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Autore: Najara    16/08/2017    9 recensioni
Lena sa di aver partecipato attivamente all'invasione daxamite e, malgrado l'abbia anche fermata, non riesce a darsi pace, soprattutto se pensa a Kara e a quello che ha perso e poi a Jack e a come, anche quella volta, sono state le sue scelte a cambiare tutto.
A volte, però, sono i punti di rottura a cambiare le cose e ad aprire il mondo a nuove possibilità.
Storia SuperCorp un poco speciale in cui, voi lettori, avrete un ruolo attivo!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella giusta

 

Kara guardava nel vuoto. Seduta alla finestra, la sua mente era spenta tanto che persino i suoi super-sensi erano ovattati. Alzò la mano cercando conforto nel ciondolo di sua madre, come aveva fatto negli anni, e trovò solo il suo collo nudo. Una pesante fitta le attraversò il cuore. Mon-El non c’era più e con lui se n’era andato anche quel piccolo pezzo di casa.

La sua gola si chiuse, mentre i suoi occhi bruciarono dal desiderio di versare lacrime che ormai aveva finito. Era come se avesse perso di nuovo tutto, come se, per la seconda volta, il suo mondo fosse andato in pezzi.

Si odiò per quel pensiero, la morte di Krypton aveva posto fine ad una civiltà intera, miliardi di persone erano svanite nel nulla, tutto il suo popolo. Eppure… eppure il suo cuore sanguinava, perché aver avuto Mon-El aveva significato riavere indietro un pezzetto del suo mondo.

Ma ora era andato, andato per sempre e lei vedeva solo il buio davanti a sé.

Il telefono sul tavolo squillò e Kara pensò di lasciarlo suonare, di non rispondere. Chi poteva essere, tanto? Il DEO con le loro eterne emergenze? Alex, per sapere ancora e ancora, come stava? Sua madre che si preoccupava come sempre? Oppure Lena… no, lei no, non la chiamava più, ora tra loro si era creata della distanza, perché lei si sentiva in colpa e Kara… Kara non riusciva a perdonarla. Oh, sì, aveva scelto lei, alla fine, come agire, perché era la cosa giusta da fare, perché era così che si comporta un eroe, ma era Lena che aveva costruito il portale, lei aveva, indirettamente, causato ogni cosa e malgrado sapesse che non era colpa della giovane Luthor, che era stata manipolata, non poteva fare a meno di vedere i suoi occhi addolorati posarsi su di lei e odiarla un poco per quello che le aveva portato via.

Gli squilli smisero e Kara sussultò. E se fosse stata davvero un’emergenza? Scese dal davanzale e afferrò il cellulare, il cuore che batteva forte. Quando vide il numero di Kal si spaventò ancora un po’ di più.

Ricompose il numero e chiamò in fretta. Uno squillo e poi eccola la voce di Kal.

“Cos’è successo?” Chiese, agitata.

Der’ta nun de.” Non ti preoccupare. Le rispose subito il giovane e l’uso del kryptoniano fu come una scossa, lasciandole un gusto agrodolce in bocca. “Pochi minuti fa ho salvato Lena Luthor da un attentato.” Spiegò poi Kal, con voce pacata, ma dolce.

“Cosa?” Chiese, sorpresa, Lena era… Lena era a National City, lo avrebbe saputo se… o forse no, non più?

“Era a Metropolis per…” Kara percepì l’esitazione di Kal e comprese.

“Jack.” Disse soltanto e improvvisamente si sentì in colpa. Quanto era stata egoista? Lena aveva perso l’uomo che amava, che ammirava e che considerava il suo miglior amico. No, non lo aveva perso, lo aveva sacrificato perché lei potesse vivere!

Lex non è stupido e neppure gli uomini che assolda, evidentemente la stavano aspettando e lei ha offerto loro l’occasione perfetta presentandosi da sola, senza nessuna scorta.”

“Perché, perché non me lo ha detto? E perché ci è andata da sola? Lei doveva saperlo che…”

“Kara.” La interruppe Kal. “Non è finita qua…” Le disse il giovane e lei percepì una stretta al cuore. “Quando l’uomo le ha puntato la pistola addosso lei… lei è semplicemente rimasta lì, ad aspettare. Io ho visto sul suo volto…”

“Cosa, Kal?” Chiese allora Kara, in un mormorio. Aveva paura della risposta, ma doveva sapere.

“Pace.”

“Come?” Chiese sorpresa.

“Kara… Lena era felice che fosse finita.”

“No, no, no, non è possibile, lei è forte, lei è combattiva e coraggiosa, lei non può…”

Des’tu le.” Mi dispiace. Disse solo il kryptoniano.

“Va bene… Tal’ty…” Grazie.

Kara chiuse la chiamata e poi si appoggiò sul tavolo. Cosa doveva fare? Cosa poteva fare?

Attese.

Passò la giornata in casa, uscendo solo quanto Winn la chiamò per un’emergenza. Quando rientrò, due ore dopo, trovò sul tavolo una scatola di ciambelle, Alex doveva essere passata mentre lei non c’era. Kara osservò le colorate e deliziose ciambelle e poi mise via la scatola, il suo stomaco era chiuso come mai prima, sapeva che se avesse mangiato, qualsiasi cosa, avrebbe vomitato.

In piena notte, incapace di dormire uscì in volo, osservando la città semi-addormentata sotto di lei. Vide James combattere in un vicolo contro uno spacciatore da due soldi, un po’ più in là Winn pomiciava con Lyra, incurante del lavoro che, invece, avrebbe dovuto svolgere.

Sentì qualcuno piangere e si ritrovò attratta da quel suono. Lentamente scese fin davanti ad una finestra, dove una piccola bambina, raggomitolata nel letto, singhiozzava come solo i bambini sanno fare.

Kara bussò alla finestra e due occhioni si fissarono su di lei che sorrise dolcemente.

“Ciao.” Disse quando la bimba, riconoscendola, venne ad aprire la finestra.

La piccola fissò verso il vuoto sotto i suoi piedi e poi guardò lei.

“Allora è vero che sai volare.”

“Sì.” Ammise, poi osservò il viso ancora rigato dalle lacrime e gli occhioni rossi della piccola. “C’è qualcosa che posso fare per te?” Domandò. La bambina la guardò per un lungo istante, poi sospirò.

“Il mio papà è morto.” Spiegò, mentre una nuova lacrima scendeva sul suo viso. “E anche la mia mamma.”

“Mi… mi dispiace…” Kara sentì il cuore contorcersi.

“Perché non li hai salvati?” Domandò la bambina fissandola con uno sguardo privo di rabbia, solo… perplesso.

“Io… mi dispiace.” Ripeté incapace di dire altro, di dire qualcosa di sensato.

“I… i dassam…” Corrugò la fronte. “Non ricordo bene il nome. Quelli venuti con tante navi spaziali e con quei bastoni che sparavano rosso.”

“I daxamiti.” La bimba annuì.

“I daxamiti hanno detto che dovevamo solo stare buoni, ma poi hanno preso mamma e papà non voleva così mi ha detto di nascondermi e lui è uscito a salvarla. Come fai tu.” Kara ricevette un’altra pugnalata, era bello essere un simbolo di eroismo, ispirare la gente, ma significava portare sulle spalle anche quelle morti, quegli atti di eroismo finiti male, non tutti avevano la pelle d’acciaio.

“Il tuo papà ha fatto la cosa giusta.” La voce proveniva dalle spalle della ragazzina, una donna anziana si fece avanti e prese la piccola tra le braccia, fissando lei negli occhi. “Lui sapeva cosa avrebbe potuto significare tentare di salvare tua madre e lo ha fatto lo stesso. Lo sai perché?” Domandò questa volta voltandosi verso la bambina.

“Perché è un eroe, nonna.” La vecchia signora annuì.

“L’eroe è colui che decide di fare la cosa giusta anche quando sa che metterà a rischio la sua vita o la sua felicità. Anzi, proprio perché lo sa, altrimenti è solo un pazzo.” I suoi occhi tornarono su Kara, mentre dava un bacio sulla testa alla bambina. “Ora è meglio tornare a dormire.”

Kara annuì piano, ma prima che se ne andasse sentì ancora qualche parola.

“Tesoro, piangere fa bene, non ti devi vergognare e ricorda che io sono qua e il mio letto e grande abbastanza per tutte e due.”

“Ma gli eroi non piangono, nonna.”

“Oh sì, bambina mia, anche gli eroi devono piangere ogni tanto.” Kara sentì una fitta al cuore, poi le ultime parole della nonna arrivarono alle sue orecchie. “Non sei sola, piccola mia.”

“Grazie, nonna.” Mormorò la bambina, la voce sonnolente di chi sta per addormentarsi.

Kara salì di nuovo nel cielo e ripensò a Lena. La donna si sentiva così sola e abbandonata da voler morire? Per quanto avesse provato per lei della rabbia ora riusciva solo a pensare a quando l’aveva stretta tra le braccia, le aveva detto che non era sola e che non lo sarebbe stato mai. Cosa avrebbe fatto se avesse perso anche Lena? Kara comprese che non era qualcosa che avrebbe accettato, no, Lena era troppo importante.

L’appartamento della donna era buio, Kara esitò qualche istante, probabilmente non sarebbe tornata così presto da Metropolis… quando la luce si accese il suo cuore sobbalzò. Esitò solo qualche istante, poi scese decisa, si cambiò e bussò alla porta d’entrata.

“Kara? Cosa...”

“Non sei sola.” Sbottò, decisa. “Io sono qua e… e ho bisogno di te. Lo so, lo so che sono stata fredda e distante e… mi dispiace per quello che ho pensato di te… ma… tu sei molto importante per me e non voglio perderti.” La donna aprì la bocca e poi la richiuse, infine si spostò di lato e la lasciò entrare.

“Hai saputo quello che è successo a Metroplis?” Le chiese, mentre prendeva un bicchiere e se lo riempiva.

“Sì. Ma, non è solo quello. Ho incontrato una bambina e…” Scosse la testa. “Non importa, quello che importa davvero è che non ho perso tutto, ho ancora te, Alex e Maggie, Winn, James, J’onn, un intero mondo… e non voglio perderne neppure un altro pezzetto.”

“Ma hai perso l’uomo che amavi. Per colpa mia.” Era la prima volta che lo diceva in maniera così diretta.

“Tu hai perso Jack per colpa mia.” Lena sbatté le palpebre, alle sue parole, poi scosse la testa.

“Tu, con quell’articolo, hai solo fatto il tuo lavoro, volevi proteggere National City da una minaccia reale e…”

“E tu, con quel portale, volevi costruire qualcosa che avrebbe migliorato la vita dell’intero pianeta.” Kara sentì il suo cuore sussultare nel vedere gli occhi di Lena brillare di sollievo. Quanto era stata crudele a privarla della sua amicizia solo perché Lena aveva creduto di fare la cosa giusta? Lei che era stata così intelligente da salvare tutti e così giusta da dare a Supergirl la possibilità di scegliere come agire.

“Mi dispiace, avevo promesso di esserci sempre per te.” Mormorò e vide Lena fare un passo verso di lei per poi fermarsi, titubante. Kara sorrise, lasciando che una piccola parte del suo cuore smettesse di soffrire e poi aprì la braccia facendo a sua volta un passo avanti e accogliendola in un lungo abbraccio.

Quando si separarono, il viso di Lena era emozionato, ma anche decisamente più rilassato.

“Grazie per… le tue parole.” Le disse.

“Per un momento sono rimasta egoisticamente accecata dal mio dolore, ma ho capito che il mondo continua a girare e che…”

“Non sei sola.” L’anticipò Lena, poi la guardò e sorrise. “Io sono qua. Oggi ho creduto che morire sarebbe stato meglio, ma… se tu puoi perdonarmi allora, forse, posso iniziare anche io a perdonare me stessa.” Kara annuì, comprendendo l’importanza di quelle parole, comprendendo che erano entrambe su di una china pericolosa e che forse, se si fossero strette la mano, avrebbero potuto uscirne intere.

“Sono felice di essere venuta qua, questa notte.”

“Dovrai spiegarmi come hai fatto a sapere che ero tornata.” Disse allora Lena, sul volto un piccolo sorriso.

“Oh… ehm… fortuna?” Tentò e Lena annuì.

“Va bene, non rivelarmi le tue fonti.” Kara si sorprese a sorridere.

“Forse potrei aver chiesto ad una certa ragazza con il mantello di sorvegliare il tuo appartamento.” Gli occhi di Lena brillarono di divertimento.

“Questa poi, ho una stalker con il mantello e non lo sapevo?”

Kara scoppiò a ridere all’idea di Supergirl stalker. Iniziò e non riuscì più a smettere fino a quando non scoppiò a piangere. Le braccia di Lena la strinsero e lei prese a singhiozzare ancora più forte, non trattenendo nulla. I rabbiosi pianti dei mesi precedenti erano soltanto un lontano ricordo, questa volta sgombrò il suo cuore e quando riuscì di nuovo a calmarsi, si sentì vuota, ma decisamente meglio.

“Grazie.” Mormorò piano, dando un piccolo bacio sulla guancia a Lena, che l’aveva cullata per tutto il tempo, lasciandola piangere, senza fare o dire nulla.

“Grazie a te…” Rispose Lena e quando Kara si tirò indietro notò il trucco sciolto sulle guance e gli occhi rossi. Avrebbe dovuto immaginare che un Luthor piangeva in silenzio.

L’alba rischiava l’appartamento e lo stomaco di Kara brontolò.

“Qualcuno ha fame?” Chiese la donna, lasciando che un sorriso stanco, ma sincero, apparisse sulle sue labbra.

Mezzora dopo, sedute in un elegante caffè, Kara e Lena scherzavano e ridevano. Le lacrime dimenticate e il cuore ancora malconcio, ma in via di guarigione.

 

Due settimane dopo, Kara entrò al DEO con un sorriso sulle labbra.

“Allora, nulla per me?” Domandò, battendo le mani felice. Alex sorrise nel vederla piena di vita e sorridente, per un momento aveva temuto che finisse in un pozzo senza luce, ma in qualche modo, grazie a Lena, era riuscita ad uscirne.

“In realtà abbiamo delle letture di strappi dimensionali.”

“Oh, sembra interessante!” Esclamò la donna.

“Non così tanto, per ora li stiamo solo monitorando, ma ci sono molte segnalazioni di gente che ha avuto rapide e mute visioni di se stesso.” Spiegò Winn.

“Wow! Quindi potrei vedere una me stessa di un’altra realtà?”

“Esattamente.”

“E potrei parlarci?” Domandò sempre più affascinata dall’idea.

“No, non credo, gli strappi sono casuali e rapidissimi.” Intervenne Alex.

“Il fenomeno è dovuto a una tempesta dimensionale, scatenata da qualche tipo di evento di grande portata, di cui, però, non sappiamo nulla. Ho comunicato con Cisco Ramon e lui mi ha confermato l’evento. Dice che, sul loro mondo, è durato qualche ora e poi è scomparso senza fare nessun tipo di danno. Quindi…”

“Quindi tutti in allerta, ma non preoccupiamoci troppo.” Concluse J’onn.

“Va bene.” Rispose, Kara, un poco delusa.

La sua delusione crebbe durante il giorno, Winn disse di essersi visto mentre lavorava al computer, James, mentre scattava una foto, Maggie mentre mangiava del gelato non vegano. Insomma, tutti erano entusiasti e presi a raccontare dettagli, mentre lei non aveva visto proprio nulla.

Arrivò a casa e sbuffò nel non trovare la chiave che si nascondeva nella borsa. Abbassò il capo e non vide un lampo aprirsi davanti a lei.

 

“Ehi, Kara!” Disse sorridendo, felice. “Anche tu mi sei mancata.” Aggiunse cercando di usare l’ironia per nascondere le emozioni.

“Grazie.” Disse però la donna stringendola ancora un poco.

“Per cosa?” Chiese allora lei. “Non ho neppure pensato a portarti dei fiori o…”

“Grazie, Lena.” La giovane si separò da lei e sorrise prima di baciarla. Le emozioni di quel nuovo bacio l’attraversarono e quando Kara la guardò con occhi pieni di gioia capì che forse, con lei, non aveva bisogno di nascondere ciò che provava.

 

“Eccovi!” Esclamò alzando il volto e infilando la chiave nella toppa. Posò la borsa e sfilò i cappottino, poi si guardò attorno. Presto sarebbero arrivati gli altri per la serata dei giochi, quindi… si mosse veloce, riordinando la casa. Quando ebbe finito sorrise soddisfatta. Ora doveva solo cambiarsi. Si diresse a velocità normale nella sua camera. Mentre osservava gli abiti, notò una camicia di Mon-El e decise che avrebbe dovuto portarla ai poveri, dopo tutto… era ora che lei andasse avanti. Scattò veloce e uscì dall’appartamento. Non vide Alex salire le scale e non vide la breccia che si aprì nel suo appartamento.

 

“Siamo arrivate.” Le comunicò Kara e lei aprì gli occhi. Erano nell’appartamento della kryptoniana.

Lena scese dalle sue braccia, si guardò attorno poi si voltò a fissarla, appoggiandosi al tavolo.

“Credi che…” Non riuscì a finire la frase, perché Kara fu sulle sue labbra in un baleno. Le sue mani si aggrapparono alla vita della supereroina, mentre la sua mente le riproponeva la loro notte insieme e Lena comprese che sarebbe stato tutto più intenso, più vero, ora che sapeva chi c’era sotto quel costume.

Ansimò d’aspettativa quando le mani della ragazza passarono sul suo corpo, poi cercò il suo sguardo e sorrise quando vide in esso lo stesso desiderio che provava lei.

 

Quando atterrò Alex era già entrata, usando la chiave che lei lasciava sempre sullo stipite della porta.

“Ehi, la tv, non funziona.”

“Davvero?” Chiese Kara perplessa. “Oh! Sarà l’antenna.” Affermò poi ricordandosi di aver giocato a palla sul tetto con i bambini dei vicini.

“Vuoi che vada io?” Chiese Alex.

“No, piove, ci metto un attimo.” Le fece l’occhiolino e sparì, mentre la tenda svolazzava dietro di lei. Sul tetto osservò perplessa l’antenna, doveva essersi piegato qualcosa. Afferrò un pezzo di ferro e lo drizzò, ma questo le si spezzo tra le mani che scivolarono a causa della pioggia. “Per Rao…” Borbottò, per poi rimettere il pezzo al suo posto e usare la vista calorifera per saldarlo.

Era così concentrata che non notò lo strappo dimensionale alle sue spalle.

 

“Non mi vuole… Alex…” Borbottò la donna, poi sembrò accorgersi di qualcosa, perché alzò le testa di scatto, gli occhi sgranati. “Lena!” Disse e lei sorrise, poi le prese il viso tra le mani e lo attirò a sé per un lungo bacio, mentre la pioggia, ignara del loro momento, continuava a cadere.

“Oh sì, che ti voglio.” Mormorò sulle sue labbra, dopo un momento.

“Credevo…” Cercò di dire Kara, ma lei le posò due dita sulle labbra.

“So perché avevi paura di dirmelo e so perché avevo paura di sentirlo. I cambiamenti sono… pericolosi. Ma, Kara, questo cambiamento è la cosa più bella che io abbia mai fatto e…” Non poté finire perché Kara l’afferrò e la sollevò tra le braccia ridendo di gioia.

 

“Fatto!” Disse rientrando in casa, tutta bagnata, ma felice di essere riuscita a fare la riparazione.

“Ehi, piccola Danvers, credevo che voi Super poteste muovervi così veloci da evitare le gocce di pioggia.” Affermò Maggie, divertita, mentre appoggiava le pizze sul ripiano della cucina.

Bussarono alla porta e Kara abbassò gli occhiali bagnati di pioggia.

“Lena.” Annunciò, fissando la sorella.

“Ci penso io, tu vai a cambiarti.” Kara annuì e poi scomparve.

“Sarà strano averla qua, non credete?” Domandò James. Maggie si strinse nelle spalle.

“Secondo me se l’è meritato.” Affermò e Alex, passando, le diede un bacio sulla tempia.

“Sì, decisamente.” Aggiunse, mentre anche Winn annuiva.

“Ok!” Esclamò James, messo in minoranza.

Quando Kara tornò, indossando degli abiti asciutti, Lena era seduta al suo posto al tavolo della cucina, scherzava con Maggie per una storia di manette e si voltò verso di lei con un sorriso felice.

“Grazie di avermi invitato.” Disse.

“Grazie di essere venuta.” Rispose lei.

“Grazie per queste bottiglie!” Intervenne James, che stava stappando una bottiglia che, probabilmente, costava quanto un mese del suo stipendio.

Kara sorrise, osservando, felice, il suo piccolo mondo girare.

 

“La tempesta dimensionale è finita tre settimane fa, ma ci sono ancora degli strascichi a quanto pare.” Winn e Kara fissavano Alex, seduta sulla sedia, gli occhi ancora sgranati.

“Cos’ha visto?” Domandò piano Kara.

“Lei e Maggie.” Disse il giovane.

“E non era una cosa bella?” Insistette, preoccupata.

“Oh… sì…” Winn si voltò a guardarla, un sorriso divertito sulle labbra. “Solo che Alex era… incinta.” Kara sgranò gli occhi stupefatta, ora capiva l’espressione scioccata della sorella.

Un piccolo bip del computer attirò Winn alla sua postazione.

“Un alieno sta cercando di rubare la senape di un carretto nel parco di…” Kara allungò la testa e annuì.

“Ci vado sempre a mangiare il gelato con Lena.” Affermò, poi uscì dal DEO volando veloce.

Quando atterrò nel parco si disse che era una splendida giornata, avrebbe potuto mandare un messaggio a Lena e invitarla lì, magari proprio per un gelato.

“Ehi, tu! Se vuoi della senape, devi comprartela!” Apostrofò l’alieno che nel vederla fece una smorfia, almeno, fu quello che pensò Kara, aveva una faccia molto strana e forse quello era un sorriso… “Devo chiederti di smetterla!” L’alieno afferrò una grande vaschetta della salsa e iniziò a correre. Kara sorrise e lo lasciò scappare, mettendosi invece ad aiutare lo spaventato proprietario del carretto. Era così presa nel suo discorso nello spiegare che non tutti gli alieni erano dei ladri che non notò la breve visione su di un altro mondo che comparve alle sue spalle.

 

Sul viso di Kara scorrevano le emozioni, ma Lena decise che era ora di porre fine agli indugi.

“Kara, lo so che ci ho messo troppo a capirlo, ma senza di te accanto il mondo è più grigio e freddo. Senza di te non respiro. A volte bisogna perdere qualcosa per capire quanto esso sia importante… Kara, sono innamorata di te.” Ammise e il suo cuore gioì nel vedere il sorriso brillare sulle labbra della giovane. “Ora, se non hai nulla in contrario…” Mormorò e poi posò le labbra sulle sue e questa volta non fu un bacio sfiorato, questa volta fu un vero bacio e fu intenso e perfetto, esattamente come, senza neanche rendersene conto, aveva sempre sognato.

 

Mentre tornava al DEO inviò il messaggio a Lena e fu felice nel vedere che era libera anche subito.

Kara sorrise, era bello averla come amica.

 

Lena ripose il cellullare con il cuore che batteva veloce. Aveva detto di sì senza esitare, un gelato al parco con Kara, era forse il momento giusto? Avrebbe osato parlarle di quello che aveva visto?

Tre settimane prima, mentre era nel suo ufficio vi era stato un chiarore, aveva alzato il capo, sorpresa, e si era vista tra le braccia di Kara. Arrossì al ricordo, era stato solo un istante eppure ogni dettaglio era fissato nella sua memoria, i loro occhi chiusi, le loro labbra aggrappate le une a quelle dell’altra, le mani che accarezzavano, capelli, colli, spalle. E su tutto, Lena, gli occhi sgranati e il cuore in subbuglio, aveva fissato il proprio volto così pieno di… gioia.

Quando aveva incontrato Kara, pronta a dirle la sua esperienza con gli strappi dimensionali e ridere con lei dell’assurdità che aveva colto, non era riuscita a proferire una parola. Erano sempre stati così belli i suoi occhi? E così luminosa la sua pelle? La risata di Kara era sempre stata così calda e i suoi sguardi così dolci?

Dopo tre settimane ormai lo sapeva, si era innamorata di Kara, anzi, probabilmente l’aveva sempre amata solo che non aveva compreso i suoi sentimenti. Ora però… non poteva più negarli.

Lena sospirò, si alzò e prese la borsa, uscendo lentamente dal suo ufficio.

“Buon pomeriggio, miss Luthor.” La salutò Jess e lei annuì, persa nei pensieri. Il suo telefono squillò di nuovo e lei osservò un secondo messaggio di Kara.

“Non vedo l’ora di mangiare il gelato con te.” Diceva e al posto della parola gelato vi era un’emoticon. Conoscendola le aveva scritto quella frase solo per poter usare l’immagine. Lena sorrise e salì sull’ascensore.

“Dannazione, sì, oggi è il giorno giusto.” Disse e sorrise, mentre il suo cuore tremava e al contempo gioiva.

 

“Ancora!” Mon-El, perso nel tempo e nello spazio tra le dimensioni, scosse la testa. “Questa non è la mia Kara!” Urlò, frustrato.

“Signore… la tempesta dimensionale sta perdendo potenza, non riuscirò a…”

“Ancora!” Insistette il principe daxamite e l’essere strinse i denti concentrando la sua energia, spremendo ancora un po’ di vita da se stesso e dal piccolo ciondolo che teneva tra le mani.

Una nuova finestra si aprì sulla Terra e lui osservò per qualche istante, pronto ad vedere una Kara che non era la sua. Era rimasto per quello che gli sembravano mesi, ad osservare le diverse Kara che erano andate avanti, gettandosi tra le braccia di quella Luthor, causa di tutti i suoi problemi. Ma sapeva, sapeva che la sua, la vera Kara, avrebbe atteso, sarebbe rimasta lì, in sofferente attesa del suo ritorno, perché senza di lui, lei non era niente. Quello era amore e lui sapeva che Kara lo amava.

“Ancora.” Disse, stringendo i denti, mentre osservava Kara salutare Lena con un bacio sulle labbra.

“Il ciondolo verrà distrutto mio signore.” Gemette, estenuato e sofferente l’essere dimensionale che aveva catturato e schiavizzato.

“Non ha importanza! Io devo tornare da lei e quel ciondolo è l’unica cosa che mi permetterà di farlo, quel ciondolo e te.” Non distolse lo sguardo dalle finestre che si aprivano. Cosa importava del ciondolo? Se Kara avesse avuto lui sarebbe stata più che felice, non aveva bisogno di stupidi e infantili ninnoli.

Si aprì una nuova breccia e lui osservò Kara, flash rapidissimi passarono davanti a lui che sorrise. Eccola! Finalmente!

“Aprì questa finestra!” Urlò, tutta la sua fatica veniva ripagata. Non accadde nulla e lui si voltò furente verso l’essere dimensionale che era stato così intelligente da catturare. Era accasciato, tremante e morente. Mon-El lo afferrò per il bavaro e lo scosse. “Aprimi quel portale! Subito!” Ordinò.

“Morirò… signore…”

“Fallo.” Domandò, senza un briciolo di compassione. “Fallo.”

E l’essere aprì il portale.

Con un sorriso vittorioso Mon-El saltò all’interno e si ritrovò in un parco in una bella giornata di sole. Si guardò attorno e vide Kara appoggiata ad un albero che aspettava. Sorrise.

Di certo, anche se non lo sapeva, stava aspettando lui.

 

Kara appoggiata all’albero vide Lena arrivare. Sulle sue labbra vi era un sorriso strano, timido forse? Felice di certo. Sorrise e pensò che il mondo era bello.

 

Lena e Mon-El fissarono Kara da due punti diversi del parco e sorrisero, perché lei era quella giusta.

 

 

 

Note: Gli universi sono tanti, milioni di milioni, era così la canzone di De Gregori, vero? ;-)

Ed ecco a voi un'altra possibilità, un altro mondo, un altro universo. Forse un po’ troppo amaro? Forse troppo poco utopico? Forse troppo simile a quello del telefilm, in cui le occasioni sono sprecate e mon-El (non è degno della maiuscola) non riesce semplicemente a sparire e a lasciarci in pace?

I 4 finali non sono invalidati, ma, visto che non tutte eravate soddisfatte dalle lieti fini ho pensato di aggiungere un mondo un po’ più angst. Forse, maggiormente in tono con l’inizio della storia.

 

Fatemi sapere cosa ne pensate! Ho il parafulmini acceso e sistemato! ;-)

 

  
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