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Autore: Soul of the Crow    12/08/2017    0 recensioni
Umani, vampiri, demoni ed angeli: quel mondo devastato avrebbe presto visto combattere queste grandi schiere.
Manca però una figura tra di esse: una che non può prendere alcuna delle due parti, che fa semplicemente il suo dovere in quel mondo fin troppo crudele con tutti. Quel qualcuno ha una sua storia, una che tenta di non far sparire per sempre, ma che saprà tenersi stretta quando ritroverà coloro che ha fallito ad aiutare anni prima?
[Dal capitolo...]
- Anche se è ciò che tu hai deciso, non significa che la cosa mi debba piacere. -
- Non mi importa. Farò di tutto per la mia famiglia. E se Guren, Shinoa o gli altri intendono usarmi, che facciano come vogliono. -
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- ... Questa è la scelta peggiore che potevi fare, ma immagino non potrò fermarti ugualmente. Non è forse così? -
- Sì. Salverò Mika, te lo assicuro. -
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- Mmm... Allora forse c'è ancora qualcosa che posso fare. -
Nel mondo dopo l'Apocalisse si aggiunge un'altra persona: un nuovo alleato per la Shinoa Squad, che necessiterà del loro aiuto per portare a termine le promesse fatte a chi le ha dato uno scopo.
[Pairings: fem!MikaYuu, altre in seguito] [AU per discostamento dagli avvenimenti del manga] [Successivo cambiamento di rating]
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Mikaela Hyakuya, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yūichirō Hyakuya
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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The sixth page: meetings and partings


Quiete, calma e silenzio, interrotti unicamente dal ticchettio delle lancette di un orologio, uno che continua a scandire albe, giorni, tramonti, sere e notti di chi continuava a seguire la propria routine quotidiana, malgrado il cielo di quel mondo potesse essere sfumato unicamente d’azzurro chiarissimo e grigio nebbia… Non importava che il giorno si trasformasse in notte, o se l’estate avesse già ceduto il posto all’autunno, quel cielo sarebbe rimasto sempre e comunque lo stesso.
Anche lì il tempo andava avanti a scorrere, ma per chi ci abitava, ogni giorno era comunque uguale all’altro: fare sempre le stesse cose… Vedere sempre le stesse facce… E sapere che tali sarebbero rimaste finchè qualcosa non le avrebbe fatte sparire davvero…
Eh sì… Malgrado gli shinigami Jewels, coloro che racchiudono l’essenza delle pietre cardinali dell’antichità, e gli Shards, incarnazioni dell’energia delle altre pietre preziose, fossero riusciti a tenersi stretti ricordi, identità e corpi di quando erano umani, non vuol dire che tutto sia rimasto uguale una volta diventati Spiriti Mietitori: non importa che necessitassero ancora di mangiare, dormire, respirare e provassero ancora qualcosa di simile alle emozioni… i loro cuori non battevano più, i loro occhi non vedevano più i colori ma soltanto i giorni che mancavano ad una vita prima di spegnersi fintanto che restavano sulla Terra, i loro sensi erano più acuti per individuare eventuali ostacoli durante lo svolgimento dei loro incarichi, la loro forza maggiore per tranciare una vita che si era sottratta per pura fortuna alla triste mano della morte perché l’equilibrio tra vivi e morti restasse tale (o per salvare tale vita nel caso quella morte non fosse un “errore” nell’ordine degli eventi) e col tempo… Anche loro avrebbero perso quel poco che gli restava della loro “umanità”: più e più si facevano prendere dal ritmo di quel mondo, uguale ogni giorno e consci di non poter resuscitare come esseri umani o “passare dall’altra parte” come le anime che invece dovevano recuperare, e per sempre costretti ad osservare le vite umane spegnersi ed accendersi, ognuno di loro prima o dopo non solo aveva il proprio corpo smettere di invecchiare, ma diventava sempre più apatico ed insensibile di fronte alle morti che si ritrovava ad assistere. In fondo era questo che erano loro: semplici marionette nate solo per portare avanti uno scomodo lavoro che tutti credevano opera di chissà quale Dio… Delle semplici rotelle di un meccanismo che non si poteva arrestare… E come tali, avrebbero continuato ad arrugginirsi fino a diventare polvere, lasciando una nuova rotella a sostituirli per non compromettere l’intero processo.


Ecco di cosa era spaventata Kaguya. La sua benefattrice, la principessa Amethyst, la aveva avvertita insieme agli altri attuali Jewels di questo “pericolo”: quella sorta d’immortalità che avrebbero acquisito andando avanti era più simile ad una maledizione per loro, giunti in quel mondo per entrarne a farne parte come “recipienti” del potere delle pietre che portavano (prima semplici gemme, poi pietre imbevute di chissà quale potere che nessuno aveva ben capito da dove arrivasse o chi potesse averlo portato lì, fonti delle loro nuove abilità di shinigami e loro unici lascia-passare tra la Terra e il loro mondo e viceversa). Intanto però non era successo nulla di grave a nessuno di loro tre: Sapphire e Berillium erano un po’ più vecchi di lei quando erano morti, e anche se i loro corpi avevano già smesso di invecchiare quando il suo ancora non aveva fatto lo stesso, ancora bloccato all’età di quattordici anni quando ne aveva già compiuti diciotto (era incredibile che, in quasi quattro anni dall’Apocalisse, lei fosse invecchiata fisicamente di neanche due anni), nessuno di loro era ancora diventato un apatico pupazzetto; anche Amethyst e Obsidian, gli shinigami più anziani tra Jewels e Shards, parevano essere nella stessa situazione di Sapphire e Berillium, ma Kaguya aveva l’impressione che ci fosse qualcosa che non riuscisse a cogliere riguardo alcuni comportamenti della bambina alla guida di tutti i Mietitori e del suo rabbioso quanto fedele cane nero da guardia… Va bene, sinceramente non le importava di sapere cosa passasse per la testa a quel vecchio di mezz’età che non faceva altro che seguire Amethyst ovunque andasse e dare ordini a destra e a manca a tutti gli altri, ma non le sarebbe dispiaciuto riuscire a capire un po’ di più cosa pensasse la principessina, non perché ci tenesse ma perché ognuna di loro aveva il proprio tornaconto: Kaguya era diventata una shinigami perché Amethyst aveva voluto così, ottenendo il potere del Jewel e assumendo l’identità di “Ruby” per quasi dieci anni ormai, in modo da svolgere un incarico precluso per lei che non poteva allontanarsi dalla città Chroma; anche la Akagi aveva qualcosa da fare sulla Terra, oltre alla promessa fatta al demone della sua katana. Peccato che non potesse tenere d’occhio la bambina, ma era quasi sicura che si sarebbe trovata alle calcagna un segugio nero, pronto ad azzannarla alla prima mossa falsa, se solo ci avesse provato.
E poi in quel momento aveva qualcosa di più importante da fare, cioè rimettere a posto le ultime anime danneggiate: chiusa in quella biblioteca sotterranea, accessibile solo ai Jewels (e Obsidian per un’eccezione nota solo allo stesso e alla principessa) che prendevano il passaggio illuminato di rosso all’incrocio sotto la fontana della piazza della cattedrale Pneuma[1], Kaguya aveva passato quasi quattro anni a sistemare le parole scritte nelle Pagine di ogni anima che non era uscita illesa dalla notte dell’Apocalisse; bloccata su una sedia fluttuante grazie al potere di un cristallo magico posto sotto di essa, ad un tavolo anch’esso di pietra che aveva visto altri fare lavori simili al suo parecchi anni addietro, circondata da tomi sgualciti ed ingialliti che contenevano le informazioni sulle anime raccolte anche molti secoli prima, stava scrivendo su una lastra con una penna che lasciava tracce luminose sul freddo metallo, riempiendo il vuoto con minuscoli caratteri che sembravano ravvivare un po’ la lega opaca. Malgrado le parole sulle Pagine della vita di una persona andassero a riempire subito il rispettivo volume (come se fosse già deciso come, dove e quando uno dovrà morire) non appena lo Spirito Mietitore le faceva dirigere verso quel mondo, nessuno di quei libri alla fine era perfetto come doveva essere: parti cancellate, altre sbiadite, altre ancora riscritte sopra altre righe, pagine strappate od addirittura coperte di muffa come se fossero state lasciate lì a marcire per sempre in quella piccola fortezza letteraria, dove tutto ciò che affliggeva quelle Pagine erano i peccati e le virtù compiute dalle persone a cui appartenevano quelle anime, era ciò che l’Apocalisse aveva inferto a quegli umani, costringendo la castana a rinchiudersi in quel posto a “raccogliere i pezzi persi per strada” da quella tragedia.
Quasi quattro anni costretta a pasti frugali e notti quasi insonni, immersa nell’odore di vecchia carta e metallo, la luce dei cristalli incantati ed il ticchettio delle lancette di un vecchio orologio fluttuante sopra il tavolo, vietata dal vedere gli Shard suoi sottoposti o anche solo informarsi delle loro condizioni… E oltretutto, separata per l’ennesima volta dalla sua katana, maledetta dal potere di un demone dagli occhi vispi e tinti del sangue che aveva colorato il Natale dell’Apocalisse; piuttosto severa come punizione da parte della principessa, anche se il suo cane nero/maggiordomo/guardia del corpo Obsidian poteva benissimo averci messo il suo zampino: passandosi una mano tra i capelli per la stanchezza, cercando di sistemarsi le ciocche disordinate nel mentre, la mano della ragazza si muoveva lentamente per completare quelle ultime righe, lottando perché gli occhi più rossi che castani per la fatica restassero aperti e non prolungare ulteriormente la sua permanenza lì.
Con un sospiro di sollievo infine, la ragazza posò la penna e prese un libro nuovo dal tavolo, poggiandoci sopra la fine lastra metallica, la quale ebbe le lettere di un colore indefinito illuminarsi di rosso, segno che quell’anima era stata restaurata e sigillata e che attendeva di essere giudicata; Kaguya si sporse un poco dal suo posto a sedere mentre la sedia si abbassava, arrivando ad un’altezza per cui lei potesse scendere comodamente per terra, e mettere il tomo nell’unico posto vuoto lasciato in un grande scaffale intagliato nella pietra, fredda ed eterna come tutti quei libri che contenevano nelle loro pagine il peso di tutte le gioie e dolori, bellezze e orrori, buone azioni e atti vili che quelle anime si erano portate dietro una volta persi i corpi terreni.
In quel momento però non le andava di abbandonarsi a questi pensieri: voleva solo tornare a casa sua e farsi una bella dormita. Una volta sistematasi, sarebbe dovuta andare all’incontro con gli altri Jewel programmato per quel mese: se era fortunata, poteva finalmente aggiornarsi su quello che era successo durante il suo “forzato esilio”.
Alzando le braccia e sentendole scrocchiare per quando erano rimaste nella stessa posizione, così come le sue spalle, la castana fece per uscire dalla stanza quando notò sul tavolo qualcosa che stonava con la grigia monotonia di quel luogo: un piccolo cesto di vimini pieno di fiori.
La shinigami ne prese uno, districandolo dal groviglio in quel cesto, accarezzandone i petali morbidi e respirandone un lievissimo profumo, godendosi quella nota fresca che era propria della Terra, e non di quel mondo di pietra quanto lo erano ormai anche i suoi abitanti:
- Mmm… Pansies… So you know that I am still here, taking care of everything for you, my dear little princess. [2] – allontanò il fiore dal suo viso, tenendolo tra le mani con cura (seppure non con la stessa con cui trattava e che riservava ai gigli ragno cari a lei e Yuri), andando a rimetterlo insieme ai suoi compagni in quel cesto che portava con sé solo due tinte di colore oltre al verde delle numerose foglie:
- White and violet… That is so you. [3] – ridacchiò lei, ma quella breve risata serena che si concedeva da tre anni fu subito troncata dall’unico “intruso” in quel piccolo dono: un biglietto nero pece legato al nastro violetto sul manico del cesto, un invito, il bianco inciso in minuscoli caratteri corsivi sul nero, in quella che era l’unica lingua che aveva mai sentito al di fuori dell’inglese che aveva sentito pronunciare nella sua ormai terminata vita umana. Fece scorrere velocemente lo sguardo su quelle parole quasi invisibili in quel nero, stropicciandolo poi nella sua presa per resistere alla tentazione di strapparlo, e lasciandosi andare ad una risata stavolta più amareggiata e disperata in cui cercò almeno di soffocare la fatica e il tedio di quei tre anni:
- You damn watchdog… You sure know how to vex me. What else can you possibly want from me this time… [4] – prendendo con sè il cesto malamente e di fretta, facendo cadere alcuni boccioli e foglie lungo la strada e lasciando per terra il biglietto, la Akagi si incamminò velocemente verso l’uscita della biblioteca.
Ora l’incontro poteva aspettare un pò: una più che sgradita sorpresa sicuramente la aspettava a casa sua.



Dopo essere uscita dai sotterranei, Kaguya fece per dirigersi a casa sua, la più a Sud nella piazza e proprio vicina all’uscita per dirigersi alle abitazioni degli Shards, incoscia del fatto che fuori c’era già qualcuno ad aspettarla:
- Ah. Sei proprio tu. Bentornata! – la salutò una voce pacata che non si faceva problemi a nascondere una nota di felicità nel ritrovare una vecchia conoscente.
La castana, appena uscita dal passaggio vicino alla fontana e strizzando gli occhi per riabituarsi al chiarore del cielo così diverso dalle tenebre della biblioteca, si guardò un attimo intorno per capire da dove provenisse il suono che aveva sentito, trovando la fonte comodamente appoggiata al marmo della fontana: la figura alta di una donna sulla trentina, i corti capelli lisci rosso mattone con qualche ciocca nera qua e là, vestita in un lungo comodo cappotto invernale di una tonalità simili a quella dei capelli e stivali neri. Ella si mise quindi diritta, facendo vedere il mantello rosso mattone da shinigami nella mano destra, sorridendo a Ruby:
- Ciao Ruby, come va? Anzi, come stai Kaguya? Per me non cambia nulla. –
La Jewel si avvicinò quindi all’altra:
- Buongiorno a te Jasper. – un leggero inchino, uno sguardo che implicava delle scuse furono tutto ciò che potè rivolgerle, prima di un gesto per mostrare il cesto di viole del pensiero:
- Vorrei tanto trattenermi per una conversazione, ma sembra che la principessina mi abbia lasciato qualcosa a casa. È possibile per te aspettare un attimo? Altrimenti… -
Fu interrotta dall’altra che scosse la testa:
- Nessun problema. Per una volta sono già a posto col lavoro. Anche Topaz e Amber volevano venire a salutarla dopo che ci è stato detto che avrebbe finito di scontare la sua punizione oggi, ma sembra abbiano avuto un imprevisto… Al massimo ci sentiamo più tardi per incontrarci tutti quanti, va bene? – si voltò con un sorriso sereno, forse uno dei pochi che Ruby aveva visto sin dall’inizio della sua sospensione sulla Terra più di tre anni prima, e si incamminò verso l’arcata accanto alla residenza della castana; quest’ultima, con le mani tremanti e il passo non più fermo e deciso a causa dell’indecisione e del tempo passato sottoterra (durante il quale era già tanto se faceva tre passi senza sbattere contro un muro od uno scaffale), fece un paio di ampi passi (per quello che le era possibile in quel momento) e prese la mano della Shard, fermandola e tirandola leggermente verso casa sua; quest’ultima, che già aveva notato che la sua superiore non era proprio in forma, non se la sentì di lasciarla da sola (oltre ad aver intuito che la “sorpresa della principessa” potesse non essere qualcosa di piacevole) ed optò per accompagnarla, lasciandole la mano ma restandole vicina anche solo nel caso in cui l’altra cedesse un po’ sulle proprie gambe.
Arrivate alla porta, Jasper strinse nuovamente la mano della superiore non appena quest’ultima toccò la porta dell’abitazione, ove si formò subito un portale che le trascinò all’interno, in una stanza dai muri rossi e l’arredamento molto sobrio, consistente in un solo tavolo, alcune sedie e dei comò dai toni sul bianco ed il crema:
- è così allora che lui vuole che sia questo posto. - mormorò Kaguya.
Porte, lucchetti e finestre erano inutili in quel mondo, ove i cristalli infusi di magia erano portali verso dimensioni che manifestavano al loro interno ciò che il loro padrone volesse. Anche solo per quello, il fatto stesso che le poche città presenti in quel mondo avessero l’aspetto di antichi borghi europei era un fatto inconsistente, e nessuno aveva chiara idea della ragione dietro a ciò se una ne esisteva; tuttavia, ciò che era apparso in casa di Ruby non era quello che lei si aspettava di trovare: lei avrebbe voluto andare in camera sua, giusto il tempo per cambiarsi in abiti puliti, e magari dopo in cucina con Jasper davanti ad una tazza di caffè fumante per parlare del più e del meno o anche solo sapere di più di quello che era successo mentre lei non c’era, ed infine controllare cosa avesse lasciato lì la principessina. Peccato che quello che anche quei piccoli momenti di serenità erano fin troppo lussuosi per lei per poterseli concedere persino dopo un interminabile lavoro, poiché aveva davanti aveva rovinato le sue aspettative: davanti a lei vi era l’immagine quasi sputata di uno dei samurai che aveva visto nei libri da bambina nella villa, ma quei soldati erano considerati figure importanti quando erano ancora in auge, guerrieri che avevano deciso di dedicare sé stessi a proteggere la loro nazione ed il popolo contro i nemici, rischiando la loro vita che per questo poteva essere paragonata ad un fiore: ci voleva tanto tempo per coltivarla quanto molto poco ad estinguere tale vita per sempre; nell’uomo che aveva davanti a sé però, dal kimono bianco sormontato da pezzi d’armatura su addome ed avambracci, stivali e soprabito scuro tanto quanto i capelli legati nel codino alto, riusciva unicamente ad incuterle non un rispetto per chi possedeva una carica alta ed importante, ma il timore che gli altri shinigami avvertivano in lui, misto ad un più che mai vivido senso d’oppressione: non era un rispetto che era incitato in una folla semplicemente alla sola vista, ma uno imposto duramente su sottoposti mal disposti o su soldati che non intendevano più andare avanti per la propria strada, minacciati da una spada pronta ad essere sfoderata per tranciare le sottili vite dei poveri malcapitati che avevano perso la voglia di combattere. Eppure, qualcosa continuava a non convincerla, come la semplice maschera nera che celava la parte superiore del viso dell’uomo, lasciando intravedere solo gli occhi castani scuri: quella devozione forzata negli altri, quel senso di sottomissione che doveva instillare in loro… Gli serviva solo per darsi più importanza, in quanto unico Shard in mezzo a quattro Jewels, per stare attaccato ad una principessa bambina per motivi che sarebbero magari rimasti sempre ignoti a tutti, o gli serviva per qualcos’altro? Perché nascondersi dietro una maschera, anche solo letteralmente, se si incute quell’aria di superiorità rispetto agli altri? Cos’altro voleva mostrare? O forse… Non tanto mostrare agli altri, ma a sé stesso…? Era questa la prima impressione che gli aveva sempre dato il fedele cane da guardia di Amethyst, seppure lei non lo avrebbe mai osato dire a voce alta. Quell’uomo era fin troppo freddo e riservato nei confronti di tutti, oltre ad apparirle un filo orgoglioso: di certo non gli avrebbe fatto piacere che qualcuno “inferiore” a lui facesse certe congetture sul suo conto. Sembrava non volere che qualcuno vedesse oltre la maschera se davvero ne aveva una, e lei ovviamente non intendeva guadagnarsi un posto più in alto nella sua lista nera, quella della prima persona che avrebbe eliminato o fatto umiliare in un futuro molto vicino.
Quasi non se la sentì di rompere lo scambio di sguardi, ma diede comunque un’occhiata alla sua destra per vedere la reazione della sua collega: anche Jasper sembrava non essere non essere rimasta del tutto indifferente, e seppure non tremasse come Ruby, si mordeva il labbro e si spostò più vicina e davanti alla sua superiore come a dire che lei c’era qualsiasi cosa stesse per accadere.
Da un punto di vista completamente diverso, qualsiasi sensazione le incutesse il nuovo arrivato, per la padrona di casa significava solo una cosa: qualcuno doveva imparare a non introdursi in casa d’altri senza invito, anche se tecnicamente era stato lui a convocarla lì con quel biglietto al colore sinistro.
- So già cosa pensi Ruby… E non sono venuto qui per dare problemi. Non che abbia mai avuto cattive intenzioni nei tuoi confronti, ma… – si alzò con la stessa calma con cui aveva parlato, e nessuna arroganza che invece era solita udire nel suo tono. Che aveva quel giorno? O era solo lei che la aveva sempre figurato un vecchio burbero?
Al contrario del semplice atto di alzarsi dalla sedia, sul cui lato si era accomodato, facendo vedere nel mentre il mantello nero piegato accuratamente sul braccio destro e la katana infoderata al suo fianco sinistro, Obsidian scomparve subito dalla loro vista, il mantello ora in aria sopra le loro teste che si voltavano qua e là per capire dove fosse finito; nell’attimo di un respiro, egli si ritrovò a pochi centimetri da Ruby, rimasta bloccata contro il muro dal corpo dell’altro che le teneva la spalla ferma con una mano e l’altra a reggere la katana che ora le stava sfiorando pericolosamente la gola. Nessuna espressione sulle sue labbra, solo uno sguardo indecifrabile in quegli occhi che trasmettevano qualcosa che lei non riusciva a comprendere… Ma che aveva oggi quel cane nero?
Ad un certo punto, lui sospirò deluso, mollando la presa e voltandosi lievemente alla sua sinistra, ritrovandosi una fiala con un liquido fumante vicino alla sua tempia:
- Lasci andare la signorina Ruby. Le devo ricordare che qui è in casa sua, e non importa chi è lei, ma deve portare un minimo di rispetto alla padrona di casa. – gli sussurrò Jasper, sguardo fisso sul samurai nero che però ridacchiò leggermente a quel misero tentativo di minaccia, allontanandosi finalmente dalle due donne per rinfoderare la katana e riprendere il mantello che era finito a terra:
- Non ti preoccupare Jasper, o forse dovrei chiamarti “Petra Torri”? Volevo solo testare i suoi riflessi. Sembra che però abbia sbagliato nel rinchiuderla nella biblioteca: in una situazione come quella di poco fa, si sarebbe liberata senza troppi problemi normalmente. E senza la sua arma poi… Ho commesso un errore. Lo ammetto. Ora abbassa quella bottiglia di veleno. – la Shard del diaspro continuò ad osservarlo per un po’, cauta nel caso commettesse altri passi falsi, prima di riporre la fiala in una tasca interna del cappotto.
- Sono passato solo a consegnarti la nuova uniforme che Fluorite ha preparato per te. I tuoi vecchi abiti da lavoro era un po’ malconci a sentire lei. – si fece da parte, quello che bastava per mostrare un pacco rosso con un fiocco verde acqua sul tavolo, per poi voltarsi nuovamente verso le sue interlocutrici:
- Inoltre, ho già istruito i tuoi Shards sulla tua nuova missione. Stavolta dovrai accontentarti solo di Jasper, Topaz e Amber. Gli altri non sono ancora guariti dalla notte dell’Apocalisse: i Geodes [5] ed i mostri comparsi sulla Terra hanno dato loro non pochi problemi.
I dettagli su un possibile piano d’azione li lascio a te: confido che cercherai il percorso migliore nell’esecuzione della missione. – lei rispose con un’occhiata a metà tra la sorpresa e lo sconcerto, voltandosi poi inquieta verso Japser che si limitò ad annuire: Obsidian sapeva bene che gli incarichi speciali erano missioni particolari per lei e che coinvolgevano gli interessi di Amethyst. Perché le fa portare dietro i suoi colleghi quando non le era mai stato permesso fino a quel momento!?
- Ultima cosa… - ancora il tempo di un respiro e le fu alle spalle, e lei era troppo stanca: non sapeva se le stesse mostrando che doveva riposarsi perché così sarebbe stata una preda facile per i mostri che ora dimoravano il mondo degli umani, o si stesse semplicemente facendo beffe del suo stato.
- La tua destinazione è Sanguinem, la terza capitale dei vampiri, situata nei sotterranei di Kyoto in Giappone. Ci arriverai non appena uscirai da questa stanza, quindi ti consiglio di prepararti in fretta. – quando Ruby si girò, lui si inchinò lievemente e fece un cenno con la testa di cortesia a Jasper, per poi allontanarsi verso l’uscita, i suoi passi risonanti nella stanza vuota fermati solo da una domanda della castana:
- Come mai mi lasciate tutta questa libertà d’azione ora? Avete paura che mi sia stancata di come mi trattate e faccia qualcosa per farti passare quella tua mania di controllo? O forse è la principessa che ora ha paura? –
Un’occhiata fulminante le arrivò, tanto da scatenare nuovamente un tremore nelle gambe che cercò di contenere: non voleva mostrarsi indifesa davanti a quel tipo.
- Nessuno dei motivi che hai riferito. Prima di cominciare a giudicare le anime tuttavia, la principessa ha fatto una predizione sul tuo futuro Kaguya. –
Ora aveva la sua attenzione: oltre ad essere giudice delle anime, Amethyst aveva visioni del futuro. Il più delle volte erano però relative a particolari umani le cui morti non dovevano ancora avvenire ma che si stavano per verificare per qualche motivo; era molto raro che coinvolgessero un Triste Mietitore.
- Non me la ha voluta rivelare, così la ha scritta su un foglietto nella tua lingua madre. È in mezzo a quei fiori. – aggiunse indicando il cesto di viole del pensiero.
- Ripeto che non so cosa abbia visto, ma mi auguro che tu non le crei alcun tipo di problemi. Le anime di Mikaela e Yuichiro Hyakuya contengono qualcosa di molto importante per la principessa, e se non farai il tuo dovere, lei sarà costretta ancora a sporcarsi le mani ulteriormente nel vedere i peccati di quegli esseri sudici che gli umani sono diventati. – un evidente disprezzo nel suo tono di voce più una nota di preoccupazione, ma a chi era rivolta?
- Sarai pure stato un umano anche tu per essere finito qua tra gli shinigami no? Quando parli così, sembri quel vampiro che ha distrutto villa Akagi e la mia vita.
Sai che ti dico? Tu e la principessa mi avete raccolta quando sarei dovuta scomparire, quindi ora vi terrete il pacchetto completo, perché quest’ex assassina umana ed ora shinigami farà quello che vorrà con quelle anime. Contengono qualcosa di importante anche per me, e le falcerò solo quando vorrò io. –
Sentì Jasper riavvicinarsi a lei, tirando fuori ancora qualcosa dal suo cappotto: era la katana Red Lily, accuratamente lucidata.
- Grazie Jasper. Me l’hai custodita bene. –
- “Confermo. Quel cane pensava di fondere la spada e farmi dire tutto quello che sapevo del periodo che hai trascorso sulla Terra visto che tu sei rimasta zitta. Non credevo che lo avrei mai detto, ma questa volta ne devo una ai tuoi colleghi” – disse Yuri, la sua voce un conforto in quei pochi anni di separazione. Si preparò a sfoderare la katana, ma fu fermata da una mano di Obsidian per indicarle di stare ferma e che non c’era la necessità di alzare le armi in quel momento.
- Come ho già detto, stavolta potrai fare come credi. Alla fine, ognuno di noi ha a cuore solo i propri interessi: così come la principessa intende usarti, tu intendi usare noi. Fintanto che tu non ostacolerai il meccanismo, non mi dovrò sbarazzare del difetto che rappresenti. – Jasper fece per dirgli contro qualcosa, ma Ruby scosse la testa a dirle che non ne valeva la pena.
- Detto questo, ti auguro buon lavoro Ruby. Ci rivediamo fra tre mesi. – un passo ancora, ed il cane nero se ne andò, diretto verso la Jewel dell’ametista.
Japser lo imitò, ma la sua destinazione era Sanguinem, dove era certa avrebbe trovato presto Alan e Marie ad aspettarli.
Kaguya quindi aprì il pacchetto, trovandoci una canotta nera, shorts bianchi e calze rosse, posti sopra una giacca bianca con tanti gigli ragno rossi e un cappuccio con pelliccia nera, stivali bianchi con un fiocco nero, e il mantello rosso ripiegato accuratamente da una parte: ora era pronta a partire.  



Mondo degli umani, Kyoto – Sanguinem, autunno dell’anno 2016.
Era da poco uscita dalla sua stanza, solo per ritrovarsi in una versione più buia e tetra della città di Chroma, seppure la somiglianza fosse solo vaga. Seppure si trattasse ancora di case tipiche di borghi antichi o al massimo risalenti ad un paio di secoli prima, le abitazioni erano in uno stato malandato, poco curato per la poca vernice sui muri, le ragnatele presenti ogni dove, la scarsa illuminazione data dai pochi lampioni presenti, la ruggine sui tubi presenti ovunque essendo la città collocata proprio sulle vecchie reti fognarie di Kyoto col loro odore acro e pungente, ed i topi che le sembrava scorgere in ogni vicolo stretto.
- Questo è senz’altro il quartiere della plebe… o meglio dei donatori di sangue. – constatò non sorpresa, sapendo bene come funzionavano le cose lì: dopo l’Apocalisse, solo i bambini dai tredici anni in giù si erano salvati dal virus, così i vampiri erano emersi dalle tenebre per tenere sotto la loro protezione qui bambini. Ovviamente, non li proteggevano affatto per pura bontà, ma per non vedere persa davanti ai loro occhi la loro unica fonte di cibo che era il sangue umano. Quegli stessi bambini dopo quasi quattro anni erano ora in città come quella, vestiti in uniformi bianche, scalzi e con targhette al collo di cui non riusciva a leggere cosa fosse scritto.
- Non sono diversi dal bestiame per loro. Niente di diverso da come una persona tratta mucche e pecore in fondo… - pensò lei, notando individui dagli occhi rossi scarlatti che camminavano per quelle strade, incappucciati ed avvolti nei loro mantelli, ad assicurare l’ordine nella città e sorvegliare i bambini: non sia mai che lascino animali senza sorveglianza; nel loro caso, che non si azzardino ad uscire dalla città se non volevano avere la gola tranciata in una manciata di secondi, tale era la forza che separava quelle creature dai comuni umani. Va beh, i Tristi Mietitori non dovrebbero avere problemi a gestire vampiri od umani, ma era meglio stare sempre sull’attenti nel caso si verificasse qualche problema: era in territorio nemico in quel momento e, malgrado il nascondiglio che aveva saputo essere preparato da Jasper la stava aspettando, preferiva girare un altro po’ per conoscere meglio il posto.
Quando passata qualche altra ora sentì il suono di una campana e vide che i bambini stavano rientrando nelle case malconce, fece anche lei per incamminarsi nel centro città per andare verso il nascondiglio, ma qualcosa (o meglio qualcuno) venne dritto verso di lei:
- Ahhhh!!!! Non li sopporto più questi succhiasangue! Io non sono un loro animaletto! – era un bambino di sì e no dodici anni credeva, dai ribelli capelli corvini delle notti prive di stelle e occhi smeraldini che le ricordarono i tessuti che Fluorite aveva menzionato essere del suo colore preferito. Era seccato a dir poco, camminava pesantemente e in fretta per tornare a casa, facendo imprecazioni che le parvero subito inappropriate per un bambino così piccolo.
- Yuu-chan! Calmati! Così andrai a… - la seconda era una bambina dai capelli biondi chiarissimi, pelle più pallida dell’altro bambino e occhi di uno splendido blu mare come quelli che aveva lei stessa prima di diventare shinigami. Non le pareva essere giapponese, ma ancora una volta con diverse etnie che si mischiano, chi lo poteva sapere.
Prima era preoccupata per quello che doveva essere l’amico, fermandosi solo quando lui sembrò andare a sbattere contro il vuoto che erano in realtà le gambe di Kaguya, finendo per cadere a terra e massaggiandosi la schiena ora dolente per la caduta.
La bambina fu subito al suo fianco, aiutandolo a rialzarsi, ma finendo involontariamente per alzare lo sguardo verso il volto della shinigami: come era possibile che potesse già vederla!? Una bambina così piccola!?
Le due continuarono a fissarsi finchè il bambino non le interruppe, cercando di mettersi davanti alla biondina senza non poco sforzo (Ruby era ferma e non c’era verso che un bambino la potesse smuovere da dove era) e agitando una mano davanti al viso dell’altra per scuoterla dai suoi pensieri:
- Ohi Mika! Ci sei!? Che ti prende!? – la biondina allora scosse la testa come ad essersi convinta di non aver visto nulla di strano, e allora prese per mano il bambino dai capelli scuri e lo trascinò con sé lontano da lì, non senza prima voltarsi un’ultima volta.
- Ih ih. Convinta di aver visto un fantasma mi sa… - si disse Kaguya rimettendosi in cammino e sorridendo.
Yuu e Mika… Yuichiro e Mikaela Hyakuya… Li aveva trovati proprio in fretta.
E poi la bambina la aveva vista… Qualcosa le diceva che per una volta la missione non la avrebbe annoiata.



[1]: “Pneuma” significa respiro, aria o soffio vitale in Greco (fonte: Wikipedia)

[2]: “Mmm… Viole del pensiero… Quindi sai che mi trovo ancora qui, ad occuparmi di tutto per conto tuo, mia cara piccola principessa” (fonte: Google traduttore)

[3]: “Viola e bianco… è proprio da te” (fonte: Google traduttore)

[4]: “Maledetto cane da guardia… Tu sai proprio come irritarmi. Cosa altro puoi volere da me questa volta…” (fonte: Google traduttore)

[5]: I “Geodes”/Geodi sono gli Shinigami coi mantelli scuri. A differenza di Shards e Jewels, non hanno volto od identità, rappresentano la maggior parte dei Tristi Mietitori presenti e, seppure partecipino alla raccolta delle anime, ne vengono subito privati perché non le divorino, causando problemi ad esempio nella registrazione dei morti.



Angolo dell’autrice
Rieccomi qui. Ormai il mio corso scolastico sta prendendo quasi tutto il mio tempo e ci tengo a non scrivere roba fatta male quindi eccomi qui.
Come promesso, Yu e Mika sono comparsi: cambierà qualcosa se Kaguya si metterà in mezzo oppure ciò che li attenderà a breve li separerà ancora?

Spero che vi siate goduti il capitolo e che magari vogliate lasciarmi un piccolo commento.
Alla prossima pagina della storia.
Crow
  
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