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Autore: Recchan8    12/08/2017    2 recensioni
"Dopo la fine ci sono sempre speranza e rinascita".
La comparsa di Master Pharoh 90 risvegliò la bella Guerriera della Morte e della Rinascita. La falce di Sailor Saturn venne puntata verso il basso e la Terra venne distrutta e ricreata, e con lei tutte le anime presenti sulla sua superficie.
Kunibert è al primo anno di università; ancora non sa di essere la reincarnazione del comandante degli Shitennou, Kunzite, e di aver ricevuto in dono dalla silenziosa guerriera una preziosa seconda possibilità.
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inner Senshi, Shitennou/Generali
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Che Nehemias fosse Nephrite era ormai un dato di fatto. Kunibert non se n'era accorto subito, ma la verità prima o poi viene a galla, e questo era esattamente ciò che era successo. Rimaneva soltanto da trovare il modo giusto per dire a Mackenzie che il suo amato esisteva, era sano salvo e amava un'altra donna.
Quella è capace di farmi piombare un fulmine in testa”.
Quella stessa mattina aveva seguito le lezioni attentamente, prendendo appunti e senza distrarsi. Dacre, normalmente seduto di fianco a lui, aveva preso posto tra le ultime file. Quando i loro sguardi si erano per un attimo incrociati durante un quarto d'ora accademico, Kunibert aveva tentato di raggiungere l'amico, ma Dacre si era defilato con un sorriso tirato sulle labbra. Il ragazzo dai capelli argentati avrebbe voluto seguirlo, bloccarlo e obbligarlo a sputare il rospo, a chiedergli cosa ci fosse che non andava, ma sotto sotto lo sapeva benissimo: era cambiato. Kunibert non era più “Kunibert lo studente di Scienze Politiche”, ma “Kunzite il Comandante dei Quattro Generali Celesti”.
Il tardo pomeriggio, volato in un attimo, l'aveva trascorso al negozio di Mackenzie. Lei lo pagava, e a Kunibert qualche soldo in più non dispiaceva per niente. Con un certo fastidio si era accorto di non saper gestire una vendita senza l'aiuto di Mackenzie. Non sapeva assolutamente niente riguardo piante, fiori, concimi, fioriture, potature... Niente di niente.
Sulla via del ritorno si era fermato in una libreria a comprare un manuale per il giardinaggio e un'enciclopedia sulla flora, la stessa enciclopedia che, alle otto e mezza di sera, stava sfogliando attentamente sul terrazzo del suo appartamento.
-”Come fa Jupiter ad amare questa roba?”- si domandò arricciando le labbra. -”Belli sono belli, per carità, ma sono così...”-.
Fragili. Come gli esseri umani. Ci vuole tanto impegno e tanto amore per crescerli, ma basta poco per farli perire.
Si soffermò sulla figura di una paphiopedilum. Se non ricordava male, il nome derivava da Paphos, la città cipriota nella quale, secondo una leggenda, era nata Venere. Chiuse di scatto l'enciclopedia e rovesciò la testa all'indietro, chiudendo gli occhi e sospirando. Nonostante ricordasse i suoi capelli dorati, i suoi occhi blu, il suo sorriso meraviglioso e sincero, e la sua soave voce, Kunibert non riusciva a rievocare il ricordo a cui teneva di più, il più importante: era passato così tanto tempo che Kunzite non rimembrava più il delicato tocco delle mani di Venus sul suo corpo. Si portò le mani alla testa e strinse i denti, impedendosi di urlare dalla frustrazione.
-”Dove sei, amore mio?”- sussurrò con rabbia disperata.

 

 

Mackenzie amava il suo piccolo appartamento, ma ancora di più amava il fatto che si trovasse nello stesso edificio del suo negozio: lavoro al piano terra, vita privata al terzo piano. Non poteva chiedere di meglio. Per qualche tempo aveva rimpianto l'assenza di un terrazzo, ma pian piano si era abituata a questa mancanza. Le finestre erano ampie e luminose, perfettamente in grado di colmare la mancanza di un balcone.
Con ancora i capelli bagnati e l'accappatoio addosso, andò a sedersi al tavolo in cucina. Lì, vicino al portatovaglioli, abbandonata come un oggetto qualunque, stava la sua Penna di Trasformazione. Mackenzie allungò una mano e, con esitazione, la prese. Se la rigirò tra le dita per qualche minuto, in un silenzio di seria riflessione, e poi la lasciò nuovamente cadere sul tavolo. Si passò una mano tra i capelli e sbuffò. Ricordava perfettamente come, nelle sue due vite precedenti, quella Penna era lo strumento che permetteva a lei e alle altre Guerriere di trasformarsi; eppure, per qualche assurdo motivo, in questa vita non aveva alcuna utilità: si trattava di una semplicissima penna dall'inchiostro verde. Quando qualche giorno prima era stata attaccata dalla strana creatura nera, si era trasformata semplicemente invocando il potere di Giove. Non aveva la Penna con sé. Quale significato aveva tutto ciò?
-”Saturn, a che gioco stai giocando?”- mormorò sconsolata.

 


Quando Kunibert se ne accorse era ormai troppo tardi. Qualcosa di viscido e nero si era attorcigliato attorno alla sua caviglia e con insistenza stava cercando di trascinarlo giù dal terrazzo. Il ragazzo cadde dalla sedia e finì per terra. Riconobbe immediatamente quel nero purissimo e imprecò sotto voce. Ce n'erano altri, il mostro dell'altro giorno non era l'unico! Doveva avvisare Mackenzie, doveva dirle di raggiungerlo! Dov'era il suo cellulare? Una mano dalle dita lunghe e sottili artigliò la ringhiera del terrazzo e la creatura nera fece capolino. Gli occhi rossi brillavano minacciosi e puntavano Kunibert. L'enciclopedia era caduta per terra con lui. Non avendo altre armi a disposizioni, il giovane la prese e iniziò a colpire il tentacolo col dorso del pesante libro. Il mostro, dopo un po', mollò la presa e ritirò la terminazione contusa. Kunibert approfittò del momento per ritirarsi in casa e chiudere la portafinestra del terrazzo. Corse in camera sua, frugò nello zaino e tirò fuori il cellulare.
-”Mackenzie, ne è comparso un altro!”-.
-”Un altro cosa?”- domandò la ragazza dall'altro capo del telefono.
-”Un altro...!”-. La finestra alle sue spalle si infranse e la mano artigliata lo afferrò e lo trascinò fuori.
-”Kunibert! Kunibert!”- gridò Mackenzie dal telefono abbandonato sul pavimento.
Questa volta la creatura era enorme. Aveva allungato le gambe per raggiungere il quarto piano del complesso. Senza proferire parola, avvicinò l'ostaggio al petto. Kunibert vide il petto del mostro liquefarsi e separarsi, rivelando una cavità dalla quale colava senza sosta la sostanza di cui era fatto il nemico. Il giovane provò a divincolarsi, ma non ebbe successo. Il secondo tentativo, più ragionato, andò a segno. Se la scorsa volta era riuscito a intrappolare la creatura nera in una bolla, forse quella barriera poteva essere usata anche per difesa. Kunibert creò una barriera sferica attorno a sé che fece esplodere la mano nera. La sostanza molliccia schizzò da tutte le parti. Kunibert, ancora all'interno della sua barriera, iniziò la caduta verso il basso e finì in mezzo alla strada. La sfera protettiva si infranse come vetro, ma i frammenti scomparvero nel nulla. Il nemico mostruoso si ridimensionò accorciando le gambe e tornò a fissare Kunibert. Mosse qualche passo in avanti con un'andatura incerta e traballante. Sembrava meno risoluto del suo predecessore.
A quel punto fece una cosa che lasciò Kunibert esterrefatto: parlò.
Una cavità rotonda simile a una bocca si aprì sulla sua faccia, appena sotto gli occhi puntiformi, e da essa uscì un suono gutturale poco chiaro.
-”Ti... Ti...”- sembrava dire. -”Ku... Ti...”-.
Subito dopo aver pronunciato quei monosillabi, il mostro nero come la pece perse la struttura solida e si liquefò, diventando una pozzanghera nera e sparendo nel sottosuolo. Kunibert, gli occhi di ghiaccio spalancati, non riuscì ad aprire bocca. Guardò prima la finestra del suo appartamento, poi il punto nel quale il nemico era scomparso. Non l'aveva attaccato, aveva cercato di... rapirlo?
Un improvviso rumore tintinnante riportò Kunibert alla realtà e lo fece sobbalzare. Si voltò di scatto e si trovò davanti una ragazza dai liscissimi capelli corvini legati in una coda alta, una miriade di braccialetti di metallo ai polsi e uno strano mazzo di carte in mano. I loro sguardi si incrociarono e la ragazza alzò un sopracciglio, sorridendo altezzosamente.
-”Le carte lo avevano predetto”- esordì. -”Un giorno avrei incontrato un giovane dai capelli argentati perseguitato da sentimenti, emozioni e fantasmi, un ragazzo che avrebbe cambiato per sempre la mia vita. Allora, Kunibert della kunzite, lo farai? Cambierai la mia vita?”-.

 

 

   
 
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