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Autore: Alison92    14/08/2017    1 recensioni
Fra le tante attrattive della scuola privata Thomas Dreier, i cinque giorni di vacanza offerti ai migliori quindici studenti della scuola sono certamente un richiamo per tutti i giovani allievi.
Lyvia Sommers fa parte di quei quindici eletti scelti per partire verso la splendida isola di Everdove, dalle acque limpide e dal cielo cristallino.
Un'antica leggenda però si nasconde fra quelle coste, insidiandosi nelle vite serene e felici dei giovani.
La storia oscura della famiglia Rosenburg, seminata di odio e terrore, conduce Lyvia e gli altri studenti verso differenti orizzonti, verso una casa maledetta che cela un passato grondante di sangue e vendetta.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fissai come incantata le lettere rosse che formavano i nomi di tutti noi. Lucy tentava di trattenere le lacrime quando vide il nome della piccola Mary che imbrattava la parete della stanza difronte alla mia.
-Cosa significa tutto questo? Che diavolo sta succedendo?
Chiese con tono disperato Mya. Aprii la bocca per rassicurarla, per dirle che ci sarebbe stata una spiegazione dietro quelle macabre scritte, ma non ci credevo neanche io. Volevo andarmene, scappare da quella casa inquietante. Avanzai verso le scale quando qualcuno mi afferrò il braccio.
-No Lyvia, restare fuori potrebbe essere più pericoloso.
Fissai gli occhi di Francis e improvvisamente l’inquietudine svanì, eravamo solo io e lui in quella gabbia di terrore.
-Credi che stare qui sia meglio?
-Non lo so, è tutto talmente assurdo.
La paura occupava il suo volto sul quale non c’era più il solito sorriso luminoso. Mi arresi all’idea di rimanere lì, io stessa avevo timore di restare nelle tenebre di quella maledetta notte. Quando fui in quel letto confortevole, con il mio nome scritto con il sangue che vegliava su di me come un oscuro presagio e con la finestra aperta sull’orizzonte, mi fu insolitamente facile dormire. Ero distrutta, avevo semplicemente tolto la mia camicia bianca e i pantaloni blu, poi avevo afferrato la prima cosa che avevo visto in uno dei cassetti del mio armadio. La sensazione d'indossare abiti che qualcuno aveva già indossato, di essere avvolta nelle coperte dove altri avevano dormito, mi rendeva inquieta. Il suono dolce delle onde mi concesse qualche ora di sonno. La mattina seguente mi ci vollero alcuni istanti per realizzare perché io fossi là. Ogni cosa in quella stanza appariva meno inquietante alla luce tremula del sole. Dentro il mio armadio trovai decine di abiti, rigorosamente celesti, blu e bianchi. Erano i miei colori preferiti, com’era possibile che il caso avesse messo nella mia stanza i miei colori? Indossai un abito bianco in trina e delle scarpe del medesimo colore, poi uscii dalla stanza. Bussai alla porta di Lucy e lei mi aprii senza neanche chiedere chi fossi. Sul suo letto erano stati posti una dozzina di abiti del colore del grano. Lei stessa indossava un abito giallo pastello.
-Oltre ai nostri nomi questo. In ogni stanza ci sono abiti del nostro colore preferito. È come se qualcuno, o  qualcosa, che ci ha condotti qui ci conosca alla perfezione.
Ci ritrovammo tutti nel grande salone della casa. Era imponente e maestoso, alla luce del sole sembrava parecchio più vasto. Tutti noi indossavamo gli abiti che avevamo trovato nelle nostre stanze, perfino la piccola Mary, che non osava proferire parola, indossava un abitino arancione. Cominciammo tutti a parlare fra di noi, chiedendo alla nostra professoressa cosa fosse successo, perché e come noi eravamo su quell’isola.
-Ci divideremo i compiti. Tutti i ragazzi di 19 e 18 anni verranno con me a cercare un mezzo per lasciare l’isola, quelli di 17 cercheranno provviste e risorse di ogni genere, mentre tutti gli altri se vorranno potranno controllare la casa. Ci vediamo fra quattro ore qui.
Ognuno di noi si adoperò per i compiti al quale era stato assegnato. Il nostro fu semplice, trovammo un’enorme dispensa ricolma di cibo e acqua potabile.
-Sembra come se qualcuno fosse venuto qui, avesse lasciato tutto questo e poi se ne fosse andato.
Il tempo non aveva avuto nessun effetto corrosivo su quella casa e l’unica cosa plausibile era che qualcuno l’aveva tenuta in quell’ottimo stato.
-Sembra che il tempo si sia fermato alla morte dei Rosenburg.
Sussurrai sfiorando il tavolo in legno della sala da pranzo.
-Lucy, dove si è cacciata Mary?
Le chiesi quando mi accorsi che non era più con noi.
-In camera sua sicuramente, stanotte non ha dormito molto.
Andai da lei, perché immaginai che quella ad aver risentito più di tutti di quella situazione era lei. La trovai sul suo letto a piangere. I suoi capelli biondi erano sparsi sul cuscino e l’abito elegante era già stropicciato.
-Mary, sono io.
Lei si voltò lentamente verso di me, quasi non riuscisse a riconoscere la mia voce. Mi sedetti accanto a lei, accarezzandole il viso bagnato.
-Voglio andare a casa.
-Vogliamo tutti andare a casa, solo che adesso non è possibile.
La strinsi fra le mie braccia e mi apparve così debole, come se avessi potuto ferirla anche con la stretta più lieve.
-Tu farai di tutto per riportarci a casa, vero?
Per un attimo fui indecisa su cosa risponderle, non ero sicura di nulla in quegli istanti.
-Certo Mary, farò qualunque cosa.
La rassicurai, ma non credevo neanche io nella mia promessa. 
  
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