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Autore: Pinker    14/08/2017    1 recensioni
[dal testo]
A Jaeger non piaceva ballare.
Mai piaciuto, e probabilmente mai gli piacerà.
Da piccolo non capiva tutto il lavoro e la sincronia che stavano dietro ai passi di danza tra due individui.
Si meravigliava di come tutte le persone andassero, più o meno, a tempo con il ritmo di musica e di come tutti, dal primo all'ultimo, sapessero le mosse giuste da fare al momento giusto, così che tutte le coppie risultassero una lo specchio dell'altra.
Eren si chiedeva se davvero ci fosse un ordine specifico prestabilito o, come diceva sua madre, lo “decidevano col cuore”.
Si ricordava che alle feste di paese lui stava semplicemente seduto su una panca di legno, vicino a sua madre, battendo le manine a tempo di musica insieme alla gioiosa donna a fianco.
Crescendo, il ragazzo dagli occhi verdi ha capito che non gli interessava proprio nulla.
Ballare era un passatempo per chi aveva tempo e, soprattutto, pace. E lui sapeva che non aveva né uno, né l'altra.
Le uniche “danze” che poteva permettersi erano quelle tra le collottole dei giganti.
[...]
La vera domanda è, chi gli ha fatto cambiare idea?
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Leonhardt, Eren Jaeger, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Jaeger non piaceva ballare.

Mai piaciuto, e probabilmente mai gli piacerà.

Da piccolo non capiva tutto il lavoro e la sincronia che stavano dietro ai passi di danza tra due individui.

Si meravigliava di come tutte le persone andassero, più o meno, a tempo con il ritmo di musica e di come tutti, dal primo all'ultimo, sapessero le mosse giuste da fare al momento giusto, così che tutte le coppie risultassero una lo specchio dell'altra.

Eren si chiedeva se davvero ci fosse un ordine specifico prestabilito o, come diceva sua madre, lo “decidevano col cuore”.

Si ricordava che alle feste di paese lui stava semplicemente seduto su una panca di legno, vicino a sua madre, battendo le manine a tempo di musica insieme alla gioiosa donna a fianco.

Crescendo, il ragazzo dagli occhi verdi ha capito che non gli interessava proprio nulla.

Ballare era un passatempo per chi aveva tempo e, soprattutto, pace. E lui sapeva che non aveva né uno, né l'altra.

Le uniche “danze” che poteva permettersi erano quelle tra le collottole dei giganti.



Delle tante cose che non si aspettava del campo d'addestramento in cui aveva vissuto per tre anni, è il fatto che il loro severo istruttore dava una vivace festa di inizio estate ogni anno.

“Che festa è senza vino?!” urlava più volte, poggiando caraffe piene dell'alcolica sostanza sulle tavolate della mensa, e infischiandosene altamente che non potesse dare alcol ai minori.

“Sciocchezze!” rispondeva lui, quando gli ricordavano che non era una cosa in norma con la legge. “Qualche bicchiere di buon vino non ha mai ucciso nessuno!” affermava lui, mentre alcuni suoi alunni, poco più dietro, portavano sotto suo comando all'interno della mensa parecchie botti di vino.

Un altro motivo per cui i suoi colleghi storcevano il naso all'idea, era perché di fatto la preziosa bevanda era costosa, ed era uno spreco se data a dei quindicenni.

Tuttavia, come ogni anno, la cosa veniva lasciata correre.

In questa festicciola si poteva mangiare a sbafo, bere fino ad un passo dal coma, cantare, suonare e...danzare. Si ballava di tutto, dalle ballate di paese fino a quelle di montagna. Si ballava da soli o in compagnia, spesso azzardando mosse a caso, come a Connie e Sasha piaceva fare.

Era un andazzo che durava tutta la notte fino alle prime luci dell'alba.

Per quanto a Eren piacesse la compagnia del suo squadrone, tendeva ed essere un po' schivo: non beveva neanche un goccia, consumava la sua abbondante cena e se ne andava quando si faceva troppo tardi.

Però quella volta era differente: il terzo anno era diverso, era l'ultimo.

Forse sarebbe stata buona cosa provare, almeno per una volta, ad immergersi di più in questa festicciola speciale.

Così pensava Eren mentre, con la testa da tutt'altra parte, aiutava a posizionare le panche di legno scuro verso i muri. Al centro della mensa, Jean, Marco e Mikasa stavano spostando i tavoli legnosi.

Marco lo faceva canticchiando, Jean flirtando con la silenziosa Mikasa.

Finito di sistemare le panche, grazie anche all'aiuto di Ymir e Christa, Eren appoggiò la schiena contro il muro, osservando i tre al centro: Jean che faceva il simpatico sbruffone qual era mentre Mikasa probabilmente si stava trattenendo da un'azione omicida; dietro di loro, Marco lavorava ignaro.

Eren sbuffò divertito quando la richiesta di Jean verso Mikasa di ballare insieme a lui andò a vuoto.

Almeno ci ha provato. Constatò Eren.

Nonostante quel muso di cavallo non gli fosse mai piaciuto, ha sempre ammirato la sua onestà e la sua lingua senza peli.

Soprattutto, aveva le idee chiare. Onestamente, Eren non sapeva nemmeno se valesse la pena provare quella sera...

Una porta si aprì ed attirò l'attenzione del ragazzo.

Reiner e Berthold entrarono uno dietro l'altro; entrambi avevano nelle mani una cassa con dentro le posate e le pentole appena lavate.

“Te l'ho detto Berthold.” disse il biondo, appena varcata la soglia “Niente mi impedirà di cucinare la mia zuppa speciale!”

Berthold sembrò davvero preoccupato. Pregò alzando gli occhi al cielo, continuando a seguire a ruota l'amico cuoco-improvvisato verso la cucina.

La parte positiva del cibo è che tutti, durante la serata, potevano cucinare quello che volevano per poi darlo da mangiare ad amici e compagni. Di solito ognuno preparava il piatto tipico di casa o della zona.

La parte positiva era quando ai fornelli c'era gente come Sasha, la quale sapeva cucinare almeno dieci piatti diversi col solo utilizzo delle patate come base principale, la parte negativa era quando in cucina c'era Reiner. Non gente come lui, solo lui.

Nel ricordarsi della zuppa che il gigante biondo aveva fatto l'anno prima, a Eren passò un brivido freddo di disgusto per la spina dorsale. Rabbrividì, alzando gli occhi al cielo per pregare come l'amico Bert. Si chiese se Reiner assaggiasse le sue creazioni prima di servirle, di tanto in tanto.

E poi, con passo deciso ma elegante, entrò lei.

Tra le mani aveva una cassa colma di piatti puliti. Eren rivolse tutta l'attenzione sulla taciturna ragazza, osservando i minimi dettagli; come i suoi occhi azzurri rimanevano freddi e fissi davanti a sé, come le ciocche bionde le coprivano parzialmente lo sguardo, creandole un alone di mistero, ma dandole allo stesso tempo quel tocco di femminilità che non guasta mai.

Eren la guardò mentre Annie si diresse verso la cucina, in silenzio. Salutarla sarebbe stato inutile; raramente comunicavano in pubblico.

E' per questo che Eren adorava quando lui e la bionda si allenavano, da soli o in palestra; lei parlava molto più liberamente, soprattutto dopo anni che combattevano tra loro, e avevano guadagnato una certa confidenza.

In privato, Annie sapeva avere una parlantina acida, a volte:

“Abbiamo appena iniziato Yaeger, ricomponi il tuo culo rotto e alzati!”

o

“Scommetto che sai finire a terra per molto meno, tipo per uno sgambetto.”

oppure

“Spero che tu ti stia concentrando più su come liberarti, che dal fatto che sarà l'unica volta in cui una donna ti resterà addosso.”

E via così. Tante perle di frasi di cui Eren sapeva, in fine, che erano state cognate apposta per lui al fine di spronarlo. Tutto sommato doveva essere grato ad Annie; in questi tre lunghi anni si era impegnata davvero tanto per insegnargli le sue mosse speciali di combattimento corpo-a-corpo. E lui non le l'aveva nemmeno chiesto, lei aveva intuito da sola la sua curiosità.

Ha instaurato un'amicizia meravigliosa con quella ragazza che, come le stelle con l'alzar del sole, svaniva davanti all'altra gente, per poi riprendere quando non c'era nessuno, quando rimanevano nel loro intimo spazio per combattere, come le stelle che, calato il sole, ricomparivano.

Ma Eren sapeva che era tutta apparenza: come le stelle, la loro amicizia non scompariva, ma rimaneva nascosta, ma c'era.

Lo poteva capire dagli sguardi che lui e Annie si davano passando accanto l'uno all'altra, loro avevano un legame quasi invisibile agli occhi degli altri, come una tela di ragno.

Chissà quella sera cosa avrebbe fatto.

Poi Eren si ricordò che negli anni precedenti la giovane aveva consumato in fretta una modesta cena e se ne era andata subito via.

Eren sperò solo che, come lui, per una volta Annie facesse un'eccezione spettacolare.



Non li ha nemmeno sentiti i venti giri di corsa che chiudevano sempre gli allenamenti ufficiali, tanto era preso dai suoi pensieri. Essi stavano volando come avevano volato i suoi piedi sotto quel cocente sole di una caldo pomeriggio d'inizio estate.

Eren si cambiò la sua divisa impolverata e poi si sedette sugli stretti gradini di legno del dormitorio, attendendo pazientemente che Sasha e Connie finissero di bere dalla fontana con tanta avidità.

Un leggero fruscio di gonna lo avvertì che qualcuno si era seduto vicino a lui. Voltò di scatto la testa: vide Mikasa, già cambiata e in coda anche lei per la fontana. Si portò le braccia attorno alle ginocchia, morbide, e guardò dritta davanti a sé, senza davvero osservare qualcosa di specifico.

I suoi capelli color nero petrolio brillarono con il riflesso dei raggi solari. Si passò timidamente la lingua sulle labbra, visibilmente assetata. Girò la testa verso l'amico d'infanzia.

“Ehy Eren.” salutò poi l'amica, sorridendogli dolce.

“Hey Mikasa.” ricambio il ragazzo. Per qualche minuto i due rimasero in silenzio, guardando il cielo sereno.

“Va tutto bene?” chiese all'improvviso Mikasa. Eren, ancora una volta, si voltò di scatto.

“C-cosa?? ...Perché lo chiedi?”

“Oggi sembri più perso del solito.” rispose l'amica, continuando ad osservare il cielo limpido. Probabilmente l'aveva notato durante la corsa campestre.

“Ah...bhe, non è niente.” spiegò Eren, sorridendo per rincuorarla. Mikasa tendeva sempre a preoccuparsi troppo per lui, anche per le minime cose. Grazie a Dio aveva un'amica del genere.

“Senti...Mikasa...” iniziò lui titubante, dopo un po'.

Forse è un pessima idea...

“Sì, Eren?” insisté Mikasa, incuriosita. Eren deglutì piano, sudando più di quanto vorrebbe.

Che sarà mai chiedere?!

“Mi insegneresti... a ballare?” chiese quasi come una supplica, mentre l'amica lo guardava stupita. “S-Solo alcuni passi!” si affrettò a correggersi Eren. Molto confusa, Mikasa posò in maniera drammatica la mano sulla fronte dell'amico.

“Hai preso la febbre? Sei sicuro di stare bene?” disse lei ridacchiando incredula. Eren che le chiedeva di insegnargli a ballare. Apriti o cielo.

“Stavo solo pensando” spiegò il ragazzo, cercando di riprendere il controllo agli occhi di Mikasa, e allo stesso tempo allontanando la mano della ragazza dalla fronte “che potrei sprecarmi per questa sera.”

Mikasa ascoltò ed annuì. “Non è una cattiva idea.” disse alla fine.

“Sai già con chi ballerai?” chiese la giovane amica. La domanda prese Eren alla sprovvista

“Voglio dire, qualcuno ti ha chiesto di ballare?” chiese la ragazza dai capelli neri.

Eren scosse la testa.

“Hai già chiesto a qualcuno?” chiese allora Mikasa. L'amico prese un bel respiro, e ci pensò.

“Bhe ecco...” iniziò Eren, ma si bloccò subito: l'immagine di Annie gli piombò davanti come se lei gli fosse proprio di fronte. Deglutì piano, e si rese conto di quanto secca in realtà fosse la sua gola.

“Non proprio.” disse alla fine all'amica, facendo finta di niente.

“Immagino chi mi capiterà lì per lì.” rispose vago, gesticolando con una risatina forzata. Lei alzò un sopracciglio, sospettosa. E' difficile mentirle, sia perché lei è brava a leggere le espressioni, sia perché Eren non è capace a mentire.

Comunque, Mikasa lasciò perdere nonostante i suoi sospetti. Ed era meglio così, perché lei e Annie avevano la stessa relazione che Eren aveva con Jean: sempre sull'orlo di una lotta.

“Bene.” disse solamente la ragazza con un'intonazione secca, ritornando a guardare l'orizzonte.

“E tu?” chiese Eren, per cambiare discorso “Concederai finalmente un ballo a Jean?”

“Dipende se farà il bravo.” rispose Mikasa con un leggero sorriso divertito.

“ANCORA?! MA QUANTO AVETE BEVUTO!?” urlò faccia di cavallo, portando l'attenzione dei due amici su di lui. Stava guardando furente Sasha e Connie che non si erano ancora saziati della preziosa acqua.

“MINA E ARMIN STANNO ASPETTANDO DA UNA VITA! SIETE DEI POZZI SENZA FONDO!”

Eren e Mikasa sospirarono pesantemente. Tre anni e non era cambiato un cazzo.

Mentre Jean in sottofondo stava “spronando” i due ragazzi a muovere il culo, la ragazza dai capelli neri si alzò, si spolverò il vestito e infine tese una mano ad Eren, il quale la guardò perplesso.

“Se vuoi imparare qualcosa di ballo” iniziò sorridente l'amica “Dobbiamo iniziare subito.”

Eren sorrise contento, prese la mano della ragazza e si fece tirar su.

Si misero al centro del campo d'allenamento, dimenticandosi della sete.



“E' quasi pronta Berthold!” ridacchiò trionfante il gigante biondo. La sua voce si estese per tutta la cucina, avvertendo gli altri ai fornelli che la buona cucina era stata violata per un altro anno ancora.

L'amico Berthold, sudando freddo ed adocchiando malevolo la minestra, cercò di aprire la bocca per dire qualcosa, ma Reiner lo bloccò subito.

SI', so quello che sto facendo; NO, non credo sia una cattiva idea e LO SO che l'anno scorso la mia zuppa non era delle migliori, ma quest'anno sarà più buona. Mi sono allenato cazzo.” disse, per rispondere alle domande che Berthold di sicuro gli stava per fare.

L'amico di certo non metteva in dubbio l'impegno che Reiner ci aveva messo, ma il risultato sì.

Comunque vada, si era arreso. Si assicurò solo di poter prendere la ciotola più piccola che c'era.

“REINER, MI PASSI IL SALE SI' O NO!?” urlò scocciato Thomas dall'altra parte della cucina.

“SI' SI' ARRIVA CALMO!” Il gigante biondo prese allora la saliera, ma si accorse che era parecchio leggera. Lui e l'amico la guardarono e notarono che era completamente vuota. D'istinto, i due guardarono la pietanza bollente e fumante dello stronzetto biondo con gli occhi fuori dalle orbite.

Berthold poi posò lo sguardo irritato sull'amico. Non si trattenne dal parlare, anche se con titubanza.

“Reiner, tu hai...”

NO!

Finalmente, Eren si poté sedere dopo una lunga giornata di allenamenti.

Non avrebbe mai immaginato che ballare potesse distruggergli così tanto le piante dei piedi.

Mikasa si era di sicuro data da fare: dopo due ore di continue danze di vario tipo, Eren non capiva come l'amica non si fosse consumata i piedi come lui.

Alla fine, pensò Eren scrollandosi le spalle, è solo questione d'abitudine.

Più che altro doveva capire come ricordarsi tutti i passi e non mescolarli in un unico ragù strano di mosse varie.

Pochi tavoli più in là, il loro istruttore stava catturando l'attenzione della maggior parte dello squadrone semplicemente ridendo come un imbecille. Incredibile come sembrasse ubriaco senza bere neanche una goccia.

“Quell'idiota pelato.” sbuffò Jean, seduto poco più in là “Pretende di voler bere tutta la notte quando invece gli basta l'odore del vino per non capire più un accidente.”

Marco, seduto accanto a lui, sollevò le spalle.

“Almeno lo tiene di buon umore.” disse sorridente.

Ogni anno la stessa storia: finiva sempre per dimenticare addirittura il proprio nome, ed il giorno dopo bisognava cercare di aiutarlo a trovare persino la dignità.

“Ma hey!” esclamò Jean entusiasta, rianimandosi “Uno spettacolo del genere capita solo una volta l'anno!”

“Già che sei di buon umore Kirstein!” disse a gran voce Reiner, uscendo con un ampio sorriso dalla cucina con una grande pentola piena nelle mani.

“Assaggia la zuppa.” invitò il gigante biondo, versando con un mestolo la sua poltiglia in una scodella, per poi servirla a Jean.

Il ragazzo guardò la sua scodella con grande esitazione e celato disgusto. Non sembrava fango come l'altro anno, e l'odore sembrava addirittura più gradevole -quasi di soffritto-, ma di certo non poteva affidarsi alle apparenze.

Jean alzò lo sguardo, titubante, ed incontrò quello del cuoco e di Berthold.

“Devo per forza mangiarla?” chiese retoricamente, perché sapeva che in un modo o l'altro doveva ingoiarla tutta. Il primo motivo era l'occhiataccia di Reiner nei suoi confronti, un misto tra scocciatura e offesa, il secondo motivo era Berthold lì vicino, che annuendo lentamente gli suggeriva di non fare storie. Il terzo era Mikasa: Jean non poteva mostrarsi una checca davanti a lei.

Kirstein alla fine sospirò arreso. Appoggiò il mento sulla mano e mise su un sorrisetto accattivante.

“Ovvio che la mangio Reiner. Dammi un cucchiaio.” disse alla fine.

Reiner sorrise trionfante.

“Sentito femminucce? Se lo mangia Kirstein lo potete mangiare anche voi!” urlò esaltato, lanciandogli un cucchiaio, che il ragazzo in questione prese al volo.

“Dopo un po' ti fai lo stomaco...” sussurrò Jean schifato, sollevando un po' di minestra per poi lasciarla cadere senza speranza nella scodella. Reiner o non sentì, o se ne infischiò. Probabilmente la prima.

“Forza Berthold prendine un piatto!” esclamò il biondo entusiasta, mentre allungava all'amico una scodella di zuppa ed un cucchiaio. Bethold, nel frattempo, si stava versando una caraffa d'acqua nel bicchiere, prendendosi la premura di riempirlo fino all'orlo.

Immancabilmente, la pietanza arrivò anche a Marco, Eren e Mikasa, ma non ebbero il tempo d'assaggiare: la scattante voce di Connie e la pacata voce di Armin informarono che le danze iniziavano in anticipo per problemi...tecnici.

“NoN sOnO uBrIaCo MANNAGGIA al WaLl Maria!” il loro istruttore, nonostante non stesse in piedi, portò il culo in qualche modo al centro della stanza.

“Io VOGLIO BaLlArE...!”

“B-Bhe ragazzi...” disse Armin con leggero imbarazzo, per destare l'attenzione dall'ubriacone “Vi auguro una buona serata!” augurò con tutto il cuore.

A sentire ciò, alcuni compagni si alzarono e si diressero al centro della sala, il quale era stato liberato dalle solite panche e dagli ingombranti tavoli di legno.

“Probabilmente lo fanno per mandarlo via prima.” spiegò Jean ad un Marco molto confuso “Così quando ha finito l'energia se ne andrà fuori dai coglioni.”

Mentre gli occhi di Eren scrutavano i giovani ballerini, il suo sguardo venne catturato da una persona in particolare: Annie era appoggiata al muro con le braccia incrociate, con un'espressione indecifrabile sul suo volto mentre con la vista era persa sulle persone danzanti. Era impossibile dire cosa stesse pensando. Guardava il mondo come se non le importasse di niente, come se l'annoiasse.

Tranne quando si allenava: quando combatteva sembrava una macchina da guerra pronta a farsi valere. Negli occhi aveva una certa determinazione che, mischiata alla sua caratteristica serietà, faceva quasi paura. Ma almeno Eren la vedeva viva.

Era un peccato che mostrasse i suoi bei occhi azzurri vivi solo poche volte.

Di solito, quando non doveva portare l'uniforme, indossava una felpa col cappuccio bianca troppo larga per lei, ma che le piaceva davvero tanto. Quella sera, però, non la indossò. Si era vestita con semplici pantaloni color marroncino ed una canotta bianca piuttosto aderente, che non lasciava troppo spazio alla fantasia: le sue braccia muscolose, gli addominali forgiati da tanto allenamento ed un petto non troppo sporgente, ma...grazioso? Eren non sapeva come definirlo, e non voleva nemmeno crederci che stava dando una bella controllatina ad Annie. Forse mentre si allenavano non si era mai accorto del bel corpo della ragazza, tanto era concentrato a non farsi buttare a terra da esso.

E adesso Eren era lì, come un ebete, a fissare Annie Leonhart. La luce delle lanterne delineavano incantevolmente il viso della ragazza.

Non importava da quali sfaccettature, lui non poteva fare a meno di trovarla stupenda sempre.

“Eren?” una voce femminile lo riportò alla realtà.

“Mh?” Eren voltò la testa di lato; era Mikasa che lo stava guardando perplessa.

“Che cosa c'è?” chiese il ragazzo.

“Ti ho visto con lo sguardo perso nel vuoto.” spiegò pacatamente la ragazza.

“Oh.” sussurrò il ragazzo “Devo essermi incantato. Scusami Mikasa.”

“Non c'è problema.” rispose la ragazza con nonchalance, giocando indifferente con il cucchiaio e la zuppa di Reiner.

Eren imitò il movimento, girando il cucchiaio nella zuppa in senso antiorario mentre con lo sguardo ritornava sulla sua allenatrice bionda che se ne stava lì, immobile appoggiata al muro...

Eren mollò di scattò il cucchiaio in realizzazione: lei era lì immobile.

Se voleva chiederle di ballare, quale momento migliore di quello, quando lei era ancora lì, nullafacente e da sola?

Il cucchiaio, lasciato a sé stesso, sprofondò completamente nella pastosa zuppa come se fosse un corpo nelle sabbie mobili.

Eren guardò prima la sua tavolata di compagni, i quali non avevano ancora avuto il coraggio di assaggiare la minestra, e poi Leonhart.

Eren si alzò dalla panca, stando attento a non distogliere lo sguardo dalla sfuggente ragazza.

I suoi compagni lo guardarono perplessi, tranne Jean che non se ne era nemmeno accorto.

“Eren?” chiesero all'unisono Mikasa e Reiner.

“Non ti preoccupare Reiner.” assicurò il ragazzo dagli occhi verdi, di fretta “La mangio dopo la zuppa, te lo prometto.”

Il ragazzone biondo alzò le spalle: “Basta che tu sia di parola, amico.”

Mikasa non proferì parola. Lo guardò semplicemente mentre si alzava e si allontanava.

“Hey Rener.” disse ad un certo punto Jean “E se ti promettessi anch'io che la mangerò dopo?”

“MANGIA E STAI ZITTO JEAN!”

Berthold seguì con lo sguardo Eren. Non ci volle un genio per capire che stesse andando dritto da Annie. Il ragazzo si sentì lo stomaco stringere e no, non era la zuppa.

Reiner lo notò. Reiner notò tutto, proprio come Mikasa, e si preoccupò.

“Togli lo sguardo Berthold.” gli sussurrò severo e con tono di comando “Che non c'è nulla da vedere.”

Non voleva essere duro con lui, ma Reiner sapeva che altrimenti sarebbe stato peggio per Bert.

L'amico seguì il consiglio, e lentamente tornò a fissare la zuppa, in silenzio, proprio come la ragazza dai capelli neri.


Il cuore gli batteva forte, come se fosse la prima volta che si avvicinasse a lei.

In un certo senso lo era, perché prima d'allora non le aveva mai chiesto quello che le stava per proporre.

La ragazza aveva gli occhi fissi sulla folla danzante, ma quando Eren fu a pochi passi da lei, le iridi blu di Annie sfrecciarono sulla figura del ragazzo.

Eren si fermò ad un passo da lei. La bionda rimase immobile.

“ Hey Annie!” la salutò lui, ad alta voce, per superare quella della musica.

“ Yaeger.” rispose lei, pacata.

Tra i due ci fu un silenzio imbarazzante. La giovane aspettò paziente che Eren le dicesse qualcosa, dato che era lui ad aver voluto iniziare una conversazione.

Eren si accorse che prima di invitarla a ballare così dal nulla, sarebbe stato meglio attaccare bottone e parlare un po', no?

Il ragazzo portò lo sguardo sulla folla danzante, la stessa che Annie stava fissando poco prima.

“Ti piace ballare?” chiese Eren, facendo un cenno con la testa verso i ragazzi in pista.

La bionda distolse lo sguardo da Eren e guardò gli altri cadetti in mezzo alla mensa.

Con espressione indifferente, Annie alzò leggermente le spalle.

“Stavo solo...guardando.” spiegò, quasi come per difendersi.

“Non ti sto giudicando Annie.” rispose il ragazzo, regalandole un sorriso rincuorante.

La giovane ragazza alzò lo sguardo dal pavimento e lo posò negli occhi verdi del compagno.

Eren giurò di aver visto il fantasma di un sorriso combattere per mostrarsi sul suo bellissimo viso, ma aveva perso: la sua espressione era rimasta neutrale nonostante gli sforzi.

“Come mai tutta sola? Perché non sei venuta a mangiare con noi?” le chiese, dato che non l'aveva vista toccare cibo. Annie diede un'occhiata veloce al tavolo dove Eren si era alzato poco prima.

“Non avevo fame.” rispose solamente.

“Sei fortunata che Reiner non ti costringa a mangiare la sua squisitezza.” commentò il ragazzo, ridacchiando nervoso, sapendo che prima o poi gli sarebbe toccato quella sera. Con suo stupore, anche Annie ridacchiò.

“Lo sa che non gli conviene.” spiegò la ragazza, come se fosse una minaccia.

Poi guardò Eren dalla cima ai piedi con un'espressione di impazienza sul volto.

“Perché sei qui, Yeager?” chiese, quasi sospettosa.

Bhe, era giunto il momento.

Eren si schiarì la voce e poi, con un elegantissimo sorriso, le porse una mano, invitante.

“Mi concederebbe questo ballo, signorina Leonhart?” chiese lui gentilmente.

Annie sgranò gli occhi, stupefatta. Di certo non se l'aspettava.

La ragazza guardò il giovane, perplessa.

“Ma sai almeno ballare, Yaeger, o mi aspetta qualche sorpresa?”

“Sì, ho imparato a ballare!” rispose Eren trionfante, con gli occhi luccicanti.

“Quando?” chiese lei, poco convinta.

“Questo pomeriggio!” esclamò di nuovo Eren, anche se sapeva che solo un paio d'ore non erano poi così tante.

Estese ulteriormente la mano che le aveva allungato tanto gentilmente.

Annie era esitante. Continuava ad alternare lo sguardo prima su Eren ed i suoi bellissimi e brillanti occhi verdi, poi sulla sua mano, poi ancora sul paziente sorriso del giovane cadetto.

La ragazza, dopo poco, cedette. Emanando un sospiro stanco, disse:

“Spero che tu abbia appreso meglio in un pomeriggio di quanto hai appreso a lezione in tre anni.”

Lentamente, alzò una timida mano che, insicura, si posò delicatamente su quella di Eren.

Yaeger la strinse dolcemente, e poi la trascinò più gentilmente che poté verso il centro della stanza.

Trovato uno spazietto per loro due tra la folla, i ragazzi si posizionarono uno davanti all'altro, guardandosi negli occhi.

Eren si sentì prendere fuoco sotto lo sguardo profondo della partner di ballo, ed iniziò a percepire il rossore sulle guance, sul petto e sulle orecchie, nonché un profondo calore sulla fronte e nella gola.

Annie non sembrava tanto imbarazzata, a dire la verità. Non era sudata né vagamente rossa.

Senza dire niente, la ragazza aveva preso delicatamente la mano umida del compagno e l'aveva posizionata sul fianco della giovane. Poi Annie mise la propria sulla spalla di Eren, mentre le destre dei due ragazzi vennero intrecciate.

“Sai ballare Annie?” chiese Eren, preso da un dubbio.

La ragazza alzò lo sguardo in quello del compagno.

“...Qualcosa.” ammise. Poi guardò Yeager con grande serietà.

“Lo sai come funziona, giusto?” gli chiese Leonhart. Eren la guardò confuso.

“Come funziona...cosa?” chiese perplesso. Poteva sentire il calore di Annie passare dalle sue dita a quelle del ragazzo, e ciò lo faceva impazzire.

“L'uomo guida la donna.” spiegò Annie “Devi iniziare tu. Io seguirò il tuo ritmo.”

Ah.” Eren era rimasto basito. Mikasa non gli aveva mai detto una cosa del genere. Non pensava nemmeno che ci fosse una regola per questo, a dire il vero. Ciò però spiegava perché Eren sentisse l'amica asiatica “tirarlo” sempre mentre ballavano.

Cominciò a sudare freddo. Mikasa non gli aveva mai insegnato come condurre una danza. Per un attimo, Eren iniziò a scivolare nel panico.

-Che bella figura che ci sto facendo!- pensò furioso -La invito a ballare senza saper ballare!-

Annie si accorse che Eren fosse in difficoltà.

“Se ci son problemi” iniziò lei “...Posso iniziare io.” offrì la ragazza. Eren arrossì ancora di più.

“O-Ok...” Lui la guardò come se fosse un angelo venuto in soccorso e, stringendo ancora di più la mano destra contro quella della bionda, attese che lei facesse il primo passo.

“Tutto quello che devi fare è seguire me.” spiegò Annie.

“Al mio tre. Uno, due...tre.”

Leonhart iniziò a muoversi. Alcuni passi avanti, alcuni indietro, alcuni a destra, poi a sinistra...

Eren si sorprese di come Annie sapesse essere decisa nei suoi movimenti, mantenendo comunque la grazia in ogni suo passo.

Eren si stupì di come la danza con la giovane bionda fosse diventata sin da subito così fluida: il ragazzo non si stava rendendo nemmeno conto che fosse lei a gestire il gioco.

Era estremamente rilassante ballare in quel modo, in cerchio, in un silenzio pieno di emozioni, che valeva più di mille parole.

Poi Eren si accorse di un piccolo particolare che Mikasa gli aveva fatto imparare per bene...

“Annie, sei troppo distante.” disse pacato, celando il cuore che batteva forte. Eren la fece ruotare e poi i due ritornarono alle posizioni iniziali.

“Che intendi dire?” chiese lei, con un cenno di confusione. Yeager le fece notare che tra loro due c'erano due passi di distanza, ben troppi.

“Dovremmo ballare più vicini, n-non credi?” disse, titubante. Alla fine, quella era una richiesta, e stava lei decidere se tenere le distanze o accettare di restringerle. Eren sapeva che Annie tendeva ad aver bisogno dei suoi spazi e che una vicinanza così intima-se si può dire così- non era proprio da lei. Nonostante ciò, accordò con lui.

“Hai ragione.” rispose semplicemente, stoica, e senza dire oltre ridusse notevolmente il vuoto tra di loro. I loro corpi non si toccavano ancora del tutto, ma era questione di un paio di centimetri.

La presa di Eren sul fianco della ragazza si sistemò meglio, rendendolo meno goffo e timido, più sicuro. Anche Annie si sistemò meglio. Bisognava ammettere che ha aiutato parecchio, perché iniziarono a ballare con maggiore confidenza e sempre più veloci.

Eren aveva smesso di guardarsi i piedi per evitare di calpestare quelli della cadetta, e teneva i suoi occhi verde smeraldo fissi in quelli azzurri cielo di Annie.

Le luci delle delicate fiammelle che bruciavano dentro le lanterne le illuminavano il volto in maniera angelica, risaltando la candida pelle e le labbra rosate e lucenti, come un fiore coperto di rugiada al mattino.

Eren sentì una pioggia di sudore emergergli in tutto il corpo, a partire dalla fronte, le goccioline scendevano pesanti sulle tempie e poi giù per il collo.

Eren si chiese se Annie potesse vedere tutto questo, e se si stesse facendo delle domande.

Ma lei, come al solito, non dava segno di dare importanza a ciò che gli succedeva, o almeno in apparenza.

Come se non fosse abbastanza, alcuni cadetti abbassarono le luci, lasciando i giovani ballerini in una penombra confortevole, abbastanza chiara comunque da riuscire a vedere l'indispensabile.

Anche la musica era cambiata; Eren sgranò gli occhi sulla piccola orchestra improvvisata dagli altri cadetti quando si accorse che stavano suonando un lento.

Onestamente, non sapeva se esserne felice o meno. Eren guardò il viso della bellissima Annie e non poté trattenere uno dei suoi sorrisi dolci anche se un po' insicuri. Con grande sorpresa, la bionda ricambiò il gesto, e ciò rese tutto più facile a Yeager: la tensione si scaricò, lasciando rilassate le spalle e le strette sul fianco e sulla mano della compagna. Anche lei sembrava rilassata, più del solito tra l'altro; e ciò aveva un effetto tranquillizzante su Eren.

Senza dire una parola, Annie chiuse lo spazio tra i due corpi: portò entrambe le braccia attorno al collo del ragazzo ed iniziò a danzare più lentamente, in circolo. Il tutto in punta di piedi, dato che c'era una certa differenza di altezza tra i due.

Mentre appoggiava il mento sulla spalla dell'amico, probabilmente Annie non si era accorta di quando rosso Eren fosse diventato. Seguiva a malapena i passi a tempo con la bionda, immobilizzato dal calore del suo corpo, dall'intimità delle braccia che avvolgevano delicate ma decise il collo del cadetto, dal profumo dei suoi capelli e dalla tenerezza del gesto della ragazza, quando gli aveva poggiato la guancia contro il collo.

Pochi secondi dopo, quando Yeager notò che gli stava piacendo il tutto, Eren riuscì a circondarle la vita con le braccia e a prendere il controllo: era lui, stavolta, che conduceva le danze.

Annie se ne rese conto, perché lo lasciò fare: Eren si accorse di come i suoi movimenti si erano addolciti, probabilmente per seguire quelli del partner.

Pian piano, il loro imbarazzo e disagio stava sbollendo lasciando spazio a niente di più che un semplice, ma confortevole abbraccio in cui i due si erano immersi tra le note della musica.

Il mondo intorno a loro sembrava essere diventato più lento e silenzioso...

Uno...due...tre...Uno...due...tre...

Senza neanche accorgersi, Eren ed Annie stavano tagliando fuori tutto il resto: non esistevano più le altre persone, la stanza, la baracca, le mura, i giganti.

C'erano solo loro due.

Annie chiuse gli occhi, immergendo il viso nel petto di Eren, proprio sotto il suo collo.

Non era solita dare espressioni d'affetto, anche se minime. Buffo come lui la facesse sentire vulnerabile ma protetta allo stesso tempo.

Eren non poté far altro che sorridere e sorridere ancora come un idiota.

Poggiò il suo mento sui capelli dorati della ragazza, sapendo che a quel punto non le sarebbe dispiaciuto un gesto simile, e chiuse le palpebre anche lui, lasciando che i piedi andassero da soli, come per magia.

Mentre le gambe andavano in automatico, la mente di Annie si concentrava sui battiti del cuore di Eren; ritmatici, come i suoi respiri che muovevano le sue ciocche bionde.

E' stato inevitabile: i passi, i battiti e persino i respiri si sincronizzarono come per creare un unico essere.

E' stato terribilmente doloroso quando la musica cessò, e con essa la loro intima pace.

Non ci fu nulla da fare: i ragazzi nella mensa iniziarono ad applaudire come ringraziamento per la musica e come incoraggiamento alle coppie che erano scese in pista.

Eren ed Annie aprirono gli occhi, disturbati dal rumore.

Eren si guardò attorno spaesato, mentre Annie non si preoccupò di togliere la faccia dal petto del ragazzo.

Lentamente, i due si staccarono. Non sentendo più il calore della ragazza, Eren si sentì quasi...perso.

Come Annie aveva rilasciato la stretta dal collo di Eren, quest'ultimo le aveva preso le mani, non ben sicuro su cosa fare.

In silenzio, i due si guardarono nuovamente negli occhi, sotto una diversa luce stavolta.

“Annie...” sussurrò il ragazzo dagli occhi smeraldo, ma venne interrotto da una voce in sottofondo.

SANTO CIELO REINER!” gridò Jean entusiasta “QUESTA ZUPPA E' OTTIMA!”

E mentre una sfilza di complimenti si innalzarono per tutta la tavolata, Reiner si alzò in piedi, più orgoglioso che mai.

“Grazie, grazie ragazzi!” ringraziò il cuoco, tirando fuori il petto come un gufo.

“Questo sì che è un miracolo.” sussurrò commosso Berthold, mentre si riempiva la bocca di minestra.

Annie ed Eren guardarono la scena a pochi metri da loro.

Senza dire una parola, la bionda staccò le sue mani da quelle di Yeager e si diresse verso la porta con passo svelto, lasciando Eren a bocca aperta, immobile e attonito.

Non capiva la reazione della ragazza: aveva fatto qualcosa che non andava?

“Annie...aspetta!” chiamò, allungando un braccio verso di lei. Ma Annie aveva imboccato la porta ed era già uscita, chiudendola forte dietro di sé.

Fu in quel momento che Eren capì che poteva muoversi e, nel baccano e nella confusione generale, corse verso la porta ed uscì.


Appena uscito, la porta dietro Eren si chiuse privandolo della luce interna, lasciandolo al silenzio e al buio della notte. Per fortuna la luna era piena ed il cielo limpido. La luce biancastra gli permise di vedere la giovane cadetta mentre si stava allontanando da lì.

Eren si appoggiò con forza alla ringhiera di legno.

“Annie!” chiamò a gran voce. Lei si fermò un attimo, poi riprese, ma più lentamente.

“Aspetta!” urlò di nuovo il ragazzo volando giù dalle scale per poi correre verso di lei, raggiungendola subito e bloccandola afferrandole il braccio destro.

“Annie!” disse lui, ansimando un po' “C'è qualcosa che non va??”

La luce della luna illuminava gli occhi chiari della ragazza, mentre questa li puntava sull'amico davanti a lei.

“Non c'è nulla che non va.” rispose solamente, liberandosi facilmente dalla stretta senza forza del ragazzo. Sembrava sincera, ma allora...

“Perché te ne sei andata così?” chiese Eren confuso.

Lei non rispose. Si limitò a camminare avanti. Yeager, tuttavia, non voleva demordere e la seguì camminandole a fianco.

“Ehy Annie, perché non mi rispondi?” chiese, stavolta più scocciato. Pensava che stessero avendo un bel momento e pensava di aver visto qualcos'altro in lei e di averle aperto un nuovo mondo su di lui, ed invece lei non aveva visto niente.

Il pensare che aveva creato un legame ma lei non l'aveva colto lo mandava in bestia. Per non parlare di come lo deludeva e di come poteva sentirne il sapore amaro.

“Dove stai andando?” chiese ancora, cercando un altro approccio.

“Vieni.” disse solamente la giovane donna “Ma resta in silenzio.”

Eren osservò lo sguardo impassibile di Annie fisso sull'orizzonte, mentre arreso decise di stare alle sue condizioni.


Annie lo aveva portato nel prato dietro al campo d'addestramento dove di solito i ragazzi si allenavano nel combattimento corpo-a-corpo.

A differenza di dove lottavano, l'erba era morbida, verde ed alta ed il vento notturno alzava un odore fresco di erba.

Eren era confuso della scelta, ma non si lamentò dato che era parecchio rilassante, lo doveva ammettere.

“Ehy Annie, vuoi per caso combattere?”

“No.” rispose lei, sedendosi sull'erba fresca.

“Meno male.” ridacchiò il ragazzo, sedendosi accanto a lei.

Lei fissava il cielo pieno di stelle, muta e vagamente stanca.

Dopo alcuni minuti di silenzio, Eren si sentì in dovere di dire qualcosa. Di solito non lo avrebbe fatto; lui adorava stare accanto ad Annie, anche senza dirsi niente, a lui bastava.

Tuttavia, la situazione era ben diversa: lei non poteva semplicemente ignorare le emozioni e le sensazioni accadute mentre ballavano. Nessuno dei due poteva.

“Annie lo so che mi hai detto di starmene in silenzio.” iniziò piano, giocando nervoso con i fili d'erba “Vorrei solo sapere perché te ne sei andata così all'improvviso, e anche perché di colpo sei così fredda con me.” chiese, implorandola una risposta.

Annie si portò le ginocchia al petto e se le abbracciò, infilandoci in mezzo la faccia. Nessuna risposta, e Yeager sospirò.

Non era nemmeno più scocciato, solo stanco. Cielo, probabilmente anche lei lo era.

Quello che lo feriva di più, era la posizione della ragazza, la quale significava che la compagna si stava chiudendo in sé stessa. Non si fidava di lui? Preferiva il silenzio piuttosto che confrontarsi con lui?!

Posò lo sguardo sulla terra sotto i piedi sentendosi, in qualche modo, sconfitto.

“Scusa Annie.” disse lui, inaspettatamente, e la bionda alzò lo sguardo. Eren si alzò e si spolverò i vestiti con noncuranza.

“Non voglio costringerti a parlare con me se non vuoi. Ti dico solo questo: va a dormire, si vede che sei esausta.”

Si stava girando per andarsene quando Annie lo fermò:

“Cosa stai dicendo Yeager?” lo ammonì, e lui la guardò perplesso “Solo perché non voglio parlare non vuol dire che non voglia la tua compagnia. Siediti dai.” gli disse, indicando con lo sguardo il posto vicino a lei.

Eren irrigidì i pugni, irritato.

-Mi prende in giro?!-

No, Annie.” biascicò tra i denti.

“O mi dici che cosa ti è preso o ti saluto!” impose, alzando un po' troppo la voce. Per un attimo lei sembrò preoccupata, ma passò subito.

Eren se ne stava già andando quando sentì la voce di Annie:

“Che cosa avrei dovuto fare, Yeager?” chiese. Eren si voltò di scatto, altamente confuso da quella domanda.

“Come?!” esclamò, con gli occhi fuori dalle orbite.

Annie si assicurò di guardarlo dritto nelle sue iridi verdi.

“Cosa ti aspettavi che facessi?” domandò. “Cosa ti stavi immaginando?”

Stavolta era Eren a non rispondere. Iniziò a gesticolare.

“N-non lo so Annie! Di certo che non te ne andassi senza dire una parola!”

Annie gli lanciò un'occhiataccia scocciata, con una smorfia sul volto.

“Ti comporti come se non te l'aspettassi. Eppure, a questo punto, dovresti conoscermi abbastanza bene.”

Ah!” interruppe lui “Ti ascolti a volte?”

Questa volta fu Annie a guardarlo scocciata e irritata dalla sua arroganza.

“ 'Sapere tutto di te'?! Dio mio Annie io non so nulla di te! Non mi dici mai niente della tua vita privata, né di quello che pensi o provi in generale.”

Calò il silenzio. Annie lo guardò con espressione scioccata.

“Yeager.” iniziò lei a bassa voce “E' meglio che tu non sappia nulla di me. Tutto quello che hai bisogno di conoscere di me è quella che sono diventata qua dentro, e basta.” disse, cercando di calmarlo. Purtroppo non funzionò, anzi, sembrò peggiorare la situazione.

“No Annie, NON BASTA.” urlò Eren “Se tu mi parlassi di più, ti capirei meglio. Io ti ascolterei Annie, e mi sentirei un bastardo fortunato! Dannazione, tre anni passati assieme e non solo non so prevedere quello che fai, ma non ho la minima idea del perché!” gridò, arrabbiato probabilmente più con sé stesso che con la ragazza seduta davanti a lui. Quest'ultima, poi, lo stava fissando come se si fosse pentita di qualcosa.

“Ma certo.” continuò lui, ansimando dalla rabbia “Se credi che sia la reputazione che abbiamo qua dentro che ci identificherà per quello che siamo, allora avrai ragione! Tu sei Annie Leonhart, l'impassibile e solitaria Annie Leonhart, mentre io sono Eren Yeager, il bastardo suicida che non vede l'ora di andare in pasto ai giganti!” gridò, più forte di quello che avrebbe voluto e più duro di quello che avrebbe dovuto.

Il suo viso era accartocciato in un'espressione di pura rabbia, ma mutò totalmente quando vide l'espressione di Annie: i suoi occhi spalancati con le sue piccole pupille, le sue sopracciglia corrugate dal rimorso e la bocca spalancata dallo shock.

Per la prima volta vedeva Annie con un'emozione, e si sentì un verme perché tra tante, aveva scelto proprio quella relata alla paura e al dispiacere.

Lei si sentiva male e in colpa, lo si poteva notare, e lui anche come conseguenza.

In un secondo, Eren passò da sentirsi grande come un titano ad essere piccolo come la peggior feccia umana. Era una situazione a dir poco schiacciante.

Rilassò i pugni tesi.

“...Ma sappiamo che non è vero.” aggiunse, più dolce. Si accucciò all'altezza della ragazza seduta, per poterla guardare alla pari dritta negli occhi.

“Tu sei molto di più. Tu non sei impassibile, non sempre almeno. Sei piena di emozioni, sei piena di colori dentro di te. Io lo so, li vedo. Bisogna solo scavare meglio e non è facile, è per questo che gli altri non lo fanno. Ma io non sono uno degli altri; ho imparato a conoscerti Annie, lavoriamo insieme da anni ormai e non riesco mai a soddisfare la mia curiosità verso di te. Se voglio sapere del tuo passato, non è perché voglio fare conservazione, voglio arrivarti più vicino.”

Annie lo guardò, meravigliata. Eren, immediatamente, si sentì meglio, e decise di continuare:

“E poi tu non sei solitaria Annie. Hai degli amici e si nota che ci tieni a noi e che ti piace la nostra compagnia. E se tu vorrai dire ancora di no, sappi che io ci sarò per te! Anche quando non vorrai parlare o combattere, ti starò accanto, capito?”

Lei rimase immobile senza emettere un suono, stupefatta. Tuttavia, a Eren non importava del suo silenzio; da quel momento lei sapeva quello che lui le voleva comunicare già da un po', e questo era l'importante: che lei avesse recepito il messaggio. Eren sorrise e si alzò in piedi mentre gli occhi della bionda seguivano i suoi movimenti.

“E' un po' strano detto da un bastardo suicida?” chiese.

Annie ridacchiò in risposta con la sua profonda e calda voce. Musica per le orecchie del cadetto.

Leonhart si alzò in piedi lentamente e si avvicinò di alcuni passi al ragazzo.

“Yeager” disse lei sorridendo, incrociando le braccia al petto come era solita fare “Tu non crederai davvero di essere un bastardo suicida?” chiese lei, divertita.

Eren si grattò la nuca sentendo di nuovo il soprannome che i suoi compagni gli avevano affibbiato.

“Beh, come dar loro torto... lo so anch'io che a volte sono troppo...impulsivo?”

“Eren” lo interruppe Annie, guardandolo seria negli occhi “Tu hai coraggio da vendere, cosa che qua dentro manca. Tutti hanno un obbiettivo, un'ambizione; ma non basta. C'è chi non ha passione, ma tu sì. E' per questo che ti hanno dato un soprannome del genere: per loro il coraggio è sciocco, veleno. Ne hanno paura e discriminano chi non è come loro. E' un bene che tu sia diverso.

Tu non ti fermerai mai, sei uno che sa bene quello che vuole e farà di tutto per ottenerlo.

Non sei il più forte di certo, ma questo non ti ferma, lo noto durante gli allenamenti, e io sono fiera di te, anche se spesso non te lo voglio far capire.

Hai qualcosa che ti alimenta dentro naturalmente, ed è quello che ti rende speciale, forse non per gli altri, ma per me di sicuro.”

Fu più forte di lui, i suoi occhi brillarono rivolti alla ragazza davanti a lui.

“E poi hai un gran cuore.” aggiunse, portando la sua mano sulla guancia rossa dell'amico.

Lei gli sorrise e gli rifilò un paio di affettuose pacchette sulla faccia.

“Non ti arrenderai mai, scemo. Ed è un bene, sai? Sii la speranza dell'umanità che tutti aspettano, Eren.”

Eren la fissò senza fiato, trovando la candida mano di Annie posata sulla sua guancia il gesto più dolce che gli abbia mai rivolto. Gli dava una tale forza che – giurava- avrebbe potuto sollevare la luna.

“Buonanotte, Yeager.” augurò la bionda, e si allontanò dal cadetto, dirigendosi verso il dormitorio femminile. Però, si bloccò pochi metri più in là.

“Ah, che rimanga tra noi: la zuppa di Reiner l'ho cucinata io e l'ho scambiata quando lui era distratto col sale. Non dirlo a nessuno, nemmeno a lui; ci rimarrebbe troppo male.”

Il giovane cadetto sorrise. “Certo.” promise. Lei lanciò una breve occhiata di complicità all'amico e poi riprese i suoi passi.

Eren rimase immobile in quel punto, osservando la ragazza mentre si incamminava per andare a coricarsi, finché essa non diventò un piccolo puntino alla vista umana.

Dopo di ché, Eren poté finalmente rilasciare un enorme sospiro. Sentendosi inspiegabilmente le gambe come gelatina, si sedette sull'erba rigogliosa, e prima di accorgersene si era sdraiato del tutto sul prato. Eren venne accolto dalla fresca lenzuola d'erba che lo aiutava a raffreddare i bollenti spiriti.

Per la prima volta in quella sera, si concentrò sulla meraviglia della notte e del suo firmamento.



Il mondo fuori stava cedendo. Un bagno di sangue gravava sulle sue mani e soprattutto su quelle della sua...amica?

No, non lo era più. Non poteva considerarla tale, dopo uno scempio del genere.

Era da giorni che i suoi compagni bisbigliavano su come fosse possibile che Annie Leonhart abbia potuto fare una cosa del genere.

Quei sussurri avrebbero fatto bene a non arrivargli più perché, davvero, nessuno si sentiva tradito come lui.

Da giorni era in un continuo stato tra il furioso ed il disperato. Jean lo definiva addirittura 'isterico', ma Mikasa lo zittiva velocemente con un severo sguardo intimidatorio.

Eren sentiva il perenne sguardo preoccupato di Armin addosso.

Proprio Annie doveva essere una traditrice a livello mondiale ed umano?!

I passi di Yeager rimbombavano nelle strade vuote di una città semidistrutta; sempre più veloci e feroci.

Non gli era permesso uscire da solo, soprattutto non gli era permesso andare da lei.

A dire la verità, nessuno aveva il permesso di vederla, tranne gli alti ufficiali della Legione Esplorativa, quali Erwin Smith, Zoe Hanji e Levi Ackerman.

Ansimando, iniziò a correre.

Vaffanculo.”

Al diavolo quel mondo che stava andando in rovina.

La sua velocità aumentava sempre di più. Presto si trovò davanti all'entrata dei sotterranei dove Annie veniva tenuta prigioniera.

Si assicurò di evitare il raggio visivo delle guardie.

Quando imboccò di corsa la porta delle segrete gli sembrò di notare con la coda dell'occhio il capitano Levi, appoggiato al muro con lo sguardo serio perso dritto davanti a sé. Forse aveva notato l'intruso, ma non aveva fatto niente per fermare Eren.

Saltando i gradini di pietra a balzi, Yeager percorse un lungo corridoio prima di poter scorgere la sua meta.

Rallentò quando vide la bellissima gabbia di cristallo che Annie si era creata per proteggersi.

La sua lucente bellezza tramutò la sicura marcia di Eren in cauti e titubanti passi di un quindicenne che non ha ancora afferrato bene la situazione.

L'eco del suo passaggio lo faceva sentire veramente solo, e ne era sollevato: non voleva nessuno ad intromettersi.

Si bloccò proprio davanti alla teca di cristallo. Il suo cuore si era quasi fermato quando vide Annie all'interno: sembrava stesse solo dormendo, con quell'espressione così calma.

Tuttavia Eren sapeva che lei era tutt'altro che tranquilla: era turbata, forse pentita, ma di certo distrutta. Doveva essere stata davvero disperata per scegliere di rinchiudersi in quel bozzolo cristallino.

Eren non aveva mai visto Annie piangere.

Non pensava avrebbe mai avuto l'occasione di vederla in quello stato, almeno.

In cuor suo, gli era venuto il dubbio che lei non ne fosse nemmeno capace.

Fatto sta che, quando ha visto i fiumi di lacrime sulle guance della bellissima ragazza, si era completamente bloccato.

Si era auto convinto che lei fosse il nemico dell'umanità per riuscire a combatterla: era un mostro al quale non interessava sporcarsi le mani di sangue innocente. Era un gigante. Eren doveva sterminarli, a qualunque costo!

Tuttavia, quando aveva strappato la carne dalla collottola della gigantessa e aveva visto l'umana ospitante, Eren aveva perso il suo obiettivo, così, in un soffio. Si rese improvvisamente conto di quello che stava facendo: quella era Annie Leonhart. ANNIE LEONHART. ANNIE.

Probabilmente se al posto della ragazza ci fosse stato qualcun altro, avrebbe brindato con quelle lacrime di sconfitta, ma non avrebbe mai osato con lei.

Per un attimo pensò di poterla salvare. Poteva farla collaborare, bastava parlarle, ragionare.

Mai avrebbe immaginato che lei fosse in grado di creare delle protezioni del genere.

Eren estese le sue mani verso il cristallo, appoggiandosi sulla dura superficie.

Non sapeva bene cosa sperava di fare con quel gesto, a dire il vero. Forse era semplicemente per sentirla...più vicina.

Il calore delle sue mani si perse contro la fredda roccia cristallina.

La bionda letale era lì, ad un passo da lui, eppure non era mai stata così lontana.

Eren aveva difficoltà a capire se fosse lei quella isolata da lui, o viceversa: per qualche strano motivo, in quel momento si sentiva circondato da mura invisibili che ovattavano il mondo esterno.

C'erano solo loro due.

No, solo lui.

Yeager avrebbe voluto dar qualsiasi cosa affinché potesse risentire la calda e confortevole presenza dell'amica. E invece, non sentiva niente.

Solo freddo e un silenzio vuoto, come se lei non fosse lì, davanti a lui. Come se fosse morta.

Il suo respiro usciva condensato dalla sua bocca a causa di tutta quell'umidità.

Come poteva stare così male per lei, dopo tutto quello che aveva fatto?!

Cercando di avvicinarsi a lei, poggiò la fronte sul cristallo, appannandolo col fiato.

“Annie...” chiamò, piano, sperando che in qualche modo lei lo potesse sentire.

In quel momento, una sfilza di parole gli si presentarono davanti agli occhi, una più contraddittoria dell'altra:

traditrice, amica, assassina, nemica, compagna, mostro...

che cos'era lei? Non sapeva.

“Annie... perché l'hai fatto?!” urlò lui, con le lacrime agli occhi.

Spietata, considerevole, impassibile, gentile, bugiarda...

“IO MI FIDAVO DI TE!” Eren picchiò forte i pugni contro il cristallo “Tutti quei discorsi cos'erano, Annie?! 'Speranza dell'umanità'... 'sono fiera di te'?! Che cazzo stavi dicendo quella sera, idiota?!” Eren diede un ultimo colpo di pugni al cristallo, prima di notare che le sue mani stavano diventando rosse dallo sforzo.

Che cosa sperava di fare? Riuscire a rompere il cristallo con la sua sola forza? Non l'aveva nemmeno scheggiato, era rimasto impassibile come la sua creatrice.

Era tutto inutile.

Il ragazzo lasciò che le lacrime scendessero come fiumi lungo le guance, prepotenti e cariche d'acqua, mentre Eren stava assaporando ancora una volta il gusto atroce dell'impotenza.

Solo, non credeva che avesse potuto provarla per colpa di una persona a lui così cara.

Probabilmente non l'avrebbe più rivista. Il solo pensiero che lei sarebbe rimasta lì dentro per sempre gli strappò il cuore in mille pezzi.

Crollò debole sulle ginocchia, con la fronte che si trascinava sul cristallo, dove aveva lasciato delle strisce bagnate di lacrime.

Iniziò a piangere ad alta voce, senza curarsi di trattenere i gemiti.

Le sue lacrime cadevano a goccioloni sul cristallo e grondavano fino al pavimento, come una sorta di sacrificio per una dea. Suonava come una preghiera.

Pregava per lei.

Pregava che potesse uscire da quella prigione per poterle parlare ancora, perché già sentiva il rimorso di non averle rivolto le sue ultime parole.

Eren sapeva che, se Annie fosse morta lì dentro, sarebbero morti anche tutti quei sentimenti e quelle emozioni che, stupidamente, non le aveva mai rivelato.

   
 
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