Quella giusta
Kara guardava nel vuoto. Seduta alla
finestra, la sua mente era spenta tanto che persino i suoi super-sensi erano
ovattati. Alzò la mano cercando conforto nel ciondolo di sua madre, come aveva
fatto negli anni, e trovò solo il suo collo nudo. Una pesante fitta le
attraversò il cuore. Mon-El non c’era più e con lui
se n’era andato anche quel piccolo pezzo di casa.
La sua gola si chiuse, mentre i suoi
occhi bruciarono dal desiderio di versare lacrime che ormai aveva finito. Era
come se avesse perso di nuovo tutto, come se, per la seconda volta, il suo
mondo fosse andato in pezzi.
Si odiò per quel pensiero, la morte
di Krypton aveva posto fine ad una civiltà intera, miliardi di persone erano
svanite nel nulla, tutto il suo popolo. Eppure… eppure il suo cuore sanguinava,
perché aver avuto Mon-El aveva significato riavere indietro
un pezzetto del suo mondo.
Ma ora era andato, andato per sempre
e lei vedeva solo il buio davanti a sé.
Il telefono sul tavolo squillò e Kara
pensò di lasciarlo suonare, di non rispondere. Chi poteva essere, tanto? Il DEO
con le loro eterne emergenze? Alex, per sapere ancora e ancora, come stava? Sua
madre che si preoccupava come sempre? Oppure Lena… no, lei no, non la chiamava
più, ora tra loro si era creata della distanza, perché lei si sentiva in colpa
e Kara… Kara non riusciva a perdonarla. Oh, sì, aveva scelto lei, alla fine,
come agire, perché era la cosa giusta da fare, perché era così che si comporta
un eroe, ma era Lena che aveva costruito il portale, lei aveva, indirettamente,
causato ogni cosa e malgrado sapesse che non era colpa della giovane Luthor, che era stata manipolata, non poteva fare a meno di
vedere i suoi occhi addolorati posarsi su di lei e odiarla un poco per quello
che le aveva portato via.
Gli squilli smisero e Kara sussultò.
E se fosse stata davvero un’emergenza? Scese dal davanzale e afferrò il
cellulare, il cuore che batteva forte. Quando vide il numero di Kal si spaventò ancora un po’ di più.
Ricompose il numero e chiamò in
fretta. Uno squillo e poi eccola la voce di Kal.
“Cos’è successo?” Chiese, agitata.
“Der’ta nun de.” Non ti preoccupare. Le rispose subito il giovane e l’uso
del kryptoniano fu come una scossa, lasciandole un
gusto agrodolce in bocca. “Pochi minuti
fa ho salvato Lena Luthor da un attentato.”
Spiegò poi Kal, con voce pacata, ma dolce.
“Cosa?” Chiese, sorpresa, Lena era…
Lena era a National City, lo avrebbe saputo se… o forse no, non più?
“Era a Metropolis per…” Kara percepì l’esitazione di Kal e comprese.
“Jack.” Disse soltanto e
improvvisamente si sentì in colpa. Quanto era stata egoista? Lena aveva perso
l’uomo che amava, che ammirava e che considerava il suo miglior amico. No, non
lo aveva perso, lo aveva sacrificato perché lei potesse vivere!
“Lex non è stupido e neppure gli uomini che
assolda, evidentemente la stavano aspettando e lei ha offerto loro l’occasione
perfetta presentandosi da sola, senza nessuna scorta.”
“Perché, perché non me lo ha detto? E
perché ci è andata da sola? Lei doveva saperlo che…”
“Kara.” La
interruppe Kal. “Non è finita qua…”
Le disse il giovane e lei percepì una stretta al cuore. “Quando l’uomo le ha puntato la pistola addosso lei… lei è
semplicemente rimasta lì, ad aspettare. Io ho visto sul suo volto…”
“Cosa, Kal?”
Chiese allora Kara, in un mormorio. Aveva paura della risposta, ma doveva
sapere.
“Pace.”
“Come?” Chiese sorpresa.
“Kara… Lena era felice che fosse finita.”
“No, no, no, non è possibile, lei è
forte, lei è combattiva e coraggiosa, lei non può…”
“Des’tu le.” Mi dispiace. Disse solo il kryptoniano.
“Va bene… Tal’ty…”
Grazie.
Kara chiuse la chiamata e poi si
appoggiò sul tavolo. Cosa doveva fare? Cosa poteva fare?
Attese.
Passò la giornata in casa, uscendo
solo quanto Winn la chiamò per un’emergenza. Quando rientrò,
due ore dopo, trovò sul tavolo una scatola di ciambelle, Alex doveva essere
passata mentre lei non c’era. Kara osservò le colorate e deliziose ciambelle e
poi mise via la scatola, il suo stomaco era chiuso come mai prima, sapeva che
se avesse mangiato, qualsiasi cosa, avrebbe vomitato.
In piena notte, incapace di dormire
uscì in volo, osservando la città semi-addormentata sotto di lei. Vide James
combattere in un vicolo contro uno spacciatore da due soldi, un po’ più in là Winn pomiciava con Lyra, incurante del lavoro che, invece,
avrebbe dovuto svolgere.
Sentì qualcuno piangere e si ritrovò
attratta da quel suono. Lentamente scese fin davanti ad una finestra, dove una
piccola bambina, raggomitolata nel letto, singhiozzava come solo i bambini sanno
fare.
Kara bussò alla finestra e due
occhioni si fissarono su di lei che sorrise dolcemente.
“Ciao.” Disse quando la bimba,
riconoscendola, venne ad aprire la finestra.
La piccola fissò verso il vuoto sotto
i suoi piedi e poi guardò lei.
“Allora è vero che sai volare.”
“Sì.” Ammise, poi osservò il viso
ancora rigato dalle lacrime e gli occhioni rossi della piccola. “C’è qualcosa
che posso fare per te?” Domandò. La bambina la guardò per un lungo istante, poi
sospirò.
“Il mio papà è morto.” Spiegò, mentre
una nuova lacrima scendeva sul suo viso. “E anche la mia mamma.”
“Mi… mi dispiace…” Kara sentì il
cuore contorcersi.
“Perché non li hai salvati?” Domandò
la bambina fissandola con uno sguardo privo di rabbia, solo… perplesso.
“Io… mi dispiace.” Ripeté incapace di
dire altro, di dire qualcosa di sensato.
“I… i dassam…”
Corrugò la fronte. “Non ricordo bene il nome. Quelli venuti con tante navi spaziali
e con quei bastoni che sparavano rosso.”
“I daxamiti.”
La bimba annuì.
“I daxamiti
hanno detto che dovevamo solo stare buoni, ma poi hanno preso mamma e papà non
voleva così mi ha detto di nascondermi e lui è uscito a salvarla. Come fai tu.”
Kara ricevette un’altra pugnalata, era bello essere un simbolo di eroismo,
ispirare la gente, ma significava portare sulle spalle anche quelle morti, quegli
atti di eroismo finiti male, non tutti avevano la pelle d’acciaio.
“Il tuo papà ha fatto la cosa
giusta.” La voce proveniva dalle spalle della ragazzina, una donna anziana si
fece avanti e prese la piccola tra le braccia, fissando lei negli occhi. “Lui
sapeva cosa avrebbe potuto significare tentare di salvare tua madre e lo ha
fatto lo stesso. Lo sai perché?” Domandò questa volta voltandosi verso la
bambina.
“Perché è un eroe, nonna.” La vecchia
signora annuì.
“L’eroe è colui che decide di fare la
cosa giusta anche quando sa che metterà a rischio la sua vita o la sua
felicità. Anzi, proprio perché lo sa, altrimenti è solo un pazzo.” I suoi occhi
tornarono su Kara, mentre dava un bacio sulla testa alla bambina. “Ora è meglio
tornare a dormire.”
Kara annuì piano, ma prima che se ne
andasse sentì ancora qualche parola.
“Tesoro, piangere fa bene, non ti
devi vergognare e ricorda che io sono qua e il mio letto e grande abbastanza
per tutte e due.”
“Ma gli eroi non piangono, nonna.”
“Oh sì, bambina mia, anche gli eroi
devono piangere ogni tanto.” Kara sentì una fitta al cuore, poi le ultime
parole della nonna arrivarono alle sue orecchie. “Non sei sola, piccola mia.”
“Grazie, nonna.” Mormorò la bambina,
la voce sonnolente di chi sta per addormentarsi.
Kara salì di nuovo nel cielo e
ripensò a Lena. La donna si sentiva così sola e abbandonata da voler morire?
Per quanto avesse provato per lei della rabbia ora riusciva solo a pensare a
quando l’aveva stretta tra le braccia, le aveva detto che non era sola e che
non lo sarebbe stato mai. Cosa avrebbe fatto se avesse perso anche Lena? Kara
comprese che non era qualcosa che avrebbe accettato, no, Lena era troppo
importante.
L’appartamento della donna era buio,
Kara esitò qualche istante, probabilmente non sarebbe tornata così presto da Metropolis… quando la luce si accese il suo cuore sobbalzò.
Esitò solo qualche istante, poi scese decisa, si cambiò e bussò alla porta
d’entrata.
“Kara? Cosa...”
“Non sei sola.” Sbottò, decisa. “Io
sono qua e… e ho bisogno di te. Lo so, lo so che sono stata fredda e distante
e… mi dispiace per quello che ho pensato di te… ma… tu sei molto importante per
me e non voglio perderti.” La donna aprì la bocca e poi la richiuse, infine si
spostò di lato e la lasciò entrare.
“Hai saputo quello che è successo a Metroplis?” Le chiese, mentre prendeva un bicchiere e se lo
riempiva.
“Sì. Ma, non è solo quello. Ho
incontrato una bambina e…” Scosse la testa. “Non importa, quello che importa
davvero è che non ho perso tutto, ho ancora te, Alex e Maggie, Winn, James, J’onn, un intero
mondo… e non voglio perderne neppure un altro pezzetto.”
“Ma hai perso l’uomo che amavi. Per
colpa mia.” Era la prima volta che lo diceva in maniera così diretta.
“Tu hai perso Jack per colpa mia.”
Lena sbatté le palpebre, alle sue parole, poi scosse la testa.
“Tu, con quell’articolo, hai solo
fatto il tuo lavoro, volevi proteggere National City da una minaccia reale e…”
“E tu, con quel portale, volevi
costruire qualcosa che avrebbe migliorato la vita dell’intero pianeta.” Kara
sentì il suo cuore sussultare nel vedere gli occhi di Lena brillare di
sollievo. Quanto era stata crudele a privarla della sua amicizia solo perché
Lena aveva creduto di fare la cosa giusta? Lei che era stata così intelligente
da salvare tutti e così giusta da dare a Supergirl la
possibilità di scegliere come agire.
“Mi dispiace, avevo promesso di
esserci sempre per te.” Mormorò e vide Lena fare un passo verso di lei per poi
fermarsi, titubante. Kara sorrise, lasciando che una piccola parte del suo
cuore smettesse di soffrire e poi aprì la braccia facendo a sua volta un passo
avanti e accogliendola in un lungo abbraccio.
Quando si separarono, il viso di Lena
era emozionato, ma anche decisamente più rilassato.
“Grazie per… le tue parole.” Le
disse.
“Per un momento sono rimasta
egoisticamente accecata dal mio dolore, ma ho capito che il mondo continua a
girare e che…”
“Non sei sola.” L’anticipò Lena, poi
la guardò e sorrise. “Io sono qua. Oggi ho creduto che morire sarebbe stato
meglio, ma… se tu puoi perdonarmi allora, forse, posso iniziare anche io a
perdonare me stessa.” Kara annuì, comprendendo l’importanza di quelle parole,
comprendendo che erano entrambe su di una china pericolosa e che forse, se si
fossero strette la mano, avrebbero potuto uscirne intere.
“Sono felice di essere venuta qua,
questa notte.”
“Dovrai spiegarmi come hai fatto a
sapere che ero tornata.” Disse allora Lena, sul volto un piccolo sorriso.
“Oh… ehm… fortuna?” Tentò e Lena
annuì.
“Va bene, non rivelarmi le tue
fonti.” Kara si sorprese a sorridere.
“Forse potrei aver chiesto ad una
certa ragazza con il mantello di sorvegliare il tuo appartamento.” Gli occhi di
Lena brillarono di divertimento.
“Questa poi, ho una stalker con il mantello e non lo sapevo?”
Kara scoppiò a ridere all’idea di Supergirl stalker. Iniziò e non
riuscì più a smettere fino a quando non scoppiò a piangere. Le braccia di Lena
la strinsero e lei prese a singhiozzare ancora più forte, non trattenendo nulla.
I rabbiosi pianti dei mesi precedenti erano soltanto un lontano ricordo, questa
volta sgombrò il suo cuore e quando riuscì di nuovo a calmarsi, si sentì vuota,
ma decisamente meglio.
“Grazie.” Mormorò piano, dando un
piccolo bacio sulla guancia a Lena, che l’aveva cullata per tutto il tempo, lasciandola
piangere, senza fare o dire nulla.
“Grazie a te…” Rispose Lena e quando
Kara si tirò indietro notò il trucco sciolto sulle guance e gli occhi rossi.
Avrebbe dovuto immaginare che un Luthor piangeva in
silenzio.
L’alba rischiava l’appartamento e lo
stomaco di Kara brontolò.
“Qualcuno ha fame?” Chiese la donna,
lasciando che un sorriso stanco, ma sincero, apparisse sulle sue labbra.
Mezzora dopo, sedute in un elegante
caffè, Kara e Lena scherzavano e ridevano. Le lacrime dimenticate e il cuore
ancora malconcio, ma in via di guarigione.
Due settimane dopo, Kara entrò al DEO
con un sorriso sulle labbra.
“Allora, nulla per me?” Domandò,
battendo le mani felice. Alex sorrise nel vederla piena di vita e sorridente,
per un momento aveva temuto che finisse in un pozzo senza luce, ma in qualche
modo, grazie a Lena, era riuscita ad uscirne.
“In realtà abbiamo delle letture di
strappi dimensionali.”
“Oh, sembra interessante!” Esclamò la
donna.
“Non così tanto, per ora li stiamo
solo monitorando, ma ci sono molte segnalazioni di gente che ha avuto rapide e
mute visioni di se stesso.” Spiegò Winn.
“Wow! Quindi potrei vedere una me
stessa di un’altra realtà?”
“Esattamente.”
“E potrei parlarci?” Domandò sempre
più affascinata dall’idea.
“No, non credo, gli strappi sono
casuali e rapidissimi.” Intervenne Alex.
“Il fenomeno è dovuto a una tempesta
dimensionale, scatenata da qualche tipo di evento di grande portata, di cui,
però, non sappiamo nulla. Ho comunicato con Cisco Ramon e lui mi ha confermato
l’evento. Dice che, sul loro mondo, è durato qualche ora e poi è scomparso
senza fare nessun tipo di danno. Quindi…”
“Quindi tutti in allerta, ma non
preoccupiamoci troppo.” Concluse J’onn.
“Va bene.” Rispose, Kara, un poco
delusa.
La sua delusione crebbe durante il
giorno, Winn disse di essersi visto mentre lavorava
al computer, James, mentre scattava una foto, Maggie mentre mangiava del gelato
non vegano. Insomma, tutti erano entusiasti e presi a raccontare dettagli,
mentre lei non aveva visto proprio nulla.
Arrivò a casa e sbuffò nel non
trovare la chiave che si nascondeva nella borsa. Abbassò il capo e non vide un
lampo aprirsi davanti a lei.
“Ehi, Kara!” Disse sorridendo, felice. “Anche tu mi sei mancata.”
Aggiunse cercando di usare l’ironia per nascondere le emozioni.
“Grazie.” Disse però la donna stringendola ancora un poco.
“Per cosa?” Chiese allora lei. “Non ho neppure pensato a portarti dei
fiori o…”
“Grazie, Lena.” La giovane si separò da lei e sorrise prima di baciarla.
Le emozioni di quel nuovo bacio l’attraversarono e quando Kara la guardò con
occhi pieni di gioia capì che forse, con lei, non aveva bisogno di nascondere
ciò che provava.
“Eccovi!” Esclamò alzando il volto e
infilando la chiave nella toppa. Posò la borsa e sfilò i cappottino, poi si
guardò attorno. Presto sarebbero arrivati gli altri per la serata dei giochi,
quindi… si mosse veloce, riordinando la casa. Quando ebbe finito sorrise
soddisfatta. Ora doveva solo cambiarsi. Si diresse a velocità normale nella sua
camera. Mentre osservava gli abiti, notò una camicia di Mon-El
e decise che avrebbe dovuto portarla ai poveri, dopo tutto… era ora che lei
andasse avanti. Scattò veloce e uscì dall’appartamento. Non vide Alex salire le
scale e non vide la breccia che si aprì nel suo appartamento.
“Siamo arrivate.” Le comunicò Kara e lei aprì gli occhi. Erano
nell’appartamento della kryptoniana.
Lena scese dalle sue braccia, si guardò attorno poi si voltò a fissarla,
appoggiandosi al tavolo.
“Credi che…” Non riuscì a finire la frase, perché Kara fu sulle sue
labbra in un baleno. Le sue mani si aggrapparono alla vita della supereroina,
mentre la sua mente le riproponeva la loro notte insieme e Lena comprese che
sarebbe stato tutto più intenso, più vero, ora che sapeva chi c’era sotto quel
costume.
Ansimò d’aspettativa quando le mani della ragazza passarono sul suo
corpo, poi cercò il suo sguardo e sorrise quando vide in esso lo stesso
desiderio che provava lei.
Quando atterrò Alex era già entrata,
usando la chiave che lei lasciava sempre sullo stipite della porta.
“Ehi, la tv, non funziona.”
“Davvero?” Chiese Kara perplessa.
“Oh! Sarà l’antenna.” Affermò poi ricordandosi di aver giocato a palla sul
tetto con i bambini dei vicini.
“Vuoi che vada io?” Chiese Alex.
“No, piove, ci metto un attimo.” Le
fece l’occhiolino e sparì, mentre la tenda svolazzava dietro di lei. Sul tetto
osservò perplessa l’antenna, doveva essersi piegato qualcosa. Afferrò un pezzo
di ferro e lo drizzò, ma questo le si spezzo tra le mani che scivolarono a
causa della pioggia. “Per Rao…” Borbottò, per poi
rimettere il pezzo al suo posto e usare la vista calorifera
per saldarlo.
Era così concentrata che non notò lo
strappo dimensionale alle sue spalle.
“Non mi vuole… Alex…” Borbottò la donna, poi sembrò accorgersi di qualcosa,
perché alzò le testa di scatto, gli occhi sgranati. “Lena!” Disse e lei
sorrise, poi le prese il viso tra le mani e lo attirò a sé per un lungo bacio,
mentre la pioggia, ignara del loro momento, continuava a cadere.
“Oh sì, che ti voglio.” Mormorò sulle sue labbra, dopo un momento.
“Credevo…” Cercò di dire Kara, ma lei le posò due dita sulle labbra.
“So perché avevi paura di dirmelo e so perché avevo paura di sentirlo. I
cambiamenti sono… pericolosi. Ma, Kara, questo cambiamento è la cosa più bella
che io abbia mai fatto e…” Non poté finire perché Kara l’afferrò e la sollevò
tra le braccia ridendo di gioia.
“Fatto!” Disse rientrando in casa,
tutta bagnata, ma felice di essere riuscita a fare la riparazione.
“Ehi, piccola Danvers,
credevo che voi Super poteste muovervi così veloci da evitare le gocce di
pioggia.” Affermò Maggie, divertita, mentre appoggiava le pizze sul ripiano
della cucina.
Bussarono alla porta e Kara abbassò
gli occhiali bagnati di pioggia.
“Lena.” Annunciò, fissando la
sorella.
“Ci penso io, tu vai a cambiarti.”
Kara annuì e poi scomparve.
“Sarà strano averla qua, non
credete?” Domandò James. Maggie si strinse nelle spalle.
“Secondo me se l’è meritato.” Affermò
e Alex, passando, le diede un bacio sulla tempia.
“Sì, decisamente.” Aggiunse, mentre
anche Winn annuiva.
“Ok!” Esclamò James, messo in
minoranza.
Quando Kara tornò, indossando degli
abiti asciutti, Lena era seduta al suo posto al tavolo della cucina, scherzava
con Maggie per una storia di manette e si voltò verso di lei con un sorriso
felice.
“Grazie di avermi invitato.” Disse.
“Grazie di essere venuta.” Rispose
lei.
“Grazie per queste bottiglie!”
Intervenne James, che stava stappando una bottiglia che, probabilmente, costava
quanto un mese del suo stipendio.
Kara sorrise, osservando, felice, il
suo piccolo mondo girare.
“La tempesta dimensionale è finita
tre settimane fa, ma ci sono ancora degli strascichi a quanto pare.” Winn e Kara fissavano Alex, seduta sulla sedia, gli occhi
ancora sgranati.
“Cos’ha visto?” Domandò piano Kara.
“Lei e Maggie.” Disse il giovane.
“E non era una cosa bella?”
Insistette, preoccupata.
“Oh… sì…” Winn
si voltò a guardarla, un sorriso divertito sulle labbra. “Solo che Alex era… incinta.”
Kara sgranò gli occhi stupefatta, ora capiva l’espressione scioccata della
sorella.
Un piccolo bip del computer attirò Winn alla sua postazione.
“Un alieno sta cercando di rubare la
senape di un carretto nel parco di…” Kara allungò la testa e annuì.
“Ci vado sempre a mangiare il gelato
con Lena.” Affermò, poi uscì dal DEO volando veloce.
Quando atterrò nel parco si disse che
era una splendida giornata, avrebbe potuto mandare un messaggio a Lena e
invitarla lì, magari proprio per un gelato.
“Ehi, tu! Se vuoi della senape, devi
comprartela!” Apostrofò l’alieno che nel vederla fece una smorfia, almeno, fu
quello che pensò Kara, aveva una faccia molto strana e forse quello era un
sorriso… “Devo chiederti di smetterla!” L’alieno afferrò una grande vaschetta
della salsa e iniziò a correre. Kara sorrise e lo lasciò scappare, mettendosi
invece ad aiutare lo spaventato proprietario del carretto. Era così presa nel
suo discorso nello spiegare che non tutti gli alieni erano dei ladri che non
notò la breve visione su di un altro mondo che comparve alle sue spalle.
Sul viso di Kara scorrevano le emozioni, ma Lena decise che era ora di
porre fine agli indugi.
“Kara, lo so che ci ho messo troppo a capirlo, ma senza di te accanto il
mondo è più grigio e freddo. Senza di te non respiro. A volte bisogna perdere
qualcosa per capire quanto esso sia importante… Kara, sono innamorata di te.”
Ammise e il suo cuore gioì nel vedere il sorriso brillare sulle labbra della
giovane. “Ora, se non hai nulla in contrario…” Mormorò e poi posò le labbra
sulle sue e questa volta non fu un bacio sfiorato, questa volta fu un vero
bacio e fu intenso e perfetto, esattamente come, senza neanche rendersene
conto, aveva sempre sognato.
Mentre tornava al DEO inviò il
messaggio a Lena e fu felice nel vedere che era libera anche subito.
Kara sorrise, era bello averla come
amica.
Lena ripose il cellullare con il
cuore che batteva veloce. Aveva detto di sì senza esitare, un gelato al parco
con Kara, era forse il momento giusto? Avrebbe osato parlarle di quello che
aveva visto?
Tre settimane prima, mentre era nel
suo ufficio vi era stato un chiarore, aveva alzato il capo, sorpresa, e si era
vista tra le braccia di Kara. Arrossì al ricordo, era stato solo un istante
eppure ogni dettaglio era fissato nella sua memoria, i loro occhi chiusi, le
loro labbra aggrappate le une a quelle dell’altra, le mani che accarezzavano,
capelli, colli, spalle. E su tutto, Lena, gli occhi sgranati e il cuore in
subbuglio, aveva fissato il proprio volto così pieno di… gioia.
Quando aveva incontrato Kara, pronta
a dirle la sua esperienza con gli strappi dimensionali e ridere con lei
dell’assurdità che aveva colto, non era riuscita a proferire una parola. Erano
sempre stati così belli i suoi occhi? E così luminosa la sua pelle? La risata
di Kara era sempre stata così calda e i suoi sguardi così dolci?
Dopo tre settimane ormai lo sapeva,
si era innamorata di Kara, anzi, probabilmente l’aveva sempre amata solo che
non aveva compreso i suoi sentimenti. Ora però… non poteva più negarli.
Lena sospirò, si alzò e prese la
borsa, uscendo lentamente dal suo ufficio.
“Buon pomeriggio, miss Luthor.” La salutò Jess e lei annuì, persa nei pensieri. Il
suo telefono squillò di nuovo e lei osservò un secondo messaggio di Kara.
“Non vedo l’ora di mangiare il gelato con te.” Diceva e al posto della parola
gelato vi era un’emoticon. Conoscendola le aveva scritto quella frase solo per
poter usare l’immagine. Lena sorrise e salì sull’ascensore.
“Dannazione, sì, oggi è il giorno
giusto.” Disse e sorrise, mentre il suo cuore tremava e al contempo gioiva.
“Ancora!” Mon-El,
perso nel tempo e nello spazio tra le dimensioni, scosse la testa. “Questa non
è la mia Kara!” Urlò, frustrato.
“Signore… la tempesta dimensionale
sta perdendo potenza, non riuscirò a…”
“Ancora!” Insistette il principe daxamite e l’essere strinse i denti concentrando la sua
energia, spremendo ancora un po’ di vita da se stesso e dal piccolo ciondolo
che teneva tra le mani.
Una nuova finestra si aprì sulla
Terra e lui osservò per qualche istante, pronto ad vedere una Kara che non era
la sua. Era rimasto per quello che gli sembravano mesi, ad osservare le diverse
Kara che erano andate avanti, gettandosi tra le braccia di quella Luthor, causa di tutti i suoi problemi. Ma sapeva, sapeva
che la sua, la vera Kara, avrebbe atteso, sarebbe rimasta lì, in sofferente
attesa del suo ritorno, perché senza di lui, lei non era niente. Quello era
amore e lui sapeva che Kara lo amava.
“Ancora.” Disse, stringendo i denti,
mentre osservava Kara salutare Lena con un bacio sulle labbra.
“Il ciondolo verrà distrutto mio
signore.” Gemette, estenuato e sofferente l’essere dimensionale che aveva
catturato e schiavizzato.
“Non ha importanza! Io devo tornare
da lei e quel ciondolo è l’unica cosa che mi permetterà di farlo, quel ciondolo
e te.” Non distolse lo sguardo dalle finestre che si aprivano. Cosa importava
del ciondolo? Se Kara avesse avuto lui sarebbe stata più che felice, non aveva
bisogno di stupidi e infantili ninnoli.
Si aprì una nuova breccia e lui osservò
Kara, flash rapidissimi passarono davanti a lui che sorrise. Eccola!
Finalmente!
“Aprì questa finestra!” Urlò, tutta
la sua fatica veniva ripagata. Non accadde nulla e lui si voltò furente verso
l’essere dimensionale che era stato così intelligente da catturare. Era
accasciato, tremante e morente. Mon-El lo afferrò per
il bavaro e lo scosse. “Aprimi quel portale! Subito!” Ordinò.
“Morirò… signore…”
“Fallo.” Domandò, senza un briciolo
di compassione. “Fallo.”
E l’essere aprì il portale.
Con un sorriso vittorioso Mon-El saltò all’interno e si ritrovò in un parco in una
bella giornata di sole. Si guardò attorno e vide Kara appoggiata ad un albero
che aspettava. Sorrise.
Di certo, anche se non lo sapeva,
stava aspettando lui.
Kara appoggiata all’albero vide Lena
arrivare. Sulle sue labbra vi era un sorriso strano, timido forse? Felice di
certo. Sorrise e pensò che il mondo era bello.
Lena e Mon-El
fissarono Kara da due punti diversi del parco e sorrisero, perché lei era
quella giusta.
Note: Gli universi sono tanti, milioni di milioni, era così la canzone di De Gregori, vero? ;-)
Ed ecco a voi un'altra possibilità, un altro mondo, un altro universo. Forse un po’ troppo amaro? Forse troppo poco utopico? Forse troppo simile a quello del telefilm, in cui le occasioni sono sprecate e mon-El (non è degno della maiuscola) non riesce semplicemente a sparire e a lasciarci in pace?
I 4 finali non sono invalidati, ma, visto che non tutte eravate soddisfatte dalle lieti fini ho pensato di aggiungere un mondo un po’ più angst. Forse, maggiormente in tono con l’inizio della storia.
Fatemi sapere
cosa ne pensate! Ho il parafulmini acceso e sistemato! ;-)