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Autore: LysandraBlack    14/08/2017    4 recensioni
Aenor Mahariel, fiera Cacciatrice tra i Dalish.
Geralt Amell, ambizioso mago intrappolato nella Torre del Circolo.
Kallian Tabris, sogna una vita tranquilla nell'Enclave di Denerim.
Elissa Cousland, ansiosa di mettersi alla prova.
Natia Brosca, che non conosce altro che i bassifondi di Orzammar.
Duran Aeducan, comandante dell'esercito e Principe della città dei nani.
Sei eroi, provenienti da ambienti radicalmente diversi, si ritroveranno loro malgrado a fermare il Flagello che si abbatte sul Ferelden. Ce la faranno?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alistair Therin, Custode, Leliana, Morrigan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO CINQUE: ORZAMMAR I

 





«Se sei un abitante della superficie, ad Orzammar per trafficare del Lyrium di contrabbando... Qual è il primo posto dove andare?»

Natia Brosca spalancò la porta d'ingresso del Tapster. La ragazza inalò il forte odore di birra e alcol, leccandosi le labbra, ignorando i commenti indignati degli altri clienti alla vista di due marchiati nel locale. Si passò una mano tra la massa di capelli, dal colore rosso acceso come quello della sorella, ma portati intrecciati e corti per non essere d'intralcio nelle zuffe, procedendo a passi decisi verso il bancone. Il nano dietro di esso li guardò con disgusto.

«Non serviamo i senzacasta, qui, fuori!»

Natia si scambiò uno sguardo divertito con il suo compagno, Leske, rigirandosi tra le mani un coltello dall'aspetto letale.

«Guardaci meglio e ritenta.» Disse all'oste. Quello sgranò gli occhi, fissando prima il coltello, poi i tatuaggi che avevano in faccia, infine di nuovo le armi che portavano addosso.

«Oh, scusate, siete... M-ma certo.» Balbettò. «Posso fare qualcosa per voi?»

«Puoi dirci dove trovare un certo Oskias.» Rispose Leske.

L'altro deglutì a vuoto. «Sì... è qui, con lo stesso boccale da due ore. Ma ha pagato bene, in anticipo. Che ha fatto?»

Natia si appoggiò al bancone, sporgendosi verso di lui e guardandolo dritto negli occhi, godendosi lo sguardo intimorito dell'oste. «Tanto per cominciare, non ci ha offerto da bere.»

«Ah... Permettetemi di rimediare!» Il nano dietro al bancone si asciugò il sudore sulla fronte col dorso della mano, per poi girarsi, trafficare con due boccali e poggiarli sul bancone pieni fino all'orlo. Li spinse verso i due nuovi arrivati, ritirando rapidamente le mani e rimettendosi a distanza di sicurezza dietro al bancone. «Beh, fate quello che dovete fare, io sono sul retro a sistemare, se avete bisogno...» Balbettò allontanandosi.

Natia e Leske afferrarono con calma i boccali, battendoli sulla pietra del bancone e facendoli risuonare. La ragazza se lo portò alle labbra, annusandone l'aroma, per poi berne a lunghe sorsate.

«Salroka! Potresti anche gustartela...» La rimproverò il compagno, facendo un ungo sorso e tenendola in bocca per qualche istante.

«E ripensarci per il resto dell'anno?» Ribattè lei. «Meglio non ricordarsela troppo, altrimenti lo schifo di licheni e muschio che beviamo di solito non farà altro che peggiorare.»

L'altro grugnì il suo dissenso. «Preferisco godermi le cose belle della vita.» Prese due lunghi sorsi, socchiudendo gli occhi. «Una buona birra, una bella donna... a proposito, come sta la tua meravigliosa sorella?»

Natia sbuffò stizzita, sforzandosi di ignorare la fitta di gelosia che le stringeva le budella ogni volta che Leske faceva un apprezzamento su Rica. Sapeva di non essere bella come lei, di certo non aveva la sua grazia e raffinatezza, le sue mani pulite e le sue labbra rosse e carnose, il viso sempre perfettamente dipinto... «Mai stata meglio, se non si fa mettere incinta da qualche lord entro un paio di settimane, forse avrai pure una possibilità con lei.» Commentò acida.

Il tono di voce, ovviamente, non sfuggì al compagno. «Salroka, non sarai mica gelosa?» Le diede una pacca sulla spalla. «Nessun altro sa fare magie con quei coltelli. E hai le mani d'oro, con le serrature e con le borse. Un po' meno con altro, ma...»

Prima che potesse finire la frase, Natia ricambiò la pacca, mettendoci una discreta forza. Ignorando le proteste dell'altro, buttò giù il resto della sua birra. «Muoviti, che abbiamo del lavoro da fare.»

Di malavoglia, Leske la imitò.

Il nano che cercavano, un abitante di superficie che non aveva nemmeno il marchio dei senzacasta, era seduto ad un tavolo di pietra, lo sguardo perso nel boccale. Sembrava aspettare qualcuno.

Natia si sedette prepotentemente sulla sedia di fronte a lui.

«Quel posto è occupato!» Protestò quello, facendo per alzarsi. Leske gli si piazzò alle spalle, intimidendolo.

«Sì, da me.» Ribattè Natia. «Ora svuota le tasche, senza fare scene.»

Oskias spostò lo sguardo da lei a Leske, visibilmente spaventato. «Non sapete con chi sono-»

Natia sfoderò il coltello con rapidità, piantando la punta in una delle crepe del tavolo e tenendolo saldamente in verticale. «Chi credi che ci mandi, idiota?» Fece un cenno al compagno, che afferrò la borsa che il nano teneva accanto a sé. Quello guaì spaventato, tenendo stretta una delle cinghie.

«Ascoltate... sono sempre stato leale con Beraht, io e la mia famiglia gli dobbiamo molto...» Leske gli strappò la borsa di mano, rovistando tra il contenuto.

«Ah! Sembra che abbiamo trovato qualcosa.» Commentò poi sorridendo in direzione della ragazza.

Oskias andò nel panico. «E va bene! Ho due pepite di lyrium, dovevo venderle ad un mio contatto...» Li guardò implorante. «Vi prego, è la prima volta.»

«Prima e ultima.» Sentenziò Natia. «Anche se da questa storia, potremmo guadagnarci, Leske.»

L'amico la guardò interrogativamente. «Alle spalle di Beraht?»

Natia si rigirò tra le mani l'impugnatura del coltello. «Non ci saranno testimoni a parlare.»

Oskias scattò in piedi, afferrando l'elsa della propria spada. Prima che riuscisse anche solo ad estrarla per metà, sobbalzò e si accasciò con un gemito sul tavolo, uno dei pugnali di Leske che gli spuntava dalla schiena, conficcato fino all'elsa. Fece per tentare di rialzarsi, ma Natia lo afferrò per i capelli, sporgendosi e sollevandogli il volto verso di sé.

«Niente di personale.» Gli disse, prima di conficcargli il proprio coltello in un'orbita.

Oskias sussultò violentemente, per poi crollare riverso per terra.

«Non c'è nulla da vedere, qui, abbiamo finito!» Annunciò Leske ad alta voce, incrociando gli sguardi di alcuni curiosi. Gli altri clienti del Tapster, che avevano capito dall'inizio cosa stava per succedere, si affrettarono a tornare a fissare intensamente i propri boccali.

Natia recuperò la propria arma, pulendo la lama sulle vesti del cadavere. Leske fece lo stesso.

«Allora, che hai intenzione di fare con queste?» Le chiese a bassa voce, indicando la borsa aperta ma senza tirare fuori il contenuto. Dopotutto, era probabile che Beraht avesse dei contatti anche lì in quel momento.

«Una la vendiamo, l'altra la usiamo come prova del fatto che lo stesse fregando.» Decise Natia.

«Conosco una persona che ce le comprerà. Cinquanta e cinquanta?»

«Ovvio, come tutto.»

Uscirono dal locale, guardandosi attorno e dirigendosi verso uno dei banchi dei mercanti del quartiere popolare. Tutti coloro che incontravano li guardavano con schifo, a volte lanciandogli insulti. Due senzacasta per il mercato, un vero affronto all'ordine della città.

Da bambina Natia sarebbe arrossita di vergogna, trattenendo a fatica le lacrime. Quel tempo era però passato da un pezzo: gonfiò il petto e tagliò per la piazza a testa alta, ignorando i commenti.

Una lavandaia lanciò un grido di ammonimento, scansandosi con un balzo da loro, nonostante fossero abbastanza lontani da non potersi scontrare in alcun modo.

«State indietro! Queste sono le vesti del Modellatore!» Lì ammonì sgarbatamente.

Natia si limitò a guardarla storto, facendo defilare la serva con uno squittio.

«Sei di buon umore oggi.» Commentò Leske con un sogghigno.

Si avvicinarono ad un banco che esponeva oggetti di uso comune. Una donna di bell'aspetto li salutò cordialmente. «Leske! Che ci fai qui, vuoi provare a sedurmi per ottenere altri nastri per la tua ragazza?»

«Piuttosto, voglio convincere te a diventare la mia ragazza, Olinda. Sai che il mio cuore langue per te.» La salutò di rimando il nano, sfoderando il suo tono migliore e sorridendo alla donna.

Natia alzò gli occhi al soffitto con una smorfia.

«Non dirlo quando c'è mio marito. Chi è la tua amica?» Ribattè l'altra, guardando Natia.

«Non posso crederci, Leske non vi ha mai parlato della sua migliore amica?» Rispose la ragazza in tono sarcastico, lanciando uno sguardo velenoso al compagno.

«Hei, quando sono con una signora, l'ultima cosa a cui penso sei tu.» Disse lui.

«Stronzo.» Sibilò tra i denti lei, attenta però a non farsi sentire dalla mercante.

«Beh, posso farvi uno sconto, dato che siete amici, ma non posso regalarvi nulla.» Disse Olinda.

«In realtà, volevamo vendere.» Annunciò Natia, allungandole la borsa. L'altra la prese velocemente, nascondendola alla vista dietro al banco.

«Non so dove l'abbiate preso, né voglio saperlo.» Annunciò Olinda. «Trenta pezzi d'argento ciascuno.» Offrì loro.

«Solo?!» Si lamentò Leske. Era ovviamente molto meno di quanto valesse.

«Il mercato è solo in superficie, e mi ci vorrà del lavoro per rivenderlo. E dovrò trovare qualcuno che non faccia domande sulla provenienza.» Spiegò la donna.

«Affare fatto.» Tagliò corto Natia. Trenta pezzi d'argento era praticamente quanto riusciva a racimolare in due mesi di lavoro per Beraht.

Presero il denaro, allontanandosi il fretta dal banco.

«Prima di andare da Beraht, lasciami nascondere i soldi a casa.» Disse Natia. «Non vorrei che si mettesse a frugarci nelle tasche...»

«Ottima idea.» Annuì Leske. «Sempre che tua madre non lo veda e finisca tutto in una pozza di vomito dopo una delle sue solite sbronze.»

«Deve solo provarci.» Ringhiò la ragazza.

Tornarono velocemente verso il Distretto della Polvere. La ragazza fece segno all'amico di aspettarla fuori. Aperta la porta di casa, il familiare puzzo di vino scadente si univa a quello del profumo che la sorella di Natia, Rica, usava per rendersi desiderabile dai nobili del Distretto dei Diamanti.

«Chi è? Che vuoi? Rica, sei tu?»

Natia sbuffò rumorosamente.

«Sono il Re di Orzamamar.» Rispose, sbattendo la porta dietro di sé per chiuderla. Il tonfo fece sobbalzare la madre, che quasi lasciò cadere la bottiglia ormai quasi vuota che reggeva in mano.

«Non prendermi per il culo, razza di ingrata! Ti ho fatta io, e ne posso fare un'altra uguale.» Bofonchiò la donna. Il suo alito puzzava di vino scadente e di qualsiasi altra cosa si fosse bevuta durante la giornata. Natia strinse i pugni, le braccia rigide lungo il corpo.

«Sono l'unica ragione per cui non sei morta in qualche vicolo.» Le ricordò velenosamente.

«E allora lasciami morire! Tanto, che motivi ho per restare in vita?» Ribattè la madre, con un singhiozzo finale. Prese un altro sorso dalla bottiglia, scuotendola.

«Me lo chiedo tutti i giorni.» Le voltò le spalle, andando nell'altra stanza. Un baule, riempito perlopiù della roba di Rica, giaceva in un angolo. Dall'altro lato, una rientranza con una tinozza in pietra. Si avvicinò ad essa, spostando un paio di pietre e nascondendoci la sacca di pelle con le monete d'argento che aveva ricavato dalla vendita delle pepite. Tornò verso la porta, dove la madre stava bofonchiando qualcosa che non riuscì ad afferrare. «Me ne sto andando. Puoi pure affogartici in quella merda, per quel che me ne importa.»

«Non osare parlarmi in quel modo! È ancora casa mia, questa dove vivi! Casa mia, hai capito?!» Gridò l'altra, incespicando sulle parole e agitando la bottiglia in aria.

Natia perse le staffe. Si avvicinò in tre passi al tavolo, sbattendo entrambe le mani sulla superficie di pietra e facendo tintinnare violentemente tutte le bottiglie vuote abbandonate su di esso.

«Chi cazzo credi che la stia pagando, questa baracca di merda?! Eh?!» Urlò furiosa. La madre si ritrasse sulla sedia, gli occhi sgranati. Natia le strappò la bottiglia dalle mani, agitandogliela davanti al naso. «E di chi cazzo credi che siano i soldi che usi per ammazzarti con questa roba?!» Osservò la bottiglia, poi la scagliò violentemente contro il muro. Quella esplose in mille pezzi, spargendo cocci ovunque e quel poco che restava del vino. «Non fosse per me, saresti a pregare qualche stronzo di comprarti gli ultimi tre denti buoni che ti restano in bocca, pronta a metterti in ginocchio per un sorso di quello schifo!» La donna la fissava con occhi sgranati. Non era la prima volta che Natia urlava in quel modo, ma non succedeva spesso. Anche perché la ragazza faceva di tutto per passare il meno tempo possibile in casa, e quelle poche volte che tornava per lavarsi e cambiarsi la madre era spesso svenuta sulla sedia o assente a procurarsi altre bottiglie.

«Scegli un modo più economico di morire, perché io ho chiuso con te.» Ringhiò Natia, scostando lo sguardo e andandosene a grandi falcate.

Qualsiasi cosa fosse l'incarico successivo di Beraht per lei e Leske, sarebbe stato certamente meglio di tutta la merda che doveva sopportare a casa.

 





 

Lord Duran Aeducan, secondogenito del Re di Orzammar Endrin della Casata Aeducan, si stava intrecciando la barba castana con cura, facendo attenzione che non si annodasse e che le ciocche fossero tutte dello stesso spessore, il che richiedeva non poca attenzione, quando venne interrotto dal suo Secondo, che irruppe nella stanza senza quasi bussare.

«Mio signore.» Si annunciò. «La vostra arma è stata lucidata e affilata.» Gli porse la grande ascia da guerra, che Duran soppesò per qualche momento, prima di sistemarsela sulla schiena.

«Grazie, Gorim.» Inspirò a fondo. «Possiamo andare.»

Il compagno d'armi sembrò capire alla perfezione la riluttanza del Principe. «Il Re si aspetta la Vostra presenza al banchetto, certamente, ma non c'è fretta. Tutte le famiglie nobili passeranno ore a fare richieste e lamentele di ogni genere a Vostro padre...»

«Credimi, amico mio, preferirei trovarmi nelle Vie Profonde ad affrontare un'armata di Prole Oscura, piuttosto che districarmi tra politici lamentosi e vendicativi.» Commentò Duran. La politica faceva parte del suo sangue, nove Aeducan erano saliti al trono, compreso suo padre, ma nonostante tutto il principe preferiva la semplice arte della guerra piuttosto che tenere conto di quale deshyr stesse complottando cosa contro chi in favore di quale riforma che avrebbe riempito le tasche di altre caste e casate. Un Hurlock poteva essere un avversario formidabile, ma un'ascia piantata in mezzo agli occhi era sempre la strategia migliore. La stessa cosa, purtroppo, non si poteva dire riguardo ai complotti giornalieri dei deshyr dell'Assemblea.

«Proprio di questo si trattava, mio signore. Lord Harrowmont ha indetto delle Prove per testare in duello i giovani che vi accompagneranno domani nella spedizione nelle Vie Profonde. Forse dovremmo andare e mostrargli cosa significa davvero combattere.» Si grattò la barba, pensieroso. «Beh, più che altro, voi dovreste mostrarglielo. Io vi darò il mio supporto dagli spalti.»

«Cosa stiamo aspettando, allora? Potrebbe dare una svolta alla giornata.» Accettò con entusiasmo Duran. Combattere in almeno uno scontro gli avrebbe risollevato di molto il morale.

Si avviarono verso l'ingresso, sorpassando la camera del fratello minore di Duran, Bhelen.

Un guizzo di capelli rossi e un forte profumo femminile, seguito da un'esclamazione sorpresa, catturarono la loro attenzione. Sentì la porta della stanza del fratello chiudersi di scatto.

Duran sospirò profondamente, prima di girarsi e tornare sui suoi passi. Bussò tre volte, per poi entrare senza aspettare risposta.

«Mi... mi scuso tantissimo vostra altezza!» Esclamò una ragazza. La prima cosa che saltò all'occhio del principe fu il tatuaggio che quella aveva sulla guancia destra, segno che ella apparteneva ai senzacasta. Aveva brillanti capelli rossi legati in un'acconciatura piuttosto elaborata e un abito troppo decorato ed elegante per una come lei. «Pensavo foste il Principe Bhelen, e io...»

Duran scosse la testa, alzando una mano per zittirla. «Non importa, niente di grave. Tuttavia, mio fratello sarà al banchetto per il resto della serata. Fareste meglio ad andarvene.» Le suggerì.

La ragazza si inchinò profondamente, mantenendo la schiena dritta, segno che era stata ben addestrata. Come lei, molte altre ragazze, le più carine e prospere, venivano imbellettate ed educate ad essere piacevoli e piacenti per attirare l'attenzione dei nobili. La cosa conveniva sia alle concubine, che venivano spostate negli alloggi della famiglia dell'amante con tutti i parenti stretti, sia alle casate nobili e delle famiglie della casta dei guerrieri più influenti, poiché davano nuovi figli che sarebbero stati addestrati a combattere contro la Prole Oscura.

«Ma certo, mio signore. Col vostro permesso.» Disse la ragazza prima di filare via. Duran notò che aveva una grossa collana al collo, che non poteva che essere un regalo da parte del fratello.

«Deve piacerle davvero.» Commentò. «È risaputo che Bhelen abbia un debole per le rosse.»

Sentì Gorim ridacchiare. Uscirono dal Palazzo, superando i vari banchi che i mercanti avevano allestito straordinariamente nel Distretto dei Diamanti, e si diressero verso la porta che dava sulle scale per il piano inferiore, dove era situata l'Arena delle Prove. Sulla strada, due ragazze dall'aria promiscua richiamarono la loro attenzione, ma Duran non le degnò di un secondo sguardo. Non era decisamente dell'umore giusto.

Li aspettavano alcune guardie personali del Re Endrin, che li scortarono fino all'Arena.

Il rumore della folla che urlava e gridava il proprio supporto ai combattenti li investì molto prima che si affacciassero dal balcone che dava sull'Arena.

«Vostra Altezza, è un onore avervi qui.» Lo salutò il Maestro delle Prove. «Siete venuto a vedere combattere questi prodi guerrieri in Vostro onore?»

«Veramente, l'idea era di combattere io stesso.» Lo contraddisse il principe.

«Vostra Altezza, le Prove di oggi sono in Vostro onore...» Provò a ribattere l'uomo.

«E allora rendetegli onore facendo ciò che il Vostro principe vi ordina.» Lo interruppe Gorim.

Duran posò una mano sulla spalla dell'amico, fermandolo. Non c'era bisogno di essere così duri con il Maestro, la sua era un'osservazione legittima. «Mia intenzione è di onorare i combattenti di oggi sfidandoli a duello e testando le loro abilità contro di me.» Spiegò all'uomo.

«Ma certo, Vostra Altezza, com'è Vostro diritto.» Si inchinò l'uomo. Si avvicinò alla balaustra, schiarendosi la voce, mentre Duran si preparava ad entrare nell'Arena.

«Signori e signore di Orzammar, abbiamo un ingresso all'ultimo momento in queste Prove, tenute in onore della Casata Aeducan.» La folla rumoreggiò, in trepidante attesa del misterioso candidato. «Ecco a voi, Lord Duran Aeducan stesso!»

Un boato si sollevò dagli spalti. Centinaia di nani si alzarono in piedi urlando la propria approvazione a gran voce, guardando il secondogenito del re fare il suo ingresso.: nella sua armatura di squisita fattura, le spalle possenti, la barba e i capelli curati e il viso autoritario ma al tempo stesso piacevole, era difficile non amare il principe di Orzammar.

«Questa, è una Prova gloriosa, combattuta sotto i vigili occhi dei Campioni di Orzammar, per l'onore della Casata Aeducan!» Annunciò il Maestro.

Duran alzò il braccio a salutare la folla urlante, per poi squadrare il suo avversario.

«Lord Aeducan combatterà contro Aller Bemot, il figlio minore di Lord Bemot!» La folla rumoreggiò il proprio incoraggiamento.

«Mi fate onore, Vostra Altezza.» Disse Aller Bemot, chinando il capo.

Entrambi gli sfidanti si calarono l'elmo sulla testa, sfoderando le proprie armi.

«Il primo a cadere, sarà lo sconfitto. Combattete!»

Il suo sfidante non era male, aveva una buona tecnica e sapeva usare bene il maglio da guerra che portava, tuttavia non era all'altezza del principe. Duran fece durare più a lungo del necessario il combattimento, esibendosi in alcuni colpi esagerati soltanto per dare spettacolo, mentre evitava senza troppe difficoltà i tentativi di Bemot di colpirlo, rendendo tuttavia credibile lo scontro. Non voleva arrecare disonore all'avversario.

Dopo qualche tempo, decise che era il momento di concludere, assestando un colpo preciso sullo spallaccio dell'altro, sbilanciandolo, e mirando poi allo sterno con il piatto della propria arma per mandarlo a terra. La folla si esibì in un boato di apprezzamento.

Duran si risistemò l'ascia sulle spalle, togliendosi l'elmo e tenendolo sottobraccio mentre allungava una mano verso l'avversario a terra.

Bemot, un po' acciaccato e sanguinante, la afferrò senza pensarci un attimo, rimettendosi in piedi traballante e sorridendo in direzione del pubblico.

L'avversario successivo di Duran era Hadal Helmi, una nana dalla corporatura snella e l'armatura leggera che le permetteva movimenti rapidi e fluidi, con cui riuscì a mettere in difficoltà il principe. Dopo un acceso scontro, e aver riportato un paio di contusioni leggere, Duran si rivelò nuovamente vincitore.

L'ultimo sfidante era un nano ormai quasi anziano, calvo e dalla barba grigia, che rispondeva al nome di Ser Blackstone della Casta dei Guerrieri, comandante di una legione delle Vie Profonde. «Questo ti sarà di lezione, ragazzo. Cerca di imparare qualcosa, quando sanguinerai.» Esordì quello.

Duran l'aveva incontrato qualche volta sul campo di battaglia e non gli era mai andato a genio. Aveva sentito tessere grandi lodi sulle abilità militari dell'uomo, ma anche tante lamentele dalle nuove reclute che si ritrovavano a servire sotto di lui.

«Buona fortuna anche a voi.» Ribattè Duran senza scomporsi. Non c'era bisogno di deriderlo a parole, il vecchio sarebbe finito col culo per terra molto presto. E stavolta, non si sarebbe risparmiato nemmeno un colpo.

Ser Blackstone tornò nella sala d'attesa dei duellanti portato a braccio da quattro nani, privo di sensi e con il pubblico che urlava a squarciagola il proprio supporto per il principe Aeducan.

Duran tornò al proprio posto sulla balconata con un ghigno soddisfatto stampato sul volto.

«Un ottimo spettacolo, mio signore.» Gli disse Gorim.

Non restava altro che guardare gli altri sfidanti affrontarsi tra di loro, per vedere chi avrebbe combattuto contro il principe nello scontro finale.

Un guerriero in particolare attirò l'attenzione di Duran.

Combatteva con due spade corte, tenendole in modo non convenzionale, muovendosi come un cacciatore oscuro, saettando qua e là e sorprendendo lo sfidante puntando più sulla velocità che sulla tecnica. Messo alle strette, ad un certo punto potè giurare di averlo visto tirare una manciata di terra negli occhi dell'avversario, finendo poi per spedirlo a terra con un calcio nelle parti basse e puntandogli una delle due lame davanti alla feritoia per gli occhi dell'elmo.

«Non è sicuramente un combattente convenzionale, mio signore, ma è efficace.» Commentò Gorim divertito. La folla sembrava condividere le sue idee, perché avevano cominciato a gridare a gran voce il nome del nano. Quello sollevò il braccio in segno di vittoria, tuttavia senza togliersi mai l'elmo.

«Everd Bera.» Ripeté Duran. «Come mai non ne ho mai sentito parlare?»

«Perché prima d'ora era conosciuto solo per essere un gran bevitore e per aver sconfitto a duello soltanto molte botti di birra e qualche nug.» Spiegò Gorim ridacchiando. «Oggi sembra sia la sua giornata buona, però.»

«Se ne sconfigge un altro, il pubblico avrà di che divertirsi.» Commentò il principe. Fece segno ad uno dei servitori lì vicino di riempirgli il boccale di birra al miele, prendendone due lunghi sorsi e osservando Everd prepararsi allo scontro successivo.

Il nuovo avversario era una novizia delle Sorelle del Silenzio, Lenka. Se avesse superato la Prova, sarebbe entrata ufficialmente nell'Ordine, rinomato per le sue letali guerriere. Lenka combatteva anch'ella con due lame.

Il Maestro delle Prove annunciò che, date le circostanze, il combattimento era da considerarsi all'ultimo sangue, poiché era la prova finale che la novizia doveva affrontare.

Everd non fece una piega, restando impassibile sotto il suo elmo, immobile al centro dell'Arena, le armi già sguainate e pronto all'attacco.

Fu un aspro combattimento dall'esito incerto.

Duran riconosceva chiaramente la superiorità nello stile della novizia, tuttavia Everd dimostrava una straordinaria capacità di adattarsi ai diversi stili di combattimento degli avversari, cambiando continuamente tecniche, al punto che il principe finì per domandarsi se ne avesse effettivamente una. Gli affondi sembravano completamente casuali eppure andavano sempre a graffiare l'armatura della novizia dove essa era più vulnerabile, saltando subito indietro e schivando le lame dell'avversaria senza che essa riuscisse a sfiorarlo. Everd era sgraziato, brutale e istintivo, non esitava ad usare tutto ciò che aveva a sua disposizione, e tutto ciò funzionava. Duran quasi sobbalzò sullo scranno, quando l'iniziata riuscì a buttare l'avversario a terra, colpendolo ad un fianco e spillando sangue. Lenka fu però troppo lenta a sferrare il colpo di grazia: Everd, strisciando su un lato, le tirò un calcio da terra, colpendola alla gamba e facendola sbilanciare. Cadde in ginocchio, cercando di rialzarsi, ma Everd con un salto si era già rimesso in piedi, scattando contro di lei e buttandola a terra di peso.

Quando il guerriero con l'elmo si rimise in piedi, una delle sue spade era conficcata nel collo della novizia. Il pubblico, dopo un attimo di esitazione e sgomento, esplose in un boato trionfante, omaggiando il guerriero e pregustando lo scontro finale tra il Principe Aeducan e il nuovo, improbabile avversario.

Duran si alzò in piedi, battendo le mani e lanciando un grido di approvazione.

«Questo sì che sarà uno scontro degno di nota!» Esclamò entusiasta, finendo la propria birra e infilandosi l'elmo sottobraccio, pronto ad entrare nell'Arena.


 

 

 

 

 

Il cuore di Natia Brosca batteva all'impazzata.

Il fianco destro, dove quella stronza muta l'aveva colpita, le faceva parecchio male, mentre il sangue che le colava da una ferita sulla fronte le rendeva difficile tenere l'occhio sinistro aperto. Quel maledetto elmo era pesante e troppo grande per lei, così quando era stata colpita da un colpo alla testa, il metallo all'interno le aveva graffiato la faccia. Le spalle le facevano male per il peso dell'armatura, aveva il fiatone e riusciva a malapena a respirare sotto tutta quella maledetta roba.

La folla di nani, nobili dalle barbe profumate e i culi quadrati a furia di stare seduti a perdersi in chiacchiere, appartenenti a tutte le caste della città, stavano facendo il tifo per lei.

“Tecnicamente, per Everd.” Si disse, tuttavia sotto quell'armatura c'era lei, non quell'ubriacone incapace che tutti credevano che fosse. Lei aveva sconfitto i tre guerrieri che la separavano dalla prova finale, era lei che il pubblico applaudiva a gran voce.

Il Maestro delle Prove si riaffacciò dalla balconata sopra l'Arena, zittendo il vociare eccitato.

«Everd Bera avanzerà allo scontro finale, che deciderà il vero campione dell'Arena, contro il Principe Duran Aeducan!» Annunciò il nano.

Fece il suo ingresso il principe in questione, un nano di bell'aspetto, la folta barba castana intrecciata che ricadeva su un'armatura imponente, che probabilmente valeva quanto la somma di tutte le armature dei guerrieri che aveva affrontato in quella giornata. Il principe avanzò baldanzoso, tenendo la gigantesca ascia da guerra e mostrandola al pubblico, che si alzò in piedi in un'ovazione che le rimbombò nelle orecchie, sovrastando per qualche attimo il battito frenetico del suo cuore.

Lei, una senzacasta, una marchiata, la peggiore feccia di Orzammar, stava per sfidare l'amato e venerato Principe Aeducan, lo stesso che tutti, in città, davano come favorito al trono del re.

Se fosse riuscita a batterlo... Scosse la testa, non era il caso di distrarsi.

«Combatti bene. È un onore avere un avversario così valido.» Le disse il principe, chinando il capo.

“Leske starà morendo dal ridere. Un principe che si inchina ad una senzacasta...”

Fece del suo meglio per rispondere all'inchino, attenta a non farsi sfuggire una parola, poi sfoderò le sue due spade corte. Erano più lunghe e pesanti dei coltellacci a cui era abituata, ma la lama tagliava il cuoio delle armature e la pelle sottostante come fossero fatti d'acqua. Una delizia.

Vide il suo avversario calarsi in testa l'elmo, mentre il pubblico si zittiva in trepidante attesa.

I due sfidanti iniziarono a girarsi attorno, studiandosi. Brosca sentiva su di sé le centinaia di paia di occhi puntati su di loro. Osservò il guerriero di fronte a lei, come si muoveva sicuro di sé, come se non fosse altro che una scaramuccia di taverna di fronte ad un boccale di birra profumata.

Il Principe si fermò di colpo, interrompendo il semicerchio che stavano percorrendo, come ad invitarla a farsi sotto. Natia avrebbe potuto scommettere che quello stesse sogghignando tronfio, sotto la sua bella armatura decorata. Decise di non dargliela vinta, fermandosi e restando ad osservarlo a distanza di sicurezza. “Fatti avanti, stronzo.”

L'altro accettò la sfida. Sollevò l'ascia da guerra, avanzando verso di lei molto più velocemente e con più grazia di quanto si Natia si aspettasse. In un attimo le era addosso, e lei dovette schivare per non ritrovarsi il fianco sfracellato. Era cerca che la sua armatura, per quanto ben fatta, non avrebbe retto un colpo del genere: il principe aveva sì uno splendido equipaggiamento, ma era anche molto bravo, sicuramente la sua fama di guerriero non era esagerata.

Senza darle nemmeno un attimo, il nano roteò l'ascia sollevandola dietro la testa e fece per colpirla dall'alto, costringendola a buttarsi nuovamente da un lato. Cogliendo l'opportunità, Natia si gettò in avanti, superandolo e girandosi su sé stessa, mirando sotto i possenti spallacci, dove l'armatura doveva avere una giuntura. La lama raggiunse la spalla, ma si limitò a scalfire il metallo, poiché il principe si era girato di poco, tornando subito a risollevare la propria arma.

Brosca, sbilanciata, non poté fare altro che gettarsi per terra per evitare di ritrovarsi l'ascia in pieno petto. Rotolò di lato nella polvere, schivando un altro fendente dall'alto.

La lama dell'ascia si conficcò momentaneamente a terra, dandole il tempo di scattare in avanti e colpire l'avversario al braccio. Ancora una volta, l'armatura attutì il colpo, lasciandolo illeso.

Il principe liberò con uno strattone la propria arma, facendola ruotare agilmente e costringendo Brosca ad allontanarsi con un salto.

Natia dovette fare qualche passo indietro, per riprendere fiato. Il nano sembrava manovrare quell'affare come se non avesse peso, e quella montagna di metallo che aveva addosso non lasciava praticamente nessun punto libero, a parte qualche centimetro in corrispondenza delle giunture, ma con quello che roteava l'ascia come fosse un nastro di seta, non riusciva ad avvicinarsi abbastanza da colpirlo. Poteva solo schivare.

La folla rumoreggiava, indignata che qualche colpo non fosse ancora andato a segno.

Natia aveva perso completamente la vista all'occhio sinistro, ormai chiuso e incrostato di sangue secco. Le braccia le sembravano in fiamme, e il fianco le faceva terribilmente male, impedendola nei movimenti. Osservò il principe, ma quello sembrava fresco e riposato. Effettivamente, lei aveva combattuto tre incontri di fila prima di quello, mentre lui era probabilmente a bere col culo piazzato su una comoda sedia a godersi lo spettacolo.

Digrignò i denti, facendo due passi avanti e preparandosi ad un nuovo scontro.

Il principe fece fare un giro completo in aria all'ascia, maneggiandola con abilità mentre avanzava verso di lei a passi larghi e sicuri.

La folla si zittì improvvisamente.

«Hei! Quella è la mia armatura!» Biascicò qualcuno ad alta voce.

Brosca si girò di scatto: Everd, la camicia ancora macchiata di birra e vomito, barcollava instabile nella sua direzione, il braccio puntato verso di lei. “Merda.”

«Chi sei?!» Tuonò il Maestro delle Prove. «E come osi interrompere-»

«Lo conosco! È Everd!» Urlò qualcuno.

La folla rumoreggiò di sorpresa.

«Tu!» Urlò il Maestro delle Prove per sovrastare il frastuono, indicando Natia con un cenno imperioso del braccio. «Togliti l'elmo, e fatti vedere!»

Natia indietreggiò spaventata. Se l'avessero vista... Qual era la punizione per una cosa del genere?

«Le tue abilità sono impressionanti, ma sei da solo. Mostrati, o ricorreremo alla forza! Guardie!» Tuonò il nano dall'alto della balconata. Al suo segnale, altri tre nani entrarono nell'Arena, circondandola. Il principe si avvicinò anche lui, minacciosamente.

In trappola, la ragazza obbedì. Lasciò cadere a terra le armi, sollevando le mani e portandosele ai lati della testa. Inspirò forte, prima di sollevare l'elmo e gettandolo ai propri piedi.

Gli spettatori urlarono indignati, le guardie rimasero impietrite. Persino il principe Aeducan si immobilizzò per la sorpresa.

Natia Brosca si costrinse ad alzare il mento in segno di sfida.

«Senzacasta!» Urlò oltraggiato il Maestro. «Insulti la natura stessa di queste Prove!»

La ragazza si limitò a sostenere lo sguardo. Qualsiasi cosa avesse provato a dire, sarebbe stata ignorata e sovrastata dal chiasso.

Si lasciò trascinare via dalle guardie, senza opporre resistenza. Mentre la portavano via, vide il Principe togliersi l'elmo, lo sguardo incredulo e irato.

“Chissà quanto gli brucerà il culo, a sapere che è stato colpito da una marchiata.”

Se fosse morta nel giro di qualche ora, almeno se ne sarebbe andata con un sorriso sulle labbra: nessun senzacasta aveva mai osato fare una cosa del genere.

Qualcuno la colpì alla testa, facendole perdere i sensi.


 

Si risvegliò dolorante, la testa che pulsava e il fianco che sembrava in fiamme. Il sangue secco che aveva in faccia puzzava, quasi quanto l'aria attorno a lei. Era sdraiata con la schiena sulla pietra, il soffitto era basso e pieno di stalattiti. Si mise a sedere a fatica, sfregandosi l'occhio.

«Natia! Sei sveglia?» La chiamò qualcuno con un sussurro. «Mi senti?»

«Leske?» Rispose lei con voce impastata, riconoscendo l'amico. «Che ci fai qui?»

«Ho pensato di farti compagnia.» Rispose quello sarcastico. «Appena ti hanno scoperto, sono tutti impazziti. Si sono messi a controllare la casta di chiunque nell'Arena, sugli spalti... quando mi hanno scoperto, hanno subito capito che lavoravo con te. Mi hanno interrogato, ma credo sapessero già chi c'era dietro a tutto...»

«Non è una delle solite celle.» Osservò Natia. «Dove siamo?»

«Beraht deve aver pagato qualcuno. Queste non sono certo le prigioni delle guardie.»

La ragazza imprecò tra i denti. «Qual è la punizione per aver fatto il culo all'intera Casta dei Guerrieri?» Chiese, anche se aveva già un'idea.

«Fustigazione pubblica. Taglio della mano sinistra per aver rubato un'armatura, della mano destra per aver insozzato il lavoro di un fabbro, scorticamento in pubblico per aver impersonato un membro di una casta superiore...» Elencò Leske. «E se non sei ancora morta, esecuzione per aver dissacrato le Prove.» Concluse con voce funebre.

Natia soffiò forte dal naso, appoggiando la testa alla parete dietro di sé. «Beh, almeno se lo ricorderanno per anni.»

Leske sbuffò divertito. «Quello sicuro, salroka. Sei stata grandiosa.»

Vennero interrotti da dei passi. Jarvia, la mano destra di Beraht, emerse dal buio con un ghigno.

«Bene, sei sveglia.» Disse. «Avete causato un gran casino e Beraht ha perso cento sovrane. Le Prove sono state dichiarate invalide e l'Assemblea ha aperto un'indagine. Non puoi neanche immaginare come stesse Beraht quando mi ha detto di venirti a prendere.» La cosa sembrava divertirla terribilmente. «Godetevi l'ultima notte insieme. Peccato vi abbiamo messi in celle separate, o vi avrei augurato un'ultima scopata.» Se ne andò con un ghigno ancora più tronfio di quello con cui era arrivata.

Natia restò in silenzio per un attimo, guardandosi attorno. Intravide delle schegge di metallo sul pavimento. «Leske, non so tu, ma io non ho intenzione di restarmene qui ad aspettare che quello schifoso ci ammazzi come nug.» Annunciò, prima di mettersi al lavoro sulla serratura della cella.

Era arrugginita, e quelli non erano certo i suoi attrezzi da scasso, ma dopo qualche tentativo la porta si aprì cigolando. Esultante, uscì e si affrettò a fare lo stesso con la porta della cella del compagno.

Si ritrovarono a vagare per i corridoi, recuperando delle armi e evitando gli scagnozzi del capo per non allertare l'intero palazzo. Due volte Natia dovette farne fuori un paio che bloccavano loro la strada, ma se la cavarono senza troppi problemi, arrivando in fretta dove doveva esserci l'uscita.

«Se quella schizzata della sorella non sa stare al suo posto, non me ne faccio nulla nemmeno della troia.» Disse qualcuno, la voce attutita proveniente da dietro una porta.

“Beraht.” Lo riconobbe subito Natia. Si schiacciò contro la porta, per ascoltare meglio.

«Rica?» Commentò un altro nano. «Volevo da tempo farci un giro, con una bellezza come quella...»

Leske le fece segno di andarsene, ma Natia non ne aveva alcuna intenzione. Prendersela con lei era un conto, ma non avrebbe permesso a Beraht e ai suoi schifosi scagnozzi di toccare sua sorella.

Spalancò la porta con un calcio, gettandosi contro il suo capo approfittando dell'effetto sorpresa.

 

 

«Sei stata fantastica!» Esclamò Leske, dandole una pacca sulla spalla. «L'hai caricato di peso, e poi l'hai buttato a terra e-» Rievocò l'attacco con il coltello in aria, raggiante. «Mica se l'aspettava!»

Natia ghignò soddisfatta, pulendosi il sangue di Beraht dal viso col dorso della mano. Lo stronzo si era ritrovato un coltello piantato nella gola ed era morto agonizzando, uno spettacolo. Guardò il cadavere del nano per terra, riverso in una pozza di sangue scuro. Fece tintinnare il sacchetto di monete che avevano recuperato frugando nelle tasche dei tre, per poi lanciarlo a Leske, che lo afferrò al volo, sorridente.

«Muoviamoci, se hanno già messo qualcuno ad occuparsi di Rica...» Natia sputò per terra, centrando il corpo di Beraht. «Questo stronzo dovrebbe crepare altre venti volte.»

Uscirono dalla porta secondaria, che dava su un vicolo nel quartiere comune. Si avviarono in fretta verso l'ingresso del Distretto della Polvere, cercando di dare nell'occhio il meno possibile.

Natia rimase indietro, la testa bassa per evitare che qualcuno la riconoscesse. Parecchie guardie pattugliavano la piazza del mercato, e cinque erano appostate a bloccare il passaggio per il livello inferiore. Leske si girò verso di lei, fermandosi e guardandola interrogativamente.

«Che facciamo?» Le chiese.

Natia sospirò. «Leske. Giurami che ti prenderai cura di mia sorella.»

L'altro sgranò gli occhi. «Salroka, che vuoi fare?»

Lei scosse la testa. «Mi fido di te, Salroka.» Gli poggiò una mano sulla spalla, superandolo a grandi passi e a testa alta, camminando in direzione delle guardie con un ghigno feroce stampato in volto.

«Hei, voi! Volete farvi fare di nuovo il culo da una marchiata, o vi è bastato alle Prove?» Gridò loro.










Note dell'Autrice: Ecco a voi Natia e Duran! Natia è estremamente volgare e a volte sgrammaticata, se notate degli errori nelle sue battute, sono probabilmente voluti. Mi piacciono un sacco le differenze e le dinamiche tra le varie caste dei nani, per quanto sia un sistema orribile, e spero di riuscire ad affrontarle in modo interessante. Il capitolo di Orzammar è molto lungo, essendo diviso per due personaggi, quindi seguirà la seconda parte. Recensioni, commenti, critiche o osseravazioni mi farebbero molto piacere. 

Ho disegnato i vari protagonisti. QUI c'è Natia, nel prossimo capitolo ci sarà il link per Duran.

Al prossimo capitolo! 

  
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