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Autore: Clauridice    14/08/2017    1 recensioni
Nella vita arriva un momento in cui bisogna decidere: o la magrezza o la felicità...
P.S. Questa fanfiction è ispirata alla canzone "Anna dimmi di si" di Laura Pausini
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono una ragazza come tutte le altre ho vent’ anni e frequento l’università delle belle arti cosa che ho sempre amato fin da bambina.
Ho molte amiche che mi vogliono bene che farebbero di tutto per farmi felice come anche i miei genitori e le mie sorelle, fino a quando un giorno tutto è cambiato.
Stavo guardando una rivista di abiti indossati da modelle magrissime dal corpo perfetto , senza una traccia di cellulite o altro.
Quei vestiti le stavano come un guanto come se avessero una seconda pelle e pensai subito che avrei tanto voluto indossarli anch’io ma con il fisico che mi ritrovavo non avrei potuto farlo anche se tutti mi dicevano che ero perfetta , invece ogni volta che mi guardavo allo specchio provavo soltanto ribrezzo e odio verso il mio corpo e fu così che arrivai a rifiutare il cibo come se fosse la cosa più orribile del mondo , lo consideravo un vero e proprio veleno.
Ogni giorno mia madre mi cucinava i miei piatti preferiti per cercare di invogliarmi a mangiare ma tutto era vano, il mio stomaco con il tempo non riceveva nulla e se ogni tanto riuscivo a mandar giù qualcosa correvo in bagno a vomitare sotto gli occhi di mia madre che ogni volta si sentiva lacerare l’anima.
Erano trascorsi circa due mesi da quando ero caduta nel tunnel dell’anoressia ero arrivata a quaranta chili, il mio corpo non ne voleva più saperne di mangiare , ma nonostante questo mi vedevo sempre più grassa finchè un giorno mentre ero in bagno a controllare il mio peso su quella maledetta bilancia caddi svenuta sull’impiantito e fu allora che i miei genitori decisero di ricoverarmi in Ospedale e lì sono iniziati le flebo con gli integratori, le visite con i medici, il calvario di un rapporto difficile con chiunque, i miei genitori venivano a trovarmi spesso dicendomi di non mollare e di avere coraggio perché prima o poi sarei riuscita a vincere la malattia, ma le cose andavano sempre peggio , facevo credere ai medici e gli infermieri di seguire la cura che mi avevano prescritto e invece ogni volta svuotavo le sacche alimentari in bagno e le riempivo con semplice acqua e mi rifiutavo di prendere qualsiasi psicofarmaco.
Ho continuato cosi per diverso tempo finche il personale dell’Ospedale si accorse che continuavo a perdere peso e che non seguivo la cure.
Fui cosi affidata a un’ educatrice e i controlli divennero più stringenti , ma io non avevo alcuna intenzione di farmi aiutare, anche il reparto di disturbi alimentari sembrò non essere più adatto alla mia condizione.
Mi spostarono cosi al reparto di medicina , ma questo non fece che aggravare la mia situazione.
Ero sempre più libera di fare quello che volevo , ritrovandomi in un reparto che non aveva nulla a che fare con i miei problemi.
Arrivai a pesare a trentasette chili e a quel punto fui mandata in una comunità educativa , perché in ospedale non sapevano più come aiutarmi, in comunità c’era di tutto : molti ragazzi con problemi familiari, storie diverse dalla mia, ma accomunate dalla mia stessa sofferenza.
Mi venivano somministrati psicofarmaci, antidepressivi , ansiolitici.
Mi sentivo intontita , ma ancora consapevole di quanto succedeva intorno a me .
Decisi che non volevo prenderli e comincia a far finta di assumerli,mentre continuavo a nascondere il cibo.
Andavo in giro mascherando la mia magrezza con dei dei vestiti larghi , nei quali nascondevo il cibo per poi buttarlo di nascosto.
Il mio processo autodistruttivo è andato avanti fino a quando non sono più riuscita ad alzarmi dal letto per la debolezza .
Questa condizione mi ha costretta in un isolamento forzato, che mi ha tenuta lontana da qualsiasi attività facessero i miei compagni e gli altri ragazzi del centro.
E’ stato allora che ho capito che dovevo fare qualcosa e riappropriarmi della mia vita , non volevo più stare sola , dovevo assolutamente ricominciare a volermi bene.
Cominciai a combattere contro la forza distruttiva che avevo dentro e cominciai a curarmi , ad assumere le medicine e a lavorare su me stessa.
Ho avuto altre ricadute , sono stata lontana dalla mia famiglia per tanto tempo , ma alla fine sono tornata a casa.
Adesso posso dire di stare bene , mi sento un’altra persona , so riconoscere i segnali di qualcosa che potrebbe peggiorare e questo mia aiuta a prevenire un eventuale ricaduta .
Ho capito che l’amore aiuta.
So che le persone come me hanno bisogno di molto affetto come quello che mi hanno sempre dato i miei genitori e le mie sorelle e ovviamente grazie alla forza della vita.
  
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