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Autore: heliodor    14/08/2017    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Proposta

Joyce si sentiva frastornata.
La serata era stata lunga e piena di eventi. Tutto le sembrava ancora così irreale. Le sembrava di vivere in una specie di sogno dal quale rischiava di svegliarsi in qualsiasi momento.
Tharry aveva chiesto la sua mano e lei aveva accettato.
In quel momento le era sembrata la cosa migliore da fare. Un rifiuto avrebbe rovinato l'alleanza tra Valonde e Taloras.
Anche se aveva perso Vyncent, c'erano ancora i suoi cari. Suo padre, Bryce e Galef rischiavano la vita ogni giorno sul campo di battaglia. Roge, anche se si era comportato in maniera odiosa con lei, era prigioniero di Malag. Col passare del tempo lo aveva perdonato. In fondo lui voleva far finire in fretta quella maledetta guerra.
Se non poteva più avere Vyncent, poteva almeno dare una mano a chi combatteva Malag, che glielo aveva portato via per sempre. Sarebbe stato il suo modo di fare la sua parte.
Ma c'era altro che poteva fare, con i suoi nuovi poteri.
Quella notte ci sarebbe stata una riunione a Belaryon e lei non voleva perdersela.
Ma la serata era ancora lunga.
Era iniziata con le ancelle che l'avevano aiutata a vestirsi. Il vestito per la serata le era stato donato dal re in persona.
Era stata Lionore a portarglielo. "Con questo addosso sarai splendida" aveva detto con tono divertito.
C'era voluta un'ora per vestirsi e prepararsi. E quando era stata pronta, Lionore e Tharry erano venuti a prenderla e scortarla fino al salone delle feste.
La lenta discesa lungo la scalinata era stata un'idea di Lionore. Quel genere di teatralità sembrava piacerle. "Faremo ammutolire tutti" aveva detto prendendola sotto braccio.
Aveva ragione. Gli ospiti sembravano impressionati.
Guardandosi attorno Joyce aveva notato la presenza di Lady Gladia che l'osservava senza lasciar trasparire nessuna emozione.
Aveva cercato Privel, ma lo stregone non c'era.
In un angolo aveva notato Oren che sorvegliava la sala, come aveva fatto Mythey ogni volta che la scortava fuori dalle mura del castello di Valonde.
Quel pensiero la rassicurò. Era confortante sapere che qualcuno vegliava sempre su di lei.
Le presentazioni di rito erano state lunghe. Metà dei nobili del regno volevano omaggiarla con un inchino più o meno elaborato e l'altra metà sgomitava per raggiungerla.
Quando la pressione si era fatta insostenibile, Tharry l'aveva presa per mano e l'aveva condotta in mezzo alla sala da ballo.
Avevano iniziato a danzare sulle note suonate da un'orchestra.
L'ultima volta che aveva ballato in quel modo era stato con Vyncent. Lui non era un ballerino bravo come Tharry, ma a lei non era importato. Si erano divertiti così tanto nel cercare di non pestarsi i piedi a ogni volteggio...
Quel pensiero l'aveva quasi commossa.
"Tutto bene?" le aveva chiesto Tharry. "Ti stai divertendo?"
"Molto" aveva risposto lei. E non stava mentendo. Era da parecchio che non si divertiva in quel modo.
Tharry era affettuoso e timido e si interessava a lei. Anche se cercava di non darlo a vedere sembrava impacciato e a disagio ogni volta che doveva esprimersi in maniera galante.
Vyncent era più spontaneo. Non era mai stato timido o impacciato in sua presenza, sembrava sapere sempre cosa dire e come dirlo.
Smettila di pensare a lui, si disse.
Non osava chiedere notizie su quello che era successo a Londolin. Non voleva sapere. Conosceva il quadro generale e tanto le bastava. Malag aveva attaccato il regno e c'era stata una violenta battaglia. Tutti gli stregoni di Londolin erano stati uccisi. Le persone comuni, a meno che non fossero stati soldati o si fossero opposti, non erano state toccate.
Malag aveva risparmiato quelli che non avevano i poteri.
La notizia si era diffusa come un fuoco in tutto il continente. Stando a quanto era riuscita a scoprire, c'era stata una violenta ondata di indignazione a causa del massacro e ora molti regni che prima erano neutrali si stavano schierando dalla parte di Valonde e dei suoi alleati.
Malag era sempre più solo.
Joyce aveva chiesto a Tharry se potesse fornirle notizie di suo padre e dei suoi fratelli.
"Quando arriverà un dispaccio sarai la prima a saperlo" aveva risposto il principe.
Dopo aver danzato erano usciti sulla balconata. Faceva freddo e lei era sudata.
Tharry aveva ordinato a un valletto di portarle una mantellina.
Vyncent si sarebbe tolto il mantello e lo avrebbe dato a lei.
Smettila, si disse. Così ti fai solo del male.
Ricacciò indietro le lacrime e si costrinse a sembrare felice. Fai finta che vada tutto bene.
Fallo per l'alleanza.
Fallo per Vyncent.
Era inutile combattere contro quel pensiero. Tanto valeva abbandonarsi alla tristezza.
"Vostra altezza" aveva detto una ragazza dai capelli castani riportandola alla realtà. "Vi porgo i miei omaggi."
"Vi ringrazio" aveva risposto sforzandosi di sorridere.
"Ma non ti illudere, Joyce di Valonde" aveva aggiunto la ragazza. "Tu non ti sposerai mai e non conoscerai la felicità." Poi si era voltata ed era andata via.
Joyce aveva guardato Tharry, incredula su quello che aveva appena udito. Il principe era sbiancato.
"Cosa voleva dire?"
Tharry aveva fissato un punto davanti a sé.
"Tharry?"
Questo lo fece riscuotere. "Vuoi perdonarmi, Joyce? Devo parlare con una persona."
Non aveva atteso che lo congedasse per andarsene a passo spedito.
Joyce era rimasta sola con gli invitati. Non sapeva cosa fare con tutta quella gente.
Lady Gladia era apparsa al suo fianco e aveva respinto in malo modo i questuanti più invadenti. Poi si era rivolta a lei: "Te la stai cavando bene, signorina."
"Vostra grazia" aveva risposto Joyce.
"La grazia mi si addice poco. Il principe intende farti una proposta e io ti consiglio di accettarla."
Joyce si fece attenta.
"So che hai chiesto notizie di tuo padre e dei tuoi fratelli. Non posso dirti molto, ma ho delle notizie che potrebbero interessarti."
Cosa sapeva quella donna? E perché non era stata informata se c'erano delle novità?
"La guerra è a una svolta e potrebbero esserci delle sorprese nei prossimi giorni" disse lady Gladia.
"Mio padre come sta? E Bryce?"
"Di tuo padre non so niente e la tua sorellina era a Londolin poco prima dell'attacco."
Joyce ebbe un tuffo al cuore.
"Non lo sapevi?" domandò lady Gladia divertita. "Povera piccola, devi sentirti davvero sola. Se vuoi che questa guerra termini in fretta, ognuno di noi deve fare la sua parte. Anche tu, Joyce di Valonde."
"Ho intenzione di farlo" aveva risposto Joyce.
"Molto bene" aveva detto la donna con tono soddisfatto. "Ora ti lascio. Il tuo principe sta tornando."
Tharry era sopraggiunto in quel momento e l'aveva presa da parte.
Lady Gladia era scomparsa confondendosi tra la folla.
Tharry l'aveva condotta in un punto isolato della balconata, lontano dai curiosi che si accalcavano per strappare un saluto ai principi.
"C'è una cosa che devo chiederti" disse Tharry. "Ma non so se riuscirò a trovare le parole."
Joyce aveva atteso e temuto quel momento. Non era come nei romanzi d'avventura, dove la principessa non desiderava altro che il suo principe le facesse 'quella' proposta.
Lei si sentiva atterrita e spaventata al tempo stesso. Sapeva di dover fare la cosa giusta e che molto era in ballo. Tropp,o per lei che a malapena aveva compiuto sedici anni.
"Usa il tuo cuore" aveva detto Joyce.
Che cosa stupida da dire. Nemmeno nei romanzi della Stennig la principessa si abbassava a dire una simile stupidaggine. Se lei fosse stata la principessa Florel avrebbe trovato le parole giuste. Anche Joana la strega regina avrebbe saputo che cosa dire.
Lei però era solo Joyce di Valonde e tutto quello che era riuscita a dire...
"Vuoi sposarmi?" le aveva chiesto Tharry.
La sua mente deragliò. Ecco, era successo, aveva fatto 'quella' domanda.
E adesso che cosa rispondo?
Poteva sbattergli in faccia un 'no' e sarebbe tornata subito a casa. Fine dell'alleanza tra Taloras e Valonde. La guerra sarebbe durata per mesi o anni e forse non l'avrebbero vinta.
Bryce, Galef, suo padre e Roge avrebbero sofferto a causa sua. Avrebbe deluso tutti quelli che avevano confidato in lei.
E Vyncent non sarebbe stato vendicato.
Fallo per loro, si disse.
Fallo per Vyncent.
"Sì" disse.
Tharry abbozzò un sorriso e lo comunicò al padre e alla sorella.
Il re volle dare subito l'annuncio che fu seguito da un lungo applauso.
Joyce cercò di sorridere a quelli che si complimentavano con lei. Non si sentiva a suo agio in mezzo a quelle persone. "Sono stanca" disse a Tharry. "Vorrei ritirarmi nelle mie stanze se non ti spiace."
"Chiamo subito delle ancelle e ti faccio scortare" aveva risposto il principe.
Vyncent mi avrebbe accompagnata di persona. "Col vostro permesso" aveva detto rivolta al re.
Una volta nelle sue stanze si era chiusa dentro abbandonandosi a un pianto dirotto, la testa affondata nei soffici cuscini del letto.
Solo dopo un'ora si era asciugata le lacrime e si era tolta il vestito.
In uno dei bauli aveva trovato degli abiti più comodi: dei pantaloni e una blusa. Li aveva indossati sentendosi subito a suo agio.
Poi aveva trovato un mantello scuro con cappuccio e se lo era gettato sulle spalle.
Aveva mormorato la formula di trasfigurazione diventando Sibyl.
In quella forma si sentiva bene. Non era la povera Joyce, costretta a sposare un ragazzo che non avrebbe mai amato davvero.
Quella era Sibyl, la maga che non aveva paura di niente e nessuno. Lei era indiendente e forte e avrebeb sposato chi le diceva il cuore, non la ragion di stato.
Aprì il balcone assaporando il freddo della sera. Il castello si stava svuotando dei suoi ospiti e in lontananza vedeva le carrozze che si allontanavano in una fila continua.
Trasse un profondo respiro e si diede lo slancio dopo aver recitato la formula della levitazione. Un minuto dopo volava verso Belaryon.
 
Era folle e sapeva di farlo solo per sentirsi ancora libera. Dopo le nozze avrebbe fatto sparire il compendio magico e si sarebbe dimenticata di tutta quella faccenda.
Non poteva essere Sibyl la maga e Joyce la regina di Taloras allo stesso tempo.
Doveva scegliere e aveva scelto.
Ma per quella notte era ancora libera di andare dove voleva e di correre qualche rischio.
Era curiosa di sapere chi dovevano incontrare lady Gladia e Privel quella notte. A giudicare dal loro modo di fare si trattava di una questione di vitale importanza per Taloras e la guerra contro Malag.
In qualità di futura regina era suo dovere indagare.
Atterrò in una radura sgombra di alberi. Secondo i calcoli che aveva fatto, il Belaryon era solo un paio di miglia a nord. Poteva arrivarci in trenta minuti di marcia sostenuta.
C'era un sentiero che si snodava tra gli alberi. Anche se la luce delle stelle era tenue poteva seguire la pista senza difficoltà. Decise di non evocare un globo luminoso. L'ultima volta un troll l'aveva quasi divorata.
Raggiunse il Belaryon dopo quaranta minuti di marcia. Per prudenza percorse l'ultima mezzo miglio abbandonando il sentiero dopo essersi resa invisibile.
Il Belaryon era un rudere in rovina. Tutto quello che restava di una costruzione una volta imponente, era un edificio sormontato da una cupola di pietra. Il marmo bianco che i costruttori avevano usato per innalzare il colonnato era scheggiato e segnato dal tempo. Lo spiazzo attorno all'edificio era ingombro di colonne spezzate e tratti di mura crollate, segno che lì sorgevano altri edifici che facevano parte di un complesso più grande.
Era in anticipo o in ritardo?
Non le restava che attendere.
La sua pazienza fu ripagata. Dopo meno di un'ora due cavalieri raggiunsero il Belaryon provenendo dal sentiero.
Joyce li riconobbe subito. Erano lady Gladia e Privel.
I due smontarono e legarono i cavalli al mozzicone di una colonna, quindi si avviarono verso il Belaryon.
Joyce attese che si fossero allontanati prima di seguirli.
Si mantenne a una certa distanza, pronta alla fuga se uno dei due si fosse accorto della sua presenza.
Lady Gladia fu la prima a raggiungere il colonnato e poi a inoltrarsi nel palazzo. Privel la seguì in silenzio.
Joyce si appiattì contro una delle colonne e poi un muro. Da lì poté udire quello che si dicevano.
"Dovrebbe essere già qui" disse lady Gladia.
"Tra poco verrà."
"Odio attendere."
Dopo una ventina di minuti una figura si presentò al Belaryon.
Era un ragazzo sui trent'anni, alto e magro. Indossava una specie di saio con il cappuccio calato sul viso per nasconderlo.
"Fatti vedere" disse Privel.
Il nuovo arrivato sollevò il cappuccio, mostrando un viso ovale incorniciato da lunghi capelli chiari. Aveva le guance scavate e il naso aquilino.
"Maestro Privel" disse con voce appena udibile. "È un piacere rivederti."
"Tu non sei più mio allievo, Rancey" disse Privel con tono disgustato.
Rancey lo ignorò. "Lady Gladia" disse rivolgendo un inchino all'inquisitrice.
"Dicci che vuoi" tagliò corto la donna. "È stata una serata pesante e voglio andare a riposare."
"Ho saputo della bella notizia" disse Rancey. "Il regno sarà benedetto da un matrimonio. State forgiando una nuova alleanza con Valonde a quanto vedo."
"Immagino che lord Malag non ne sia affatto contento" disse lady Gladia.
Rancey fece una smorfia. "Attualmente il suo interesse è rivolto altrove. Valonde non è più in cima ai suoi pensieri."
"E allora che cosa vuoi?" domandò Privel.
"In verità sono qui per mettervi in guardia."
"Ci stai minacciando?" chiese lady Gladia.
"Nel modo più assoluto, no. Lord Malag non intende torcere un capello a nessuno degli stregoni di Taloras. Non è mai stata sua intenzione fare la guerra ai circoli di stregoneria."
"Come con Londolin?"
Udire quel nome le diede una dolorosa fitta allo stomaco.
Rancey ghignò. "Quella era più una questione personale."
"Vieni al punto, Rancey" lo esortò lady Gladia.
"Porto un dono da parte di lord Malag" disse Rancey.
"È molto gentile da parte sua, ma non siamo interessati" rispose lady Gladia.
"Non vuoi ascoltare?"
"A cosa servirebbe?" domandò la donna.
Privel le fece un cenno con la mano. "Sentiamo che cosa ha da dire."
Lady Gladia trasse un sospiro rassegnato. "E sia. Ti ascoltiamo."
"Lord Malag vi porta in dono il più grande di tutti i poteri" disse sorridendo.
Lady Gladia e Privel rimasero in attesa. Persino Joyce trattenne il fiato.
"La conoscenza" proseguì Rancey. "Conoscere le cose è il dono più grande e potente. Senza la conoscenza che cosa saremmo?"
"Ci hai fatti venire qui per tenerci una lezione?" chiese lady Gladia con tono sprezzante.
"Vi ho fatti venire qui per mettervi in guardia" ripose Rancey facendosi serio. "Lord Malag non è l'unico a pensare che questo matrimonio non debba avere luogo.  Ci sono membri illustri del vostro circolo che la pensano allo stesso modo."
Lady Gladia scollò le spalle. "Non ci dici niente di nuovo."
"Forse vi interesserebbe sapere chi tra loro è pronto a tradirvi?"
"E dovremmo fidarci della tua parola?"
Rancery sorrise. "Posso darvi la possibilità di smascherarli."
Privel fece un passo avanti. "Dicci i loro nomi o torna da dove sei venuto."
Rancey mise la mano nella tasca del saio e ne tirò fuori un foglio ripiegato in due. Lo porse a lady Gladia.
La strega lo aprì e gli diede una rapida occhiata. "Che cosa volete in cambio?"
"Lord Malag è magnanimo. In cambio vuole solo la neutralità di Taloras in questa guerra."
"E...?" disse lady Gladia.
Il sorriso di Rancy si allargò. "La principessa."
Joyce ebbe un tuffo al cuore.
"Ti riferisci a Joyce di Valonde?" domandò lady Gladia.
Rancey annuì.
"È solo una ragazzina. Cosa se ne fa Malag?"
"Non conosco i piani del mio lord. Mi limito a eseguirli, se possibile."
"Lascia che torni a casa. Quella ragazza non può fare del male a nessuno. È solo una pedina."
"Non sono io che stabilisco le regole" si limitò a dire Rancey. "Che cosa devo riferire a lord Malag? Ho la vostra parola?"
"Non possiamo impegnarci" disse Privel.
"Dobbiamo discuterne" aggiunse lady Gladia. "Il re deve sapere cosa sta succedendo."
"Avete cinque giorni di tempo" disse Rancey.
"Ce ne servono di più" disse Privel.
"È tutto quello che vi possiamo concedere. Allo scadere del tempo, matrimonio o no, se lord Malag non avrà ciò che chiede, Taloras sarà in guerra contro di lui."
"Chi ci garantisce..." iniziò a dire Privel.
Rancey sollevò la testa di scatto. I suoi occhi brillavano. "Dovevate venire da soli" disse con tono allarmato.
Lady Gladia si accigliò. "Siamo solo noi."
"No, c'è un intruso" disse sollevando il braccio in direzione del nascondiglio di Joyce.
È arrivato il momento di andare, pensò Joyce. In qualche modo la vista speciale di Rancey l'aveva individuata, nonostante fosse nascosta e invisibile.
Mosse un passo fuori dal suo nascondiglio.
"Lì" gridò Rancey.
Un dardo volò sopra la testa di Joyce ed esplose su di un albero seminando in giro una cascata di schegge.
D'istinto si curvò in avanti e cominciò a correre. Si tuffò nelle tenebre sperando che la nascondessero.
Mentre correva non osava voltarsi indietro. Si gettò tra i cespugli, i rami che le graffiavano la pelle del viso e delle braccia rischiando di impigliarsi nei capelli.
Infine si fermò con le spalle rivolte a un albero, ansimante.
Non c'era altro rumore che il suo respiro. Era ancora invisibile, ma chiunque poteva sentirla. E se avesse usato un incantesimo di levitazione sarebbe subito ridiventata visibile.
Doveva aspettare.
Aspettare...
Qualcosa si mosse alla sua sinistra. Joyce si curvò in avanti. Dove un attimo prima c'era la sua testa esplose un dardo.
Vide due occhi simili a quelli di un gatto brillare nelle tenebre.
"Chi sei?" chiese Rancey.
Joyce rotolò sul fianco sbucciandosi i gomiti e cercò riparo dietro un albero.
Un dardo esplose ai suoi piedi polverizzando un cumulo di foglie secche.
Non sta andando affatto bene, pensò.
Si rialzò e corse per poi tuffarsi in un cespuglio, dal quale riemerse coperta di terra e foglie.
Si voltò e incrociò gli occhi di Rancey. Due dardi volarono a destra e sinistra, sfiorandola. Stava aggiustando la mira o forse voleva solo ferirla invece di ucciderla.
Doveva trovare il modo di uscirne, in qualsiasi modo.
Invece di fuggire, recitò la formula del globo luminoso. Una luce intensa rischiarò quel tratto di bosco all'improvviso.
Rancey si schermò gli occhi come sorpreso da quel bagliore improvviso.
Joyce emerse dall'invisibilità con un dardo magico già pronto e lo scagliò contro lo stregone.
Troppo tardi.
Rancey evocò uno scudo magico deviando il colpo e si preparò a rispondere sollevando il braccio verso di lei.
Joyce recitò la formula dello scudo magico come l'aveva imparata qualche sera prima. "Ra Kazhak."
L'aria si increspò davanti a sé, disegnando un circonferenza di energia che si muoveva seguendo il movimento del braccio, come se si trattasse di uno scudo.
Rancey esplose un dardo che venne assorbito dallo scudo. La forza dell'impatto si trasmise al braccio e al resto del corpo di Joyce, che dovette lottare per non perdere l'equilibrio e cadere all'indietro.
Rancey la colpì con un altro dardo. "Si può sapere chi sei? Lavori per Remil?"
Joyce non aveva idea di chi fosse né aveva intenzione di rispondergli.
Rancey la colpì con un altro dardo che faticò a respingere. Lo scudo si era fatto più sottile? L'aria sembrava meno increspata.
C'era un limite ai colpi che poteva assorbire prima che cedesse?
Non aveva voglia di scoprirlo. Doveva guadagnare tempo.
"Lavoro per Tharlip" disse. Nel 'Canto della principessa Luna' era il nome del fedele destriero del principe Azen.
"E chi sarebbe? Che cosa vuole?"
La mente di Joyce lavorò frenetica. "Informazioni. Lui vende le informazioni che io gli procuro."
"Questa ti costerà cara" disse Rancey. "Lo sai chi stavi spiando, strega?"
"È da tempo che ti seguo" mentì. "Se avessi voluto ucciderti, l'avrei già fatto. Non è la tua vita che voglio."
Rancey sogghignò. "Ma io mi prenderò la tua."
Altri due dardi esplosero contro lo scudo, sbalzando Joyce all'indietro. Sbatté con la spalla contro l'albero e rimbalzò di lato, cadendo.
"Sei mia" urlò Rancey avanzando.
Joyce si girò sul fianco ed evocò un dardo magico. Lo puntò verso l'alto e lo fece partire. Il dardo esplose alla base di un grosso ramo che si spezzò precipitando.
Rancey poté solo voltarsi prima di essere colpito dal ramo che gli si abbatté addosso.
Joyce lo sentì gridare. Non attese oltre e si rimise in piedi, correndo nella direzione opposta. Dissolse il globo di luce e si tuffò nella vegetazione.
Rancey gridò qualcosa al suo indirizzo ma non rimase ad ascoltarlo. Doveva solo mettere qualche decina di passi tra lei e lui e lanciare un incantesimo di levitazione.
Poteva farcela.
Poteva...
Un'ombra scivolò alle sue spalle.
Joyce la vide appena. Qualcosa le afferrò il piede e cadde, ruzzolando lungo il sentiero.
Si fermò alla base di un cespuglio. Sentiva tutte le ossa farle male e doveva essere piena di lividi. Era esausta per lo sforzo e la tensione, incapace di alzarsi.
Sdraiata sulla schiena a fissare il cielo stellato, attese che giungesse la sua ora.

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