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Autore: mery1103    13/08/2017    3 recensioni
‘ Una nota, per scacciare i sorrisi distorti,
Una nota, per ridare speranza ad occhi contornati dai fantasmi della vita,
Una nota, per donare fermezza a cinque dita solitarie,
Una nota per te, il mio strumento,
Una nota per me, la tua canzone,
Una nota per noi, l’unico spartito che nessuno sarà mai capace scrivere.’
Oggi è arrivato il giorno di dimenticare te e ricordare me. E’ giunto il momento di ritornare a respirare in un mondo senza ossigeno. Vivo.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11/12/18
Silenzio. Oggi è arrivato il giorno di dimenticare te… e ricordare me. E’ giunto il momento di ritornare a respirare in un mondo senza ossigeno. Vivo.

Chanyeol è seduto su una poltrona di pelle nera di fronte al camino. Le braccia abbandonate sui braccioli, la schiena leggermente ricurva, le gambe distese in avanti, con i piedi, rivestiti da un paio di pantofole grigiastre, appoggiati sul tavolino da caffè. Calore. Chiaroscuro. Oscurità. L’inerzia del nero è spezzato da centinaia di lingue rossastre che ornano il soffitto che sta ammirando. Tanti  fili di colori caldi che giocano, si ricorrono pronti ad esplodere, lasciando dietro la loro scia un cumulo di cenere in compatta. Gli iridi color pece si fanno catturare dalla suddetta illusione ottica e si abbandonano a quella conquista. Libero. I pensieri scrivono la parola “ addio” e svolazzano via dal σώμα, unendosi con le fiamme gioconde, come falene attratte dalla luce. Ora è rimasto solo lui e quel bi-arcobaleno. Ha sempre amato tutto ciò che deriva dal rosso, gli trasmette una sensazione di sicurezza, forza eppure adesso, dentro quelle mura che lo rinchiudono, percepisce solamente una strana freddezza.
 Infondo, per quanto il sole sia caldo, potente non potrà mai sciogliere la spessa lastra di ghiaccio che ricopre un cuore in un pieno giorno d’inverno.

Tintinnio. Il calice, ormai vuoto, di alcol è impugnato dalla mano destra, in una stretta poderosa, avendo quasi la paura che possa cadere ed infrangersi al suolo, frantumandosi in infiniti cocci di vetro. Sete. Prende la bottiglia di whisky dal ripiano di legno e, con movimenti tremolanti, avvicina il boccale al bicchiere, riempiendolo fino alla sua somma estremità, gocciolando qua e là qualche sua lacrima neutra, mentre lo porta alle labbra, le schiude, e ad occhi chiusi si lascia impossessare da quel liquido incandescente che gli arde la gola e il corpo. Fuoco. Esala un sospiro di sollievo, per poi riaprire lentamente le palpebre, è leggermente brillo. Una mano preme sulla sua fronte, cercando di arrestare quell’interminabile giostra in cui è entrata in balia la mente, mentre la vista sfuocata brama, in qualsiasi oggetto, un appiglio che lo riconduca in quella stanza, la realtà attuale. La sua lettera. Una busta, rigorosamente bianca, posata sulle sue cosce ricoperte da jeans blu scuro, imprigiona i suoi iridi, ritrovandosi a studiarla in tutte le sue sfaccettature. Le dita , alla scoperta di un tesoro, accarezzano timidamente la carta , estremamente liscia sui polpastrelli, un lenzuolo di seta, la pelle di un neonato, soffice, delicata… nel loro percorso giungono ai bordi, più spigolosi, decisi, quasi taglienti se afferrati alla sprovvista. Si concede qualche secondo di accurata esplorazione, finché una scritta, al centro del manto bianco, spezza la purezza, concentrando l’attenzione nella calligrafia ordinata, precisa, in inchiostro nero, l’unica eccezione. Provando a non creare striature, che romperebbero l’equilibrio della perfezione, afferra fra il pollice e l’indice la carta, avvicinandolo al volto “ Per Chanyeol “. Scruta ogni singola sillaba, assaporandole nel suono della sua voce
-Per…Chanyeol - Roco, basso, con un pizzico di malinconia: di chi non ha vissuto abbastanza, ma si è lasciato sopravvivere nella bolla del passato. Con altrettanta accortezza apre la busta, riponendola poi sul suo posto originario, avendo nelle mani un foglio rosa confetto, quello strappato dal suo diario segreto, deliziosamente ripiegato su se stesso. Districa le pieghe, rivelandosi con finto stupore essere una lettera. La Sua.
 
Ciao Chanyeol,
ti ricordi di me? Io sono Byun Baekhyun, un semplice ragazzino di 22 anni, i capelli castano chiaro, la battuta sempre pronta, un amante della moda ma soprattutto della vita. E sai cos’è la vita per me? Un ragazzo. Lui che sorride sempre anche quando vorrebbe piangere, lui che adora giocare anche se non è più un bambino, lui che mette il broncio se gli tiro le orecchie da Dumbo, lui che ha combattuto per i suoi ideali ed ha vinto, lui che si chiama Park Chanyeol: la persona che amo.

Lo conosci? Se si, per favore digli di dimenticarmi, cancellare ogni mio singolo ricordo per lasciare spazio a qualcosa di migliore, a qualcuno che lo faccia ridere senza motivo, che asciughi le sue lacrime anche quando la pioggia le nasconde, che sappia riempirlo di attenzione e che conosca il vero significato dell’amore. Non ci riesce? Allora consegnagli questa mia lettera, lo aiuterò io.
 
‘Le ultime parole di chi ha parlato tanto ma ha ancora da trasmettere,Baekhyun.
Le prime parole di chi crede di aver detto tutto, ma alla fine,nel momento del bisogno, è rimasto in silenzio, Chanyeol ’
 
Ehi cucciolo, come stai? Spero bene. E se non è così, allora basterà chiamare il mio nome ed io sarò lì e non ti lascerò cadere, ti stringerò a me, riconducendoti in superficie, lontano dagli abissi. Comprenderai che il sole non è un tuo avversario, ma solo colui che con i suoi raggi è capace di sciogliere ogni bugia, restituendo all’universo un briciolo di verità. Scoprirai che l’aria non bagna, ma asciuga le ferite,  e il cielo, un insieme di sfumature, può rivelarsi il più profondo e sorprendente dei mari. Lo so, ora queste mie parole possono risultarti una mera falsità, ma fidati di me… come hai fatto ieri. Ricordi?

Era una giornata luminosa simile a tante altre eppure, nei tuoi occhi irosi, che non ti appartengono e nei tuoi scatti, chiunque avrebbe capito che in quel pomeriggio regnava l’oscurità. A causa dello stress, di una melodia che non voleva nascere, di note troppo differenti per potersi fondere e forse si, anche per colpa per mia, ti sei schiantato. Hai preso gli spartiti, li hai attorcigliati fra loro, rendendoli una pallina di carta incomposta, la spazzatura di ore rese al mondo. L’hai impugnata e con un urlo di nervosismo, una preghiera d’aiuto a quelle pareti che ti stavano pian piano distruggendo, l’hai lanciata. Il muro la incontrò in una dolorosa collisione, ritrovando poi il suo agognato riposo in quel freddo pavimento. Sei crollato. Nascosto nel tuo angolino preferito, dove risiedeva la chitarra, la tua miglior nemica e nel sordo silenzio che ti avvolgeva, hai sfogato la frustrazione di un pianto tagliuzzato da infiniti singhiozzi. Quest’ultimi sono svolazzati via, rimbombando in una stanza incapace di ascoltare, sfuggendo in una finestra socchiusa, sperdendosi fra il canto di una natura egoista. I minuti passavano e tu rimanevi lì, trasformandoti nella statua inanimata di un luogo che tutto ciò che poteva darti era il calore di oggetti privi d’anima. Ed è qui che sono arrivato. Con estrema compostezza ho socchiuso la porta che dava all’inferno, varcando con passo deciso in quel posto, richiudendomi alle spalle il nostro purgatorio, giungendo a te , la fiamma spenta di una scottatura gelata.

Fra urla, minacce, insulti che chiunque persona sana di mente avrebbe udito, compreso, per poi scappare, spargendo dietro il proprio sentiero i cocci di un cuore che recitava le tue intimazioni…io sono avanzato. Non ti ho dato retta e nella mia pazzia, mi sono inginocchiato di fronte a te, raccogliendo nei mie palmi il tuo volto stravolto dalla disperazione, catturando con i polpastrelli le tue ultime lacrime. Con le dita della mano destra intrecciate in un perfetto puzzle, ci siamo rialzati, dimenticando la tristezza , piombando nuovamente nella nostra esistenza.

Così, tra l’incertezza dei tuoi passi e la sicurezza dei miei, ci siamo riscontrati al punto di partenza, seduti davanti al pianoforte, in quell’appoggio imbottito che ci ospitava perfettamente, creando la nostra sinfonia. 

‘ Una nota, per scacciare i sorrisi distorti,
Una nota, per ridare speranza ad occhi contornati dai fantasmi della vita,
Una nota, per donare fermezza a cinque dita solitarie,
Una nota per te, il mio strumento,
Una nota per me, la tua canzone,
Una nota per noi, l’unico spartito che nessuno sarà mai capace scrivere.’
… interrotta
 
Bruciata. Le insaziabili fiamme di quel camino divorano, in un cupo silenzio macchiato dallo scoppiettare delle scintille, la sua memoria. Le pagine solitarie di una vita narrata nel presente di un passato di cui loro facevano parte, ma del quale ora resta solamente la cenere di un tenebroso ADDIO.

“ Il sole invece che farci maturare
ha soltanto contribuito al nostro precoce appassimento”
 
Oggi è arrivato il giorno di dimenticare te e ricordare me. E’ giunto il momento di ritornare a respirare in un mondo senza ossigeno. Vivo.
 

11/12/17
Procede. Fra una pozzanghera e l’altra, si fa strada in quel sentiero ticchettato dal pianto violento delle nuvole, che in quella prematura serata sta contornando il suo essere. Sull’orlo del “precipizio”, in bilico tra la concretezza del marciapiede e la titubanza di un passaggio segnato da numerosi veicoli, schegge impazzite che si rincorrono in un mobile traffico, Chanyeol, a volto basso, il manico dell’ombrello nelle mani, cammina in quel interludio di rumori. Nonostante il lieve riparo alla nuca, il vento gli volge contro, facendo si che la sua felpa nera si bagni, creando un po’ ovunque dei cerchietti di una tonalità più scura, lì dove le gocce di pioggia si sono posate.
Freddo. Non importa se alla gola ha avvolta una pesante sciarpa di lana rossa o che ai piedi indossa gli stivali invernali, quelli con la pelliccia che gli regalò sua madre nel precedente natale, e al di sotto due paia di calzini, il gelo oltrepassa senza vergogna lo strato della pelle, depositandosi nelle ossa, formando un mortale involucro. I denti battono, il corpo è percorso da continui spasmi  e il naso si colora di un rosso acceso, presagio che nelle prossime settimane si ritroverà a combattere con un bel raffreddore e qualche linea di febbre, distesi a letto, bevendo dello schifoso antibiotico amarognolo, subendosi  i rimproveri della sorella.

Procede.

Alza lo sguardo puntandolo nella sua meta. Un edificio che con il passare dei secondi diviene sempre più raggiungibile. Gli occhi disperdono dietro di loro il forse della nebbia, pioggia, ritrovando in quella sigla verde smeraldo le certezza di essere finalmente giunto: UFFICIO POSTALE. Strofina le suole degli stivali sporchi di fango nel tappetino posto a terra, in precedenza abusato da una generoso numero di persone come lui, imbrattando con le loro impronte la scritta “WELCOME” al centro di esso. Chiude l’ombrello, lo sgruscia dalle gocce in eccesso, per poi inserirlo nel suo apposito contenitore, varcando così l’uscio di vetro con incollata l’etichetta “ENTRATA”. Evita di proposito saluti accesi delle impiegate, dirigendosi direttamente nella sua cassetta personale, dove ogni due settimane ci fa un salto per controllare la sua missiva. Eppure oggi è un giorno fuori dalle regole, dall’abitudine,dal buon senso, oggi ha prevalso l’impulso. Non erano trascorsi neanche 7 dì solari che già si ritrovava lì, a digitare la password d’accesso nel mini-computer alla sua destra. Qualche attimo di attesa e un meccanico bip sblocca la serratura, aprendo in un cigolio malinconico lo sportello. Quattro buste. Le prende con una mano, mentre l’altra richiude quella porticina. Ripercorre i suoi stessi passi uscendo dallo stabilimento di cemento, appoggiandosi con la schiena e una gamba piegata all’indietro su una colonna di lato, la quale sorreggeva la balconata al di sopra della sua testa.

Le dita sfogliano svogliatamente ciascuna di quelle lettere e nel frattempo la mente registra solo un’unica parola che si ripete assiduamente: “Bollette, bollette, bollette” sta per riporle sgraziatamente nella tasca anteriore dei pantaloni, quando la speranza si riaccende.

“Per Chanyeol”

Non sa come comportarsi : scartarla o buttarla? Il cuore risuona nella cassa toracica come il più potente dei tamburi, eppure la mente è vuota. Chissà perché, ma anche quest’anno ha seguito l’istinto, gettando nella discarica tutti i buoni propositi di una nuova esistenza. Come può ricominciare a vivere in un presente ormai defunto? Scacciarlo da se stesso, quando lui era parte integrante del suo “Io” interiore?

Un lurido egoista , ecco cos’era Baekhyun.

Una farfalla che ha preferito la vivacità dei fiori, che il calore del suo fianco.

Libero, energico, leggero, eccezionalmente unico.

Ed è per questo che Chanyol lo amava.

Un raggio di sole che infiltrandosi  nella sua gabbia, gli ha regalato la potenza della bellezza.

Però ora che la sua luce si è dissolta cosa gli rimane?

Una gelida trappola che in un tempo troppo lontano ha avuto l’onore di ospitare una splendida farfalla.
 

Con la volontà andata a quel paese, strappa la carta, ritrovandosi fra le falangi tremolanti un foglio rosa confetto, le lacrime a contornare gli zigomi e il respiro mozzato in un nuvola biancastra.
 

Ciao Chanyeol,
ti ricordi di me? Io sono Byun Baekhyun, un semplice ragazzino di 22 anni, i capelli castano chiaro, la battuta sempre pronta, un amante della moda ma soprattutto della vita. E sai cos’è la vita per me? Un ragazzo. Lui che sorride sempre anche quando vorrebbe piangere, lui che adora giocare anche se non è più un bambino, lui che mette il broncio se gli tiro le orecchie da Dumbo, lui che ha combattuto per i suoi ideali ed ha vinto, lui che si chiama Park Chanyeol: la persona che amo.

Lo conosci? Se si, per favore digli di dimenticarmi… e se non ci riesce allora consegnagli questa mia lettera, lo aiuterò io.

Tesoro mio, quando leggerai le mie righe significherà che un altro anno è passato ed io non sono più al tuo fianco. Sai… è così strano pensarlo in questo momento, un ora dove entrambi abitiamo nella medesima Terra, cibandoci delle  nostre risate, carezze, abbracci, baci…del nostro amore. Ma non aver paura, perché io ci sarò sempre, nella tua mente, nel tuo cuore, nella tua quotidianità. Ti proteggerò dagli orrori del nulla cosmico, fascerò ogni singolo livido, baciando ciascuna delle tue cicatrici. Mi prenderò cura di te, l’unica persona che in questa relazione si è fatto carico di entrambi, dando ordine a quel tornado che sono io. Tu,la calma, io ,l’iperattività, un disastro completo. Basta solamente pensare alla nostra vita di tutti i giorni, per far si che le mie parole acquistino un senso. Per esempio stamattina. Con il riflesso dei raggi solari a baciare le mie palpebre, dischiusi leggermente gli occhi, una mano andava spontaneamente a ricoprirli, proteggendoli da quella lieve luce che oltrepassava dalle fessure della persiana ancora chiusa. Nel risuono silenzioso di un mio sbadiglio, mi guardai intorno, analizzando la scena che mi si presentava dalla mia prospettiva. Frammenti di quella notte riaffiorano nella mia mente ancora stordita dal sonno, rimettendoli alla propria collocazione. Io che, come una volpe affamata, intreccio le mie gambe sulla tua vita, le braccia a circondarti il collo, mentre le nostre lingue infuocate dalla passione, danzano fra le macerie di una guerra bagnata, decorata dai tuoi morsi e i miei sguardi. E poi i vestiti, un inutile intralcio per la nostra bramosia, volano ovunque, tappezzando il pavimento della camera da letto…il letto…beh mi ci butti sopra, con poca grazia, salendo a cavalcioni su di me, ammirandomi con i tuoi enormi occhi dalla tua posizione di supremazia, scrutandomi con le tue grandi mani, a palmi aperti, accarezzando ogni lembo della mia candida pelle, che i denti, non perdendo tempo, marchiano, reclamandomi come tuo. Tutto quello che ne sussegue è un pasticcio composto dalle mie urla, i tuoi gemiti, unghie che graffiano, dita che si cercano, sudore che si confonde tra le lacrime di piacere più immenso e poi…fine. Ti liberi dentro di me, abbracciandomi a te, sussurrando sul mio orecchio il mio nome, un ti amo in più e Morfeo ci reclama nel suo pianeta.

Con le gote arrossate e un risolino sulle labbra, mi voltai verso di te, il quale con un braccio mi circondava la vita, con il terrore che potessi fuggire nel cuore della notte, che stupido che eri. Mi soffermai a contemplare il tuo bellissimo volto dormiente. I capelli che cadevano disordinatamente sulla fronte, le ciglia a sfiorare la pelle e i polpastrelli della mia mano a tracciare i lineamenti del viso. L’indice che segnava il profilo del tuo nasino, arrivare sulla punta e andare sempre più giù, sulla bocca. Disegnavo quei boccioli pieni, con estrema lentezza, bramando il momento in cui ti avrei baciato…mi attaccai maggiormente a te quando, improvvisamente, strinsi il mio polso, schiacciandomi sotto il tuo peso, l’espressione furba di chi non aspettava altro e quella stupita, di chi non se lo immaginava. A susseguire le tue labbra sulle mie, in un casto contatto, un piacevole buongiorno e ogni cosa riacquistava il proprio significato. Scappai. Simile ad un felino sfuggii dalla favolosa trappola fatta dalle sbarre del tuo corpo, indossai un paio di boxer, la tua maglia che mi cadeva di alcuna taglia più grande e con la scusa di preparare la colazione corsi in cucina. Fra un fornello acceso, il frigorifero dimenticato aperto, varie padelle sparse sul tavolo, il pacco del caffè rovesciato e il latte a riscaldare, mi innalzai sulle punte nell’intenzione di afferrare le tazze riposte sulla credenza ma… un passo falso e scivolai a terra. Le tazze, in una pioggia di vetri frantumati, il ritocco delle campane, mi susseguivano nella mia scesa, provocandomi un taglio superficiale sul polpaccio della gamba sinistra. Non mi concessi neanche di pormi le dovute domande su ciò che era accaduto, che con la tua tempestività, venisti in mio soccorso. Mi sollevasti come una sposa, portandomi in bagno,posandomi sull’orlo della vasca. Fra il silenzio della mia vergogna e quello dei tuoi rimproveri, imbevevi un pezzo di ovatta con il disinfettante, tamponandolo con eccessiva attenzione sulla mia ferita, in modo che non percepissi alcuna forma di dolore, per poi bendare il tutto e dare un innocente bacino sul mio livido, l’augurio di una prossima guarigione.

Ecco, adesso, come tu lo sei stato per me oggi, voglio essere io, in quel futuro che ci separerà, la tua ancora. La cura per ogni tuo male, il veleno della distruzione, il cuore scordato di un lungo remare.
 
Per sempre tuo, Baekky.
Addio…
 

 
Con lo sguardo diritto verso il suo ritorno, Chanyeol  procede, si abbandona al calore della tempesta, un pezzo di carta sulla punte della dita e… il vuoto. Una folata sprizzante di vento glielo ruba, conducendolo in una solitaria pozzanghera. Si culla su di essa, finché l’acqua non imbeve quelle lettere, districando le forme tondeggianti dell’inchiostro, divenendo una poltiglia sfilacciata, centinai di pezzettini lacerati dalle lacrime del cielo. Eppure Chanyeol procede. Avanza in quel sentiero con i capelli fradici, i vestiti zuppi, ormai attaccati al corpo …cammina.

“ Aveva dimenticato… Lui o…l’ombrello?”

Oggi è arrivato il giorno di dimenticare te e ricordare me. E’ giunto il momento di ritornare a respirare in un mondo senza ossigeno. Vivo.
 

11/ 12/16
Il cappello rosso, il cappotto lungo di stoffa nera allacciato fino al naso, le mani con i guanti bianchi a sfregarsi tra loro e un manto di neve a circondarlo. Chanyeol sta seduto sulle scale che si affacciano al giardino. Quel giorno aveva intenzione di fare un po’ di esercizio fisico, chissà una corsetta o dei semplici piegamenti all’aria aperta, ma purtroppo il tempo gli si ritorse contro, nevicando per l’intera notte. Ed ora, con i piani in fumo e la pigrizia di chi non vuole fare assolutamente nulla, si ritrova a osservare quelle minuscole palline bianche che ballano nel grigiore dello spazio, per poi posarsi in un terreno composto da tante sue simile. Come può una cosa così piccola creare tanta di quella confusione? Allunga un braccio in avanti, offrendo il palmo aperto alla natura, attendendo. Molti fiocchi lo sfiorano in un gelido contatto, persistono sulle punte per poi scivolare via, ma solo uno di loro si posa al centro, immobile. Avvicina la mano al volto e lo studia. Un insignificante puntino, la briciola solidificata della pioggia, all’apparenza così imponente, forte, devastante ma alla fine, con il passare degli attimi, arrendevole. La maschera di sfacciataggine si discioglie davanti alla paura di non essere abbastanza, rivelandosi perciò che in realtà è: dell’insulsa acqua sporca. Così schifosamente debole, fragile, inutile. Il tessuto del guanto assorbe i residui di quella facile sconfitta, cancellando ogni sua traccia. Sospira. Uno sbuffo d’aria calda emerge dalle labbra screpolate, mentre le pupille vagano in quell’estraneo deserto. Un inverno che non gli appartiene più. L’inverno dei suoi 24 anni. Eppure serve soltanto chiudere gli occhi e quel passato ritrova finalmente il suo significato. Un’infanzia in cui i pensieri troppo elaborati non hanno posto nella mente pura di un bambino, le malelingue nel suo sorriso, la cattiveria nei suoi gesti…in un essere che ha la capacità di piangere, il coraggio di chiedere scusa, che a differenza nostra, sa scovare la bellezza perfino in luoghi che non sanno nemmeno cosa ella sia. Masse composte di fantasia, illusione, immaginazione, alimentati dall’ampiezza dei sogni. Conoscenti di un  mondo di cui non sanno nulla, perché ideatori loro stessi del proprio universo, nel quale i problemi sono fatti di caramelle alla frutta, la paura zucchero filato e la bruttezza una distesa immensa di fiori variopinti. Un pianeta dove si vorrebbe vivere per sempre, ma fin troppo perfetto per poterlo realizzare. Ed è qui, allora,  con la certezza che i sogni rimarranno tali, che ci si lascia trascinare, in un luogo in cui, anche solo per un istante, tutto è ancora possibile.

Il Chanyeol di ora viene sostituito da un bambino di circa sei anni che, ignorando le urla della sorellona di mettersi il berretto, corre per il giardino imbiancato, marchiandolo con le impronte degli scarponi, ridendo a trentadue denti, felice della prima nevicata dell’anno. Allora corre, corre, gira in cerchio, saltella, cade ma non piange,anzi, si distende completamente, muovendo sia le braccia che le gambe, disegnando così un angioletto. Soddisfatto del proprio operato, si rialza nuovamente carico, con l’intenzione di fare un pupazzo di neve. Prende con le manine un po’ di roba biancastra, la lavora con le dita, formando una pallina. A quest’ultima aggiunge tant’altra neve, così che alla fine riesce a creare una sfera gigante. Con le poche forze che risiedono nel suo corpicino fragile solleva quell’essere più grande di lui ed a fatica lo posa al centro del perimetro. Ripete poi  le azioni precedenti, realizzando adesso la testa del pupazzo. La posiziona sopra il pancione, leggermente inclinata, per poi con un ditino fare due buchini, gli occhietti e tracciare una linea curvata all’insù, la bocca. Successivamente, raccoglie due rametti secchi, trovati ai piedi del pino azzurro, li mette ai due lati della sua opera d’arte, le braccia e, dopo essersi guardato intorno, assicurandosi che nessuno lo stesse osservando, da sotto il maglioncino giallo ocra rivela una carota, quella che in precedenza, all’insaputa della mamma, aveva rubato dal frigo, il naso. Il tocco finale. Allora ride, ride senza alcun motivo, ride di crepacuore, ride perché… è un bambino. Un concentrato di euforia, di colori… di momenti, in cui ci si può ancora permettere di essere felici, senza doversi chiedere ”perché”.

Il sordo fischio di un treno alla rincorsa lo sveglia da quel fantastico paradiso e tutto scompare. Le risate si disperdono nel rimbombo della sua pazzia, il pupazzo di neve si scioglie davanti al calore del suo sguardo, mentre l’angioletto, un fanciullino completamente nudo, infreddolito, districa le ali piumate verso l’orizzonte, spiccando il volo, dissolvendosi nel grande turbine dello spazio. Solo…ma con te.

Trascorso qualche minuto di smarrimento, si alza dallo scalino, le dita a scrollare la neve che si era deposita sui pantaloni, per poi con passo calmo, una mano sulla tasca del cappotto, arrivare di fronte al pino azzurro e afferrare quella busta bianca, rimasta incastrata fra i rami appesantiti dal peso della neve, in balia del soffiare inesorabile del vento, abbandonata, sola… un po’ come lui, Chanyeol.

Se la rigira tra i guanti e…la apre. Non si sofferma neanche a leggere il mittente, quando scopre che dentro c’è un foglio rosa confetto. Accucciato ai piedi della conifera, i fiocchi ad appannare la vista, cullato dal silenzio dell’inverno…inizia.
 


Ciao Chanyeol,
ti ricordi di me? Io sono Byun Baekhyun, un semplice ragazzino di 22 anni, i capelli castano chiaro, la battuta sempre pronta, un amante della moda ma soprattutto della vita. E sai cos’è la vita per me? Un ragazzo. Lui che sorride sempre anche quando vorrebbe piangere, lui che adora giocare anche se non è più un bambino, lui che mette il broncio se gli tiro le orecchie da Dumbo, lui che ha combattuto per i suoi ideali ed ha vinto, lui che si chiama Park Chanyeol: la persona che amo.

Lo conosci? Se si, per favore digli di dimenticarmi… e se non ci riesce allora consegnagli questa mia lettera, lo aiuterò io.

Parlando sinceramente non so il motivo per cui ho deciso di scriverti proprio oggi…forse per passare la notte, pregando che il sonno non venga a prendermi, seduto sulla sedia davanti al tavolo del salone, indossando il pigiama con i gattini, quello che mi regalasti in un giorno qualunque, perché lo avevi visto in una vetrina e la prima cosa che pensasti fui io, almeno questa è la scusante che mi desti quando eri ritornato a casa, i capelli brizzolati e le palpebre che minacciano di chiudersi.  L’orologio a pendolo vicino alla finestra segna le 3:30, una tazza di caffè con tre zollette di zucchero a farmi compagnia e la penna a scorrere fra le righe del suddetto foglio, condividendo insieme al te di un’altra dimensione, il te di adesso. Giusto cinque giorni fa, nonostante il meteo aveva previsto una bufera in pieno pomeriggio, tu, fiducioso, ti presentasti davanti a me con uno zaino sulle spalle, i pantaloncini verdi fino alle ginocchia, una t-shirt bianca, la felpa grigia legata alla vita, un cappello di paglia alla testa, gli occhiali da sole e un sorriso che andava da un orecchio all’altro, rivelando la tua meravigliosa fossetta, confidandomi con entusiasmo di voler fare una gita al lago a pescare. Io, naturalmente, obiettai a gran voce ma…nulla, l’hai avuta vinta tu, stranamente. Così, inoltrati nella natura, la flora a circondarci, gli insetti pronti a “divorarmi”, istigati dai miei insulti, dallo spray per le zanzare e tu che con un sorrisetto divertito smentivi ogni mia parola, seduto su una pietra, le infradito lanciate in mezzo al prato, i polpacci immersi nell’acqua fresca, la canna da pesca protesa in avanti attendendo quel pesce che non voleva abboccare,ci siamo lasciati ingannare dalla tranquillità che quelle ore di luce promettevano. Ma come gli incubi, i quali  nascondono il loro volto dietro la magia dei sogni, anche in quelle nuvole, all’apparenza limpide, innocue, si celava la prorompenza di un uragano. Con Zeus che ci volgeva contro, i corpi divenuti un tutt’uno con la pioggia, le mani sopra il capo proteggendoci inutilmente, gli sguardi bassi e i piedi che imbrattati di terriccio prendevano la rincorsa verso una dimora che si ostinava a non comparire, proseguimmo. Quello che accadde dopo fu solo un insieme di azioni scombussolate, la conseguenza di ciò che era avvenuto. Asciugami dovunque, termosifoni attivati al massimo, i bicchieri di tisana che si alternavano con quelli del tè… insomma una vera e propria  “ battaglia casalinga” ma… il peggio doveva ancora avvenire. Infatti, in meno di 24 ore, ti ammalasti. La febbre che non scendeva, gli spasmi di caldo susseguiti a quelli di freddo, il sudore ad imperlare la pelle, i deliri delle due lunari ed io che, con la preoccupazione a corrodermi l’anima, sono stato lì, non lasciandoti andare. Ed ora eccomi qui, pronto e ’ carico ’ a trascorrere un’altra notte insonne stringendo la tua mano, bagnare la tua fronte con quel panno di cotone, sussurrandoti all’orecchio le mie stupide barzellette, con la speranza che in quella risata non pervenuta possano almeno attutire il dolore in cui è caduta la tua mente. Lo so, forse sto esagerando, forse non è stata la pioggia a farti star così male, forse sono io quello sbagliato, la causa di ciascuna tua sofferenza… forse non ti merito ma, per favore, almeno per questa notte permettimi di aiutarti, domani… è un altro giorno, un giorno in cui non potrò più avere l’onore di vederti guarire…

‘ Che oggi tu possa risorgere con l’alba, salutando me, il tramonto.
Due soli, che nel momento di guardare verso il loro futuro,hanno deciso di dividersi.
Tu, la luce del giorno,
Io, la luce della notte,
Noi, due astri che per sopravvivere hanno bisogno del loro “tu” ‘

Per sempre tuo, Baekky.

Addio…
 
 
Cade. Quello strato  di neve la richiama a se, confondendosi nel trascorrere dei minuti con quei puntini che la stavano soffocando. La sua nuova casa. Inghiottita dai meandri della terra, sepolta. Finalmente ha ottenuto la sua degna conclusione. La fredda tomba di chi non ha più calore da donare.                   

Oggi è arrivato il giorno di dimenticare te e ricordare me. E’ giunto il momento di ritornare a respirare in un mondo senza ossigeno. Vivo.
 

11/12/15

Un anno, 12 mesi, 52 settimane, 365 giorni e… un mazzo fiori dietro la schiena. Se qualcuno gli avrebbe detto che oggi sarebbe stato lì, davanti agli opprimenti cancelli della sua “prigione” non ci avrebbe creduto. Eppure dopo quel pomeriggio ha compreso che non bisogna dare nulla per scontato… nemmeno lui, il suo amore. La sua bellissima lucciola, piccina, gracile, esile e allo stesso tempo incalzante, autorevole, influente, una presenza appena visibile agli occhi estranei ma di così fondamentale importanza per Chanyeol, il porto sicuro di una nave inesperta, la quale senza la sua luce a guidarla sta errando fra le onde di un mare nemico.

Cigolio. Stringe le dita in quelle sbarre di cemento arrugginite dallo scorrere delle ere, spingendo.  Varca in quel luogo dimenticato dal tempo, in cui gli unici abitanti sono le anime vaganti di corpi corrosi dalla morte e guarda. Osserva ciascuna di quelle lapidi incise nel terriccio arido, ognuno portanti il volto differente di un nome destinato a scomparire. Scorre quelle file disposte orizzontalmente, composte da preghiere scolpite nel marmo, ringraziamenti, citazioni e quel solito vasetto di rame alla sinistra. Alcuni contenenti dei fiori secchi, finti…altri semplicemente vuoti, nell’attesa che quel qualcuno si ricordi di loro.

Lo ha trovato. Penultima sezione, terzo posto. Con un sorriso a coronare le sue labbra, si inchina davanti al suo cospetto, sperando di apparire abbastanza elegante per la sua meravigliosa “principessa “ con addosso lo smoking nero, la camicia bianca, la cravatta sapientemente legata al collo ed i gemelli ai polsini.

-Scusa tesoro se sono arrivato tardi all’appuntamento ma…- gli mostra il mazzo di rose rosse deliziosamente rilegato con un fiocco rigorosamente rosa, contornato da qualche fogliolina verde – spero tu mi possa perdonare- Ride. Gli occhietti vispi che diventano due mezzelune, i capelli castani graziosamente pettinati in una frangetta, gli zigomi pallidi e infine la sua bocca. Due lembi di carne pitturati di tenue color ciliegia che esprimono il miglior sorriso che gli avesse mai regalato Baekhyun.

Stupendo.

Pensa, mentre lo rivede in quella foto, l’unico lui che gli rimane. Si piega in avanti assaggiando in un bacio gelido, il suo sapore vanigliato, fresco, penetrante, indimenticabile.

-Ora Baek le mettiamo nel vaso…-si accinge a prendere l’annaffiatore riempiendolo con l’acqua della fontanella, riposta dietro alla sua tomba, facendo attenzione affinché qualche spruzzo non gli bagni i vestiti, per poi richiudere il getto e ritornare da lui. Sta per versare il contenuto quando, un foglio bianco, nel fondo del recipiente, lo desta dalle sue azioni e la curiosità lo porta a prenderlo con entrambi i palmi, ora liberi. Con cipiglio a corrugare la fronte, manovra quello che si è rivelato essere una lettera, una lettera…per lui.

“Per Chanyeol”

Una miriade di domande prendono il sopravvento nella sua testa che vanno dal “ Chi l’ha messa lì? Da quanto tempo? Perché proprio in un cimitero, nella sua bara? Che sia uno scherzo?” fino a cercare , dopo un lungo viaggio, la loro risposta in quel pezzo di carta…rosa. Rosa confetto.
 


Ciao Chanyeol,
ti ricordi di me? Io sono Byun Baekhyun, un semplice ragazzino di 22 anni, i capelli castano chiaro, la battuta sempre pronta, un amante della moda ma soprattutto della vita. E sai cos’è la vita per me? Un ragazzo. Lui che sorride sempre anche quando vorrebbe piangere, lui che adora giocare anche se non è più un bambino, lui che mette il broncio se gli tiro le orecchie da Dumbo, lui che ha combattuto per i suoi ideali ed ha vinto, lui che si chiama Park Chanyeol: la persona che amo.

Lo conosci? Se si, per favore digli di dimenticarmi… e se non ci riesce allora consegnagli questa mia lettera, lo aiuterò io.

Sicuramente adesso ti sentirai un po’scosso e ti comprendo, insomma non accade tutti i giorni di ricevere un “messaggio” da una persona ormai defunta, ma non temermi, perché quello che ti parla sono sempre io, il tuo Baekhyun.

Non so in quale arco della giornata la leggerai ma ti auguro, che sia emozionante quanto il mio. Con l’orizzonte a farmi da scenario, il sole che timidamente si innalza in un mare di sangue, le nuvole violacee a fare da cornice in questo quadro di cui io sono lo spettatore esterno, nel terrazzo, disteso sul lettino, le gambe piegate, il supporto del mio foglio e un insieme di frasi, sillabe che si bloccano sulla punta della biro, non volendosi scrivere. Cosa ti potrei raccontare? Mi chiedo, fino a quando non mi  torna alla memoria il nostro litigio, quello dell’altro giorno. Tutto era iniziato perché io, quella sera stessa, ero stato invitato a cena dal mio caro AMICO Sehun e tu, da fidanzato geloso e possessivo, ti arrampicavi a qualsiasi scusante per non farmi uscire, nonostante io insistessi nel dire che era una semplice cena fra due persone che si conoscono ma…nulla. Si sa, quando due teste calde come le nostre si scontrano,quello che se ne ricava sono solo scintille. Così, fra parole dettate dalla fiamma dell’attimo e non dalla nostra razionalità, la situazione degenerò. Tu, sbattendo la porta di casa, io, repressa la rabbia, inseguendoti…e ritrovandoti. Eri nel parchetto, quello a poche centinai di metri da casa, il luogo il quale, ogni volta che ci alteriamo, è l’unico ad ascoltarci senza giudicarci, donandoci la calma necessaria per poter… riniziare. Seduto in prossimità dell’abete che porta incise nella corteccia le nostre iniziali, racchiuse in un cuore, la testa china, le dita a strappare i ciuffi d’erba, le fronde a farti da ombrello e sussurri incompresi blaterati al soffio del vento. Questione di secondi e tu, percependo la mia presenza, alzasti il volto, io che, riflettendomi in quegli occhi tracciati dal dolore di un mio sbaglio, mi lanciai letteralmente su di te, trovando rifugio nelle tue braccia, un bacio rubato al chiarore di luna e nulla aveva più motivo di esistere. Trascorrendo la nottata a contare le stelle, i diademi dell’oscurità, disegnando quella tela irreale, allungando le mani nel tentativo di sequestrarne qualcuna, divenendo i ladri sconosciuti di diamanti irraggiungibili… nel risuono di una domanda irrisolta. Sai, ora credo che sia arrivato il momento giusto di risponderti…

‘ - Baek, se tu fossi una stella quale vorresti essere?
-Se fossi una stella credo che vorrei essere quella polare…
- Perché?
-Perché così, quando non ci sarò più, basterà che tu guarderai verso il cielo ed io sarò lì, ad illuminare i tuoi passi quando le nuvole oscureranno la via del  ritorno, non lasciandoti mai cadere. Si Channie, io voglio essere la tua stella polare. ‘

Per sempre tuo, Baekky.

Addio…
    


Il rintocco delle campane si è fatto più persistente… è ora che vada, il cimitero sta chiudendo. Ed esce, con le sue parole in una tasca, il cuore in gola…. e lui, in quel cielo che li ha divisi. Volge lo sguardo nel buio contornato  da infinite lucine…tra cui, c’è lui. Una goccia gli bagna le labbra, poi un’altra,  un’altra ancora…e si… Voglio essere un ladro di diamanti, sequestrarti dalla natura e portarti via con me.

Oggi è arrivato il giorno di dimenticare te e ricordare me. E’ giunto il momento di ritornare a respirare in un mondo senza ossigeno. Vivo.
 
 
11/12/14

interrotta

Addio amore mio, ti saluto quest’ultima volta, dopo quattro anni fatti di me, ora è giunto il momento che tu vada avanti, creando in quel futuro, un passato ancora più sorprendente. Nell’attesa di ricontrarci ancora, Park Chanyeol, ti restituisco il tempo di cui ti ho privato…. Un bacio, da me, il tuo Baekky.


‘ Il destino ci ha fatto innamorare una volta,per poi separarci.

Il destino ci farà innamorare un’altra volta e quella…sarà per sempre, te lo giuro ’
 


-Baek! Il film sta per iniziare, sbrigati! –urli dal salone, con la bocca piena di pop-corn, mentre io inserisco il foglio in una busta bianca già precedentemente preparata sopra la scrivania, scrivendo nel retro “Per Chanyeol”, raggiungendoti successivamente sul divano, accoccolandomi al tuo fianco, con al centro la ciotola degli snack e il proiettore acceso.
-Che stavi facendo in stanza?- biascichi rubandomi un bacio che sa di sale,avvolgendomi le spalle.
- Nulla d’importante, dai vediamo il film- clicco play sul telecomando e tutto ricomincia.
 

Ciao Chanyeol,
ti ricordi di me? Io sono Byun Baekhyun, un semplice ragazzino di 22 anni, i capelli castano chiaro, la battuta sempre pronta, un amante della moda ma soprattutto della vita. E sai cos’è la vita per me? Un ragazzo. Lui che sorride sempre anche quando vorrebbe piangere, lui che adora giocare anche se non è più un bambino, lui che mette il broncio se gli tiro le orecchie da Dumbo, lui che ha combattuto per i suoi ideali ed ha vinto, lui che si chiama Park Chanyeol: la persona che amo.

Lo conosci? Se si, per favore digli di dimenticarmi… e se non ci riesce allora consegnagli questa mia lettera, lo aiuterò io…


Fine



 
Allora che dire...? Intanto spero che questa mia prima chanbaek vi sia piaciuta e non né sia uscito un disastro >.<
Per qualsiasi cosa: dubbio, incompresione, domanda, errore, critica o semplicemente per farmi felice, lasciatemi un commentino.
Beh...per concludere vorrei dire che questa storia la dedico ad una persona speciale <3 ( e naturalmente a tutte le mie amate lettrici  ;)))

 XOXO mery1103.
   
 
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