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Autore: Martocchia    14/08/2017    0 recensioni
Ojos de Cielo è il racconto di un amore, di due ragazzi, ma anche la storia di una canzone e di quante sue simili essa possa contenere. Questo è il racconto di come la musica possa radicarsi così in profondità da diventare linguaggio e linfa vitale, legame di un amore fresco come le rose bagnate dalla rugiada.
I primi capitoli potrebbero lasciarvi un po' interdetti, ma vi invito a proseguire, ad andare oltre ciò che appare e ad immedesimarvi nei personaggi che ho creato, i quali non sono poi tanto lontani dalla realtà...
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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È passato solo un giorno dal primo incontro del musical e l’adrenalina mi scorre ancora nelle vene. Questa mattina non ho fatto fatica ad alzarmi, anzi, ero quasi felice di scendere dal letto e di andare a scuola. Sono più serena, più gentile del solito e uno strano entusiasmo mi invade. Mi riconosco a stento, ma la cosa mi piace: normalmente sono sempre così seria… Non mi sopporto nemmeno io!
E poi… devo ammettere che spero di rivedere presto Luca. Il modo in cui ieri si è comportato con me… Non posso negare quanto mi abbia colpito. Desidero conoscerlo meglio, essergli davvero amica e sdebitarmi con lui per l’aiuto che mi ha dato.
Guardo fuori dalla finestra, mentre mancano pochi minuti al suono della campanella dell’intervallo: un caldo raggio di sole colpisce il mio banco, trasmettendomi un dolce e piacevole tepore; la luce illumina di mille sfumature le foglie degli alberi, che a poco a poco si stanno ingiallendo. Ormai è autunno, anche se dalle temperature non si direbbe, ma ben presto sappiamo bene che sarà tempo da piumino e sciarpa. Da queste parti tanto è caldo e afoso d’estate, tanto è freddo e umido d’inverno, con quel gelo antipatico, che si diverte a penetrarti nelle ossa.

Con un trillo lungo e squillante la campanella suona e la classe, precedentemente in coma vegetativo, si rianima. Le mie compagne incominciano a parlare ad alta voce, a mangiare, ad uscire… Ultimamente, senza le mie amiche più grandi a scuola, trascorro questo quarto d’ora in classe, abbandonata sul banco, ma oggi questa prospettiva mi annoia troppo e decido di fare un giretto per la scuola, giusto per curiosare un po’ in giro e sgranchire le gambe, anche se questo vorrà dire che dovrò destreggiarmi tra la marea di adolescenti che invadono i corridoi del liceo. Normalmente basterebbe questa idea a farmi desistere dal farmi allontanare dalla mia sedia, ma oggi proprio no. Esco dalla mia classe ed esattamente davanti ad essa, appoggiato svogliatamente con le spalle al muro, trovo Marco, il quale, notandomi, si raddrizza, mi sorride incerto e mi si avvicina.
“Mi stava aspettando?” penso sorpresa, non sapendo bene come comportarmi.

-Ehi… - comincia lui, tenendo gli occhi bassi.

-Ciao Marco. -. Scelgo di mantenere un tono sereno, ma distaccato. Non sono una persona che serba rancore, ma ciò che mi ha detto ieri mi ha ferita. Pensare che lui mi consideri quel tipo di ragazza fa davvero male.
Come se mi avesse letto nel pensiero, Marco tira cautamente fuori l’argomento: - Riguardo a ieri… -.

-Sì? – lo incoraggio, curiosa di sentire quale giustificazione si è inventato stavolta.

-Mi dispiace. Mi dispiace tanto. -. Ok… Questa non me l’aspettavo. Lui che chiede scusa a me? Dove sono le telecamere? Perché non può essere vero, non ci credo!
-Ho detto delle cose orribili senza pensare. So benissimo quanto sei stata male e quanto deve essere stato difficile voltare pagina e so che è stata anche colpa mia… Non avrei dovuto rivolgermi a te in quel modo. Sono stato un grandissimo stronzo e il tuo amico ha fatto bene a rimettermi in riga. Ringrazialo da parte mia… Spero sarà possibile ripartire con il piede giusto e diventare amici… -.

Lo guardo in silenzio per un istante, ancora incredula. Non mi aveva mai chiesto scusa di persona ed era da tanto che non metteva da parte il proprio ego per qualcuno. Sono piacevolmente stupita da questo suo improvviso cambio di rotta.
-Sì, effettivamente sei stato poco carino, ma, conoscendoti, so quanto ti sia costato venire qua a chiedermi scusa in questo modo, per cui non posso ignorare la cosa… Per quanto riguarda Luca, metterò una buona parola per te, ma penso che dovrai fare lo sforzo di parlare così anche con lui. -.

-Farò anche questo sforzo. In fondo sono io in torto, è il minimo. – mi sorride, più sollevato. –Comunque era da tantissimo che non ti sentivo cantare e non mi ricordavo fossi così brava! - esclama cambiando argomento.

-Beh… Sono intonata, niente di eccezionale… - ribatto imbarazzata dal suo inaspettato complimento.

-Non sminuirti. Sei stata davvero fantastica ieri! Quest’anno la parte musicale sarà qualcosa di speciale… Ne sono sicuro. -.
Non sono sicura al cento per cento che Marco non abbia la febbre, ma cerco di non far trapelare la mia perplessità (e soprattutto reprimo l’istinto di mettergli una mano sulla fronte per misurargli la temperatura) e semplicemente gli sorrido:
-Grazie, davvero. Non sai quanto mi faccia piacere sentirti dire certe cose… Adesso devo andare. Se vuoi ci sentiamo… -.

-Sì, certo. Scusa se ti ho trattenuta, però mi sembrava giusto dirti queste cose il prima possibile. Ciao! – e detto ciò si allontana, con le mani nelle tasche.

Io proseguo la passeggiata che mi sono prefissata, scendendo le scale e attraversando il secondo piano, persa nei miei pensieri. Non avevo mai visto Marco sotto questa luce, neanche mentre stavamo insieme. Le sue scuse, però, mi rendo conto che mi hanno fatto bene: mi sento molto più leggera… Negli anni ho ingoiato tanti di quei bocconi amari, i quali non hanno mai cessato di pesarmi, ma ora sembrano scomparsi, come se non siano mai esistiti. Non so se sono pronta a perdonarlo, mi ha fatto troppo soffrire, ma è già un passo avanti.
Sorrido tra me e me soddisfatta, ma, distratta come sono, vado a sbattere contro qualcuno. Sto alzando la testa per implorare il perdono del povero malcapitato, quando sento una voce famigliare:
-Ma allora è un vizio! -.

-Luca! – esclamo, incontrando il suo sguardo divertito –Santo cielo, non è possibile! Adesso ti sembrerò una di quelle persone imbranate di cui parlavi ieri. -.

-Mmm… è ancora presto per dirlo. – risponde il ragazzo ridendo – Per ora mi sembri solo un tipo piuttosto pensieroso. -.

-Effettivamente è così. – ammetto, portandomi dietro l’orecchio una ciocca di capelli ribelle – Ho solo appena parlato con Marco e ci stavo ripensando. -.
Lo sguardo di Luca si fa immediatamente più duro.
-Ti ha detto ancora qualcosa di male? Questa volta non sarò buono come lo sono stato ieri! -.
-Ehi, ehi, non scaldarti! Non ha fatto nulla, al contrario mi ha chiesto scusa, lo ha chiesto anche a te, ma penso che te ne parlerà poi lui. E poi mi ha fatto tanti complimenti per la mia voce… Mi ha molto sorpresa… Era da molto che non era così gentile con me. – spiego, abbassando lo sguardo malinconicamente.
-Tu sei ancora… - inizia a chiedermi, improvvisamente serio, lasciando però in sospeso la domanda. Non c’è bisogno che la termini: so esattamente cosa vuole dire.
-No, assolutamente no. Da tempo mi sono stancata di correre dietro alle sue lune storte. -.
-Menomale. – esclama Luca, come sollevato dalla mia risposta – Cioè, lo dico per te. Ragazzi del genere fanno solo stare male. – si corregge, mettendosi una mano dietro la nuca, imbarazzato.
-Non posso dire che tu non abbia ragione. – dico ridendo, cercando di alleggerire il suo disagio – Penso sia ora che torni in classe. Scusami ancora! -.
-Non preoccuparti. Non è così male quando delle ragazze carine ti cadono addosso. – e detto questo si allontana velocemente, salutandomi con la mano, ma faccio in tempo a scorgere il suo viso arrossire vistosamente, proprio come il mio.
Quindi lui pensa che io sia carina… O oggi è scoppiata un’epidemia di febbre in questo liceo o davvero non so cosa stia succedendo. “L’avrà detto solo per dire, per essere gentile e fare una battuta.” penso. Eppure resto imbambolata a fissare la sua schiena allontanarsi. Mi riscuoto solo quando anche Luca si volta, come se fosse consapevole del mio sguardo fisso su di lui. Immediatamente mi volto e risalgo al terzo piano, attendendo il suono della campanella ascoltando distrattamente i discorsi delle mie compagne.

   
 
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