peter Parker, non il contrario: è questa la sua più grande forza. Deve capirlo, prima che sia troppo tardi.”
Prima che finisca come me, è il sottinteso che non riesce a dire –Ma che Steve ha inteso benissimo.
“Se non è niente senza il costume, allora non dovrebbe indossarlo.”
 Non sta chiedendo l’approvazione dell’altro, nel ripetergli la frase rivolta a Peter. Non sta cercando una conferma delle sue azioni, né sta facendo paragoni con una frase simile, pronunciata anni distanti una vinta intera.
L’uomo di fianco a lui inclina appena la testa e socchiude le palpebre, con fare indagatore –Addirittura, per ripicca nei suoi confronti, arriva ad accarezzarsi l’accenno di barba a punta di dita.
“Dove ho già sentito una frase simile?”
“Da un vegliardo che mi ha insegnato il valore della pazienza.”
Steve emette un verso indignato. Sì, quei video lo perseguiteranno a vita.
 “Colpito e affondato, Testa Di Ferro.”
Il fracasso della loro risata si perde, si confonde, si mescola e si scompone al murmure della marea, sminuzzato e triturato dai jingle sempiterni dei baracchini, dalle musiche saltellanti e dal crepitio della folla.
C’è ancora un morso, uno solo, sulla stecca che ormai cola caramello come lacrime gonfie di cristalli e di zucchero.
Un ultimo morso. Un’ultima domanda prima del commiato.
“E tu, Tony? Adesso, senza la tua armatura, chi sei?”
Tony prende fiato ed apre la bocca, sul punto di dare una risposta.
Un genio, miliardario, playboy, filantropo. Gli ha risposto così, la prima volta, ma quanto di vero è ancora rimasto? Possiede ancora la medesima sfacciataggine di allora? La superbia, finanche il rancore? Oppure esse sono invecchiate fino ad irrancidire e con la guerra sono scolorite al punto da perdere ogni significato, ridotti a ricordi in bianco a nero?
Adesso, nell’istante in cui l’acqua gli bagna la punta dei piedi e la sabbia si insinua tra le dita, adesso, chi è?
Tony Stark. Facile.
Eppure non esiste niente di più complicato della risposta che non è in grado di formulare.
Chi è? Un genio, sì, lo è ancora. Un Futurista le cui mani lavorano senza sforzo verso un orizzonte lontano quanto il mare, e il cui cervello è una fucina dove le idee schiamazzano e fanno centro, dove il profumo dello zucchero filato non riesce a coprire la muffa, la tristezza, la solitudine di una vecchia giostra cigolante, tutta ruggine, un carosello marcescente di cavalli con gli occhi da ubriachi e la schiuma alle labbra e il volto bianco di biacca. È un uomo stanco, adesso, che avverte il freddo salirgli dentro le ossa, un uomo che ha avuto e ha perso, che è arrivato sulla cima ed è crollato, ha perso la presa, gli è mancato l’ossigeno. Un uomo che ha costruito un Impero, le cui insegne sono divenute polvere fra le mani.
È un uomo che ha sperato, ha avuto paura, è stato travolto dalla ferocia; un uomo la cui mano ha dato parimenti carezze e pugni, dalla cui bocca è scaturito il riso e l’ingiuria, la bestemmia e la preghiera. Il suo sguardo ha scandagliato le vastità del cielo e la profondità dell’Abisso –E’ stato nell’Abisso, nell’Inferno che ha i tratti canini dei Chitauri ed un volto amico devastato dalla menzogna.
In fin dei conti, dunque, Tony Stark è un uomo.
Ecco chi è.
Ma non è in grado di dirlo: un’armatura ben più spessa lo circonda, nascondendolo agli occhi del mondo.
Quindi, tace.
Steve mastica lentamente, schiaccia la polpa tra i denti con tale forza che per qualche istante mandibola e mascella rimangono incollati dal suo sapore stizzoso, troppo forte, adesso, per non dare quasi fastidio.

   
 
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